Ballus latinus

Bailamos Salsa. Non quella al pomdoro, quella che affonda le radici nella povertà del popolo caraibico. Storia della salsa - di prof. Cosmo de La Fuente

martedì 24 aprile 2007.
 

La povertà in Italia, secondo i dati forniti dall’Istat, ha raggiunto quota individui 7.588.000 di cui almeno 2.500.000 non riescono nemmeno ad acquistare cibo. La sudamericarizzazione del nostro paese è in corso e il divario tra ricchi e poveri diventa sempre più grande. Le famiglie non riescono ad andare avanti e scoppiano più facilmente di prima. Padri separati che non riescono a sopravvivere e madri poverissime con figli al seguito. Ogni città ha il suo lazzaretto che rispecchia i drammi e le varie associazioni di beneficenza non riescono più a gestire una situazione così grave. Credo che ormai non sia più imputabile a questo o a quel governo ma che sia, piuttosto, una specie di tumore sociale che miete vittime giornalmente. Il passaggio da sopravvivenza decente a povertà è breve, basta un incidente di percorso, come una malattia per un libero professionista, il quale, rimanendo 40 giorni immobile, s’impoverisce e non riesce più a tirarsi fuori. Ma i casi dai toni drammatici sono altri e troppi. Cosa può fare un paese come il nostro per non trovarsi nella situazione di bancarotta nazionale? La Caritas è dal 2004 che lancia l’allarme povertà, sono sempre più gli italiani a servirsi della carità contrariamente a quanto si crede gli stranieri nel nostro paese sopravvivono meglio dei nostri poveri. Non faccio segreto della mia mancanza di fiducia di associazioni a fondo religioso, ma come ben si sa esiste sempre l’eccezione e si spera che qualcosa possa cambiare, una specie di miracolo. Come sempre succede è nel momento della disperazione che l’uomo matura e riesce a dare, a volte il meglio di sé, non a caso anche i ritmi e i balli più famosi sono nati in momenti drammatici. Dopo aver parlato della bachata e del merengue non possiamo assolutamente sorvolare sul ballo che più di tutti ha cambiato le abitudini dei ballerini italiani, la ‘salsa’. Non parlo di quella al pomodoro usata per condire la pasta, ma il ritmo caraibico per eccellenza, per il quale, in Italia, si spendono milioni per partecipare a corsi più o meno professionale, in abbigliamento idoneo al movimiento caraibico e a tutto il resto. Perché ho legato la storia della salsa alla povertà? Lo vedremo tra poco. Anche la salsa ha origini lontane e sono molti i paesi che ne reclamano la paternità, hanno ragione tutti secondo me dal momento che in una maniera o nell’altra i legami arrivano a Cuba, Venezuela, Puerto Rico, Colombia e New York e Miami. Quest’ultima città è una sorta di Havana di lusso dove l’America latina regna sovrana. Perché si chiama salsa? Il cubano Ignacio Pineiro nel 1933 compose una canzone in cui diceva ‘hechale salsita’, metti della salsa, intesa come condimento. Pare che dal successo di questa canzone si arrivi al ritmo salsa. Ma è proprio a New York che musicisti uniti dalla povertà, di origine venezuelana, colombiana, cubana e portoricana cominciano a suonare insieme e a dar vita a questo baile caliente. Negli 60 un’ondata di ritmi cubani si fusero con il jazz e da qui in poi esplose questa musica che conosce molti nomi illustri come la reina cubana Celia Cruz e il re venezuelano Oscar de Leon. Musica conturbante, carica di sentimento che ha a che fare con la povertà e la disperazione degli emigrati sudamericani e con i momenti politici che hanno segnato le popolazioni dei Caraibi. Il desiderio di stare insieme nel ricordo del paese natio. Come dimenticare la canzone di Celia Cruz ‘Cuando salì de Cuba’? ... ‘non potrò morire mai perché non ho il cuore, l’ho lasciato sotterrato a Cuba quando sono fuggita’... Ero bambino quando passeggiando per le strade di Caracas con i miei genitori, queste note mi giungevano dai cafetines. Malgrado la mia tenera età avvertivo la disperazione di quelle parole e oggi, quando incontro altri venezuelani ricordiamo quel periodo e ci rendiamo conto che molti lasciano il Venezuela con lo stesso stato d’animo. Abbiamo parlato di ballo e di musica, che, insieme alla cucina, sono la manifestazione della cultura di un paese, qualcosa di meraviglioso che andrebbe sempre approfondito se si è colpiti dal desiderio di conoscere altre popolazioni. Chissà che non si riesca ad organizzare noi una bella festa dove far confluire anche la musica e la cultura latina che impazza nel mondo e che è diventata, per milioni di emigrati italiani, un ritmo familiare come la tarantella e i balli popolari delle proprie regioni di origine in Italia. La salsa oggi è uno dei ritmi più ballati anche in Italia e sono molti gli insegnati che pretendono di essere i migliori. In realtà quella che vedi ballare a Cuba è molto diversa da quella che in Italia insegna Sergio Sampaoli o altri. La passione, il sorriso e l’amore dei cubani nel ballare nulla ha a che vedere con la voglia di esibizionismo e di competizione che stravolge il vero senso del ballo. 8 battute di cui due sono le pause (p) per il uno-dos- tres - (p) - cinco - seis - siete (p), avanti e indietro e poi pasitos e step. Poche giravolte e lo sguardo maschile fisso sulla dama che con grazia si lascia portare dal cavaliere in maniera libera e spesso audace. In Italia si parla di salsa cubana, salsa portoricana, salsa free style, ma smettiamola, sono tutte sciocchezze! La salsa è una, non lasciatevi abbagliare da chiacchiere che servono solo a confondere e a rendere presuntuoso il movimento. Non dimenticate il sorriso, basilare, non si balla latino imbronciati. Bailamos salsa amigos.

Cosmo de La Fuente

www.cosmodelafuente.com


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