Attrito diplomatico tra Israele e Vaticano. Il nunzio apostolico in Israele, monsignor Antonio Franco, si è rifiutato di partecipare all’annuale cerimonia di commemorazione della Shoah, alla quale presenzia tutto il corpo diplomatico, che si terrà la settimana prossima allo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto a Gerusalemme.
Lo ha riferito per primo il quotidiano Yedioth Aharonoth nella sua edizione on-line Y-net. La decisione del nunzio è dovuta a una fotografia di papa Pio XII esposta in una delle sezioni del Museo con la scritta che egli è stato una personalità controversa in relazione al suo comportamento dinanzi al genocidio nazista degli ebrei.
«Mi fa male andare allo Yad Vashem e vedere Pio XII così presentato - ha detto il nunzio apostolico in Israele - si potrebbe togliere la foto o cambiare la didascalia». Monsignor Antonio Franco ha poi confermato la sua decisione al Servizio informazione religiosa della Chiesa cattolica, parlando di una «dolorosa rinuncia».
La foto di Pio XII è stata esposta per la prima volta con l’apertura del nuovo museo Yad Vashem nel 2005 e già allora il precedente nunzio Pietro Sambi aveva chiesto che fosse modificata la dicitura.
Lo Yad Vashem aveva risposto che sarebbe stato lieto di esaminare il comportamento di Pio XII durante l’Olocausto se il Vaticano avesse acconsentito ad aprire i suoi archivi segreti, relativamente al periodo della seconda guerra mondiale, ai ricercatori del museo.
Lo Yad Vashem ha ufficialmente reagito alla decisione del nunzio con un comunicato, dichiarando: «Siamo sconvolti e delusi per la decisione del rappresentante del Vaticano di non rispettare la memoria dell’Olocausto e di non partecipare a una cerimonia ufficiale nella quale lo Stato di Israele e il popolo ebraico si uniscono nella memoria delle vittime. Ciò contraddice la dichiarazione del Papa durante la sua visita allo Yad Vashem sull’importanza di ricordare l’Olocausto e le sue vittime».
«Lo Yad Vashem - prosegue il comunicato - è dedicato alla ricerca storica e il museo dell’Olocausto presenta la verità storica su Pio XII così come è oggi nota agli studiosi. Lo Yad Vashem ha detto al rappresentante del Vaticano in Israele che è disposto a continuare a studiare la questione e ha fatto notare che se gli sarà consentito l’accesso sarà lieto di studiare gli archivi del Vaticano dall’epoca di Pio XII per eventualmente acquisire informazioni nuove e differenti da quanto è oggi noto».
* l’Unità, Pubblicato il: 12.04.07, Modificato il: 12.04.07 alle ore 14.36
Giornata della Shoah: Israele in raccoglimento *
L’ondata di sdegno per le parole del presidente iraniano Ahmadinejad si è sovrapposta alla commemorazione della Giornata annuale della Shoah. Per ricordare i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti l’intero paese stamani si è fermato per due minuti di raccoglimento mentre in tutto il territorio risuonavano le sirene. «Israele è forte, e una seconda Shoah non avverrà » ha assicurato il premier Benyamin Netanyahu.
Alle solenni cerimonie nazionali (a cui ieri hanno partecipato le massime cariche istituzionali) si è sovrapposto lo sdegno per l’intervento ieri alla Conferenza dell’Onu sul razzismo del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad.
Le consuete cerimonie del ’Yom ha-Shoah’ (la giornata dell’ Olocausto) si svolgono dunque in un clima di particolare indignazione. Nelle scuole le lezioni odierne sono dedicate allo sterminio del popolo in ebraico in Europa, mentre alla Knesset (parlamento) saranno letti per diverse ore i nomi di ebrei uccisi dai nazisti. Da ieri nell’intero Paese viene osservato il lutto nazionale.
In Israele la Giornata della Shoah viene celebrata otto giorni prima della Giornata dell’Indipendenza: un modo di sottolineare le vicissitudini del popolo ebraico nel secolo scorso, dal baratro delle persecuzioni alla vetta della conquistata libertà.
* l’Unità, 21 aprile 2009
Israele ricorda la Shoah
Suonano le sirene per la giornata della memoria: il Paese si ferma *
TEL AVIV. Al suono delle sirene, la vita si è fermata stamani in tutto il territorio di Israele mentre come tutti gli anni lo stato ebraico celebra solennemente la Giornata della Shoah e ricorda i sei milioni di ebrei sterminati in Europa dai nazisti e dai loro alleati.
Nelle scuole le lezioni odierne sono state dedicate al tema dell’Olocausto. Gli allievi hanno accolto sull’attenti il suono delle sirene, raccolti nei cortili. La vita si è fermata anche negli uffici, nei luoghi pubblici e nelle strade. Al suono delle sirene, trasmesso anche per radio, gli automobilisti hanno accostato i loro automezzi e hanno pure osservato due minuti di raccoglimento.
Le solenni cerimonie hanno avuto inizio ieri sera al Museo dell’Olocausto Yad va-Shem di Gerusalemme alla presenza del presidente della Knesset (parlamento), Dalia Yitzik (in sostituzione del capo di stato Moshe Katzav, autosospesosi per vicende giudiziarie), e del primo ministro, Ehud Olmert. Presenti anche il nunzio apostolico, Antonio Franco, assieme con l’intero corpo diplomatico, e il ministro degli esteri della Polonia.
Olmert ha in particolare lamentato che «gran parte della popolazione mondiale non ha ancora preso coscienza della Shoah e resta indifferente alla sorte del popolo ebraico, esposta alla propaganda menzognera di quanti negano l’Olocausto o ne minimizzano la portata».
* La Stampa, 16/4/2007 (9:17)
ORIENTE E OCCIDENTE
I sopravvissuti all’Olocausto bacchettano Israele
di Francesca Paci *
"Il mondo nega la Shoah, ma voi negate i nostri diritti"
I sopravvissuti all’Olocausto affilano le armi contro lo Stato d’Israele, reo, a loro parere, di risparmiare un po’ troppo sui risarcimenti. Martedì un portavoce della comunità di coloro che scamparono ai campi di concentramento e ora vivono in Israele ha formalmente protestato alla Knesset, il parlamento israeliano. L’accusa, indirizzata al ministero delle finanze, è di aver dimenticato l’assistenza dovuta alle vittime della Shoah. Per avere un extra infatti, i sopravvissuti devono dimostrare di avere una grave menomazione o un’infermità dovuta all’esperienza nel lager. Lo stipendio mensile versato ai circa 40 mila ex deportati è di 1040 schekel (circa 200 euro), una cifra pari alla metà di quanto riconosciuto dalla Germania ai disabili, indipendentemente che provino di essere vittime di persecuzioni. Sarà il colpo di coda del vecchio welfare germanico? La cattiva coscienza tedesca? Il bisogno d’Israele d’investire anche sul futuro?
* La Stampa, 11/4/2007
Le polemiche per una didascalia sotto una foto di Pio XII
Nunzio apostolico, sì a cerimonia su Shoah
Monsignor Antonio Franco parteciperà alla commemorazione delle vittime che si terrà allo Yad Vashem *
ROMA - Il Nunzio apostolico in Israele, Monsignor Antonio Franco, ha annunciato che presenzierà alla cerimonia di commemorazione delle vittime dell’Olocausto che si terrà domenica sera allo Yad Vashem, il memoriale sulla Shoah.
CERIMONIA - Il Nunzio ha detto di essere ritornato sulla decisione di non presenziare alla cerimonia dopo aver avuto una lettera del presidente dello Yad Vashem, Avner Shalev, con la promessa «di riconsiderare il modo in cui papa Pio XII è presentato». «Poiché la mia azione non era intesa a dissociarmi dalle celebrazioni ma a richiamare l’attenzione sul modo in cui il Papa è presentato .... il mio scopo è stato raggiunto». A questo punto, ha aggiunto il Nunzio, «non ho motivi per tenere aperta questa tensione» e perciò «parteciperò alla cerimonia».
POLEMICA - Monsignor Franco aveva inizialmente deciso di assentarsi dalla cerimonia, alla quale presenzia l’intero corpo diplomatico in Israele, in seguito a una didascalia posta sotto la fotografia di Pio XII nello Yad Vashem dalla quale emerge un ritratto negativo del pontefice in relazione al suo comportamento davanti al genocidio degli ebrei per mano dei nazisti. Monsignor Franco aveva definito la didascalia «un’offesa alla Chiesa cattolica». 15 aprile 2007
* Corriere della Sera, 15.04.2007
Cio’ che è da riscrivere non è la storia di Papa Pacelli, ma dell’antisemitismo istituzionale del cattolicesimo-romano .... se ancora oggi ci si rifiuta di riconoscere - come la maternità a Maria - la paternità a Giuseppe. Sull’argomento, si cfr., del 1918, la novella "Un goj" di Luigi Pirandello!!! (fls)
Papa Pacelli, una storia da riscrivere
di Gian Maria Vian (Avvenire, 20.04.2007)
Riscrivere «innumerevoli testi storici» su Pio XII: questo imporrebbe, «dopo un completo accertamento dei fatti», la rivelazione dell’esistenza di una direttiva di papa Pacelli per «ospitare gli ebrei perseguitati dai nazisti in tutti gli istituti religiosi». Così si è espresso ieri, sulla prima pagina del quotidiano torinese «La Stampa», un osservatore come Arrigo Levi, autorevole e certo non imputabile di essere un difensore d’ufficio del papato. Del documento, datato 25 ottobre 1943, ha parlato il 17 aprile scorso, con evidente cognizione di causa, il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, rispondendo ai giornalisti che lo interrogavano sulla tempesta scatenatasi la scorsa settimana a Gerusalemme, e ora felicemente sopita, sulla presentazione di Pio XII allo Yad Vashem: una presentazione ritenuta inaccettabile dalla Santa Sede e che l’istituzione israeliana nata per ricordare la spaventosa tragedia della Shoah si è detta disposta a rivedere sulla base dei documenti. E fatti e documenti - a cominciare dalle decine di migliaia di carte pubblicate per volontà di Paolo VI fin dal 1965 - stanno lentamente riemergendo da questo passato che non passa. E rendono giustizia a quanto papa Pacelli e la sua Chiesa hanno fatto di fronte alla criminale persecuzione degli ebrei. Proprio ieri su «Avvenire» Marco Roncalli ha di nuovo rievocato la straordinaria epopea dei «giusti» - in stragrande maggioranza cattolici - che, non di rado a rischio della vita, hanno salvato migliaia di figlie e figli di Israele, come da anni con tenacia sta ricostruendo questo giornale e raccontano ormai molti libri. Con contributi e ricostruzioni puntuali: solo in Italia, di Aldo Brunacci, Alessia Falfigli, Antonia Grasselli, Grazia Loparco, Matteo Luigi Napolitano, Liliana Picciotto, Andrea Riccardi, Giovanni Sale, Andrea Tornielli. Con un revisionismo storico che sta finalmente demolendo la leggenda nera di un Pio XII addirittura filonazista - sino all’ignobile caricatura che lo ha dipinto come «il papa di Hitler» - e antisemita, inerte e in un silenzio complice di fronte alla Shoah. Leggenda diffamatoria nata negli anni del conflitto mondiale dalla propaganda sovietica e poi sviluppata durante la Guerra fredda da quella comunista, che culminò nel 1963 con la rappresentazione del dramma «Il vicario» di Rolf Hochhuth e che è stata rilanciata nel 2002 dal film «Amen» di Constantin Costa-Gavras. Che si trattasse di una campagna orchestrata lo aveva denunciato in Italia Giovanni Spadolini già nel 1965, quando arrivò nel nostro Paese «Il vicario». E lo ha confermato il 29 marzo scorso «La Repubblica», dando conto di un intero dossier da cui risulta che i capi del Terzo Reich consideravano papa Pacelli un nemico: documenti inediti nazisti che erano finiti in mano ai dirigenti dei servizi segreti della Germania comunista e che, naturalmente, erano rimasti nascosti. Fino alla scoperta del quotidiano romano. Da questo punto di vista, insomma, la storia di Pio XII va riscritta.
Dopo le rivelazioni del cardinale Bertone, una ricostruzione delle direttive fornite da papa Pacelli alle diocesi e ai conventi per evitare la deportazione nei campi di sterminio
Pio XII, i piani per salvare gli ebrei
Il Giusto don Brunacci lesse la circolare e avviò la sua opera. Le istruzioni registrate anche nei diari delle monache
di Matteo Luigi Napolitano (Avvenire, 20.04.2007)
Il 23 ottobre 1943 il Vaticano si sta occupando della questione dei rifugiati negli stabili extraterritoriali, conventi ecc., con il penitenziere di San Pietro, il cappuccino padre Aquilino Reichert; questi ha desunto da alcuni segnali provenienti dal generale Stahel, governatore militare di Roma, che «gli pare imprudente l’atteggiamento del Vicariato che, secondo lui, facilita agli ebrei, ai disertori ecc. adito ai conventi». Anche perché le SS, che presto aumenteranno a migliaia di unità, certamente non rispetteranno l’extraterritorialità degli immobili vaticani e si daranno a razzie nei conventi e stabili della Santa Sede.
Il 25 ottobre del 1943 «l’ambasciatore di Germania dice che notizie dalla Germania direbbero che nella Città del Vaticano vi sono rifugiati politici, ebrei, militari, ecc.». «Si risponde che la cosa non è vera», annoterà Montini. E i curatori dei documenti vaticani, in una nota esplicativa a piè di pagina, dicono che ovviamente si trattava di una «risposta diplomatica», insomma di una bugia di circostanza. Coincidenza temporale presentano questi episodi con la circolare vaticana del 25 ottobre 1943, rivelata dal segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, in cui si prescriveva a tutti gli istituti religiosi di ospitare gli ebrei. «Attenti alle date - osservava Arrigo Levi ieri su La Stampa - la retata del Ghetto di Roma avviene il 16 ottobre». Ancor più significativo, dal punto di vista delle date, sarebbe trovare un’altra circolare inviata dalla segreteria di Stato alle diocesi, in una data che si può ipotizzare vada tra l’8 e il 16 settembre 1943.
Come riportato da Avvenire lo scorso gennaio, ne aveva parlato ripetutamente il Giusto delle Nazioni don Aldo Brunacci, recentemente scomparso, che insieme al suo vescovo, Nicolini, salvò tutti gli ebrei presenti ad Assisi attraverso una rete di conventi, di religiosi e di famiglie cattoliche. Nicolini ricevette la circolare vaticana, la lesse e la mostrò a Brunacci, il quale sotto i suoi ordin i eseguì i desiderata pontifici senza chiedersi che fine potesse poi fare quel documento in seguito mai più trovato. Nel caso di questa nuova circolare del 25 ottobre 1943 abbiamo un altro prezioso elemento di raffronto. Si tratta del «diario di casa» del monastero delle agostiniane ai Santi Quattro Coronati, rivelato da Trenta Giorni: «In queste dolorose situazioni il Santo Padre vuol salvare i suoi figli, anche gli ebrei, e ordina che nei monasteri si dia ospitalità a questi perseguitati. Anche le clausure debbono aderire al desiderio del Sommo Pontefice e, col giorno 4 novembre, noi ospitiamo fino al 6 giugno le persone qui elencate...».
La vicinanza temporale tra il 25 ottobre 1943 (visita dell’ambasciatore tedesco per indagare sull’«ospitalità vaticana»; circolare della Santa Sede alle case religiose) e il 4 novembre successivo (data in cui in una di queste case religiose si inizia a ospitare i perseguitati dietro ordine del Papa) suggerisce che siamo davanti a molto di più di una semplice coincidenza. Si potrebbe obiettare che le prove definitive che attestano gli ordini di Pio XII di salvare gli ebrei, impartiti alle diocesi (fra l’8 e il 16 settembre 1943) e alle case religiose (il 25 ottobre successivo) non siano ancora tali per gli storici, e che quindi nel frattempo sia da considerare ancora valida la tesi di studiosi come Susan Zuccotti, la quale ha scritto che, in assenza di un documento-chiave che l’attesti, non vi è prova che il papa diede ordini alla Chiesa cattolica di salvare gli ebrei. I salvataggi, si dice, certamente vi furono, ma per iniziativa "privata" di cattolici, laici e religiosi; mentre la gratitudine degli ebrei sopravvissuti verso Pio XII si basò sull’errata supposizione che fosse stato il papa ad salvarli. Si dimentica tuttavia di dire che, mentre nel caso di Zuccotti e simili, questa tesi si basa prevalentemente su fonti orali, nel caso che qui ora ci interessa c’è da pensare che vere e proprie prove scritte dell’assistenza del Papa s tiano ormai per vedere la luce. Siamo per il momento nel campo delle ipotesi e lo storico dev’essere quanto più cauto possibile. La prima fonte, indubbiamente autorevole, è quella citata dall’attuale segretario di Stato Bertone, il quale ha informato dell’esistenza di una circolare del 25 ottobre 1943 in cui Pio XII si diceva «d’accordo» nel promuovere «l’accoglienza di quanti più ebrei possibili negli istituti religiosi e nelle catacombe».
Un’altra seconda fonte è la cosiddetta "velina", conservata in un convento di suore Giuseppine, documento che è stato mostrato a Sandro Barbagallo, uno studioso esperto di archivistica, il quale ha aggiunto la sua testimonianza a tal riguardo. Tutto fa pensare che siamo davanti a nuovi sviluppi del "caso Pio XII", che sembrano autorizzare a proposito di papa Pacelli giudizi ben diversi da quelli che prevenuti polemisti diffondono e amplificano senza prove.