Siamo il culmine dell’evoluzione di un cosmo pensato da Dio su basi matematiche. Parla il premio Templeton Michal Heller
Una teologia dell’universo
«Il nostro cervello è la realtà più complessa e pensa seguendo gli schemi utilizzati dal Creatore mentre dava forma al mondo.
Il rapporto fra scienza e religione sarà un punto nodale del dibattito nel prossimo futuro»
di LUIGI DELL’AGLIO (Avvenire, 05.04.2008)
Per creare l’Universo e il mondo, Dio ha pensato strutture matematiche. Questa idea-chiave parte dal filosofo e scienziato Gottfried Leibniz (1646-1716), ed è confermata due secoli dopo da Albert Einstein. Ma Michal Heller, il cosmologo e pensatore polacco cui è stato assegnato il mese scorso il Templeton Prize (il ’Nobel della teologia’), la rilancia, e formula una deduzione: «Il mondo è matematico perché Dio pensa in maniera analoga al nostro pensiero matematico».
Heller, che è sacerdote, e professore all’Università di Cracovia, è stato sempre animato dal desiderio di costruire un ponte tra fede e scienza. Nel 1969 partecipava ai primissimi incontri tra teologi, filosofi e scienziati, promossi dall’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, dai quali prendeva vita il leggendario Center for Interdisciplinary Studies. Per aggirare i divieti delle autorità comuniste, per lungo tempo gli intellettuali e religiosi polacchi di questo gruppo si riunivano al riparo di case private. Solo grazie all’amicizia del futuro pontefice e al suo autorevole intervento, Heller potè andare all’estero e discutere con altri scienziati e teologi nei convegni internazionali.
Professore, la conoscenza suggerisce che esiste una relazione tra la Mente creatrice di Dio e la mente investigatrice dell’uomo. Può parlarci di questa relazione?
«Per rispondere in breve, posso dire che il nostro cervello si è formato come prodotto di una lunga evoluzione dell’Universo o, per usare la metafora di Leibniz, come effetto dell’azione di Dio che pensava l’Universo. Nel cervello umano, l’evoluzione dell’Universo ha raggiunto il suo punto focale, cioè la capacità di riflettere su se stesso e di interpretare la Mente di Dio, presente nella struttura dell’Universo».
Lei invita a riscoprire l’idea-chiave di Leibniz: per creare l’Universo, Dio ha pensato strutture matematiche. Ma le leggi matematiche come si integrano con quello che lei chiama il ’Grande Mistero’?
«Non è possibile risolvere il Grande Mistero. Einstein, una volta, l’ha detto chiaramente: non potremo mai svelare e comprendere questo Mistero. Ma io faccio un piccolo passo in più: il mondo ’è matematico’ perché Dio pensa in maniera analoga al nostro pensiero matematico».
In un Universo creato, come si giustificano gli eventi casuali?
«Non è facile definire il caso. La definizione più ovvia è che l’evento casuale è un evento di bassa probabilità che si verifica nonostante abbia una bassa probabilità di verificarsi. Per stabilire se un fatto ha molte o poche probabilità di avvenire, si ricorre al calcolo delle probabilità. Ma comunque il calcolo delle probabilità è una splendida struttura matematica e, in quanto tale, è parte della Mente di Dio. Quelli che noi chiamiamo eventi casuali si collocano nel progetto dell’Universo ».
Lei sostiene che l’Universo ha un progetto, che l’Universo ’non può spiegarsi da solo’. Ma ha definito ’errore teologico’ la teoria dell’intelligent design.
«C’è un motivo preciso. Si è fatto un abuso dell’espressione ’disegno intelligente’. L’hanno adoperata quanti affermano che esiste opposizione tra Dio e il caso. Io preferisco l’espressione ’Mente di Dio’».
Come giudica la recente tendenza a negare all’uomo una posizione al vertice dell’evoluzione della vita?
«Se osserviamo le specie viventi in base alla semplicità di organizzazione, allora non c’è dubbio che un’ameba batte l’homo sapiens. Ma, se ci basiamo sul criterio della complessità, è il cervello umano la struttura più complessa dell’Universo. Ed è proprio nella complessità del cervello umano che l’evoluzione dell’Universo raggiunge il suo traguardo».
Per lanciare un ponte tra scienza e fede, lei propone una ’teologia della scienza’. Di che cosa si tratta?
«Da un lato abbiamo un metodo scientifico che descrive l’Universo com’è visto dalla scienza. Se si segue questo metodo, i limiti del metodo scientifico sono i limiti dell’Universo. Pertanto tutto ciò che trascende l’investigazione empirica trascende l’Universo della scienza. La teologia pensa invece che l’Universo è quello creato da Dio. Grazie all’Universo, i teologi comprendono tutto ciò che è stato creato da Dio. È dunque evidente che l’Universo delle scienze e l’Universo della teologia differiscono l’uno dall’altro. La differenza deriva dal fatto che i metodi di queste due discipline rispecchiano le loro diverse visioni della realtà. Il metodo della teologia riesce a ’vedere’ nell’’universo materiale’ alcuni aspetti che non appartengono all’Universo delle scienze. E l’’Universo materiale’, così come è contemplato dalla teologia, è più ricco dell’Universo visto da una prospettiva puramente scientifica».
E come s’imposta, in queste condizioni, una teologia della scienza?
«Proprio a questo punto emerge la possibilità di fare teologia della scienza. Come riflessione teologica sulle scienze, la teologia della scienza può investigare le conseguenze del fatto che le scienze empiriche investigano un Universo creato da Dio. La teologia della scienza dovrebbe essere una parte integrante e autentica della teologia, con tutte le peculiarità metodologiche di una disciplina teologica».
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