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CENSIS: 41° RAPPORTO. Condizioni di salute della "Penisola Dei Famosi". La società italiana sta diventando una «poltiglia di massa», sfilacciata, inconcludente e senza sguardo al futuro - a cura di pfls

sabato 8 dicembre 2007.
 
[...] Il "silenzioso boom" va avanti: sembra aprirsi a una visione positiva dell’economia e della società l’edizione 2007 del Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis. Ma poi, pagina dopo pagina, emergono tutti i blocchi e i problemi che impediscono a una "dinamica evolutiva di pochi" di diventare "uno sviluppo di popolo": la "buona ripresa" tarda ad arrivare, mentre il Paese si disperde in una "poltiglia di massa", una "mucillagine di elementi individuali e di ritagli personali tenuti insieme da un sociale di bassa lega, e senza alcuna funzione di coesione da parte delle istituzioni". Insomma, il Paese non cresce, anche se il Censis, rifiutando apertamente da anni "un’ipotesi di declino e di impoverimento", va con passione alla ricerca di tutto quello che individualmente, dal basso e senza coordinazione, ha intrapreso un percorso individuale di evoluzione [...]

IL RAPPORTO CENSIS

"L’Italia è una poltiglia di massa"

E’ l’analisi impietosa del Censis che fa luce su un Paese inconcludente, senza coesione e sguardo al futuro

ROMA. La società italiana sta diventando una «poltiglia di massa», sfilacciata, inconcludente e senza sguardo al futuro. E’ l’allarme lanciato oggi dal Censis nel 41° rapporto sullo stato sociale del Paese. Disillusa dalla politica e dalle istituzioni, l’Italia si frammenta sempre più e, mossa da pulsioni ed emozioni individuali rischia di perdere l’identità collettiva.

Lo studio del Censis descrive un’Italia a due velocità: da una parte lo sviluppo economico che si conferma positivo, dall’altra una società che non rispecchia lo stesso trend ma anzi se ne distacca. Lo sviluppo economico si muove, infatti, su dinamiche di minoranza (come quella industriale che «non sprigiona le energie necessarie per uscire dallo stallo») che non penetrano fra la gente, che rimane distante da questi processi elitari.

Italia aggressiva e litigiosa

In Italia è in corso una «degenerazione antropologica», che fa della aggressività la modalità espressiva quotidiana degli italiani. Lo dimostrano gli stadi e le famiglie. In casa aumentano violenze e separazioni.

Della politica non ci si può fidare

Gli italiani diffidano della politica. La pensano così 8 italiani su 10. Il 76,1% dice che «nessuno si preoccupa di ciò che accade agli altri mentre per il 56,4% valgono di più i propri interessi che gli altri». Sfiducia anche verso le istituzioni. In particolare dello Stato, 52,4% dice di essere poco o per niente soddisfatto del suo operato. Maggiori successi li riceve il comune (sfiducia al 32,7%).

Redditi

Casa ed energia sono le principali spese degli italiani. A questi scopi va il 31% degli stipendi. È diminuita invece la spesa per alimenti (dal 21,1% del 1996 al 18,9% del 2006).

Carceri

Solo quattro detenuti su dieci hanno una condanna definitiva. Dopo l’ indulto i detenuti sono diventati 43.957. Nei penitenziari oltre un terzo è straniero, per lo più clandestini.

Università

Uno su cinque è fuori sede. Si tratta di 350 mila studenti che preferiscono atenei lontani dalla propria città. La spesa media mensile per le loro famiglie ammonta a 1.100 euro.

Imprese

L’Italia è al terzo posto in Europa per numero di servizi pubblici destinati alle imprese on line, pari all’87,5% del totale. Diversa la situazione per i cittadini che su questo si trova invece al di sotto della media europea.

Criminalità

Il 22% della popolazione italiana, ossia circa 13 milioni di persone, vive in zone in cui è presente la criminalità organizzata. Si tratta di cittadini del sud, pari al 77,2% della popolazione di quattro regioni (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia).

Pensioni

Serpeggia il pentimento tra i pensionati. Il 31% dei pensionati se potessero tornare indietro ritarderebbero l’uscita dal lavoro. Non a caso l’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile non è più un tabù per la società italiana.

Bilanci comunali

Nei Comuni, salgono del 52% le entrate derivanti dalle multe degli automobilisti.

Solidarietà

Per il 69% degli italiani, in caso del bisogno si può contare sull’aiuto degli altri. Intensa è la partecipazione dei cittadini ai problemi della comunità: il 17,9% si organizza, spesso o molto spesso, con altri per un obiettivo comune. Soprattutto sulla sicurezza nei confronti degli immigrati

* La Stampa, 7/12/2007 (10:50)


DOCUMENTO DEL CENSIS: 2007 - XLI RAPPORTO SULLA SITUAZIONE SOCIALE DEL PAESE


Sul tema, nel sito, si cfr.:

LA REPUBBLICA DELLA "PENISOLA DEI FAMOSI" E UN PARLAMENTO CHE CANTA: "Forza Italia"!!!

ITALIA. PAESE IMPAZZITO. BULLISMO ... GENERALE E DI STATO

LA CHIESA DI MANZONI E DEL CARDINALE MARTINI ... E LA CHIESA DI GIUSEPPE DE RITA E DI PAPA RATZINGER - CHE ABISSO E CHE VERGOGNA!!!


-  Il 41° Rapporto Censis. Costante la crescita, già rilevata nel 2007
-  ma non si traduce in uno "sviluppo di popolo". Il fenomeno della fuga all’estero

-  In Italia continua il silenzioso boom
-  ma è opera di una "minoranza vitale"

-  Cresce il fatturato di numerose aziende, il sistema si potenzia attraverso le aggregazioni
-  I redditi rimangono bassi, il debito pubblico alto, i consumi e le prospettive delle famiglie incerti

di ROSARIA AMATO *

ROMA - Il "silenzioso boom" va avanti: sembra aprirsi a una visione positiva dell’economia e della società l’edizione 2007 del Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis. Ma poi, pagina dopo pagina, emergono tutti i blocchi e i problemi che impediscono a una "dinamica evolutiva di pochi" di diventare "uno sviluppo di popolo": la "buona ripresa" tarda ad arrivare, mentre il Paese si disperde in una "poltiglia di massa", una "mucillagine di elementi individuali e di ritagli personali tenuti insieme da un sociale di bassa lega, e senza alcuna funzione di coesione da parte delle istituzioni". Insomma, il Paese non cresce, anche se il Censis, rifiutando apertamente da anni "un’ipotesi di declino e di impoverimento", va con passione alla ricerca di tutto quello che individualmente, dal basso e senza coordinazione, ha intrapreso un percorso individuale di evoluzione.

A cominciare dalle "minoranze vitali" fautrici di una ripresa economica "ormai da tempo provata da una apprezzabile crescita degli indici del fatturato industriale e del terziario e dalla crescita sostenuta delle esportazioni". Una ripresa che però non riesce a coinvolgere l’intero sistema sociale, per via di problemi vecchi, come l’antico divario Nord-Sud, mai migliorato e semmai aggravato negli anni, e le sempre maggiori "degenerazioni antropologiche". "In ogni settore - ricorda il Censis - è tutto un tessere di astuzie, piccole illegalità, convivenze. Salvo poi, con l’esercizio antico di una doppia morale, scandalizzarsi per furberie più altisonanti. Perchè l’Italia continua ad essere un Paese troppo indulgente con se stesso".

Le "minoranze vitali" fautrici della ripresa

L’incremento del Pil dell’1,8 per cento previsto per il 2007 è sicuramente indice di una ripresa economica, osserva il Censis, o quantomeno del fatto "che il Paese è fuori dalle secche del lungo periodo di stagnazione che è andato dal 2002 alla prima metà del 2006". L’avvio di questa fase positiva non è però frutto di un’evoluzione generale, secondo gli analisti dell’Istituto, quanto piuttosto "di minoranze vitali che rischiano di non fare tessuto, di non riuscire a riverberare la propria vitalità negli strati più ampi e profondi del Sistema-Paese".

A testimonianza delle buone performance degli ultimi mesi ci sono relazioni trimestrali di bilancio delle imprese quotate in Borsa che mostrano utili ragguardevoli, "mai al di sotto del 10 per cento". Nel 2006 l’incremento dell’indice del fatturato industriale derivante da vendite in Italia è aumentato del 7 per cento, ricorda il Censis, quello delle vendite all’estero dell’11 per cento, e il 2007 dovrebbe chiudersi con un’ulteriore accelerazione. Spiccano poi nel sistema delle imprese le grandi operazioni di concentrazione e fusione attuati nel 2007, a cominciare da quella conclusa tra Capitalia e Unicredit.

Il Censis rileva comportamenti virtuosi e innovativi nell’industria manifatturiera e anche nelle imprese agricole, protagoniste almeno in parte di "un lento ma progressivo progresso di riorganizzazione e riposizionamento complessivo". Ancora, nel sistema imprenditoriale italiano si riscontra una forte tendenza al ricambio generazionale, grazie soprattutto alla costituzione di nuove attività.

I freni allo sviluppo

Ma "lo sviluppo non filtra sia perché non diventa processo sociale, sia perché la società sembra adagiarsi in quell’inerzia diffusa che è antropologia senza storia, senza chiamata al futuro". Tra i principali fattori inerziali il Censis cita i dati della contabilità nazionale: da un lato un andamento degli investimenti fissi lordi delle pubbliche amministrazioni "per il terzo anno di segno negativo", a fronte di una spesa pubblica in crescita e monopolizzata dal pubblico impiego, dalla sanità e dalle pensioni.

C’è dunque "un inguaribile strabismo delle politiche di bilancio che, non riuscendo a stabilizzare e ridurre le spese correnti, hanno più agevolmente compresso le spese di investimento". Il debito pubblico "pesa come un macigno non solo sui conti, ma anche sulla libertà psicologica dei cittadini". A questo si aggiunge "l’erratica scoperta di tesoretti e la loro destinazione erraticamente politica".

Anche gli interventi programmati, ricorda il Censis, raramente vengono portati a compimento: un recente monitoraggio attesta che in sei anni solo il 2,5 per cento delle infrastrutture programmate sono state ultimate. A questo si aggiunge una svalutazione dell’istruzione pubblica, che in percentuale sul Pil ha subito tra il 1993 e il 2004 un progressivo decremento, passando dal 5,4 al 4,6 per cento. Si è accentuato pertanto anche il divario tra il dato europeo e quello nazionale.

I consumatori con il fiato corto

La vitalità riscontrata nel settore delle imprese non si traduce in un’analoga condizione per le famiglie. Gli italiani, osserva il Censis, "giungono alla fine del 2007 ancora con il fiato corto, forse più che per una sensazione di scarsa fiducia nel futuro che per oggettive difficoltà o incertezze economiche". I consumi hanno ripreso però a crescere: +1,6 per cento nel 2006, +2 per cento nel primo semestre del 2007. Ma il reddito disponibile stenta ad aumentare, e pertanto frena la richiesta di mutui (+7 per cento nel primo semestre 2007 a fronte di un +21,1 per cento del corrispondente periodo del 2006) e quella del credito al consumo.

Le difficoltà del lavoro flessibile

Il lavoro in Italia sta cambiando. Da un lato il Censis osserva "la prefigurazione di un nuovo modello del lavoro professionato di fascia alta che esce dal lavoro autonomo e rientra nell’alveo delle professioni dipendenti". Ma dall’altro l’Italia rimane all’ultimo posto nella graduatoria europea per tasso di attività femminile (al 50,8 per cento nel 2006).

Inoltre è aumentata la quota di ingressi al lavoro di carattere temporaneo, passati nell’ultimo biennio da 720.000 a più di 870.000 (+20,1 per cento). Dei quasi 1.900.000 lavoratori che hanno trovato un’occupazione nel corso del 2006, il 38,2 per cento ha un contratto a termine, l’8,7 per cento un contratto di lavoro a progetto o occasionale e solo il 36,1 per cento un contratto a tempo indeterminato. A differenza di quanto sostengono gli imprenditori e le associazioni imprenditoriali, il Censis rileva come "la maggior parte dei lavoratori flessibili resta immobile nella prorpia condizione, quando non rischia di perdere il posto di lavoro: evento che, nel 2006, ha interessato il 12,4 per cento dei giovani con contratto a termine e il 12 per cento dei collaboratori, a progetto o occasionali".

Fuga all’estero

Chi può, considerate le pastoie del sistema Italia, sceglie "di intraprendere il proprio percorso di studio e di lavoro al di fuori dei confini patri". "La sensazione che emerge - osserva il Censis - è che flussi sempre più consistenti di italiani stiano ormai indirizzando e riorganizzando le proprie strategie di sviluppo, di business, di investimento all’estero". Un ennesimo dato che dimostra come le soluzioni italiane per uscire da un sistema bloccato siano assolutamente individuali, in mancanza di una seria evoluzione collettiva. Nel 2006, erano iscritti in facoltà universitarie estere 38.690 studenti, di cui il 19,9 per cento in Germania, seguiti da Austria, Gran Bretagna, Svizzera, Francia e Stati Uniti. Dal 2001 al 2006 inoltre l’Italia è stata, dopo Francia, Germania e Spagna la nazione da cui sono partiti più studenti Erasmus (in totale 92.010). Nel 2006 oltre 11.700 laureati hanno trovato lavoro all’estero.

Il numero delle imprese estere partecipate da aziende italiane è arrivato a quota 17.200 per un volume di addetti che supera il milione. Nel 2006 inoltre il numero degli italiani che ha trasferito all’estero la propria residenza è aumentato del 15,7 per cento rispetto all’anno precedente.

* la Repubblica, 7 dicembre 2007.


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