SE IL PAPA DIVENTA ERETICO - L’ERESIA PELAGIANA DI PAPA RATZINGER
Solo i "puri", coloro che non sono macchiati dal "peccato" possono ricevere l’ostia consacrata: questa la frase ripresa dai media dal Discoso di Papa Benedetto XVI per il Congresso Eucaristico Intenazionale in Canada.
Ma la tradizione secolare della Chiesa Cattolica, tranne che per gli ultimi due secoli, e con Papa Pio X sulla comunione ai fanciulli, non ha mai inteso l’Eucaristia come "un premio " per i più buoni o i "puri" come dice il papa tedesco, nell’ultimo suo intervento.
Anzi i testi dei Padri della Chiesa e quelli dei primi Concili Ecumenici indicavano l’Eucaristia come "medicinale" , e vera e propria "remissione dei peccati", tanto quanto il sacramento della riconciliazione (detto volgarmente confessione)... certo il fedele era tenuto ad accostarsi ad essa con animo libero dai peccati e con pentimento per i propri peccati, ed il proponimento di non ripeterli. Ma non vi è mai stata l’idea nella Chiesa antica apostolica e in quella dei Padri conciliari di escludere chi non fosse in uno stato "puro", anche perchè in ultima analisi nessuno può sapere se è puro del tutto, nè chi dà nè chi riceve l’Eucaristia: soltanto Cristo lo sa poichè soltanto Lui solo vede e legge nei cuori.
Questa dottrina è ormai comune ad Ortodossi e Anglicani e Vetero Cattolici.
La teologia dell’’Eucaristia mai modificata nelle Chiese di Oriente hanno sempre considerato l’Eucaristia come un "viatico" per i fedeli e il sacramento che rimette i peccati stessi, tant’è che nelle Chiese Ortodosse sempre si recita questa esortazione liturgica : "fedele Giovanni, (nome del fedele) ricevi il corpo e il sangue di Cristo (sempre sotto le due specie) in remissione dei peccati e per la vita eterna... amen "
La remissione dei peccati si intende per chi non è in stato di grazia assoluta, come indica il Papa, ma può arrivare attraverso l’unione con Cristo che salva.
L’ultima esortazione di Benedetto XVI poi che si riassume in questo concetto:
"Coloro che non possono accedere direttamente al corpo di Cristo, a causa di una loro situazione personale, troveranno comunque nel desiderio di comunione e nella partecipazione all’Eucaristia una forza e una efficacia salvatrice", è del tutto fuorviante poichè non tiene conto che non è il desiderio dell’uomo in sè che può salvare
poichè starebbe a significare che ci si salva attrraverso le proprie opere senza l’intervento salvifico di Cristo!
Questo è molto grave!
Si cade in una sorta di pelagianesimo (Pelagio un vescovo** del secolo coevo a Sant’Agostino nel IV secolo che fu condannato come eretico dai Padri Conciliari).
E’ chiaro che la Chiesa del Vaticano (che si dice Cattolica) avendo abbandonata la dottrina cattolica apostolica autentica e secolare sul matrimonio prima del Concilio di Trento, dove il Vescovo poteva sciogliere i coniugi dal vincolo matrimoniale, per cause irreparabili dentro la coppia, e per il fatto che il legame di amore era venuto meno, ha introdotto la necessità di negare i sacramenti, in particolare l’Eucaristia, a coloro che ormai la Chiesa costringeva al vincolo indissolubile.
La dottrina è stata modificata poichè le Chiese orginarie di Oriente e Ortodosse mai hanno inteso la negazione dei sacramenti ai coniugi che si divorziavano e si risposavano, poichè era la Chiesa stessa che scioglieva e legava in matrimonio, secondo il mandato di Cristo attraverso il Vescovo che agiva in persona Christi!
Per mantenere una dottrina dei sacramenti tridentina più rigida e chiusa, inutilmente inasprita, che stravolge l’originale impianto dottrinale e liturgico della Chiesa Cattolica Antica sia in Occidente che in Oriente (la Chiesa Indivisa) si deve per forza proibire lo scioglimento del matrimonio e il secondo matrimonio, e infine estromettere gli sposi cristiani separati e risposati dalla Eucaristia.
Pretendere poi che si salvino i divorziati solo con il desiderio di comunione e di Eucaristia, svuota di ogni forza salvifica il sacramento di Cristo! Lascia supporre che attraverso le opere soltanto (il desiderio e la buona condotta morale ) ci si possa salvare, da sè soli, riducendo Cristo e la grazia di Cristo ad un particolare quasi irrilevante!
Questa posizione è eretica rispetto a tutta la dottrina patristica della Chiesa cattolica e apostolica autentica, e il Papa ed il Vaticano farebbero bene a dire come stanno le cose: che loro negli ultimi secoli, e nell’ultimo in particolare hanno modificato la dottrina secolare della Chiesa, introducendo forme liturgiche sacramentale e devozionali del tutto estranei al vero contesto eucaristico voluto dal Signore!
E Cristo che salva non il nostro desiderio di bene soltanto, e la condotta integerrima questo cade nel fariseismo dell/ Antico Testamento e nel pelagianesimo, ma non e cattolico cristiano.
NON SI PUO’ OGNI VOLTA DIRE CHE QUESTA E’ LA IMMUTATA DOTTRINA DELLA CHIESA SULLA EUCARISTIA! O ADDIRITTURA CHE QUESTO E’ IL VOLERE DEL SIGNORE, E CHE LORO NON POSSONO CHE ATTUARLO, POICHE’ NON E’ NE UNO NE’ L’ALTRO.
LA CHIESA AUTENTICA CATTOLICA E APOSTOLICA HA SEMPRE INTESO LA DOTTRINA EUCARISTICA COME REMISSIO PECCATORUM ET VIATICUM PER OGNI CRISTIANO E NON SOLO PER I PURI O SEDICENTI TALI.
ALTRA COSA ERA QUANDO LA CHIESA ED IL VESCOVO PER PUBBLICI PECCATI GRAVISSIMI COME UN OMICIDIO O APPARTENENZA AD ASSOCIAZIONI CRIMINALI COME LA MAFIA ESCLUDEVANO DAI SACRAMENTI CON SCOMUNICA SE PRIMA NON FOSSERO STATE COMPIUTE LE PROCEDURE PENITENZIALI.
Milano, 23 Giugno 2008 Vigilia della Solennita di San Giovanni il Battista
CENTRO STUDI TEOLOGICI DI MILANO
CHIESA ANTICA CATTOLICA E APOSTOLICA Diocesi di Milano - Monza
Comunicato Stampa IL COMITATO DIRETTIVO dei
TEOLOGI DEL CENTRO STUDI TEOLOGICI di MILANO + Mons. Giovanni Climaco Mapelli Vescovo e Presidente
CENTRO ECUMENICO
tel 339.5280021
02.95310741 fax
www.centrostuditeologici.too.it
* Chiesa di tradizione e successione apostolica autentica risalente all’Apostolo San Pietro nel 35 d.C. ad Antiochia non dipendente dal Vaticano
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ERRATA CORRIGE!
PELAGIO
di Mons. Giovanni Climaco Mapelli *
Pelagio (Britannia, 360 - Palestina, 420) per un errore di trascrizione Pelagio è stato indicato come Vescovo, in realtà era soltanto un monaco teologo britannico, inglese o irlandese (forse ordinato prete) morto poi in Palestina . Vescovo era invece uno dei suoi seguaci il Vescovo Giuliano, della Chiesa di Eclano (vicino ad Avellino- Italia) che accentuò la dottrina pelagiana e si scontrò duramente con Agostino- vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Pelagianesimo
N.B. Va detto che Pelagio non negava del tutto la grazia di Dio in Cristo, ma era attento alla libertà dell’uomo e alla capacità di scegliere il bene e il male con la sua volontà che già era da ritenersi una "grazia di Dio", ma il pelagianesimo accentuato in seguito dai suoi seguaci, da Celestio al Vescovo Giuliano ed altri vescovi pelagiani, in contrapposizione all’agostinismo divenne sinonimo di "salvezza autosufficiente dell’uomo" a detrimento della "grazia divina". In quei primi secoli una Dottrina vera e propria della grazia non era ancora stata del tutto definita dalla Chiesa e dai Padri in senso comune e univoco, se si eccettuano le opere di S. Agostino di Ippona: tuttavia fu rigettata la posizione pelagiana, già nel 431, perchè svuotava di senso e di forza l’opera salvifica universale di Gesù Cristo.
Mons. Giovanni Climaco Mapelli
(Per leggere i testi, cliccare sui titoli:)
L’amor (charitas) che muove il Sole e le altre stelle ... non ha niente a che fare con "mammona", "mammasantissima", "padrini", e... "andranghatia".
PIANETA TERRA, CRISTIANESIMO, E DEMOCRAZIA "REALE": DIO E’ AMORE ("Deus charitas est": 1 Gv. 4.8). Per una Chiesa al di là della trinità "edipica" - di Mammona e di Mammasantissima ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)!!!!
di Vittorio Cristelli (vita trentina, 19 giugno 2011)
Ci sono incontri nella vita che ti segnano e tornano alla memoria come sorgive che ti ispirano e ti tormentano pure per avere una risposta rassicurante, esplicativa. Per me un incontro di questo tipo è avvenuto già più di vent’anni fa (non ricordo più in quale anno preciso) in quel di Vicenza ad una tre giorni di studio con i Beati costruttori di pace. C’era Enrique Dussel, uno dei pionieri della teologia della liberazione, che a tavola mi confidò che stava pensando ad un saggio in cui proporre come modello dell’economia l’Eucaristia. Io gli presentai le mie perplessità, legate al pericolo che si confonda il sacro con il profano. E lui mi obiettò che nell’Eucaristia si tratta pur sempre di mangiare e soprattutto di mangiare insieme e quindi di un convivio.
Non so se Dussel abbia poi scritto quel saggio che aveva in mente, ma vi lascio immaginare la lieta sorpresa quando la settimana scorsa ho letto che in Francia è apparso il "Manifesto del convivialismo". E’ una teoria economica sostenuta dal sociologo Allain Caillé assieme a Serge Latouche, quello che da anni denuncia una globalizzazione per la quale tutto è merce.
Il convivialismo fa parte di un movimento più vasto che intende lanciare l’antiutilitarismo nelle scienze sociali. Si chiama MAUSS e sta per "Movimento Antiutilitarista nelle Scienze Sociali". Il nome è stato scelto anche in omaggio a Marcel Mauss, autore di uno studio che si chiama "Saggio sul dono", in cui dimostra che all’origine del legame sociale non è l’utile egoistico, bensì il dono come gesto primario che fa uscire l’individuo da se stesso e lo proietta verso gli altri. Uscendo dal vago e dal generico, si riscopre che ciò che “muove il sole e le altre stelle" e crea socialità è l’amore. "Palpito dell’universo" è stato poeticamente definito l’amore, ma più concretamente e se volete prosaicamente l’amore è la molla che unisce le persone, specie in quella che è stata definita "cellula della società", cioè la famiglia.
Che cosa c’entra l’economia? C’entra eccome! Forse che quella famigliare non è economia? Certo, non si propone il profitto bensì il servizio alle persone che la compongono. A tutte e in special modo alle più deboli come sono i bambini.
I teorici del convivialismo denunciano un peccato originale nella nostra società e nella nostra democrazia: quello di vedere solo la funzione di salvaguardia degli interessi individuali. Caratteristica che segna perfino la Dichiarazione universale dei diritti umani. L’ha rilevato anni fa perfino un congresso internazionale di giuristi, celebrato a Vienna.
Nel documento finale afferma che nella Dichiarazione universale manca "il diritto dell’altro". Un deficit che caratterizza soprattutto l’economia quando dogmaticamente si definisce per il profitto. E’ quindi significativo che sia emerso anche nel recente Festival dell’economia di Trento questo limite, rilevato dal grande sociologo Zigmunt Bauman, quando, come ha documentato Vita Trentina, vi ha opposto l’amore, per il quale "non ci sono limiti".
Certo, la condivisione dei beni comporta anche rinunce e sacrifici. Ma oggi appaiono anche oggettivamente necessari se, come ha detto lo stesso Bauman, per garantire un livello di consumi eguali a quello occidentale ci vorrebbero ben tre mondi. E l’amore si ripropone con il suo "mezzo" essenziale: il dono.
Siamo ad una svolta. La stessa globalizzazione esige che si cambi registro e dall’utilitarismo si passi al convivialismo. A proposito, non c’è forse anche il movimento dei Focolari, fondato dalla nostra Chiara Lubich, che da decenni porta avanti l’ideale di un’economia diversa? Si chiama "Economia di Comunione". E qui mi ricompare davanti Enrique Dussel. Lui parlava di Eucaristia come modello economico, ma l’Eucaristia non si chiama forse anche "Comunione"?
Lettera
Voi date loro da mangiare
di Renato Pierri *
Gentile direttore,
il cardinale Angelo Bagnasco, riguardo al rifiuto della Chiesa di concedere l’eucaristia ai divorziati, ha dichiarato che si tratta di "una decisione intrinseca, che nasce dall’interno del sacramento stesso dell’Eucarestia". Io non mi illudo di poter far cambiare opinione ai fedeli che reputano vangelo le parole della Chiesa; però ho la speranza che il cardinale un piccolo segretissimo ripensamento possa averlo. Un’occhiata al Vangelo, infatti, ci fa capire che Cristo qui e ora non rifiuterebbe l’ueucaristia a nessuno. Solo qualche esempio: nella parabola del grande convito (Lc 14,15s) Gesù fa dire dal padrone al servo: «Va’ per le strade e lungo le siepi e forzali ad entrare, affinché la mia casa sia piena». Non dice: «Non invitare i peccatori al mio banchetto». Nel miracolo della moltiplicazione dei pani, Gesù, dando incarico agli apostoli di distribuire alla folla pane e pesci, disse loro: «Voi date loro da mangiare» ( cf Mt 14,16). Non disse: «Date da mangiare solo "ai puri senza peccato"». E ancora: "Gesù...durante una cena...si alza da tavola e depone il mantello e, preso un panno, se ne cinse. Versa quindi dell’acqua nel catino e incominciò a lavare i piedi dei discepoli" (cf Gv 13, 1ss). Il peccatore Giuda non fu escluso, come si evince dal seguito: "Sapeva infatti chi stava per tradirlo; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe dunque lavato loro i piedi...«Se dunque io, il Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri». La Chiesa lava i piedi solo ai "puri e senza peccato" (parole di Benedetto XVI), e così facendo si mette in una posizione ben diversa dal Cristo.
Renato Pierri
ASSIEME A PIETRO
il tema
Sul sacramento «per eccellenza», «fonte e culmine della vita della Chiesa», sulla purezza e preparazione necessarie per ricevere la comunione, l’omelia della Messa con cui Benedetto XVI domenica ha concluso il Congresso eucaristico internazionale
Benedetto XVI: l’Eucaristia è il nostro tesoro più bello
«Il peccato si oppone all’azione della grazia. Coloro che non possono comunicarsi per la loro situazione troveranno in una comunione di desiderio e nella partecipazione all’Eucaristia una forza e un’efficacia salvatrice»
DA ROMA SALVATORE MAZZA (Avvenire, 24.06.2008)
Il « sacramento per eccellenza » . Il nostro « tesoro più bello » . Ecco cos’è l’Eucaristia, che « ci introduce maggiormente nella vita eterna » , « contiene tutti i misteri della nostra salvezza», «è la fonte e il culmine dell’azione e della vita della Chiesa » . Per questo « è importante che i pastori e i fedeli s’impegnino costantemente ad approfondire questo grande sacramento » , così da « consolidare la propria fede e compiere sempre meglio la propria missione » . Perché « la partecipazione all’Eucaristia non allontana dai nostri contemporanei » ma, al contrario, « poiché essa è l’espressione per eccellenza dell’amore di Dio, ci invita a impegnarci con tutti i nostri fratelli per affrontare le sfide presenti e per fare della terra un luogo in cui si vive bene » . Ed è dunque per questo che « dobbiamo lottare incessantemente affinché ogni persona sia rispettata dal suo concepimento fino alla sua morte naturale, le nostre società ricche accolgano i più poveri e riconferiscano loro tutta la loro dignità, ogni persona possa alimentarsi e far vivere la propria famiglia e la pace e la giustizia risplendano in tutti i continenti » . Queste infatti « sono le sfide che devono mobilitare tutti i nostri contemporanei e per le quali i cristiani devono attingere la loro forza dal mistero eucaristico » . È stata quasi un inno all’Eucaristia l’omelia che, in collegamento audio- video via satellite con Québec, Benedetto XVI ha pronunciato durante la Messa conclusiva del 49° Congresso eucaristico internazionale, celebrata dal suo legato personale in Canada, il cardinale Jozef Tomko. In particolare, ha insistito papa Ratzinger, « desidero che tutti si impegnino a studiare » il « ’ Mistero della fede’ che proclamiamo in ogni Messa » , specialmente, ha spiegato, « rivisitando ed esplorando, individualmente e in gruppo, il testo del Concilio sulla liturgia, la Sacrosanctum Concilium, al fine di testimoniare con coraggio il mistero » . Di qui l’auspicio che « questo Congresso serva da appello a tutti i fedeli affinché si impegnino allo stesso modo per un rinnovamento della catechesi eucaristica, di modo che acquisiscano essi stessi un’autentica consapevolezza eucaristica e a loro volta insegnino ai bambini e ai giovani a riconoscere il mistero centrale della fede e costruiscano la loro vita intorno a esso » . Soprattutto « esorto i sacerdoti - ha sottolineato ancora il Pontefice - a rendere il dovuto onore al rito eucaristico e chiedo a tutti i fedeli di rispettare il ruolo di ogni individuo, sia sacerdote sia laico, nell’azione eucaristica. La liturgia non appartiene a noi: è il tesoro della Chiesa » . Anche per questo, nella sua omelia, Benedetto XVI è tornato a ribadire che «la ricezione dell’Eucaristia, l’adorazione del Santissimo Sacramento... significa consentire a noi stessi di entrare in comunione con Cristo, e attraverso di lui con tutta la Trinità, per diventare ciò che riceviamo e per vivere in comunione con la Chiesa » . «Possiate tutti voi - è stato l’augurio del Papa - diventare sempre più consapevoli dell’importanza dell’Eucaristia domenicale, perché la domenica, il primo giorno della settimana, è il giorno in cui onoriamo Cristo, il giorno in cui riceviamo la forza per vivere quotidianamente il dono di Dio! » . Da ultimo, Benedetto XVI ha invitato a un’attenzione rinnovata « per la loro preparazione alla ricezione dell’Eucaristia » . Infatti, ha detto, « nonostante la nostra debolezza e il nostro peccato, Cristo vuole dimorare in noi. Per questo, dobbiamo fare tutto il possibile per riceverlo in un cuore puro, ritrovando costantemente, mediante il sacramento del perdono, quella purezza che il peccato ha macchiato. Di fatto, il peccato, soprattutto quello grave, si oppone all’azione della grazia eucaristica in noi. D’altro canto, coloro che non possono comunicarsi per la loro situazione troveranno comunque in una comunione di desiderio e nella partecipazione all’Eucaristia una forza e un’efficacia salvatrice » . In conclusione, prima di annunciare che il prossimo Congresso eucaristico internazionale si terrà a Dublino, in Irlanda, nel 2012, il Papa ha ricordato che, « affinché il popolo di Dio non manchi di ministri... occorre domandare al Signore di fare alla sua Chiesa il dono di nuovi preti. Vi invito dunque a trasmettere l’appello al sacerdozio ai giovani ragazzi, affinché accettino con gioia e senza timore di rispondere a Cristo » . Le famiglie, in questo senso, « siano la culla delle vocazioni».
PASTO SERALE DEL SIGNORE
Pasto letterale che ricorda la morte del Signore Gesù Cristo; quindi commemorazione della sua morte. Essendo l’unico avvenimento che i cristiani hanno il comando scritturale di commemorare, è corretto definirlo la Commemorazione. A volte è chiamato “la cena del Signore”. - 1Co 11:20, CEI.
L’istituzione del Pasto Serale del Signore è menzionata da due apostoli che ne furono testimoni oculari e vi parteciparono, Matteo e Giovanni. Marco e Luca, pur non essendo presenti in quell’occasione, aggiungono altri particolari. Paolo, dando istruzioni alla congregazione di Corinto, fa luce su alcuni aspetti della celebrazione. Da queste fonti apprendiamo che la sera prima di morire Gesù si riunì con i suoi discepoli in una grande camera al piano superiore di una casa per celebrare la Pasqua. Matteo riferisce: “Mentre continuavano a mangiare, Gesù prese un pane e, dopo aver detto una benedizione, lo spezzò e, dandolo ai suoi discepoli, disse: ‘Prendete, mangiate. Questo significa il mio corpo’. E prese un calice e, avendo reso grazie, lo diede loro, dicendo: ‘Bevetene, voi tutti; poiché questo significa il mio ‘sangue del patto’, che dev’essere versato a favore di molti per il perdono dei peccati. Ma io vi dico che da ora in poi non berrò più di questo prodotto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio’. Infine, dopo aver cantato lodi, uscirono verso il monte degli Ulivi”. -
Quando fu istituito. La Pasqua era sempre osservata il 14 nisan (abib), in coincidenza o in prossimità della luna piena, in quanto ogni mese (lunare) del calendario ebraico iniziava con la luna nuova, determinata mediante osservazione a occhio nudo. Perciò il 14 del mese avrebbe coinciso con la fase intermedia della lunazione. Come è spiegato alla voce GESÙ CRISTO (Data della sua morte), Gesù morì il 14 nisan del 33 E.V. Riguardo al giorno della sua morte secondo il calendario gregoriano, calcoli astronomici mostrano che ci fu un’eclissi di luna il venerdì 1° aprile del 33 E.V., corrispondente al 3 aprile (calendario giuliano). (Theodor von Oppolzer, Canon der Finsternisse, 1887, trad. inglese di O. Gingerich [Canon of Eclipses], 1962, p. 344) Le eclissi di luna si verificano sempre con la luna piena. Questo indica chiaramente che il 14 nisan del 33 E.V. coincise col giovedì-venerdì 31 marzo-1° aprile del 33 E.V. (calendario gregoriano).
La sera prima della sua morte Gesù celebrò l’ultimo pasto pasquale, dopo di che istituì il Pasto Serale del Signore. Ancor prima che avesse inizio il pasto della Commemorazione, il traditore Giuda venne espulso, quando ormai, secondo la Bibbia, “era notte”. Poiché i giorni del calendario ebraico andavano dalla sera di un giorno alla sera del giorno dopo, anche il Pasto Serale del Signore fu celebrato il 14 nisan, la sera del giovedì 31 marzo. - Vedi GIORNO.
Quanto spesso va osservato. Secondo Luca e Paolo, nell’istituire la Commemorazione della sua morte Gesù disse: “Continuate a far questo in ricordo di me”. È dunque ragionevole concludere che Gesù intendeva che i suoi seguaci celebrassero il Pasto Serale del Signore una volta all’anno, non più spesso. La Pasqua, che ricordava la liberazione di Israele dalla schiavitù d’Egitto compiuta da Geova nel 1513 a.E.V., veniva commemorata solo una volta all’anno, nell’anniversario, il 14 nisan. La Commemorazione, che pure è un anniversario, va giustamente tenuta solo il 14 nisan.
Paolo citò le parole di Gesù riguardo al calice: “Continuate a far questo, ogni volta che ne berrete, in ricordo di me”. E aggiunse: “Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete questo calice, continuate a proclamare la morte del Signore, finché egli arrivi”. L’espressione “ogni volta che” può anche riferirsi a una cosa fatta solo una volta all’anno, specie se fatta per molti anni. Il 14 nisan era il giorno in cui Cristo diede il suo corpo letterale come sacrificio sul palo di tortura e versò il suo sangue per il perdono dei peccati. Quello era dunque il giorno della “morte del Signore” e quindi la data in cui commemorare da allora in poi la sua morte.
I partecipanti a questo pasto sarebbero stati “assenti dal Signore” e avrebbero celebrato il Pasto Serale del Signore ‘molte volte’ prima di morire fedeli. Quindi, una volta risuscitati alla vita celeste, sarebbero stati insieme a Cristo e non avrebbero più avuto bisogno di una celebrazione come rammemoratore di lui. Con l’espressione “finché egli arrivi” l’apostolo Paolo si riferiva evidentemente al fatto che questa celebrazione si doveva tenere finché Cristo non fosse venuto di nuovo e non li avesse ricevuti in cielo mediante la risurrezione durante la sua presenza. Questo intendimento è chiarito dalle parole rivolte più tardi quella sera da Gesù agli undici apostoli: “Se sarò andato e vi avrò preparato un luogo, verrò di nuovo e vi riceverò a casa presso di me, affinché dove sono io siate anche voi”.
SERIAMENTE...Non bisogna essere egoisti; pensando che prendersi le comunione possa cambiare la nostra relazione con Dio; se non esercitiamo fede nel sacrificio della morte del suo Figlio Cristo Gesu’ nostro Signore e pastore e colui che; dobbiamo seguire le sue orme e passi tutti i giorni della nostra vita come GENUINI) Cristiani. Di GENUITA’ ve’ ne’ poca in giro...non ne siete daccordo? Quindi; fa senzo evitare, prendere l’ ostia...(corpo di cristoper farci eccitare ed eseltare la nostra commozione e sentimentalita’, sia che siamo persone comuni che divorziati,politici e gente colta. Se, davvero credete che Dio legge i cuori...limitiamo questo fatto fra noi e Dio...stringendo una sempre piu’ forte relazione con Lui che; a suo tempo dara’ buoni frutti; imitando Gesu’. Quello che faccio; quello che dico l’ avrebbe fatto Gesu’! l’avrebbe detto Gesu’!...pratichiamo questa regola e ci aiutara’ ad apprezzare sempre di piu’ il sacrificio del nostro Signore Cristo Gesu’ che mori’ per redimere i nostri peccati.
La comunione e’ solo dei Santi....Quindi chiedetevi anche questo, prima di tentare di prendere la comunione: sono io santo? Puro? Incontaminato e praticante di false dottrine pagane?
Andare in cielo e’ una cosa seria...si va’ per diventare, Re, Sacerdote e Giudice si deve regnare insieme a Gesu’ il re dei re del Regno di Dio che si dovra’ stabilire anche qui sulla terra come in cielo.
Praticamente e’ un Governo che regnera’ sui superstiti del dopo l’Armaghedon di Dio...(Guerra fra Dio e nazioni tutte)
Questo Speciale Regno di Dio sulla terra durera’ per mille anni e alla fine Gesu’ consegnara’ l’ umanita, (Ora ubbidiente) per vivere per sempre sulla terra per non morire mai....questi superstiti saranno una grande folla; persone scelte da tutte le nazioni...mentre quelli che vanno in cielo a regnare con Dio stesso sara’ un numero limitato di 144.000. "Conoscerete la verita’, e la verita’ vi rendera’ liberi".
Cordiali saluti allo staff e a tutti...con tutto il bene del mondo.