San Renatino
di Attilio Doni
Gentile direttore,
potrebbe anche esserci la possibilità che il Vaticano non sappia nulla, assolutamente nulla, sul rapimento e la morte di Emanuela Orlandi; ma può esserci mai la possibilità che non sappia per quale motivo il cardinale vicario Ugo Poletti autorizzò la sepoltura di Enrico De Pedis, uno dei boss della Magliana, nella Basilica di Sant’Apollinare? Perché non sente il dovere morale di dare una spiegazione? Il segreto sarà che Renatino era un santo e non un bandito?
Attilio Doni
Genova
* Il Dialogo, Martedì, 24 giugno 2008
A Renatino i soldi non mancavano: con l’operazione "Colosseo" la polizia sequestrò ai boss della Magliana ottanta miliardi di beni mobili e immobili, un fiume di denaro sporco, frutto di riciclaggio del traffico di armi e droga, poi reinvestito in affari e appalti resi possibili dagli appoggi politici, di alto livello
(Wikipedia: Banda della Magliana.
Ripresa parziale, per leggere tutta la "voce" cliccare sul rosso).
VATICANO: ACCUSE INFAMANTI VERSO MARCINKUS
CITTA’ DEL VATICANO - Accuse "infamanti senza fondamento nei confronti di mons. Marcinkus, morto da tempo e impossibilitato a difendersi" : così il Vaticano risponde oggi agli articoli di giornali che tirano in ballo la responsabilità dell’ex presidente della Ior nel rapimento di Emanuela Orlandi. Nella nota, diffusa oggi, la Santa Sede afferma che "non si vuole in alcun modo interferire con i compiti della magistratura nella sua doverosa verifica di fatti e responsabilità". "Ma allo stesso tempo - aggiunge - non si può non esprimere un vivo rammarico e biasimo per modi di informazione più debitori del sensazionalismo che alle esigenze della serietà e dell’etica professionale".
EMANUELA ORLANDI UCCISA E GETTATA IN UNA BETONIERA "Emanuela Orlandi è morta". A 25 anni dalla scomparsa della figlia di un dipendente della Città del Vaticano una testimonianza potrebbe finalmente fare luce su quello che rimane uno dei più noti misteri irrisolti della storia italiana. Il condizionale, malgrado si tratti della testimonianza di una persona che afferma di aver assistito ai fatti, e, però, d’obbligo specie quando le indispensabili attività di riscontro sono ostacolate dalla morte dei presunti protagonisti chiamati in causa e dalla ricerca delle tracce.
Secondo la donna, già cocainomane e all’epoca dei fatti amante di Enrico De Pedis, fu il boss della Banda della Magliana a prelevare la ragazza, il quel periodo quindicenne, a tenerla prigioniera in un appartamento e, poi, a farne sparire il cadavere, chiuso in un sacco, a Torvaianica, sul litorale romano, dopo averlo gettato in una betoniera. Non solo, nella stessa occasione, ha raccontato la teste ai pm della Procura di Roma Italo Ormanni, Andrea De Gasperis e Simona Maisto, fu gettato nella betoniera anche il cadavere di Domenico Nicitra, il bimbo di 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo alla banda della Magliana, che scomparve nella capitale assieme allo zio Francesco nel giugno del 1993, dieci anni dopo la scomparsa di Orlandi. E qui si registra la prima incongruenza del racconto, anche perché De Pedis, noto come "Renatino", fu ucciso nel 1990, tre anni prima della sparizione di Nicitra. Anche per questo motivo i legali della famiglia Orlandi, Massimo Krogh e Nicoletta Piromallo, hanno giudicato incompatibile tale versione.
"Non riteniamo attendibile - hanno dichiarato - quanto sarebbe stato affermato sulla vicenda Emanuela Orlandi dalla testimone ascoltata dalla Procura di Roma. Aspettiamo comunque che gli inquirenti facciano in libertà le proprie valutazioni e le proprie indagini e attendiamo eventuali sviluppi o novità su questa vicenda". Un racconto ricco di "non ricordo", ma anche di nomi di personaggi noti o già "monitorati" dagli inquirenti durante le indagini. Dunque, secondo la testimone, che sostiene di essere stata presente nel cantiere di Torvaianica insieme con l’autista di De Pedis, i due cadaveri sarebbero finiti nella betoniera perché il boss riteneva che fosse meglio far sparire ogni prova. Sei mesi prima di morire Emanuela Orlandi, ha raccontato la teste, sarebbe stata consegnata, ad un sacerdote. Ad accompagnarla da un bar del Gianicolo fino ad un benzinaio della Città del Vaticano, sarebbe stata la stessa testimone.
"Le chiesi come ti chiami - ha raccontato ai pm romani- Emanuela mi rispose. Era cosciente, ma non lucida. Parlava male, era intontita, trascinava le parole, nominava un certo Paolo e mi chiese se la stessi portando da lui". La donna ha dichiarato di aver intuito che si trattava della Orlandi durante il tragitto. "Quando tornai al Gianicolo - ha aggiunto - chiesi a Renato ’ma quella non era... lui rispose ’tu, se l’hai riconosciuta è meglio che non la riconosci, fatti gli affari tuoi".
Intanto la procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla fuga di notizie ed ha disposto una perquisizione nell’agenzia di stampa Agi. Ad eseguirla gli uomini della squadra mobile. Rivelazione del segreto d’ufficio il reato configurato dagli inquirenti. Secondo i magistrati la diffusione dei dettagli del racconto della testimone ha danneggiato l’inchiesta giudiziaria e la posizione della stessa testimone.
SANTA SEDE, NOTIZIE SENZA RISPETTO PER FAMIGLIA ORLANDI La Santa Sede accusa la stampa italiana di aver diffuso, senza verifica, una ’’testimonianza di valore estremamente dubbio’’ e di aver cosi’ ravvivato il dolore per la famiglia Orlandi. ’’La tragica vicenda della scomparsa della giovane Emanuela Orlandi - si legge nel comunicato vaticano - e’ tornata di attualita’ nel mondo dell’informazione italiana’’. ’’Colpisce - si legge - il modo in cui cio’ avviene, con l’amplissima divulgazione giornalistica di informazioni riservate, non sottoposte ad alcuna verifica, provenienti da una testimonianza di valore estremamente dubbio. Si ravviva cosi’ il profondissimo dolore della famiglia Orlandi senza dimostrare rispetto ed umanita’ nei confronti di persone che hanno gia’ tanto sofferto’’.
IL CASO ORLANDI: OGNI VOLTA CHE I RICATTI INCROCIATI RISCHIANO DI VACILLARE PER CHI DETIENE ANCOR OGGI COME PREZIOSO OSTAGGIO, E SOPRATTUTTO VIVA, EMANUELA ORLANDI, SPUNTA IL “TESTIMONE DI TURNO” PRONTO A DIRE: “LASCIATE OGNI SPERANZA VOI CHE SAPETE...”. COME FA LA MAGISTRATURA INQIRENTE AD APRIRE UN’INCHIESTA, PERALTRO MAI CHIUSA, SULLA BASE DI RIVELAZIONI SUPPORTATE DA CITAZIONI DI TESTIMONI, TUTTI IMMANCABILMENTE GIA’ MORTI? SE ANCORA C’ERANO DUBBI SULLE TANTE DICHIARAZIONI RESE DA PIU’ PARTI, COMPRESA LA SOTTOSCRITTA, DICHIARAZIONI CHE HANNO SEMPRE ASSERITO CHE EMANUELA ORLANDI, GRAZIE A DIO E’ VIVA E IN BUONA SALUTE, ECCO CHE OGNI DUBBIO SVANISCE GRAZIE ALL’UTIMA TESTIMONE CHE AFFERMA INVECE CHE EMANUELA E’ MORTA, E FA IL NOME DI CHI ALL’EPOCA NE ORDINO’ IL RAPIMENTO.... MA QUAL’E’ IL “MESSAGGIO” CRIPTATO NEL RACCONTO DELLA TESTIMONE? IN REALTA’ COSTEI VUOLE DIRE: “ CONSIDERATE LA RAGAZZA COME MORTA E NON PROVATE NEMMENO AD IPOTIZZARE IL CONTRARIO, PERCHE’ CHI NE ORDINO’ IL RAPIMENTO FU IL POTENTISSIOMO MONSIGNOR MARCINCKUS”... POI , CONOSCENDO LE DIFFICOLTA’ PROCEDURALI AGGIUNGE: “PER RITROVARE IL CORPO DELLA RAGAZZA BISOGNEREBBE CERCARE NELLE TOMBE VATICANE DOVE E’ SEPOLTO INSIEME AI PAPI L’EX CAPO DELLA BANDA DELLA MAGLIANA, DE PEDIS....” Mi chiedo cosa stia pensando in questo momento il professor Francesco Bruno, Criminologo del Sisde, il quale provò a fornire agli inquirenti indizi molto interessanti a sostegno che Emanuela Orlandi è viva, e ben protetta non lontana dal Vaticano. E il professor Bruno non fu nemmeno il solo a “istigare” eventuali e doverosi “atti dovuti” Atti che forse non furono espletati sulla base di quanto il professore dichiarò, pur essendo persona credibile. Ed è apparsa strana l’assenza del Criminologo, due sere fa, tra gli ospiti autorevoli di Matrix la trasmissione condotta da Mentana....che ha affrontato il caso con il pubblico televisivo. Ciò che tuttavia rappresenta la maggiore garanzia sulla certezza che Emanuela sia in vita, traspare dallo sguardo bellissimo della mamma che non traduce il sentimento della speranza, bensì spazza via finanche il dubbio o il timore che la propria figlia sia morta. E consentitemi di ritenere non conforme al caso specifico, nemmeno il generico paragone sul piano psicologico espresso da Federica Sciarelli conduttrice di “Chi l’ha visto?” quando ha commentato il comportamento della signora Orlandi come “normale” per tutte le mamme che vivono situazioni simili, ed ha citato la signora Pipitone, mamma della piccola Denise. No. No. No. A parte la convinzione dell’intera famiglia di Emanuela, ripeto, la verità sta scritta negli occhi e nell’espressione del volto della mamma, un’espressione lucida, ferma, e quasi severa verso chiunque si azzardi a dire che Emanuela è morta. Questo caso lo seguii personalmente fin dall’inizio, ma come ormai sembra essere una consuetudine di comodo, derivante da poteri occulti, il fatto che più volte io abbia tentato di parlarne con gli addetti ai lavori, si è rivelato un inutile sforzo, perché nessun magistrato, pur disponendo nei miei confronti di strumenti punitivi in caso di mancato riscontro alla mia testimonianza, si è mai degnato di convocarmi. E l’ormai vergognoso alibi che qualcuno ancora avanza su una mia presunta non credibilità, sta rendendo ridicolo l’intero sistema giudiziario, atteso che di persone realmente non credibili se ne ascoltano oltre la logica oggettiva, anche perché, o credibile o non credibile, è obbligatorio assumere a verbalechiunque poi sia disponibile a firmarlo responsabilmente. Anzi, in ordine ad altri casi irrisolti, e dei quali ancora oggi sono in possesso non di indizi ma di prove, se le relative famiglie delle vittime, tramite i loro avvocati rappresentano agli inquirenti il desiderio di ascoltare quanto io ho da dire, le stesse famiglie subiscono intimidazioni e dissuasioni autorevoli, fino ad essere costrette a rinunciare ad un loro legittimo diritto. Tutti si chiedono: perché ci si comporta così con Gabriella Carlizzi? Non temo di rispondere io stessa. Infatti chi di dovere sa bene che io sono a conoscenza di molte verità riscontrabili, verità che toglierebbero il velo del mistero e di conseguenza farebbero crollare il mercato dei ricatti incrociati sui quali campano esperti, mass-media, politici, e quanti altri considerano il recupero della verità come un evento pericoloso per le tasche dei poteri occulti, deviati, sporchi e trasversali. Ebbene, all’epoca del “rapimento” di Emanuela Orlandi, persone che mi conoscevano anche nell’ambito delle mie parentele, seppero quanto io avevo direttamente appreso da un mio prozio, potente Cardinale e morto alcuni anni fa. Non a caso, a mio marito architetto, l’APSA (Amministrazione Patrimonio della Santa Sede) , i responsabili facevano prestigiosi incarichi al fine di liquidare una parte di preziosi immobili di proprietà del Vaticano. Ed anche di questo sono in grado di produrre prove documentali. Fu così che un giorno ricevetti la telefonata di una Suora dei Servizi Segreti del Vaticano, Suora che naturalmente operava sotto copertura e falsa identità, tale “Suor M.” la quale mi chiedeva se potevo riceverla insieme ad un notissimo conduttore televisivo che all’epoca curava una trasmissione in qualche aspetto simile a “Chi l’ha visto?”. Chiesi quale fosse il motivo di tale visita, ma la Suora al telefono fu evasiva, mi disse solo che era una vicenda molto delicata ed anche pericolosa, temendo di essere ella stessa pedinata e ascoltata al telefono. Come nipote del Cardinale S.G. , non me la sentii di rifiutare la richiesta di detto incontro e pertanto le fissai un appuntamento presso la sede dell’Opera di Carità, fondata negli anni sessanta da Padre Gabriele Maria Berardi, noto in tutto il mondo come Esorcista, tanto che lo chiamavano “il Padre Pio di Roma”. Fu così che nel giorno stabilito, si recarono in via Rovigo 16, la Suora accompagnata dal noto conduttore C.A. Li feci accomodare e Suor M. introdusse il discorso con estrema diplomazia, dicendomi: “Sai Gabriella, (confesso che mi stupì l’immediato “tu”, troppo confidenziale per chi mi incontrava per la prima volta), conosciamo la tua forte personalità e la tua onestà intellettuale, ma non devi offenderti per quanto ti chiederà il dottor A. , non dipende da lui che sarebbe ben lieto di averti ospite nella sua trasmissione, purtroppo c’è qualcuno che se sapesse che certe informazioni provengono da te, metterebbe subito i bastoni tra le ruote .... “ E rivolta al suo accompagnatore lo invitò ad espormi l’argomento per il quale erano venuti a trovarmi. Il dottor A., con un certo imbarazzo esordì: “ Signora Carlizzi, sappiamo che lei è a conoscenza che Emanuela Orlandi è viva, e che si troverebbe ben protetta nei pressi del Vaticano. Come lei sa, io sto seguendo il caso nella trasmissione da me condotta e vorrei, anche a nome degli autori, chiederle se lei è disposta a svelarci quanto le risulta rinunciando a che si faccia il suo nome, nel senso che sarebbe la trasmissione a vantare la paternità delle informazioni. In fondo per lei sarebbe come evitare di assumersi eventuali responsabilità, qualora la magistratura inquirente non trovasse riscontro a quanto da lei asserito.....”. Lo interruppi: “Dottor A. la prego di alzarsi immediatamente e di uscire da questa stanza. Mi dispiace per Suor M. che non mancherò in seguito di contattare io stessa in qualche modo, ma mi creda, mai avrei pensato che un giornalista del suo spessore e che stimavo, cadesse tanto in basso. Dica pure ai suoi interlocutori che preferiscono rimanere nell’ombra, che sono tuttavia personalmente a loro disposizione, non solo per confermare che la ragazza è viva, ma per accompagnarli a prenderla, anche in questo momento, se vogliono. Ma ci si dimentichi che la soluzione di questo caso possa essere da me ceduta ad altri. Lei sa molto bene che sono stata “Assistente Volontaria” nel Supercarcere di Paliano, ove ho seguito in particolare un detenuto, un pentito della Banda della Magliana, molto vicino a De Pedis per il ruolo che svolgeva all’interno della Banda. E sa anche che il mio parente Cardinale ha svolto incarichi di Tesoreria presso la Santa Sede ... se ben ricordo si occupò anche della liquidazione del patrimonio di Padre Pio... Le dico questo per farle capire anche qualcosa che potrebbe riguardare personaggi molto vicini allo Ior. Ora per favore la prego di andarsene.” Il conduttore era in piedi davanti a me, si diede uno sguardo con la Suora e insistette: “Signora Carlizzi da queste sue poche parole sono sempre più convinto che lei conosce la verità, e se accettasse di non comparire, noi per ringraziarla potremmo elargire una consistente somma per la sua Opera di Carità.... Magari anche con il sostegno della Santa Sede....”
Ed io: “ Vede dottor A. forse lei non sa che tra Padre Gabriele, fondatore di questa Opera, e il Vicario di Roma Cardinale Poletti sono corsi sempre ottimi rapporti, rapporti che sono poi continuati con me che ho sempre portato offerte per le necessità del Vicariato di Roma, anzi ho proprio qui sulla scrivania una lettera di Poletti in cui mi ringrazia per la generosa offerta....” Gliela mostrai, e a questo punto, scuotendo la testa, mi salutò in fretta con un laconico: “Mi dispiace... peccato...”. Da quel giorno incontrai molte altre volte Suor M. (quando feci scoppiare lo scandalo a Monreale per l’Arcivescovo Salvatore Cassisa), la quale comprese di aver fatto una mossa sbagliata nel portarmi l’illustre conduttore, e mi disse pure che aveva riferito al Santo Padre di quanto si era verificato e del mio rifiuto a non comparire nella vicenda. Giovanni Paolo Secondo, era molto vicino sia a me che a suo tempo a Padre Gabriele, quando grazie all’Opera di Carità più volte Padre Gabriele riuscì a far arrivare aiuti in Polonia, nonostante non fosse consentito. Chiesi pertanto a Suor M. come il Santo Padre aveva commentato il mio rifiuto alla proposta del conduttore, e la Suora mi rispose: “Sai Gabriella, ha stupito anche me... Ha detto che sei stata ispirata dallo Spirito Santo, perché quella ragazza è un ostaggio nelle mani di chi vuole gestire la stessa volontà del Papa. Ha detto che forse dopo la sua morte Emanuela un giorno ricomparirà, a meno che non si creino nuovi ricatti per chi sarà il suo successore alla Cattedra di Pietro, ma ha sottolineato che cercarla adesso sarebbe come farla uccidere...meglio non muovere le acque....” “Si, risposi, posso capire, ma la famiglia di Emanuela soffre terribilmente...” ... Suor M. mi interruppe: “ Gabriella, proprio tu che hai tanta Fede dici questo? Pensi che lo Spirito Santo non parli al cuore dei familiari, rassicurandoli che la ragazza è viva e sta bene?” Guardai Suor M. e ammiccai un mezzo sorriso, un po’ malizioso:” Vogliamo chiamarlo davvero “Spirito Santo” oppure potrebbe avere un nome diverso...?” La Suora a sua volta mi guardò e tacque... ed io rimasi con la sensazione di un silenzio più eloquente di una risposta. Ma in fondo quale era la verità che il conduttore voleva portare a conoscenza della pubblica opinione? Come si erano svolti veramente i fatti?. Diciamo che la “supertestimone” che ha riportato alla ribalta il caso in questi giorni, qualche pezzo di “verità” seppure manipolata ad hoc l’ha detta, anche se il vero scopo per cui è stata “mandata” è quello di mettere davvero sulla vita di Emanuela una pietra tombale, vale a dire convincere che sia morta, anche a costo di ucciderla davvero. All’epoca dei fatti, i Servizi Segreti della Santa Sede ebbero segnali di allarme circa la preparazione del rapimento di una ragazza cittadina vaticana allo scopo di “ricattare” il Santo Padre perché tacesse su altri eventi drammatici e scandalistici nonché massonici, che in qualche modo avrebbero potuto chiamare in causa esponenti del Vaticano. Il rapimento sarebbe stato organizzato dalla Massoneria internazionale e deviata con la complicità di Autorità italiane che non avevano visto di buon grado l’elezione di un Papa polacco. Woityla , informato dai suoi Sevizi di quanto era in procinto di verificarsi, consultatosi con personaggi di sua fiducia, fu consigliato a precedere i veri rapitori, in modo da fare apparire come “vero” il rapimento della Orlandi, al fine di proteggerla e di salvarle la vita. E l’intento riuscì, anche se negli anni che seguirono la ragazza, poi donna, di fatto divenne “ostaggio” nelle mani di chi si opponeva a talune decisioni del Papa, tanto più da quando la malattia lo rese sempre più fragile agli occhi del mondo. Ci fu un momento particolare, in cui la Orlandi stava per essere veramente uccisa, se il Santo Padre non avesse accettato ob torto collo e in gran segreto, di abbandonare ogni suo potere decisionale, pur apparendo nel pieno possesso del suo mandato fino al giorno della sua morte. Mi chiedo e chiedo: “Possibile che nessuno si sia accorto, o si è preferito chiudere gli occhi sul fatto più eloquente e dal quale si poteva risalire alla verità del caso Orlandi? Possibile che nessuno si sia accorto che Papa Woityla ha siglato per l’ultima volta il suo testamento nell’anno 2000? Perché mai, se solo pensiamo cosa nel mondo si è verificato dal 2000 in poi, negli anni successivi che pure lo videro viaggiare da un oceano ad un altro, finchè ebbe fiato per l’ultimo respiro?. A quale ricatto fu sottoposto e da parte di chi, pur di salvare la vita all’ostaggio Emanuela Orlandi? Concludo con un mio personale pensiero: meglio non cercare chi è ancora vivo , che rischiare di trovare morto chi ha ancora tanta vita davanti a sé. Rimango pur sempre a disposizione della magistratura inquirente e dei familiari di Emanuela, nel caso volessero consultarmi come persona informata sui fatti. 27 Giugno 2008 Gabriella Pasquali Carlizzi
P.S. PUBBLICHIAMO UN ARTICOLO CHE LA GIORNALISTA GABRIELLA CARLIZZI RILASCIO’ SUL SITO WEB WWW.DISINFORMAZIONE.IT GIA’ IN DATA 6 MAGGIO 2004. TALE NOSTRA ESIGENZA TROVA RAGIONE NEL PREVENIRE QUANTI , ALLA LUCE DI CIO’ CHE IN DATA ODIERNA LA GIORNALISTA HA SVELATO CIRCA IL SUO INTERESSAMENTO AL CASO ORLANDI, SI PREPARANO A CONSIDERARE L’ALTO SENSO CIVICO DI GABRIELLA CARLIZZI COME UNA “MANIA DI PROTAGONISMO”, PER IL SEMPLICE FATTO CHE DA CIRCA TRENT’ANNI SVOLGE INTENSA ATTIVITA’ DI GIORNALISMO INVESTIGATIVO E PERTANTO E’ A CONOSCENZA DI MOLTE VERITA’....SCOMODE. QUI DI SEGUITO POTETE LEGGERE CIO’ CHE FU PUBBLICATO IN TEMPI NON SOSPETTI SU WWW.DISINFORMAZIONE.IT.
Il mistero della tomba del boss della Magliana nella chiesa si Sant’Apolilinare
Nel 1990 le sue spoglie arrivarono dal cimitero del Verano con procedura eccezionale
La salma di Renatino nella basilica
l’ultimo colpo del boss benefattore
di FILIPPO CECCARELLI *
"Quelli morti che sò de mezza tacca,/ fra tanta gente che se va a fà fotte,/ vanno de giorno, cantanno a la stracca/ verso la bùscia che se l’ha da ignotte"... Ora, secondo le classificazioni mortuarie di Giuseppe Gioachino Belli, Renatino De Pedis non era esattamente un morto di mezza tacca, lasciava ristoranti, locali notturni, boutique, negozi, società immobiliari e imprese edili, ma la buca ("bùscia") che ha finito per inghiottirselo in via definitiva appare da più di dieci anni del tutto incongrua alla sua storia di bandito - per quanto a Roma di banditi sepolti in chiesa ce ne stiano a iosa.
Il fatto - pare - è che quando si sposò, proprio lì a la "Pulinara", che sarebbe Sant’Apollinare, tra il serio e il faceto, come chi non vorrebbe disturbare un giorno di felicità, Enrico (così si chiamava veramente) disse alla sposa: "Sai, il giorno che mi tocca - si noti il pudore - mi piacerebbe essere portato qui". E così è stato, anche velocemente: dal Campo Verano, con un salto improvviso nella primavera del 1990 le spoglie del bandito passarono dal loculo del suocero all’ipogeo della basilica, con procedura eccezionale, senza investire cioè né il comune, né l’avvocatura di stato, né nessun altro al di fuori della Chiesa, che su certe cose, su certi luoghi, su certe scelte, non prende in considerazione l’idea di spiegarle, tantomeno si abbassa proprio a discuterle, e da secoli.
E così Renatino è ancora qui sotto, nella silenziosa frescura della cripta, sarcofago di marmo bianco, iscrizioni in oro e zaffiro, l’ovale della foto, e uno dei più straordinari misteri che sia dato immaginare nella città eterna, con l’aggravante del macabro, il cortocircuito della ragazza scomparsa e la quasi certezza che non si saprà mai cosa diavolo è accaduto in quella chiesa.
Il rettore di Sant’Apollinare spedì infatti la vedova dal Vicario di Roma, il cardinal Ugo Poletti, che non era esattamente uno sprovveduto, con una dichiarazione piuttosto impegnativa: "Si attesta che il signor Enrico De Pedis è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la Basilica e ha aiutato concretamente tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana".
E su questo aureo certificato di benemerenza ha reso una parola definitiva, nella sua sublime ambiguità, il più romano, il più ecclesiale e anche il più disinvolto tra i politici: "Ecco, magari non era proprio un benefattore per tutti - scolpì Giulio Andreotti - Ma per Sant’Apollinare sì".
Come ogni buon sacerdote avveduto, Don Pietro Vergari, l’allora rettore amico dei De Pedis, volle rinforzare la soluzione con una ulteriore scrittura ( a suo tempo divulgata da Gianni Barbacetto sul Diario) che mostrava, insieme al decoro, anche la convenienza dell’operazione: "Il lavoro di sepoltura sarà fatta da artigiani e operai specializzati in questo settore che già hanno lavorato per la tumulazione degli ultimi Sommi Pontefici in Vaticano. Sarà questa anche l’occasione per risanare uno degli ambienti dei sotterranei, già luogo di sepoltura dei parrocchiani, da moltissimi anni lasciati in completo abbandono".
E di nuovo: "Il defunto è stato generoso nell’aiutare i poveri che frequentano la basilica, i sacerdoti e i seminaristi, e in suo suffragio la famiglia continuerà a esercitare opere di bene, soprattutto contribuendo nella realizzazione di opere diocesane". L’incongrua sepoltura si riseppe nel luglio del 1997, grazie al sindacato di Polizia. E poi dice che vengono a Roma da tutto il mondo: per vedere, per sognare, per illudersi di capire.
* la Repubblica, 25 giugno 2008.
Duro comunicato della Santa sede dopo le rivelazioni di pentiti e testimoni sul
coinvolgimento dell’ex presidente dello Ior nel rapimento di Emanuela
Il Vaticano: "Su Marcinkus-Orlandi
accuse infamanti verso un morto"
Nuove rivelazioni: la ragazza sequestrata perché il padre aveva visto documenti scottanti
Gli inquirenti potrebbero chiedere di ispezionare la tomba di De Pedis a Sant’Apollinare
CITTA’ DEL VATICANO - ’’Infamanti’’ e ’’senza fondamento’’. Così la Santa sede definisce le accuse contro monsignor Paul Marcinkus in relazione al caso Orlandi, fatte da pentiti e super testimoni della Banda della Magliana. Ed emergono nuovi dettagli dell’interrogatorio di Sabrina Minardi: la ragazza sarebbe stata sequestrata perché il padre Ercole, commesso della prefettura della Casa pontificia, avrebbe avuto tra le mani documenti scottanti. Gli inquirenti potrebbero chiedere al Vaticano di ispezionare la tomba di Renatino De Pedis, sepolto nella chiesa romana di Sant’Apollinare.
La Santa Sede. In una dichiarazione il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha commentato le notizie relative al rapimento di Emanuela Orlandi e all’ipotesi di un diretto coinvolgimento dell’allora presidente dello Ior. ’’La tragica vicenda della scomparsa della giovane Emanuela Orlandi è tornata di attualità nel mondo della informazione italiana. Colpisce il modo in cui ciò avviene, con l’amplissima divulgazione giornalistica di informazioni riservate, non sottoposte a verifica alcuna, provenienti da una testimonianza di valore estremamente dubbio. Si ravviva così il profondissimo dolore della famiglia Orlandi, senza dimostrare rispetto e umanità nei confronti di persone che già tanto hanno sofferto".
"Accuse infamanti". Secondo padre Federico Lombardi, si tratta di "accuse infamanti senza fondamento nei confronti di monsignor Marcinkus, morto da tempo e impossibilitato a difendersi. Non si vuole in alcun modo interferire con i compiti della magistratura nella sua doverosa verifica rigorosa di fatti e responsabilità - sottolinea il direttore della sala stampa vaticana -. Ma allo stesso tempo non si può non esprimere un vivo rammarico e biasimo per modi di informazione più debitori al sensazionalismo che alle esigenze della serietà e dell’etica professionale’’.
I motivi del rapimento. Intanto emergono altri particolari dell’interrogatorio di Sabrina Minardi, ex amante del boss della banda della Magliana Enrico De Pedis, detto Renatino. Emanuela Orlandi, secondo la donna, sarebbe stata sequestrata perché il padre Ercole, commesso della prefettura della Casa pontificia, avrebbe avuto tra le mani alcuni documenti che non avrebbe dovuto vedere. La testimone delle indagini sul rapimento della ragazza riferisce confidenze che le avrebbe fatto il suo compagno di allora sotto l’effetto di cocaina. De Pedis le avrebbe ripetuto più volte che si trattava di un gioco di potere.
L’ispezione alla tomba. Gli inquirenti romani titolari dell’inchiesta su Emanuela Orlandi potrebbero prendere in esame la possibilità di chiedere al Vaticano di ispezionare la tomba di De Pedis. A piazzale Clodio potrebbe essere valutata a breve la possibilità di verificare se la chiesa romana di Sant’Apollinare, dove si trovano i resti di "Renatino", ucciso nel febbraio 1990, sia o meno sotto la giurisdizione dello Stato Vaticano. L’eventuale ispezione della tomba, che comunque dovrebbe essere autorizzata dalla Santa Sede, è stata più volte sollecitata dai familiari di Emanuela Orlandi.
Tra l’altro, in una puntata del programma "Chi l’ha visto" di qualche anno fa andò in onda la telefonata di un uomo il quale sosteneva che per scoprire la verità sulla ragazza scomparsa 25 anni fa si doveva "andare a vedere nella tomba di De Pedis". In passato, alla richiesta di notizie sui motivi della sepoltura di "Renatino" a Sant’Apollinare, il Vaticano non ha mai risposto agli inquirenti. Nel 2005 inoltre il Vicariato di Roma non autorizzò la riesumazione del cadavere di De Pedis.
Il Paese dei misteri
di Roberto Cotroneo (l’Unità, 25.o6.2008)
— La sensazione è di essere
finiti dentro un romanzo gotico
un Codice da Vinci senza
speranza di un Paese di veleni
e crudeltà.
E invece i misteri
in questo Paese sono tutti veri
Alla fine tutto imploderà come il collasso di una stella. E i misteri d’Italia diventeranno uno soltanto: gigantesco, indicibile, totalizzante. Una sorta di totem italiano davanti al quale ammettere la nostra sconfitta di cittadini, di italiani e di uomini. E li rivedremo tutti, come in una apocalisse criminale e ambigua come in un girone dantesco delle vittime dei misteri: Salvatore Giuliano e Gaspare Pisciotta, Enrico Mattei e Wilma Montesi; ci sarà Michele Sindona, e poi Roberto Calvi, e Aldo Moro, e i morti di Bologna, e i morti di Piazza Fontana, e il commissario Calabresi.
E l’elenco, troppo lungo, arriva fino a quella ragazzina con il nastrino in testa: quindici anni e una passione per la musica. Una famiglia semplice e umile. Si chiamava Emanuela Orlandi. Il papà scomparso nel 2004 era un dipendente del Vaticano. Lei una ragazzina come tante. Era nata il 14 gennaio del 1968, era astigmatica ma si vergognava di portare gli occhiali in pubblico, suonava il flauto, e il 22 giugno di venticinque anni fa, con ogni probabilità, sale su una Bmw verde tundra station wagon e scompare. Mai più trovata. Qualche ora prima telefona alla sorella più grande per dirle che le era stato offerto di promuovere prodotti di profumeria Avon, a un prezzo altissimo, 350 mila lire di allora, e non sapeva se accettare. La sorella le consiglia di lasciar perdere.
Cosa succede, e cosa sappiamo di questa storia? Di fatto, niente. Non sappiamo neppure se Emanuela Orlandi è viva o morta. Quest’anno compirebbe quarant’anni. Non sappiamo se fu un orrendo caso di pedofilia, poi strumentalizzato perché il padre era cittadino vaticano. O se invece fu un rapimento, o un ricatto nientemeno che al Papa. Non sappiamo perché viene chiamata in causa la banda della Magliana, e monsignor Paul Marcinkus, Roberto Calvi, ed Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei capi della banda della Magliana. Non sappiamo quanto sa di tutto questo l’attentatore del Papa, Ali Agca, e non sappiamo perché i Lupi Grigi, organizzazione terroristica turca, abbiano dichiarato di avere in mano la ragazza. Non sappiamo niente di quella Roma. Sappiamo solo che la Orlandi è scomparsa nel nulla, e in quel nulla è rimasta finché la signora Sabrina Minardi, compagna prima del calciatore Bruno Giordano, e poi, e per quasi dieci anni di Renatino, ovvero Enrico De Pedis, comincia a parlare. Ma come?
Intanto con una sincronia che lascia sbigottiti, lo fa esattamente 25 anni dopo il rapimento, e lo fa spiegando prima: mi sono imbottita per anni di cocaina e psicofarmaci, sto in una comunità di recupero, e talvolta mi confondo, ho sprazzi di eventi accaduti, e situazioni confuse. Come in un brutto romanzo Sabrina Minardi dice che la Orlandi è stata ammazzata, messa in un sacco e buttata in una betoniera a Torvajanica, località alle porte di Roma. Anzi dice che i sacchi erano due, c’era pure un bambino di 11 anni, figlio di un boss, ammazzato per vendetta, e buttato anche lui nella betoniera. Le date non corrispondono, il ragazzino viene ucciso dieci anni dopo il caso Orlandi, e non è possibile che i due eventi possano essere collegati assieme. Ma la Minardi è un fiume in piena: aggiunge particolari, dice di aver visto la Orlandi in un sotterraneo di un palazzo poco distante dalla stazione di Trastevere, un sotterraneo che arriva fino alle mura Vaticane, tanto è grande. Dice di essere stata a casa di Giulio Andreotti, con Renatino, e di ricordare la signora Livia, minuta e gentile. Ed è ovvio che gli psicofarmaci qui hanno il loro ruolo. Dice di aver visto Renatino arrivare con delle borse Luis Vuitton, quelle “con la cerniera sopra”, aprirle in casa e tirarne fuori banconote, e naturalmente cocaina, cocaina a fiumi. E che una volta contarono un miliardo in contanti per portarli personalmente a monsignor Marcinkus, il potente banchiere dello Ior, a casa sua.
Dice un mare di cose Sabrina Minardi. E non si tratta di crederle o di non crederle, si tratta di capire lo spleen orrendo di questo Paese. Dove poi alla fine niente torna, perché si va a sbattere contro un muro di morti ammazzati, di politici rapiti e assassinati, e talvolta anche liberati, di terroristi ambigui, di aerei civili che cadono senza ancora un perché, di stragi più disgustose delle più disgustose delle stragi, di servizi deviati, di giornalisti sibillini come Pecorelli ammazzati, di bande che agivano indisturbate con un potere assoluto, e poi di golpisti, e di fascisti, e di banchieri impiccati, e di monsignori banchieri su cui ci sarebbe troppo da dire. In un Paese dove le ipotesi di complotto, i misteri, occupano pagine pagine di siti internet dedicate solo a questo, tutto confluisce là, nel viso sorridente e allegro, solare, di una ragazzina di quindici anni: Emanuela Orlandi. Nei suoi occhi che da 25 anni sono solo una fotografia in bianco e nero, quella dei manifesti che la famiglia ha fatto affiggere per tutta Roma.
Possibile che lo Ior, il Banco Ambrosiano, l’attentato a papa Giovanni Paolo II, l’omicidio di Calvi, i fatti e fattacci della più feroce e potente banda criminale, quella della Magliana, e Marcinkus, e Ali Agca, e chissà quanti altri, possano confluire lì, in quella ragazzina? È una suggestione enorme, una macchina genera complotti a ripetizione, o qualcosa di più? È una storia che si può spiegare semplicemente? Un caso di pedofilia finito con un omicidio, su cui possono essere state costruite leggende, proprio perché la ragazza era cittadina vaticana? Lo stesso caso di Mirella Gregori, rapita 40 giorni prima di Emanuela, sempre a Roma, e mai più ritrovata. Ali Agca disse che entrambe le ragazze erano in mano ai Lupi Grigi. La mamma di Mirella, 13i anni fa, durante una visita del Papa in una parrocchia romana, disse di riconoscere tra gli agenti di scorta di Giovanni Paolo II un uomo che andava spesso a prendere la figlia a casa.
Suggestioni, leggende, o verità. E cosa ce ne facciamo delle verità, in un Paese senza verità da sempre? Un Paese che ha mantenuto del medioevo l’oscurità delle trame, il gusto dell’oscuro, delle massonerie segretissime, del gioco dei poteri. Dopo che viene rapita, a casa Orlandi, un signore con accento americano chiama 16 volte. Tutte e sedici le volte da cabine telefoniche. L’uomo chiede che sia liberato Ali Agca, e fa ascoltare alla famiglia Orlandi un nastro con la voce della figlia. Chiama molte volte. E non viene identificato. Soltanto che dell’Americano esiste un indentikit, scritto nientemeno che dall’allora vicecapo del Sisde Vincenzo Parisi. In una nota rimasta riservata fino al 1995 si dice che la voce del telefonista corrisponderebbe a quella di monsignor Paul Marcinkus: gli specialisti del Sisde, analizzando i messaggi e le telefonate pervenute alla famiglia, conclusero che riguardavano «una persona con una conoscenza approfondita della lingua latina, migliore di quella italiana (che probabilmente era stata appresa successivamente al latino), probabilmente di cultura anglosassone e con un elevato livello culturale e una conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita di diverse zone di Roma (dove probabilmente aveva abitato)». E Renatino? E la Roma criminale e de’ core, testaccina e trasteverina, che racconta la Minardi? Come si fonda con i Lupi Grigi, con i complotti internazionali?
Sabrina Minardi, parla di sotterranei sconfinati, e racconta che ogni volta che aveva bisogno di viaggiare Roberto Calvi metteva a disposizione il suo aereo privato. La Minardi, bizzosa, isterica, cocainomane, che spendeva anche cento milioni di allora in uno shopping romano, tutto in contanti, viaggiava con l’aereo privato del Banco Ambrosiano. Una spavalderia oltre ogni buon senso. E a lei che secondo un’altra voce, forse una leggenda, arriva un agente del Sisde, dopo il rapimento Orlandi. Emanuela sembra sia stata fatta salire su di una Bmw color verde tundra, un colore raro per quegli anni. Lui comincia a indagare, per carrozzieri, finché non ne trova uno che gli racconta di aver riparato un deflettore di una Bmw verde tundra giardinetta. Rotto forse per un pugno dato da dentro? L’aveva portata a riparare una donna, che aveva lasciato anche un indirizzo e un numero di telefono. L’indirizzo di un residence. L’uomo ci va, e si fa chiamare la donna che reagisce violentemente alle sue domande, e prende persino il numero di targa dell’automobile con cui l’agente si era recato al residence. Giusto il tempo per tornare in ufficio, e l’uomo fu invitato dai superiori a non importunare più personaggi altolocati. Chi era quella donna? La Minardi? E quanto è vera questa storia?
Ieri il Vaticano ha definito infamanti le accuse verso Marcinkus, che è morto e non si può difendere. E forse anche questa finirà nel nulla. Come il caso Moro, trent’anni fa, come la strage di Bologna, come l’assassinio di Roberto Calvi, come tutti i misteri che arrivano a noi, uno dietro l’altro come una collana di ingiustizie. Al punto da lasciarti la sensazione che siamo anche noi un po’ allucinati da troppe storie, troppo importanti, troppo oscure per essere chiare. Finiti dentro un romanzo gotico, un Codice da Vinci senza speranza, di un Paese di veleni e crudeltà. E ti illudi che non è vero niente. Che il caso Orlandi non è altro che uno stupro e poi un omicidio forse neppure voluto, che il caso Moro fu come lo raccontano Moretti e compagni, che tutti gli altri misteri non sono che fantasie, e che la banda della Magliana non era altro che una accolita di criminali finiti quasi tutti male, morti ammazzati. Ma poi se ti fai una passeggiata per Roma, può accaderti di passare per piazza Sant’Apollinare, dietro piazza Navona, dove stava la scuola di musica di Emanuela Orlandi, e dove c’è la chiesa di Sant’Apollinare, da poco restaurata. È tutto un complesso di proprietà dell’Opus Dei, dove c’è anche la Pontificia Università di Santa Croce. La Basilica di Sant’Apollinare è una basilica minore, vanta un paio di candelabri del Valadier, e poco d’altro. Naturalmente è territorio vaticano, naturalmente si apre solo per le messe. In quella chiesa c’è una cripta, che da otto anni non è visitabile. Nella cripta è tumulato Enrico De Pedis, detto Renatino, capo della Banda della Magliana, mandante ed esecutore di un numero enorme di omicidi, prima di essere ucciso da due sicari in via del Pellegrino, dietro Campo dei Fiori, il 2 febbraio 1990.
Il 6 marzo 1990, a 32 giorni dalla morte, il rettore della basilica, monsignor Piero Vergari scrisse la seguente lettera: «Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma-Trastevere il 15 maggio 1954 e deceduto in Roma il 2 febbraio 1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi per la loro formazione cristiana e umana». Il 10 marzo 1990, l’allora Vicario della diocesi di Roma, nonché presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Ugo Poletti, rilasciava il nulla osta alla sepoltura di De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare. Il 24 aprile la salma di De Pedis venne tumulata e le chiavi del cancello vennero consegnate alla vedova, che è l’unica persona autorizzata a entrare nella cripta. L’incubo continua, e tutto si riapre, perché poi alla fine, i misteri in questo Paese, sono veri. A cominciare da questa povera ragazza, rapita 25 anni fa, e terminale ultimo di un orrore senza fine che probabilmente non verrà mai chiarito. Lei non è mai stata tumulata in nessuna chiesa, lei è scomparsa nel nulla, in quel nulla di misteri di un Paese senza vergogna.
ORLANDI: AL SETACCIO VECCHI ATTI E VOCI REGISTRATE
ROMA - La rilettura di vecchi atti processuali e la comparazione fonetica di voci intercettate nel 1983. Sono le prossime mosse della magistratura romana per tentare di fare luce sulla sparizione di Emanuela Orlandi. La prossima settimana gli inquirenti, dopo l’accelerazioni alle indagini data da Sabrina Minardi con la chiamata in causa della Banda della Magliana, cominceranno un’attività di setaccio alla ricerca di riscontri alle dichiarazioni della supertestimone e di nuovi spunti investigativi.
I pm Andrea De Gasperis, Simona Maisto e Roberto Staffa, quest’ultimo affiancato ai primi due da qualche giorno, intendono chiarire meglio ruoli apparsi in un primo momento di scarso rilievo ed approfondire aspetti esaminati in passato in modo superficiale. In procura non si nasconde che un punto di partenza essenziale sarebbe la riconducibilità di tre voci registrate in altrettante telefonate arrivate ai familiari di Emanuela nell’estate del 1983. Nelle prime due gli interlocutori comunicarono che a Fiumicino e a Roma, nei pressi di piazza Montecitorio, erano stati lasciati il tesserino del corso di musica della giovane ed una sua lettera in cui diceva di stare bene.
La terza è quella che il pentito Antonio Mancini, in una puntata di "Chi l’ha visto", ha detto essere di un killer, Mario, della Banda della Magliana. Ora quelle voci saranno messe a confronto con altre di appartenenti all’organizzazione criminale registrate in occasione di vari processi. Sul caso di Emanuela Orlandi è intervenuto, in un’intervista sul quotidiano Avvenire, il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano.
"Il classico caso di scandalo estivo creato ad arte per catturare l’attenzione dei lettori già distratti dalle vacanze - ha dichiarato - speriamo sia l’ultimo". Oltre a ringraziare il quotidiano per "il commento puntuale alla vicenda Orlandi ed in difesa della memoria della figura sacerdotale dell’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus", Bertone ha ribadito la vicinanza della Santa Sede al dolore della famiglia Orlandi di cui, ha rilevato il cardinale, si condivide "il desiderio che la magistratura faccia quanto in suo possesso per conoscere la sorte della amata Emanuela".
Intanto Pietro Orlandi, fratello della giovane scomparsa 25 anni fa, ospite della trasmissione "Sabato & Domenica Estate" di Raiuno, ha detto di ritenere che la ricerca della verità sia "in un intreccio tra la pista internazionale e l’azione della Banda della Magliana". Alla stessa trasmissione era presente anche Ferdinando Imposimato. A giudizio dell’ex magistrato le dichiarazioni della Minardi sono inattendibili, mentre "la pista internazionale è fondata su dati obiettivi in quanto i messaggi inviati dai rapitori al Vaticano per ricattare il Papa erano accompagnanti da elementi documentali inoppugnabili".
"Inoltre - ha aggiunto Imposimato - sono state fornite dai rapitori descrizioni delle caratteristiche fisiche di Emanuela, come la presenza di sei nei sulla schiena, che solo chi aveva la disponibilità fisica della giovane poteva conoscere. Ebbene, quasi tutti questi messaggi sono stati inviati da diverse parti del mondo e presuppongono un’organizzazione internazionale che mal si concilia con le dimensioni localistiche della Banda della Magliana".