"La società sparente" su Adnkronos. Aperta la pagina, sotto c’è il link attivo.
Presentazione a Roma di "La società sparente"
Libri
Quel mare di coca benedetto dalla «Santa»
di Massimo Solani (l’Unità, 03.10.2007)
Esce mercoledì La Santa, viaggio nella ’ndrangheta sconosciuta, di Enrico Fierro e Ruben H. Oliva. Un libro e un dvd sugli affari della criminalità calabrese che investe nel mondo.
LA ’NDRANGHETA LA MAFIA PIU’ FORTE
Duisburg, ferragosto 2007, quei sei morti a terra nel parcheggio di un ristorante fanno improvvisamente scoprire all’Italia e all’Europa il cancro che li sta divorando: la ‘ndrangheta. Quella mafia made in Calabria per anni sottovalutata e relegata a fenomeno folkloristico. Roba di calabresi, si diceva, preferendo volgere lo sguardo altrove e soffermandosi sul volto di quei boss-pastori dediti ai sequestri di persona, mangiatori di carne di capra rintanati nei loro pertugi sul selvaggio Aspromonte. Anche questo ha consentito alla ‘ndrangheta di diventare la mafia piu’ forte, la piu’ ricca e la piu’ agguerrita militarmente. Nel film e nel libro parlano i protagonisti e raccontano la potenza della ‘ndrangheta e le complicità politiche e istituzionali che ne hanno favorito una crescita allarmante. Telecamera in spalla e taccuino in mano, i giornalisti Enrico Fierro e Ruben H.Oliva hanno girato nei luoghi dove la ‘ndrangheta è nata e dove i boss reinvestono i milioni di euro guadagnati col traffico di cocaina. Dall’Aspromonte a San Luca alla Locride, dal Nord Italia all’Argentina fino alla Colombia. Nel film parlano i protagonisti, chi è vittima della ‘ndrangheta e chi la combatte. Dalle mamme dei desaparecido di Filadelfia ai sindaci coraggiosi costretti a vivere blindati fino ai magistrati che da anni indagano sui boss e sui loro rapporti con la politica. Un ritratto che unisce sangue, onore, tradimenti e vendette, ma soprattutto i silenzi. I silenzi che hanno permesso alla Santa, o ‘ndrangheta, o Cosa Nuova, di diventare la piu’ fiorente industria criminale italiana.
politica o quasi
Calabria, chi vuole che la società sparisca?
di Ida Dominijanni (il manifesto, 02.10.2007)
In attesa che il Csm si pronunci sul caso De Magistris, e nella speranza - del tutto vana - che il consiglio regionale calabrese prenda in seria considerazione l’invito a dimettersi speditogli sabato scorso da Cesare Salvi, sul complesso di vicende che da mesi agita la Calabria ci si può tenere la memoria fresca leggendo "La società sparente", un libro di Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio fresco di stampa da Neftasia editore in una collana bizzaramente intitolata "autori vittime della penna". Come vittime della penna si presentano infatti Morrone e Alessio, l’uno giornalista l’altro esperto di Web, entrambi redattori di "La Voce di Fiore", il giornale on-line da cui partì nel 2004 l’iniziativa di candidare Gianni Vattimo a sindaco di San Giovanni in Fiore, iniziativa che non ebbe un esito elettorale felice ma innescò in compenso un felice percorso di consapevolezza politica nella cittadina silana. Vittime della penna, perché costretti a emigrare dalla incomprimibile voglia di denunciare e scrivere fatti e misfatti dell’intreccio fra politica, criminalità e affari che occupa e uccide la sfera pubblica calabrese. La tesi del libro parte dunque da un’esperienza biografica: «I rapporti di interdipendenza fra politica e ’ndrangheta stanno rendendo la vita dei residenti impossibile sul versante dei diritti, della sicurezza, dei servizi e delle libertà». Che equivale a dire che in Calabria non c’è solo una questione sociale, una questione politica e una questione morale, ma anche una questione costituzionale.
Tutte e quattro infatti emergono dal racconto in diretta della vita a San Giovanni in Fiore, patria medievale dell’eresia gioachimita, oggi 18.000 abitanti a 1000 metri dal mare, un’urbanistica seviziata dalla speculazione edilizia, la memoria dell’antica arte tessile dei tappeti sacrificata alle pizzerie, i latifondisti di un tempo «sostituiti da assessori e consiglieri», una disoccupazione endemica calmierata nei primi anni 90 da 700 assunzioni con la trovata emergenzial-assistenziale del «fondo sollievo», un territorio in cui «l’illegalità è regolare, ammessa e stimolata» dai partiti o meglio da quel che resta dei partiti di massa novecenteschi, Dc e Pci; e infine alcune «improvvise sparizioni», e il sospetto che i laghi della Sila ospitino rifiuti tossici, due indicatori chiari di penetrazione della ’ndrangheta in una zona che ne pareva immune. Il quadro è noto, ma Morrone e Alessio lo arricchiscono di alcuni elementi di vita quotidiana che di solito restano fuori dal discorso: le tossicodipendenze e le depressioni che si diffondono fra i giovani, la famiglia che agisce come rifugio e insieme come ulteriore fattore di svuotamento della vita pubblica. Sotto i colpi della ’ndrangheta da una parte, e di un ceto politico preoccupato prevalentemente di tradurre in affari invece che in beni pubblici i fondi europei, «la società calabrese sta sparendo»: questa la tesi che dà il titolo al libro. Che da San Giovanni procede poi per tutta la regione, racconta le inchieste di De Magistris, conta i nomi dei consiglieri regionali inquisiti (22), dice la sua sul caso Fortugno e sulla strage «annunciata» di Duisburg, non risparmia i giudizi sui politici di qualunque colore (i diessini Adamo e Oliverio spiccano nella lavagna dei cattivi, Doris Lo Moro (ds) e Angela Napoli (An) in quella dei buoni), sulla giunta regionale di centrosinistra di oggi e su quella di centrodestra della passata legislatura. Contro la «sparizione» della società, Morrone e Alessio lanciano la proposta di un ritorno in massa degli emigrati, virtuale se non reale, come il Web e l’accorciamento delle distanze consentono. E’ curioso che sia la stessa idea che anima già da tempo un sito di Catanzaro, www.l’altracatanzaro.it. E che arrivi in contemporanea con le notizie dalla Birmania e con il primo sciopero su second life dei lavoratori dell’Ibm. Magari è vero che nel mondo glocale la politica, se funziona, funziona così.
Per una volta, dissento. Sembra che il crimine si individui col censo e la provenienza dal Terzo mondo, per gli inquirenti del posto. Francamente respingo un’azione di vigilanza fondata sull’arresto dei ragazzini, riverberata dal piccolo scermo del luogo, in possesso di un "ricco bottino di 70 euro" per spaccio di thc. O sulla persecuzione dei marocchini e il legalismo di facciata. Conta più la forma o la sostanza? Nessun organo di stampa ci ha ancora detto dell’arresto di pesci grossi da parte del maresciallo Levato. Intendo dire trafficanti di lusso e autori di sublilmi violazioni della legge.
Cari saluti, nostro Gioacchino.
Emiliano