Amministrazione

Il Comune di San Giovanni in Fiore avrebbe un buco da 30 miliardi. Dal Fondo sollievo, in arrivo 40 vertenze

L’ombra del dissesto si affaccia inesorabilmente
venerdì 10 giugno 2005.
 

A San Giovanni in Fiore, l’ombra del dissesto finanziario è sempre più vicina e si affaccia l’ipotesi di una dubbia gestione nel reparto amministrativo. Una quarantina di operai del Fondo sollievo avviano «un procedimento legale per il riconoscimento di crediti accumulati dal 2001 al 2004, dovuti alla mancata applicazione, da parte del Comune, di due contratti collettivi degli idraulico-forestali», spiega Enzo Minnelli, dottore in legge che segue la faccenda per conto della Uil di San Giovanni in Fiore. Tre di loro ottengono già un decreto ingiuntivo che obbliga il Comune a versare 5 mila euro a ciascuno. Per gli altri, s’aspetta che l’iter partito giunga a definizione. Minnelli precisa che «sono in corso procedure conciliative e che il Comune ha corrisposto 44 euro al giorno agli operai, in deroga a clausole che prescrivevano una quota più elevata». Giuseppe Casamassima, invece, segretario locale della Uil, riferisce che «il conto finale potrebbe arrivare fino a sei miliardi di lire, se gli interessati facessero valere le loro ragioni». Fin qui, l’incertezza del diritto e le congetture, le ipotesi, i calcoli, le previsioni. Quel che non si può negare, invece, è che il Comune, per tre anni, ha dato ai lavoratori del Fondo una paga giornaliera inferiore alla norma, pur disponendo di uno speciale finanziamento regionale. Il che lascia ancora perplessi riguardo alla responsabilità pubblica degli amministratori e degli amministrativi e non sottrae gli stessi sindacati da legittimi sospetti sulla loro azione. Antonio Nicoletti, da poco eletto sindaco della città, riconosce i fatti ma dice che «c’erano degli accordi sindacali a monte per favorire l’aumento delle giornate nel Fondo, in cambio di una lieve diminuzione delle spettanze». Dal canto suo, Minnelli ribadisce: «È assolutamente illegale, nessun patto può evitare la regolarizzazione del rapporto lavorativo secondo il contratto di categoria». Anni addietro, vuote le casse comunali, il Comune s’indebitò per circa tre miliardi di lire, Succurro era sindaco, per pagare gli operai del Fondo, sottoponendosi a interessi sostanziosi. Il diessino Antonio Barberio, allora assessore ai Lavori pubblici, disse d’una posizione debitoria della Regione, che non aveva girato i fondi necessari al Comune e che, quindi, aveva determinato una situazione al limite della sopravvivenza. Dionisio Gallo, dell’Udc, ex assessore regionale alla Forestazione, dichiarò in un’intervista che i soldi la Regione li aveva mollati e che in Comune erano spariti per ragioni ignote. Al solito, come accade nella migliore Calabria, nessuna inchiesta degli organi preposti e nessuna soluzione politica. Antonio Barile, di Forza Italia, da tempo ripete del deficit del Comune. Fa il commercialista e coi numeri non litiga né scherza: assicura che, tirate le somme, il disavanzo pubblico è spaventoso e sfiora i trenta miliardi di vecchie lire. Ma in consiglio comunale resta isolato, è preso per fomentatore, s’infuria, cambia registro, s’abbatte, ripiglia e all’opposto lo trattano con certa sufficienza istituzionale. I debiti derivanti dalla gestione del Fondo sollievo hanno portato il Comune al tracollo? Che cosa è successo negli anni? Sono attendibili le dichiarazioni di parti politiche, non solo di Gallo, per cui di quei soldi regionali s’è fatto un secondo reddito per pochi, a scapito della casse pubbliche? Da destra, si continua a sostenere che il centrosinistra locale abbia sempre fatto campagna elettorale sulla precarietà dei lavoratori del Fondo, oggi gestiti dall’Afor. Vincenzo Mauro, di An, accusa l’Ufficio tecnico comunale. Sempre a destra, si dice che c’erano delle promesse di aggiustamenti finanziari, anni fa, da parte di Nicola Adamo all’amico Mario Oliverio, con la garanzia che il buco in Comune sarebbe stato coperto. Però, a gestire la contabilità in municipio c’era Giuseppe Oliverio, dirigente di Forza Italia. Nel 2003, il Comune di San Giovanni in Fiore mancò al Patto di stabilità, con conseguenti tagli dal governo nazionale. Nello stesso periodo, il Comune, sopportando un costo maggiorato di oltre un miliardo rispetto al solito, assegnò lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani alla cooperativa cosentina Valle Crati, finita sotto inchiesta per irregolarità operative; nel suo consiglio d’amministrazione figurava l’avvocato Giuseppe Lammirato, diessino, ieri consigliere comunale e oggi assessore al personale. La gente è molto all’oscuro di quanto è realmente accaduto a livello di bilancio, in Comune. Non sa e forse manco è importante che emergano i dati reali delle uscite e delle entrate. Certo, la battaglia con la Regione per il trasferimento delle quote del Fondo sollievo è definitivamente cessata. Ma se il Comune ha pagato di meno i suoi operai, dove sono finiti quei sei miliardi di cui parla Casamassima, sindacalista della Uil? Ora s’attende che la magistratura si pronunci sul passato e faccia luce, se possibile, su movimenti di danaro pubblico mai completamente chiariti.

Emiliano Morrone

già sul Crotonese del 10-13 giugno 2005


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