Con Freud, oltre...

PSICOANALISI E OMOSESSUALITA’: IPOTESI GAY. L’avvio di un dialogo che tenta di smarcarsi da annosi schematismi, in una raccolta di saggi curati da Olga Pozzi e Sarantis Thanopulos - a cura di pfls

giovedì 22 febbraio 2007.
 

L’esperienza della psicoanalisi all’incontro con l’arcipelago gay

«Materiali per un confronto» sulle ipotesi nate dall’osservazione dell’universo omosessuale. L’avvio di un dialogo che tenta di smarcarsi da annosi schematisimi, in una raccolta di saggi curati da Olga Pozzi e Sarantis Thanopulos

di Massimo Fusillo (il manifesto, 21.02.2007)

Fino a qualche tempo fa un titolo come Ipotesi gay sarebbe stato impensabile per un libro scientifico sulla psicoanalisi della omosessualità: a colpire è tanto il termine militante gay, entrato ormai nell’uso comune a indicare nella omosessualità una condizione «normale», sia un sostantivo volutamente debole come ipotesi, che sancisce l’abbandono di modelli interpretativi univoci. Informato anzi tutto da una lucida autocritica, questo libro, che porta come sottotitolo Materiali per un confronto ed è curato da Olga Pozzi e da Sarantis Thanopulos (Borla, pp. 219, euro 22) è importante, tra l’altro, perché riconosce come la psicoanalisi abbia a suo tempo tradito l’apertura che Freud aveva mostrato sul tema dell’omosessualità, per assumere invece posizioni rigide, se non addirittura chiaramente omofobe, come scrive Giovanni De Renzis nella sua densa prefazione.

La scrittura dell’eros

Ma questo orientamento non si risolve - com’è ovvio e come Olga Pozzi sottolinea - nell’abbandono di ogni problematicità: nel corso dell’esperienza analitica con pazienti omosessuali, lungamente raccontata tra queste pagine, non mancano certo aspetti conflittuali e patologici, ma essi non derivano dalla condizione gay di per sé, bensì da problemi più generali che riguardano i processi di identificazione e quelli relativi alle dinamiche intrinseche alle relazioni con gli altri.

Lo stesso Freud, in una nota aggiunta nel 1914 ai Tre saggi sulla teoria sessuale, scriveva che «anche l’interesse sessuale esclusivo dell’uomo per la donna è un problema che va chiarito e niente affatto una cosa ovvia da attribuire a un’attrazione chimica»; una frase che in tempi come i nostri andrebbe fatta girare nelle aule del nostro arretratissimo Parlamento.

Questa visione aperta e antiessenzialista dell’identità sessuale è una costante di tutto il libro, e non a caso porta gli autori a prendere le distanze da uno tra i più autorevoli analisti omosessuali della scena americana, Richard A. Isay (il suo Essere omosessuali è tradotto in Italia da Cortina), il quale sostiene una posizione di chiara matrice rivendicazionista - ossia che i pazienti omosessuali dovrebbero essere curati solo da analisti omosessuali - e tuttavia inaccettabile per la sua rigidità.

Nel saggio più ampio del volume, che si legge con grande passione anche per le sue straordinarie qualità narrative, Sarantis Thanopulos propone, al contrario, una visione basata su quello scambio di correnti incrociate che durante il processo psicoanalitico favorisce tanto la messa in gioco della omosessualità inconscia dell’analista quanto l’evidenziazione della eterosessualità inconscia del paziente omosessuale (e viceversa, a seconda dei casi). È una visione che si nutre dei versi di Saffo e della prosa di Proust, eleggendoli a esempi ineguagliabili della scrittura dell’eros (omo)sessuale, e che va al di là del dato biografico degli autori.

Quel che invece non trova spazio nel volume è la risonanza dei queer studies, che propongono il superamento di una concezione binaria della sessualità, in nome di una visione performativa dell’identità e di una in-differenziazione dei ruoli (agli antipodi dunque della rigidità espressa da Isay).

Forse agli psicoanalisti sembrerà che in queste posizioni (di cui la rappresentante più autorevole è la lacaniana Judith Butler) sia presente un eccesso di ludicità postmoderna, tuttavia anche queste tesi meriterebbero un confronto. Come pure, un altro punto che si avvantaggerebbe di venire ulteriormente sviluppato, è quello che riguarda l’orientamento bisessuale, sul quale nel libro si affiancano posizioni diverse, sebbene non incompatibili.

Se, infatti, Thanopulos ripropone la classica visione freudiana di un polimorfismo originario da cui si preciserebbe poi l’identità di approdo, d’altra parte Malde Vigneri definisce la bisessualità «un deficit di sviluppo del senso dell’identità»; e per parte sua il genetista Riccardo Cortese suggerisce che la vulgata sulla potenziale bisessualità originaria andrebbe rivista sulla base dei dati più recenti.

C’è poi un’altra annosa questione sulla quale il libro sceglie deliberatemente di non prendere posizione, ossia se omosessuali si nasca o si diventi, e come lo si diventi. Riccardo Cortese ricorda studi che vennero compiuti già negli anni ’50 sui gemelli monozigoti allo scopo di indagare una eventuale predisposizione genetica all’omosessualità (in genere maschile), ma aggiunge che gli ipotetici geni responsabili non sono stati ancora identificati.

Dopo un lungo e complesso esame del proprio lavoro analitico, Thanopulos formula una ipotesi secondo la quale l’omosessualità interverrebbe come un atto riparativo della castrazione: sarebbe dunque un atto creativo, che porterebbe a spiegare come mai fra gli omosessuali si trovino tante persone dotate di una inclinazione artistica e intellettuale.

Tra silenzio e fusionalità

Come tutti gli omosessuali militanti, ho sempre provato una certa insofferenza verso tutte le formule, (come la famosa vulgata freudiana sulla madre possessiva e il padre assente, che banalizza Freud), e credo che nel modello di Thanopulos sia ancora presente troppa teleologia, peraltro evidente quando conclude che «il vero spartiacque nel campo della sessualità umana non è tra eterosessualità e omosessualità, ma tra autoerotismo e scelta oggettuale».

È vero, però, che il suo splendido saggio si annuncia sin dall’inizio come uno studio specifico sul rapporto fra autoerotismo e omosessualità, mai presentata come una manifestazione regressiva patologica e da correggere.

Un punto assai delicato è poi quello che riguarda la promiscuità, che alcuni interventi presenti in Ipotesi Gay tentano di leggere sottraendola a una chiave unicamente negativa, o nevrotica: in una nota alla sua introduzione, De Renzis suggerisce l’ipotesi che il silenzio così tipico degli approcci omosessuali ritualizzati possa essere letto come «il tentativo di realizzare magicamente una imperativa fantasia fusionale».

Idea che torna, in parte, nel saggio di Fausto Petrella, dove viene ripresa la metafora del caleidoscopio, utilizzata da André Gide, per visualizzare alcuni tratti dell’immaginario omosessuale, tra cui l’idealizzazione della bellezza, l’assolutizzazione feticistica dell’oggetto parziale, l’inglobazione magica nel corpo del partner.

Sono tutti suggerimenti, questi, che si potrebbero mettere in relazione con la lettura storico-religiosa della visione paolina proposta, sempre tra le pagine di Ipotesi gay, da Marcello Massenzio, secondo il quale l’omosessualità sarebbe la forma piena del sesso, come il pantheon politeista quella piena del mondo; «gli dèi antropomorfi e/o teriomorfi esprimono compiutamente l’esserci del mondo; l’omosessualità dà concretezza alla volontà di essere nel mondo, di radicarvisi». Per quanto disparati e disomogenei siano questi elementi, non si può negare una certa consonanza fra promiscuità, visione caleidoscopica e politeismo.

L’omosessualità femminile

Ma la posizione a mio parere insieme più condivisibile e più pragmatica è quella espressa dal genetista Riccardo Cortese, secondo cui la promiscuità dei maschi omosessuali si estenderebbe agli eterosessuali se non incontrassero le limitazioni che vengono loro imposte dalla diversa concezione che del sesso hanno le donne (come peraltro afferma anche Paolo Zanotti in uno dei saggi più belli sull’omosessualità apparsi di recente, titolato Il gay per Fazi). Il che spinge a riflessioni autonome sulla (omo)sessualità femminile, di cui nel volume parlano soprattutto i saggi di Vigneri e di Petrella, ma che andrebbero ancora indagate, magari fornendo lo spunto per continuare e approfondire il dialogo fra psicoanalisi e omosessualità avviato da Ipotesi gay


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