Conversando con Simonetta Agnello Hornby
«Da Lewis Carroll a Jackson ecco i seduttori di bambini che la società non vuol vedere»
È un’indagine sull’autore di «Alice». E sulla società che gli regalò vittime e perdonò le sue malefatte
La pedofilia con internet oggi è in crescita, è diventata multinazionale Perciò è difficile batterla
di Maria Serena Palieri (l’Unità, 07.05.2010)
Evelyn Hatch è una versione in chiave fotografica della Maya desnuda di Goya: distesa con le braccia a cingerle la testa, e a metterle in risalto il petto, una gamba morbidamente reclinata sull’altra. Evelyn Hatch però aveva 8 anni quando, negli ambienti del college Christ Church di Oxford, il 29 luglio 1879, la ritrasse il diacono Charles Lutwidge Dodgson, già famoso da un quattordicennio come Lewis Carroll per Alice nel paese delle meraviglie e Dietro lo specchio.
Pedofilia? Ma in età vittoriana, sostengono i difensori di Dodgson, l’infanzia femminile senza veli era, non solo per lui, simbolo d’innocenza. Guardiamo allora Irene MacDonald, fotografata dallo stesso nel 1863 all’età di 6 anni: è vestita, calzette bianche e scarpe col cinturino, ma è riversa su un canapé d’epoca, con uno scialle da cui sbuca una spalla nuda, come chi esce dal sonno, o meglio da un amplesso, e ha uno sguardo per l’enigmatica sofferenza che manifesta impossibile da sostenere.
Camera oscura, il volumetto che riporta queste due foto (Skira, pp. 127, euro 15), è il testo a metà tra documento e finzione in cui Simonetta Agnello Hornby si cimenta col mistero del celebrato padre del libro più citato della letteratura in lingua inglese, dopo le opere di Shakespeare. Non è la prima a farlo.
Prima che l’archivio del reverendo Dodgson, secretato dagli eredi per 74 anni, diventasse pubblico, nel 1969, a esso aveva attinto un nipote, Stuart Dodgson Collinwood, per un’agiografia. Furono molte, a funerale svolto, le ex-«bambine-amiche» che scrissero testimonianze apologetiche.
È del 1999, poi, un’opera ancora «riabilitante» di Karoline Leach, sempre in questo 2010 tradotta in italiano da Castelvecchi, La vera storia del papà di Alice.
Simonetta Agnello Hornby non la pensa così. E lei è, oltre che l’autrice di una trilogia romanzesca siciliana edita da Feltrinelli, un’avvocata e giudice da un quarantennio a Londra impegnata nel terreno dell’abuso dei minori. Il suo ultimo romanzo, Vento scomposto, si ispirava appunto a uno dei casi da lei trattati nella sua carriera. Perciò Camera oscura è un libro in cui, con la bella penna della romanziera, è una specialista a indagare sul caso Carroll: nella prima parte la scrittrice immagina la storia di Ruth Matthews (nella realtà Mayhew), una delle bambine «kissable», «baciabili», secondo il requisito che l’autore di Alice imponeva alle famiglie; nell’intermezzo svolge le sue considerazioni; e in appendice, dopo le foto, riporta le lettere che Dodgson scrisse a un certo punto ai Mayhew. Ed è un libro, Camera oscura, che esplorando il terreno scivoloso su cui in età vittoriana si muoveva il reverendo Dodgson, sottotraccia interroga il fenomeno della pedofilia nel mondo d’oggi.
Com’è nato questo testo?
«Su commissione. E di questo ringrazio l’editor, Eileen Romano. Ma ad affascinarmi, nel suo orrore, è stato il carteggio che mi hanno fatto avere che il reverendo Dodgson tenne con i Mayhew. Mancano le lettere loro,come quelle di Ruth, così come non c’è traccia delle fotografie fatte a lei e alle sue sorelle. Però Dodgson dai 30 anni in poi teneva un riassunto di tutte le lettere che riceveva e conservava una copia delle sue. Di queste, ne aveva 98.000. Dunque, un vanesio. Quello che impressiona, leggendo, è la sua arroganza.
Dodgson era un arrampicatore. A 24 anni comprò la macchina fotografica, all’epoca status symbol, e fu così che riuscì a entrare nella cerchia di Tennyson».
Eccoci già oltre l’immagine che l’opinione pubblica inglese predilige di lui, il religioso timido e rimasto candidamente bambino, romanticamente innamorato della piccola Alice Liddell, ispiratrice del suo capolavoro. In questi mesi, immagino, lei si sarà chiesta: se me lo fossi trovata davanti in tribunale, come l’avrei giudicato? Che risposta si è data?
«Avrei chiesto investigazioni più approfondite. Non ho dubbi che, dagli incontri con le sue “amiche-bambine”, traesse un piacere sessuale. Le baciava sul lobo dell’orecchio. Io credo che si eccitasse, ma che rispettasse un limite con le figlie dei suoi amici, non le penetrasse. Però c’è quel mistero della gran quantità di denaro donata a un uomo che aveva delle figlie. E ci sono le modelle che, dal 1880, abbandonata la fotografia, gli procura per le sue tele Gertrude Thompson.
Da avvocato qui avrei scavato. E perché non fece mai ritratti delle sue nipoti, né le invitò mai a stare a casa sua? Perché il suo archivio fu secretato fino al 1969, quando fu venduto alla British Library, e fratello e nipoti ne distrussero l’80%? Di nudi, ne rimangono quattro, ma quanti erano in realtà? Io, Lewis Carroll, lo chiamo un porco. Più di un pedofilo...».
Più di un pedofilo?
«Il pedofilo è convinto che ai bambini piaccia. Perciò non si cura mai. Il reverendo Dodgson aveva una sessualità estesa, frequentava teatri e attrici, donne adulte, ragazze, bambine. Sapeva quello che faceva».
Smontare l’immagine di Lewis Carroll, in Inghilterra, è l’equivalente di farlo da noi con Collodi. Ma la sua indagine è anche un atto d’accusa alla società vittoriana. Quei genitori conniventi... Oggi potrebbe succedere?
«Il vittorianesimo, più lo conosco più lo detesto. C’era una prostituzione infantile violenta e organizzata. Il direttore della Pall Mall Gazette fece un’inchiesta fingendosi un cliente e gli portarono una bambina cloroformizzata. Lo stesso Dodgson reagì scrivendo al ministro, Lord Salisbury, che il reportage “contaminava le menti”... Però spostiamola all’oggi, immaginiamo che un famoso presentatore dica “Datemi vostra figlia, la metto in un programma di successo. Purché sia baciabile”. In quanti non gliela darebbero? I bambini che dormivano nel letto con Michael Jackson, non erano i genitori a darglieli? Ma l’opinione pubblica non vede».
Qual è il messaggio che ha voluto lanciare col suo libro?
«Ho voluto mostrare l’abuso sul minore nella sua complessità. Non è solo quello fisico. Perciò ho immaginato che Ruth Mayhew si fosse innamorata del reverendo e avesse sofferto da bambina per il distacco. Il pedofilo seduce insegnando... Ed è la vittima a sentirsi in colpa. E quando l’abuso è in famiglia, e il genitore viene allontanato, è di nuovo la vittima a sentirsi colpevole».
Il fenomeno pedofilia è in crescita?
«Con internet si è strutturato su scala multinazionale e i governi faticano a combatterlo. È in crescita straordinaria perché è più facile praticarlo. Ma c’è un altro risvolto da sottolineare: la moda per bambine le vuole vamp a tre anni. E questo, nei pedofili, acuisce il desiderio. Inoltre è prassi, in Inghilterra come in Italia, radunare i pedofili in carcere nello stesso braccio per sottrarli al “castigo” degli altri reclusi. E così, quando escono, sono più esperti e organizzati».
A settembre per Feltrinelli uscirà il suo nuovo romanzo, «La monaca». Torna nella natìa Sicilia?
«Sì. È la storia di una ragazza dell’800 costretta a farsi suora. Ma che nel 1848 si spoglia ed esce. Non è come la Gertrude di Manzoni, lei ama Dio, ma la vita l’attira troppo».
Ha lasciato il lavoro di giudice. Sta per lasciare quello di avvocato. Vede un futuro da scrittrice pura?
«No, non è giusto. Sono sociale, mi piace fare. E ho sempre lavorato in un campo, quello della povera gente».
La parola sinistra /4
La Sinistra nel Paese delle meraviglie
“Alice” compie 150 anni, ma ancora oggi la sua realtà rovesciata svela errori e speranze del popolo progressista: la rilettura dello scrittore cileno
di Ariel Dorfman (la Repubblica, 08.04.2015)
NON lontano dal luogo di pubblicazione e a pochi mesi dall’uscita, nel luglio 1865, una bambina leggeva Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie ai piedi del padre alle prese, nel suo studio di Londra, con tutt’altro genere di libro, uno che avrebbe cambiato il mondo. Il nome della bimba era Eleanor, ma in casa la chiamavano Tussy. Suo padre era nientemeno che Karl Marx, impegnato nella stesura de Il Capitale in situazione di grave difficoltà economica: perennemente in bolletta, inseguito dai creditori, viveva «grazie al monte di pietà», come confessa in una lettera al suo benefattore, Frederic Engels.
Marx amava moltissimo la sua piccola Eleanor, non ci sarebbe quindi nulla di strano se l’uomo che ispirò gran parte delle grandi rivoluzioni dei 150 anni a seguire avesse letto il classico della letteratura per l’infanzia che tanto appassionava la figlia. È altrettanto probabile che gli uomini e le donne che di quelle sollevazioni furono capi, partecipanti e spesso vittime, apprezzassero Alice , un libro straordinariamente famoso (si dice che fosse secondo in popolarità solo a Shakespeare e alla Bibbia). Peccato che i radicali e i rivoluzionari del secolo successivo non abbiano in genere fatto tesoro di certi insegnamenti nascosti nel libro utili a evitare tante insidie, tranelli ed errori, che portarono alla catastrofe invece che in paradiso. « Il gioco era così confuso che lei non sapeva mai se fosse o no il suo turno » .
Ho letto e riletto il libro di Lewis Carroll, ma precipitare per l’ennesima volta nel pozzo tenendo a mente 150 anni di lotte per un mondo migliore è stata un’esperienza rivelatrice e spesso inquietante, perché in molte espressioni e situazioni ho trovato assonanze con la mia personale esperienza di impegno progressista. Non ho forse trascorso un infinità di tempo «a dipingere (le rose bianche) di rosso» con i miei brillanti compagni? Non eravamo noi a rispondere a chi voleva sedersi al nostro tavolo «Non c’è posto! Non c’è posto!» mentre in realtà c’era «posto d’avanzo»?
Ripensando alle assemblee infinite in cui i militanti di tutta una serie di organizzazioni di sinistra e di fazioni interne «s’offendono così alla svelta», come il topo, e avendo speso tempo a battibeccare su dettagli infinitesimali e nebulose, astruse teorie, non posso ignorare la riflessione di Alice riferita al Cappellaio: «Sembrava che non volesse dir nulla, eppure aveva parlato certamente in inglese ». E mi viene spontaneo identificarmi con lei quando dice pensierosa «È terribile come tutti gli esseri discutono! Ce n’è abbastanza da far diventare pazzi! ».
Sappiate, voi che annuite concordi nel ricordo delle vostre tristi esperienze con il politichese, che Lewis Carroll non ce la fa passar liscia. Quando Alice, educata e sempre saggia, suppone - come faremmo noi - di essere al di sopra del manicomio che la circonda, lo Stregatto non ha problemi a dimostrarle che è pazza, al pari di tutti gli altri: «Come fa a sapere che sono matta? ». «Per forza» - disse il gatto. Se no non sarebbe qui». Nel Paese delle Meraviglie a volte la pazzia generale prende forme innocue e assurde ma spesso si materializza in una violenza ostinata e angosciante. «Prima la sentenza », ordina la Regina di Cuori, quasi fosse Stalin o Mao, «Il verdetto dopo». Botte, processi burla, minacce di imminente esecuzione: «C’è una vera mania di decapitare la gente qui! Mi meraviglio che ci sia ancora qualcuno vivo! ». Come se Lewis Carroll inconsapevolmente mettesse in guardia i lettori dai rischi imminenti della dittatura.
« Mi potrebbe dire per favore che strada devo prendere per uscire di qui? ».
« Dipende in buona parte da dove lei vuole andare » rispose il gatto.
Dove voglio arrivare con questa cupa riflessione su Alice e le sue potenziali avventure nel Paese della Sinistra? È corretto trasformare un libro così vivace e spensierato in una critica funesta dei progetti e dei metodi radicali? Imitando avvilito la tetra Lepre Marzolina e scegliendo la via delle lamentele non finisco forse per trascurare gli aspetti essenziali, durevoli, amabili ed emancipatori della storia e dei personaggi di Lewis Carroll?
Alice nel Paese delle Meraviglie può essere letto infatti anche come un testo eversivo, traboccante di spunti utopici. Perché non sottolineare il convincimento di Alice che «le cose assolutamente impossibili erano in realtà molto poche», un credo che ha alimentato il fuoco di tante crociate sociali e che è stato recentemente confortato dal movimento per i diritti omosessuali e dalle iniziative e proteste ambientaliste? Perché non scrivere a lettere cubitali la frase della Duchessa «Più c’è del mio, meno c’è del tuo», un detto che fulmina le grandi società e i manager insaziabili che incassano bonus miliardari e si oppongono all’aumento del salario minimo?
Di Alice nel Paese delle Meraviglie va soprattutto recuperato l’umorismo sovversivo, sfrenato, la disobbedienza, la contestazione dell’autorità, che hanno ispirato l’insurrezione e la resistenza e la dissidenza di milioni di individui in 150 anni di storia, la visione di una possibile realtà parallela che non obbedisce alle regole di una società che ha disperato bisogno di cambiamento. È questa energia carnevalesca che dovremmo far nostra come parte integrante dell’identità progressista.
A sinistra, ovviamente, esiste uno stile opposto: si tende ad una pesante solennità, come se portassimo sulle spalle il peso di tutte le tragedie della storia. Prendiamo sul serio noi stessi e la nostra retorica, a buona ragione. La sofferenza è immensa, l’ingiustizia intollerabile, il polo industriale- militare-di sorveglianza è sempre più predatore, il pianeta sull’orlo dell’apocalisse. Tanto più quindi abbiamo motivo di esultare quando ci capita di liberarci, di goderci il brivido di infrangere le regole e di mettere in discussione le nostre convinzioni, le nostre certezze e i nostri dogmi.
« Dev’essere un ballo mol-to grazioso » azzardò Alice.
« Ti piacerebbe vedere un po’ come si fa? - chiese la Finta Tartaruga. « Moltissi-mo » , rispose Alice. Durante la rivoluzione cilena (1970-73), la gente del mio paese partecipò a infinite marce e manifestazioni in difesa del governo eletto di Salvador Allende.
L’energia dei fratelli e delle sorelle che avevo a fianco, il loro coraggio, la capacità di resistenza, la fantasia, l’umorismo irrefrenabile, i cartelli improvvisati, mi hanno sempre entusiasmato. E non mi ha mai abbandonato la sensazione che gli uomini e le donne in piazza possedessero un’energia e una creatività ben superiore rispetto agli oratori (prevalentemente maschi) che tuonavano per ore dal podio, incitando la folla.
All’epoca mi chiedevo, come faccio ora a decenni di distanza, come mai non fosse lasciato sfogo all’entusiasmo, alla ribellione di quelle moltitudini democratiche, perché esistesse un contrasto così netto tra i leader e il popolo. E mi addolora che la nostra rivoluzione pacifica sia culminata in un cataclisma, Allende morto, tanti torturati, esiliati, tutti quei sogni finiti. Il Re in Alice nel Paese delle Meraviglie ha dei consigli seri e presumibilmente di buon senso da dare a Bianconiglio su come raccontare una storia: «Iniziate dall’inizio... e andate avanti fino alla fine; poi fermatevi». Si sbaglia. Chi anela a un mondo diverso sa che arrivati alla fine non ci si ferma, che il bisogno di giustizia non ha fine. Siamo invece come lo Stregatto. Anche una volta svanito il nostro corpo resta comunque il sorriso, una presenza spettrale, a testimoniare che un tempo c’eravamo e che possiamo riemergere.
Sostanzialmente, come chi ancora crede che l’unica risposta alle guerre in corso e all’avidità della nostra epoca suicida sia il cambiamento radicale, è questo che dovremmo imparare da Alice nel Paese delle Meraviglie. Dopo tanti problemi e tante avversità abbiamo il coraggio di rispondere all’invito della Finta Tartaruga: «Vuoi? Non vuoi tu? Vuoi? Non vuoi tu? Vuoi? Non vuoi tu unirti al ballo? ». Credo che la Finta Tartaruga non si sbagli quando, ballando, promette: «Altra spiaggia, lo sai bene, c’è di là, di là dall’onde ».
Traduzione di Emilia Benghi © Ariel Dorfman, 2-015
Siamo tutti Alice eterni sognatori dell’altro mondo
Il classico di Lewis Carroll compie 150 anni: uno scrittore ci svela perché non possiamo non amarlo
L’AUTORE: Lewis Carroll (1832- 1898) ha scritto Alice nel paese delle maraviglie e
Alice nello specchio
L’autore usava filastrocche e nonsense anche durante le sue lezioni di matematica
L’opera ha avuto infinite interpretazioni dalle trame algebriche alla critica sociale
di Michele Mari (la Repubblica, 21.01.2015)
ALAN Turing, il padre dell’intelligenza artificiale che il pubblico sta conoscendo grazie al film The imitation game , si suicidò nel 1954 mangiando una mela rossa in cui aveva iniettato del cianuro. Non sappiamo se una parte della sua mente meravigliosa si illudesse di poter tornare alla vita come Biancaneve; è tuttavia evidente che un suicidio così didascalicamente fiabesco ha una fortissima valenza regressivo-infantile. Oltre a implicare una polemica dichiarazione di “innocenza” (Turing era stato processato e condannato per omosessualità).
Genio, Inghilterra, matematica, puritanesimo, taccia di immoralità, infanzia, fiaba: le coordinate che definiscono Turing portano dritto a Charles Lutwidge Dodgson, che esattamente 150 anni fa firmò Alice nel paese delle meraviglie con lo pseudonimo di Lewis Carroll.
Sotto il suo vero nome pubblicò invece una cospicua serie di trattati di logica e di articoli, in uno dei quali rivelava la scoperta di un principio (noto come “regresso di Bolzano-Carroll”, essendo stato scoperto indipendentemente anche dal boemo Bernard Bolzano) del quale si sarebbe avvalso lo stesso Turing nell’elaborazione della propria “macchina” algoritmica.
E pur se non drammaticamente come Turing, anche Carroll ebbe i suoi guai con la morale pubblica. A lungo è stato gravato dal sospetto di pedofilia, e sebbene oggi la maggior parte degli studiosi ritenga che il suo interesse per le bambine, per quanto morboso, non lo spingesse mai ad alcun tipo di abuso o di molestia, resta il fatto che egli stesso era consapevole dell’ambiguità, tanto da distruggere migliaia di fotografie infantili scattate in oltre venticinque anni.
Compagno di strada dei preraffaeliti, in quelle bambine ritratte fra erbe e fiori cercava di cogliere l’innocenza: e cosa di più rassicurante per un cultore dell’innocenza che regredire al livello degli innocenti? Bamboleggiare, esprimersi per filastrocche e nonsense, abbandonarsi a un immaginario onirico e surreale furono il suo modo, paradossalmente, di essere “rispettabile”.
Non ci si stupisce nell’apprendere che la sua proverbiale balbuzie cessava come per incanto quando la sua frase si metricizzava in filastrocche rimate, le stesse che informano Alice nel paese delle meraviglie e il successivo Alice nello specchio.
Non solo: ma da diverse testimonianze parrebbe che Carroll, non dalla cattedra di matematica che aveva alla Christ Church ma nel salotto di casa propria, in occasione di lezioni private, insegnasse in versi, riducendo formule e teoremi a filastrocche. E ancora nel 1885, sotto il titolo A tangled tale (Una storia intricata), raccolse una serie di racconti matematici in cui l’elemento ludico era direttamente proporzionale all’intento didascalico.
La logica combinatoria insinuò in Carroll una vera ossessione per i giochi di carte e per l’enigmistica (in questo il suo scrittore fraterno è Leo Perutz, autore di romanzi fantastici e di manuali di scacchi e di bridge): tutti conoscono la tremenda Regina di Cuori e le sue carte-suddito (capitolo 8 di Alice: Il campo da croquet della Regina), ma quanti, giocando a Word ladder (“Scala di parole” o metagramma), sanno che quel gioco fu inventato da Lewis Carroll nel 1879? In quel caso si trattava di escogitare qualcosa per intrattenere due bambine, Julia ed Ethel Arnold (la prima destinata ad essere la madre di Aldous Huxley), proprio come la genesi di Alice, notoriamente, è legata a una gita in barca con le tre sorelline Liddell, il 4 luglio del 1862. Lorina, Alice e Edith Liddell, figlie del rettore della Christ Church, avevano rispettivamente tredici, dieci e otto anni, e non era la prima volta che si diportavano sul Tamigi con Carroll e con il reverendo Duckworth (un nome che sembra finto, e che infatti ispirò il personaggio dell’anatra: ma a parte questo, fosse forma deontologica o più cruciale profilassi, pare che per queste scampagnate e per le sue sessioni fotografiche Carroll facesse sempre in modo di non rimanere mai da solo con le sue giovani amiche).
La leggenda vuole che, inventata lì per lì, la vicenda di una bambina che finisce in un sottomondo fantastico fosse subito attribuita a quella, delle tre sorelle, con l’età più consona: quindi non la già adolescente Lorina e non la troppo piccola Edith, ma la decenne Alice, la quale poche settimane dopo si vide consegnare da Carroll un manoscritto intitolato Alice’s adventures under ground.
Da quel momento Alice si impose come “libro” anche nella coscienza del proprio autore, che per oltre due anni continuò a lavorarvi con una dedizione che nei paesi di lingua inglese ha fatto la gioia della filologia delle varianti. Nel 1865 venivano così alla luce, associate alle magnifiche illustrazioni di John Tenniel, le Alice’s adventures in Wonderland, uno dei tre o quattro libri più tradotti al mondo dopo la Bibbia.
Leggibilissimo “letteralmente”, come di fatto è stato letto da centinaia di milioni di bambini, Alice si presta a livelli di lettura via via più complessi. Il matematico Martin Gardner ha dimostrato che dietro molte apparenti assurdità si nascondono altrettanti principii matematici, mentre altri esegeti hanno evidenziato una fittissima trama di allusioni a personaggi e vicende della società contemporanea, oltre alla continua parodia di opere letterarie e teatrali.
Carroll, è questo il punto, non voleva rinunciare a dire la sua sul mondo dei “grandi”, ma voleva farlo “da bambino”, anzi da bambino che sogna, come dir e da bambino al quadrato. Ed essere bambino, per lui, significava innanzitutto non essere lì ma da un’altra parte, e poco importa che quest’altra parte fosse il sottosuolo o il paese delle meraviglie o il mondo dietro lo specchio.
Coniglio bianco, dunque innocente, egli vuole essere inseguito e trovato da Alice, metafora semplicissima (e dunque ardua) per esprimere il proprio disperato bisogno di essere riconosciuto ed amato; a chi lo farà, in cambio, egli regalerà un intero universo fantastico, a partire dalla lingua. È questo il vantaggiosissimo patto che dopo un secolo e mezzo, miracolosamente, continua ad essere sottoscritto da ogni nuovo lettore.
Voi tutti che commentate, avete almeno letto il libro? Non c’è un commento che rispetti il topic, sono TUTTI scritti per difendere Jackson, mentre il romanzo breve verte su tutt’altro. E’ veramente demotivante constatare quanta gente si focalizzi e si accanisca su un punto del romanzo (in realtà della dichiarazione dell’intervista) che non condivide.
In ogni caso Simonetta Agnello Hornby non è la prima che passa, se ha scritto un libro significa che era ben consapevole di ciò che ha scritto.
Inoltre come si fa a dire che l’assoluzione da parte di un tribunale costituisca la certezza assoluta dell’innocenza di una persona? Con questo non sto dicendo che Jackson fosse un pedofilo, però come si fa a sapere la Verità, chi ci dice da quale parte sta la ragione?
Invito caldamente tutti coloro che hanno commentato a leggere il romanzo breve (qualora non l’avessero letto, anche se mi pare così per la maggior parte dei casi) - cosa che cercherò di fare anch’io - perché non si può giudicare una produzione di qualsiasi tipo senza prima averla vista ed analizzata.
E’ proprio vero che mio fratello è figlio unico perché non ha mai giudicato un film senza prima, prima vederlo.
Mi son letto TUTTI gli atti giudiziari di Mr. Jackson. Una vera farsa. (La signora Agnello sarebbe stata consapevole di ciò che ha scritto se avesse fatto altrettanto). Ma non basta. Ho confrontato il resoconto delle giornate in tribunale con ciò che invece la stampa elargiva. Informazioni calunniose e fuorvianti. Difficile accettare ancora qualsiasi paralellismo fra MJ e pedofilia. Impossibile leggere ancora parole che evocano questa planetaria manipolazione mediatica.
Mio fratello è figlio unico perché non ha mai giudicato un film prima vederlo. Bene, proprio così, allora, guardiamolo ’sto film...
ЗАЧЕМ ВЫ ВРЁТЕ, НЕУВАЖАЕМАЯ ГОСПОЖА?
Льюис Керолл и МАйкл Джексон НИКОГДА не были педофилами! VERGONGNA! BUGIARDA!
Ha lasciato il lavoro di giudice. Sta per lasciare quello di avvocato. Vede un futuro da scrittrice pura?
«No, non è giusto. Sono sociale, mi piace fare. E ho sempre lavorato in un campo, quello della povera gente».
Santo cielo, DIO ce ne scampi !!! Queste sue parole sono pura contraddizione con tutte le innefandezze che esprime verso Michael Jackson !!! Abbiamo tutti (coloro che hanno risposto con i presenti messaggi) capito che la sua DISINFORMAZIONE nei confronti di Michael Jackson non è nemmeno quantificabile !! Me lo potrei forse aspettare da una ragazzina che a suo modo lo ama per quel grande immenso artista che è, per quel grande immenso ESSERE UMANO che è, ma da una donna che si definisce: ( e mi scusi se non la chiamo SIGNORA perchè per mè, non lo è...) "Sono sociale, mi piace fare. E ho sempre lavorato in un campo, quello della povera gente" alla faccia, non oso pensare a che cosa di sociale lei si riferisca. Con tutto il dovuto rispetto, scenda dal suo trono di avvocato o quanto altro, e cominci a documentarsi prima di sputare sentenze su PERSONE con la P maiuscola che non conosce, ecco che cosa può fare di SOCIALE !!!! Cinzia 61 da VENEZIA
SINCERAMENTE SONO RIMASTA SPIACEVOLMENTE SORPRESA, TANTO NEI CONFRONTI DELLA SIGNORA SIMONETTA AGNELLO HORNBY, AUTRICE DEL LIBRO "Da Lewis Carroll a Jackson ecco i seduttori di bambini che la società non vuole vedere", QUANTO DELL’INTERVISTATRICE, SIGNORA MARIA SERENA PALIERI. RITENGO INFATTI CHE ENTRAMBE, ANCHE SE CON MODALITA’ DIFFERENTI, STIANO UTILIZZANDO IL NOME DI MICHAEL JACKSON PER SUSCITARE QUEL SENSAZIONALISMO A BUON MERCATO CHE IMMEDIATAMENTE FA NOTIZIA E RENDE NOTI, MAGARI TRISTEMENTE NOTI, COME IN QUESTO CASO. LO SCOPO PRINCIPALE DI TALE GENERE DI OPERAZIONI MEDIATICHE E’ IL LUCRO, OVVIAMENTE.
RISPETTO ALLA SIGNORA SIMONETTA AGNELLO HORNBY, DEVO DIRE CHE GIA’ IL TITOLO DEL SUO LIBRO COSTITUISCE UN EQUIVOCO GROTTESCO, UNA CONTRADDIZIONE IN TERMINI. MICHAEL JACKSON SAREBBE STATO UN SEDUTTORE DI BAMBINI CHE LA SOCIETA’ NON AVREBBE VOLUTO VEDERE?! LO SCALPORE SUSCITATO AD HOC DALLA PRETESA PEDOFILIA DI MICHAEL JACKSON, HA PROCURATO AI MEDIA E ALLA STAMPA IN PARTICOLARE GUADAGNI ENORMI NEGLI ULTIMI QUINDICI ANNI, E A QUANTO PARE LA SIGNORA SIMONETTA AGNELLO HORNBY HA DECISO DI CONTINUARE A CAVALCARE LA STESSA ONDA.
ALTRO CHE PEDOFILIA IGNORATA, SOTTACIUTA! IN QUESTO CASO LA PEDOFILIA E’ STATA INVENTATA, PROPINATA, SBANDIERATA, STRUMENTALIZZATA SECONDO MODALITA’ INDEGNE A LIVELLO PLANETARIO, PRODUCENDO DANNI IRREPARABILI ALL’ IMMAGINE E ALLA PERSONA DI MICHAEL JACKSON. NON VOGLIO ADDENTRARMI NELLA DISQUISIZIONE SULL’ ASSOLUTA FALSITA’ DELLE ACCUSE DI PEDOFILIA MOSSE CONTRO L’ARTISTA. ESSA E’ STATA AMPIAMENTE DIMOSTRATA IN SEDE PROCESSUALE E NON SOLO. LA SIGNORA HORNBY HA LA POSSIBILITA’ DI DOCUMENTARSI APPROFONDITAMENTE SU QUESTO TEMA. E DI SICURO LO AVRA’ GIA’ FATTO. IL PUNTO E’ CHE QUI NON INTERESSA LA VERITA’, MA TENTARE - GOFFAMENTE, A QUANTO PARE, - DI FARSI LARGO E INCASSARE RICORRENDO AL NOME DELL’ARTISTA PIU’ CELEBRE DEL PIANETA, TRASFORMATO IN MITO DA UNA MORTE PRECOCE E INASPETTATA. QUANTO ALLA SIGNORA MARIA SERENA PALIERI, INTERVISTATRICE, CREDO CHE UN GIORNALISTA CHE SI RISPETTI ABBIA IL DOVERE DI PORRE IN EVIDENZA CONTRADDIZIONI COSI’ MACROSCOPICHE DA INFRANGERE OGNI LOGICA E ANNULLARE QUALSIASI BARLUME DI CORRETTEZZA NELL’INFORMAZIONE. ALLA LUCE DI QUESTE CONSIDERAZIONI, DEFINIREI LA SITUAZIONE DESCRITTA CON IL SEGUENTE TITOLO: “DA MARTIN BASHIR A MARIA SERENA PALIERI, PASSANDO ATTRAVERSO SIMONETTA AGNELLO HORNBY, ECCO I MANIPOLATORI DELL’INFORMAZIONE CHE LA SOCIETA’NON SI DECIDE A ESPELLERE”. CONFIDO CHE ENTRAMBE LE SIGNORE IN QUESTIONE SAPPIANO BENE CHI E’ MARTIN BASHIR, AVENDO PRETESO DI NOMINARE MICHAEL JACKSON E LA PEDOFILIA.
Voglio dirle che sono le persone come lei, quelle che non si informano prima di parlare, che continuano ad alimentare la più grossa calunnia versata addosso alla persona di Michael Jackson. Con persone della sua specie non serve neanche cercare tante parole. Si deve ripetere che Michael Jackson è stato pienamente assolto? Si deve continuare a dire che fu tutta una montatura mirata a distruggere un uomo puro e sensibile?
La lascio con le parole di Michael:
" Non trattatemi come un criminale perchè sono innocente!"
" Piuttosto che fare male ad un bambino mi taglierei le vene. Queste accuse sono totalmente false. Io ho voluto Neverland per creare un luogo dove potessi vivere tutto ciò che mi sono perso da bambino......se la gente ha la mente perversa per credere che ci siano altri scopi, è un loro problema. Io non ho la mente perversa."
La invito a riflettere.
Mj suffered all his life af rumors and insults. Now everybody knows the truth . MJ was innocent .
What’s the problem ? This kind of text is awful ....
Before judge someone ...get some infos ... It’s the solution to not write stupid thing ....
afriend
Gentile Sig.ra Hornby, leggo con stupore e un senso di irraltà proprio il fatto che abbia ricoperto il ruolo di giudice nonchè avvocato e che adesso si accinga a farlo con quello di scrittrice. Mi duole enormemente vedere come non soltanto dimostra una gratuita disinformazione ma forse anche un tantinello speculativa. Certo questa è la mia impressione, in quanto non vedo altre analogie che possano far apparire in un articolo sulla pedofilia occulta nel periodo Vittoriano con l’immagine del Sig. Michael Jackson.
Non so se sa, ma nel caso la invito ad informarsi meglio ed in maniera esaustiva, che il Sig. Michael Jackson non solo è sempre stato assolto da ogni capo di imputazione, ma che i suoi detrattori, e in alcuni casi gli accusatori stessi post-mortem hanno ritrattato. E in un caso c’è stato pure un suicidio (il sig. Evan Chandler, prima di suicidarsi spiegò la montatura che aveva organizzato al fine di "spillare" denaro dalla Pop Star).
Il sig. Michael Jackson è stato il personaggio pubblico che ha maggiormente donato ad istituti di beneficenza, scuole, orfanatrofi, Riceveva bambini molto malati a Neverland, per i quali metteva a disposizione cure ed apparecchiature costose, per poter donare loro anche solo l’esperienza di un giorno con altri bambini, a giocare, a sentirsi raccontare fiabe, ad essere quasi normali. Ha fatto questo, e molto di più, eppure riceve ancora schiaffi in faccia. Perchè?
Forse perchè era di colore (il suo colore "chiaro" era dovuto alla vitiligine e ad un pesante make up che doveva indossare per mantenere l’uniformità della pelle, non sarebbe stato possibile altrimenti, ma era fiero della sua razza e ha fatto enormi donazioni per incentivare lo studio tra i ragazzi di colore.) ad alcuni ambienti razzisti non faceva piacere che un uomo di colore avesse così tanto seguito?
Ha ricevuto la Laurea Honoris Causae in Lettere, ha ottenuto di poter parlare su temi pedagogici in ambienti molto qualificati, (Oxford e New York). Ha affrontato quella che è l’accusa più odiosa a testa alta, risultandone, ripeto, assolto, non un a ma ben 2 volte..ed in entrambi i casi le accuse furono manipolate. Eppure rimane per sempre macchiato da ciò che non ha mai fatto. Quanto deve pagare un uomo innocente?
La inviterei a documentarsi meglio la prossima volta. In tal caso potrei leggerla con piacere. cordialmente Silvia Buoncristiani
Mi dispiace che ancora oggi esiste della gente così malinformata, incredibile che tra loro ci siano anche dei giornalisti. Non vado a ripetere quello che è scritto negli altri commenti. Dico invece che tutti noi siamo contro la pedofilia, giustamente. Se Michael Jackson avesse anche il minimo a che fare con questo argomento, non avrebbe così tanti fans. Le consiglio di seguire le news il 25 giugno, anniversario della sua morte (uccisione). Vedrà migliaia di persone riunite a Forest Lawn dove saranno tra altro poste 3500 rose; apprenderà degli eventi di quel giorno, tra cui il rilascio di 300 colombe bianche e le riunioni in tutte le parti del mondo per ricordare Michael. Quelli che partecipano sicuramente non è gente ignorante e malinformata.
Cordiali saluti Susanne
Anch’io faccio parte di quel gruppo di fan di Michael Jackson che vuole vederci chiaro.
Mossa da tale desiderio di VERITA’ al fine di rendere GIUSTIZIA, quanto meno, alla memoria di un uomo che, a causa di queste infamanti accuse, è stato distrutto nel corpo e nello spirito ho iniziato a studiare le carte processuali accessibili a chiunque in internet .
Dalla lettura di tali atti emerge in tutta evidenza la totale innocenza di MJ in relazione alle accuse mossegli, innocenza dichiarata inoltre a seguito di un processo in una sentenza.
Processo voluto a tutti i costi dal Procuratore Distrettuale come dimostrano le carte di cui sopra è cenno.
In relazione a quanto detto sarebbe auspicabile che chi scrive su un argomento, così delicato e dai nobili e condivisibili fini, prima si documenti affinchè non si indichino precedenti errati.
Solo a mò di esempio inserisco due link relativi ad altrettanti articoli, redatti da due giornalisti dotati di sufficienti cognizioni giuridiche:
writ.news.findlaw.com/commentary/20040504_spilbor.html
www.wsws.org/articles/2005/jun2005/jack-j15.shtml
In materia di prove false invito alla visione di questo video illuminante contenente una recente intervista di William Wagener:
www.youtube.com/watch?v=x390rVfx3Qg
Vorrei aggiungere, a scanso di equivoci, che sono laureata in giurisprundenza motivo per il quale, volendo capire il sistema processuale statunitense e le differenze con il nostro ordinamento, ho fatto anche una ricerca.
Se anche Lei facesse questo minimo sforzo ovvero dare un’occhiatina alle CARTE probabilmente giungerebbe alla mia stessa conclusione; il mostro non era e non è mai stato Michael Jackson.
Cordialmente
Non capisco lo scopo di questo libro..anche se inizio ad averne il sentore: prendere una persona di un’altra epoca e pensare di poter accomunare la sua vicenda per altro oscura, in quanto sconosciuta, a quella di un uomo che è andato a processo ed ha dimostrato in un’aula di giustizia la propria innocenza. Ritengo che prima di scrivere un libro del genere e avere l’arroganza di divulgare qualcosa si debba conoscere a fondo, mentre mi pare che questo non sia stato fatto. Il suo lavoro è accomunabile a quello di quelle persone squallide che hanno scritto menzogne, ignorando ogni verità, quando il signor Jackson era vivo perché era funzionale ai loro scopi, ma fa di peggio perché continua a infangare un uomo che non può più difendersi, solo ed esclusivamente per denaro.
Donatella
Non posso credere che una persona come lei, possa diffamare un’altra senza prove signora, Michael Jackson non é un pedofilo, é un uomo INNOCENTE, la corte di Santa Barbara in California lo dichiaró INNOCENTE perche questa é la veritá, e la veritá sempre rimane nella luce. Michael Jackson é un uomo che ha aiutato i bambini, ha donato molti soldi per organizazioni benefiche durante tutta la sua vita, ha parlato della sofferenza dei bambini in diversi istituzioni, ma tutto questo che ha fatto non si ha conoscuito perche questo non era notizia per i tabloidi, non vendeva; ma tutte le buiarde che hanno creato su Michael Jackson, questo si vendeva. Per favore informatevi di più prima di parlare di Lui, e non credere soltanto alla falsa immagine che hanno creato i taboidi per pienarsi di soldi a costa di Michael Jackson. Per favore fermate i preguidizzi e le buggie!!!
Lourdes, Perú