Attualità

Renato Pierri parla di contraddizioni di Vittorio Sgarbi sulla pedofilia dei preti

sabato 26 maggio 2007.
 

Caro direttore,

nella trasmissione "Confronti" del 18 maggio, Vittorio Sgarbi con il solito lunghissimo estenuante fiume di parole sosteneva che se un uomo noto (politico, attore, imprenditore, ecc.) non vuole che si parli di azioni sconvenienti commesse, non se la deve prendere con i giornalisti che ne parlano: semplicemente non deve commetterle. Semplice no? In realtà, nella trasmissione veniva trascurato un altro aspetto del problema: quando non si tratta di reati, ma solo di azioni poco decorose, i giornalisti non dovrebbero avere un certo riguardo, non tanto verso il trasgressore, ma verso l’immagine del nostro paese, e verso i familiari della persona oggetto dello "scandalo"? Ma a parte ciò, nella trasmissione successiva, dedicata al tema della prossima trasmissione di Santoro, sulla pedofilia diffusa tra i preti, Vittorio, molto affezionato alla Chiesa più che al Vangelo, col solito fiume di parole, sosteneva che non è giusto portare la "spazzatura" in Tv, perché questo getta fango sulla Chiesa, e faceva l’esempio: se un carabiniere ruba, è giusto dedicare al fatto una trasmissione, gettando in tal modo fango sull’Arma? E non solo era in contraddizione con la tesi sostenuta una settimana prima, ma faceva anche confusione. La Chiesa, infatti, ha sempre cercato in tutti i modi, e lo fa tuttora, di coprire le malefatte dei preti pedofili. L’Arma dei carabinieri non copre il carabiniere che sbaglia. Se lo facesse, sarebbe giusto parlarne. Sempre, ovviamente, che l’errore si configuri come reato, e non solo come azione sconveniente.

Renato Pierri


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