Giustizia

Borsellino, il giudice Michele Barillaro scrive a "la Voce di Fiore", che risponde e chiede

venerdì 31 luglio 2009.
 

Gentilissimo Sig. Morrone,

prendo atto di una nuova circostanza nella quale Lei cita il mio nome ed il mio punto di vista sulla strage di via d’Amelio. Mi sento dunque investito, dato il protrarsi di interpretazioni altrui del mio pensiero, di inviarle un piccolo chiarimento del tutto - mi creda - privo di polemiche nonostante la sua lettera a Salvatore Borsellino del marzo scorso ed il commento di quest’ultimo siano invece ricche di gratuite accuse infamanti nei miei confronti.

Non ci conosciamo di persona ma, forse, se ci conoscessimo, si pentirebbe di aver utilizzato espressioni di tal fatta nei miei riguardi. Ho trascorso un anno ad occuparmi solo del procedimento per la strage. Quattordici giorni di mcamera di consiglio. Ho depositato la sentenza in 88 giorni (lo sa che è L’UNICA sentenza sulle stragi italiane di qualsiasi matrice depositata in termini?). Quella sentenza è stata confermata praticamente in toto dalla Cassazione. Ho passato il resto del mio tempo a leggere e studiare altri incartamenti (a titolo personale) su quei fatti, ad andare per scuole, università e circoli privati per portare il messaggio di Paolo Borsellino. Ho dedicato alla sua memoria tre congressi nazionali di diritto penale interamente da me organizzati ed altrettante pubblicazioni edite da Giuffrè. In uno di essi ho avuto il privilegio della presenza della signora Agnese.

Ma lasciamo i meriti (solo presunti) e veniamo al merito. Da giudice estensore della sentenza resa nel proc. a carico di Agate mariano + 27 (cd "via d’Amelio ter") credo di poter dire cosa penso sul punto - a sentenza ormai definitiva. Per quanto mi consta e soprattutto per quanto emerso in quel procedimento, le uniche certezze sull’attentato sono risalenti a Cosa Nostra. tanto affermo e ribadisco con forza. E’ del tutto evidente però, che tale affermazione non esclude altri fatti, altre circostanze e coinvolgimenti possibili ma ahime, fino ad oggi, non provati.

Sarei il primo a rallegrarmi se qualche elemento di certezza o anche solo di mera probabilità portasse ulteriore luce su una vicenda tanto drammatica, grave e tormentata nel suo iter (basti pensare ai tre processi, dicasi tre, celebratisi sulla strage). Ritengo però assai pericoloso vivere nel perenne sospetto e, soprattutto, avallare mediaticamente dichiarazioni di personaggi a dir poco inquietanti come Riina, Ciancimino jr. e lo stesso Spatuzza.

I miei validissimi Colleghi che indagano sapranno capire se nelle loro parole può esserci qualcosa di fondato e riscontrabile oppure no. lasciamoli lavorare. Questo è unicamente il mio pensiero. Non intendo assolutamente affermare che non vi possono essere fatti gravissimi dietro quella strage.

Si rilegga la mia sentenza sul punto e capirà, credo, quanto invece abbia lasciato intendere io stesso con le mie parole su tali corresponsabilità!! Ho iniziato la mia relazione ad un convegno sui maxiprocessi del giugno scorso ricordando come palo Borsellino ebbe 52 voti alla elezione del presidente della Repubblica del giugno 1992. Lo ricordava? Vuole che non desse fastidio a tanti anche a livello istituzionale? Vuole che la sua morte non abbia rasserenato tanti? Non so fino a che punto lo Stato vuole davvero occuparsene: ho proposto la mia candidatura (mi pareva importante in questo momento per le mie conoscenze) come consulente della Commissione Antimafia. Non mi hanno neppure preso in considerazione. Ho saputo anzi che hanno nominato alcuni giudici civili.

Vuole che sia contento di questo Stato? Vuole che sia lieto di essere considerato da molti Colleghi un guastafeste (anche qui a Firenze nella mia nuova sede) solo perchè mediamente scrivo circa 4/500 sentenze all’anno, tutte tempestivamente depositate? Forse, o senza forse, sono più incazzato di lei. Continuo però a lavorare ed a giudicare con le prove che ho. Solo con quelle. perchè la notte voglio essere tranquillo di aver condannato o assolto SOLO sulla base delle prove. E’ il mio unico tormento. impariamo tutti a ragionare per prove e non per dogmi e/o sospetti e la vita ci apparirà più trasparente. Mi creda. Sono a Sua disposizione per qualunque iniziativa, mi contatti pure.

Michele Barillaro


Gentilissimo dott. Barillaro,

per i lettori, riporto il collegamento alla mia lettera a Salvatore Borsellino, reperibile qui.

Ritengo utile che Lei ci abbia scritto sulla strage di via d’Amelio, di cui conosce bene le carte. Nel merito, ha fornito l’interpretazione autentica del Suo pensiero.

Circa le Sue dichiarazioni sul Corriere della Sera, mi permetta, però, di osservare che sono virgolettate. Lei ha detto che, riguardo all’assassinio di Paolo Borsellino e dei suoi uomini, "è inutile rimestare nel torbido". Lei ha affermato "che non c’è un indizio serio". Lei ha sostenuto che "tutto il resto, tutto quanto si è detto in tanti anni non ha mai trovato un riscontro".

Il nocciolo della questione è proprio questo "riscontro" "non trovato", e spero che ci incontreremo, nel ragionamento, da persona a persona. Atteso che "la Voce di Fiore" è sempre a disposizione per quanto voglia aggiungere.

Significa, con riferimento alla mia lettera a Salvatore Borsellino, che la stessa e il suo commento sono "ricche di gratuite accuse infamanti" verso di Lei. Sono sicuro che Salvatore Borsellino Le risponderà. Qui posso assicurarLe che entrambi non abbiamo inteso processarLa, né vogliamo farlo, non essendo giudici e ripudiando i pulpiti.

A Borsellino - come ai tanti, incluso il sottoscritto, che si riconoscono nella sua battaglia per la giustizia - interessa la verità. Null’altro che la verità.

Insisto sulla sua espressione "tutto quanto si è detto in tanti anni".

Entrambi, ma soprattutto Lei, sappiamo dei progressivi "aggiornamenti" sul 19 luglio del ’92.

Di recente, ma anche in tempi più remoti, sono emersi degli indizi. Suggestioni? Dicerie? Fantasie? Tracce inquietanti?

La magistratura sta tentando di capire, con le necessarie e dovute cautele. Non sarà facile, e servirà anche la compattezza della politica, la quale dovrà determinarsi e riconoscere che, in ogni caso, quella strage pesa come un macigno sul passato, sul presente e sul futuro della Repubblica.

A riguardo, possiamo attenderci la piena assunzione di responsabilità nei palazzi, se di fatto i partiti posizionano chi vogliono, a partire dal Parlamento?

Quanta speranza abbiamo, se il principio che informa le scelte partitiche di collocamento è il vecchissimo promoveatur ut amoveatur (emblematici i casi di Salvatore Cuffaro e Marcello Dell’Utri)?

I dubbi, i misteri e certe connessioni fra vicende, poteri e sviluppi nella storia nazionale appaiono prepotentemente all’orizzonte, nonostante il capitolo su via D’Amelio sia stato processualmente concluso.

Il 18 e 19 luglio scorsi, nelle manifestazioni per Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, si sono viste tante agende rosse, alzate, simbolicamente e con significato, soprattutto da giovani di ogni parte d’Italia.

A riguardo, e non la voglio buttare in politica, o chi si informa assume notizie deviate o la sparizione dell’agenda è un particolare di quel gravissimo relativismo che permea l’intera vicenda.

In ordine sparso, vorrei ricordare, e sono certo che dirà la sua in proposito, solo particolari altri che pongono degli interrogativi sul ruolo dello Stato nella lotta alla mafia, per cui Paolo Borsellino e Giovanni Falcone ricevettero la medaglia d’oro al valore civile.

-  1) Castello Utveggio;

-  2) "Alfa" e "Beta" del volume "Colletti sporchi", di Ferruccio Pinotti e Luca Tescaroli;

-  3) le telefonate immediatamente successive all’esplosione dell’ordigno in via d’Amelio;

-  4) le differenti versioni di Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, e Giuseppe Ayala, circa il discusso incontro dell’ex ministro dell’Interno con Paolo Borsellino;

-  5) il procedimento Mori-Obinu;

-  6) il "papello".

Formulo delle domande esplicite. Siamo certi, senza ombra di dubbio, che intervenne soltanto la mafia il 19 luglio del 1992? Siamo sicuri, al di là della verità processuale, che "Cosa nostra" agì motu proprio e che non ebbe, anche negli anni successivi, alcun rapporto con pezzi di istituzioni dello Stato? Deve dircelo Totò Riina?

Per ultimo, quanto lo Stato, senza alcuna polemica, desidera "quel fresco profumo di libertà" di cui, mi sia permesso, parla ancora Paolo Borsellino?

Capisco bene la prudenza, ma mi aspetto una Sua risposta articolata e certamente netta.

Molto cordialmente,

Emiliano Morrone


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