Contro la manovra economica del Governo, manifestazione nazionale il 12 giugno 2010 a Roma
Tutto sulle nostre spalle, con questo slogan tutta la CGIL sarà di nuovo in piazza a Roma sabato 12 giugno in difesa del lavoro pubblico e della conoscenza.
Dopo mesi di bugie, il Governo ha varato una manovra economica iniqua e ingiusta, che non sostiene gli investimenti e l’occupazione e fa pagare i costi della crisi a chi, questa crisi, la sta già subendo. Particolarmente colpiti sono i settori pubblici e della conoscenza, ridotti i salari e, soprattutto, il welfare, i diritti dei più deboli, dei precari, dei pensionati, delle famiglie.
Per scuola, università e ricerca, si prospettano ulteriori tagli che si aggiungeranno a quelli già programmati. Diventerà difficile anche la sola gestione ordinaria di scuole e atenei, mentre alla ricerca pubblica si sta negando il futuro mediante soppressioni di enti, smembramenti e la liquidazione delle nostre migliori intelligenze.
Situazione complessa anche per le pubbliche amministrazioni: si approfitta della manovra per portare un ulteriore attacco alle condizioni di lavoro dei dipendenti pubblici. Tra i punti critici per i lavoratori del pubblico impiego, oltre al blocco dei contratti pubblici fino al 2013, evidenziamo il blocco del turn over fino al 2015, il licenziamento del 50% del personale a tempo determinato e il rinvio dei pensionamenti di oltre sei mesi.
Per chiedere sostanziali modifiche alla manovra economica tutto il mondo del lavoro pubblico parteciperà al corteo che dalle ore 14, di sabato 12 giugno, sfilerà a Roma da Piazza della Repubblica a Piazza del Popolo. Queste giornate di mobilitazione precederanno lo sciopero generale di fine giugno, già annunciato dal Segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, sul quale il direttivo della CGIL Nazionale si esprimerà nel suo prossimo incontro.
Roma, giugno 2010
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PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI E INFORMAZIONI ->Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil
Dopo la manifestazione di sabato
Ora lo sciopero generale *
Ed ora lo sciopero generale. Dopo il grande successo della manifestazione nazionale di sabato scorso, la CGIL prosegue nella mobilitazione contro la cosiddetta manovra “correttiva” che nei prossimi giorni sarà discussa in Parlamento e sulla quale è assai probabile che l’esecutivo ponga la fiducia, blindando così un complesso di misure sbagliato e iniquo. Lo sciopero generale (per l’intera giornata per i lavoratori pubblici, quattro ore per i privati) è stato proclamato dalla CGIL per venerdì 25 giugno, ma si svolgerà venerdì 2 luglio in Liguria, Toscana e Piemonte. Nel recente Comitato direttivo della confederazione, il segretario generale Guglielmo Epifani ha sottolineato come il sindacato sia convinto che i conti pubblici debbano tornare in equilibrio, ma il dl n. 78, e anche i contenuti annunciati del maxiemendamento che il governo si accinge a presentare in aula, sono del tutto insufficienti.
Le critiche di Epifani sono chiare, di merito: non vi sono i provvedimenti chiesti dalla CGIL a sostegno dell’occupazione, della crescita e dello sviluppo. Non si accetta il dialogo su un’ipotesi di manovra alternativa. Al contrario, i costi della crisi vengono tutti scaricati sui lavoratori dipendenti, pubblici e privati, sulle regioni, sugli enti locali (con pesanti conseguenze sui servizi e sui trasporti), sulla ricerca e la cultura, sulla formazione e la scuola, sulle pensioni, sugli invalidi, in buona sostanza sui cittadini più esposti.
La manovra - afferma la CGIL - è iniqua al Nord come nel Mezzogiorno; colpisce tanto i giovani quanto i pensionati; sottrae risorse alla parte più debole del paese. Una scelta di campo, quella del governo, che non tocca in alcun modo quel dieci per cento di italiani che detengono il 45 per cento della ricchezza nazionale e non riguarda i top manager pubblici e privati. Tutti costoro, compreso il sistema delle imprese, non pagheranno un euro in più.
La verità, come afferma il documento approvato dal Direttivo della CGIL, è che la condizione deficitaria dei conti pubblici italiani non è stata dettata solo dalla crisi e dalla congiuntura internazionale, ma principalmente dagli errori commessi nella gestione della finanza pubblica e dalla scelte di politica economica compiute dall’attuale governo, in un contesto di subalternità della stessa Confindustria. Non è con i tagli “lineari” alla spesa pubblica - rileva la CGIL - che si esce dalla crisi. Senza una politica per la crescita e per l’occupazione, il rischio è di dovere decidere a breve una nuova manovra “correttiva”. La CGIL rilancia le sue proposte di rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga, di riforma del sistema di sostegno al lavoro e alla piena occupazione. Il sindacato ricorda anche come in molti paesi europei i sindacati stiano programmando iniziative di protesta e di lotta unitarie. “Se nel nostro paese Cisl e Uil si rendessero disponibili ad una mobilitazione unitaria - afferma il documento del Direttivo - tutto il sindacato sarebbe più forte nel contrastare e cambiare una manovra tanto ingiusta e iniqua”.
La CGIL ha ribadito anche la propria contrarietà alla controriforma del diritto del lavoro e al disegno di legge sulle intercettazioni manifestando la disponibilità ad organizzare iniziative unitarie di mobilitazione in accordo con gli operatori della sicurezza, con i magistrati e i giornalisti e con le associazioni e i movimenti della società civile.
* l’Unità, 14.06.2010
Secondo i Cobas il blocco è stato attuato in sette regioni. Domani e martedì in tutta Italia
La Finanziaria prevede tagli del 10% sulle buste paga e il blocco dei contratti per tre anni
Scuola, sciopero contro i tagli
Bloccati oltre 4mila scrutini
In sette regioni d’Italia bloccati oltre 4mila scrutini. la protesta parte dal basso. Domani e martedì, secondo i Cobas, si estenderà anche nelle altre regioni. La Finanziaria prevede tagli sulle buste paga del 10%.
di Cosimo Cito (l’Unità, 13.06.2010)
Lo definiscono «un massacro», attanagliati dall’ansia di un dopo che sta arrivando a suon di sforbiciate, «di decapitazioni», e non è una rivoluzione, ma una restaurazione. La scuola pubblica langue sotto la mannaia di una Finanziaria che prevede tagli del 10% circa sulle buste paga di insegnanti e ausiliari.
Si stimano circa 40mila euro in meno nelle tasche di ogni lavoratore della scuola pubblica nell’arco di un’intera carriera. Tagli nel personale, blocco degli scatti automatici di carriera, blocco dei contratti per tre anni. La ricetta è semplice, ma gravida di conseguenze. Nell’ultimo anno circa 600mila euro di finanziamenti sono passati dalla scuola pubblica a quella privata, tagliati di netto.
La lotta è quindi spostata nella forma più estrema e definitiva: il blocco degli scrutini. Se ne contano già circa 4000 in scuole di Puglia, Veneto, Marche, Lazio. Lunedì e martedì il secondo tempo, nelle regioni più grandi. Il blocco è determinato dall’assenza di un insegnante per legge uno scrutinio per essere valido deve prevedere la presenza di tutto il corpo docente a turno.
La protesta, dilagata dal basso, con Cobas e precari della scuola in prima linea, ha anche la piazza, adesso. Piazza del Popolo, che nel sole di giugno è un forno ed è infiammata di rosso Cigl. A centinaia, insegnanti e personale Ata portano le loro storie sotto il palco, raccontano, si commuovono, denunciano.
Vengono dalla Brianza, come Emanuela Tavornina, insegnante di Cavenago, «incazzata, e lo scriva con tre z» incazzata al cubo, insomma -, che racconta, a voce alta: «La scuola pubblica in Brianza è sempre stata negli ultimi anni un modello di efficienza, di capacità, di oculatezza nella gestione, spesso difficilissima, delle risorse. Questa Finanziaria ci taglia l’erba sotto i piedi. Nella nostra scuola - la primaria “Ada Negri” -, due posti sono stati tagliati, ora i bambini hanno in media meno di due insegnanti per classe, e quindi non possiamo più garantire il tempo pieno, il sostegno, il recupero degli scolari in difficoltà».
E poi, il paradosso: «Nella scuola delle tre I - continua Emanuela -, l’inglese, una delle supposte priorità, è affidata a incredibili stratagemmi: ci sono corsi di aggiornamento di 40 ore per insegnanti della primaria in cui si dà loro un’infarinatura d’inglese. Con questo pezzo di carta quindi si può insegnare la lingua ai bambini. E gente laureata in lingue, con esperienza, competenze, cultura e capacità didattiche resta fuori. Una situazione imbarazzante, deprimente». E una risposta al ministro Gelmini, che vorrebbe la scuola chiusa a settembre per motivi “turistici”: «Noi insegnanti siamo disposti ad andare anche a luglio a lavorare. Noi siamo professionisti della cultura e non abbiamo problemi di sorta. Le sparate non servono, a noi servono finanziamenti».
SPOSTAMENTO
Il blocco degli scrutini è una forma estrema di protesta. Anche loro, gli uomini, le donne che lottano, preferiscono la parola “spostamento”. Gli scrutini sono solo spostati di due giorni - oltre, per legge, c’è il precetta mento e il decurta mento degli stipendi -, e le ultime classi di medie e superiori non vengono toccate per non compromettere gli esami di maturità. Tuttavia la protesta è larga tutto un Paese.
A Bari Sergio, «insegnante di italiano e latino, a tempo indeterminato, ma sono tra i pochissimi alla mia età - 39 anni - a poterlo dire» vede nuvole nere all’orizzonte, «un futuro in cui la scuola sarà relegata sempre più a un ruolo subalterno», del resto il presente è quello che è, con «i soldi della Comunità europea, e solo quelli, ad aiutarci ad alimentare le attività pomeridiane, così importanti e formative». Il fronte di lotta è largo, ed è una linea del Piave che deve necessariamente tenere.
Cgil, oltre 100.000 in piazza contro la manovra
Epifani: "E’ iniqua, pesa solo sui lavoratori"
Il segretario del sindacato ricorda come anche Bankitalia abbia affermato che le misure decise dal governo frenano lo sviluppo, e deprimeranno la crescita del Pil dello 0,5%. "Negli altri Paesi interventi più equilibrati"
ROMA - Oltre 100.000 persone hanno partecipato oggi alla manifestazione indetta dalla Cgil contro la manovra, "che frena lo sviluppo e viene pagata, in primo luogo, dai lavoratori e dai pensionati". Ad affermarlo è il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. "C’è un blocco sociale a cui nessuno chiede quello che può fare per sostenere il risanamento dei conti del paese", accusa Epifani.
"Come mai nessuno sostiene lo sviluppo se è vero, come dice Bankitalia, che la manovra deprimerà dello 0,5 la crescita del Pil?", si chiede Epifani che ha poi puntato il dito sulla particolarità, in Europa, delle misure messe in campo dal governo. "Nessuno ha fatto come in Italia. Questa manovra non è equa, non fa riforme e non c’è niente per lo sviluppo e l’occupazione" mentre in tutta Europa "chiedono a tutti i cittadini sacrifici e non soltanto ai lavoratori".
"Deve essere chiaro quel che pensa la Cgil. - ha detto ancora Epifani - Ogni tanto c’è qualcuno che scherza su questo, ma non verrà mai meno quel senso di responsabilità nazionale che la Cgil ha sempre avuto nella sua storia, quello che noi facciamo, quello per cui ci battiamo è nell’interesse generale del paese, dei lavoratori e delle fasce più deboli della nostra comunità nazionale. La manovra va fatta, ma quello che non va bene è come l’ha fatta il governo. Quindi no a questa manovra".
"Siamo tantissimi non credo di esagerare se dico che siamo 100 mila, oggi, a Roma", ha detto il segretario della Cgil di Roma e Lazio, Claudio Di Berardino, dal palco allestito in piazza del Popolo. Durante gli interventi sul palco bordate di fischi dalla piazza quando sono stati nominati i segretari di Cisl e Uil, Bonanni, Angeletti e il ministro dell’Istruzione Gelmini. Un piccolo fuori programma è accaduto durante gli interventi: un gruppo di precari della scuola si è seduto in terra per protesta all’interno dell’area riservata agli organizzatori per chiedere di parlare. Dopo aver scandito slogan e aver protestato una loro rappresentante è stata invitata sul palco. L’appuntamento lanciato dagli organizzatori è per lo sciopero generale del 25 giugno.
* la repubblica, 12 giugno 2010
Epifani: «Non abbassare la testa cambiare la manovra difendere l’informazione»
di Rinaldo Gianola *
Scioperare, lottare, reagire senza piegare la testa per difendere gli spazi di democrazia e cambiare profondamente la manovra economica del governo. Guglielmo Epifani ha appena concluso l’attivo dei delegati della Cgil Lombardia a Suzzara ed è soddisfatto della capacità di reazione e di mobilitazione del suo sindacato: «La Cgil si dimostra anche in questo momento estremamente difficile un’organizzazione solida, responsabile, capace di comprendere e di rappresentare gli interessi di milioni di cittadini, lavoratori, donne, giovani».
Epifani, cosa diciamo di quest’Italia? C’è il bavaglio per l’informazione, la minaccia alla magistratura, l’attacco alla Costituzione e una stangata economica su lavoratori e famiglie.
«Attraversiamo una fase molto pesante sotto il profilo sociale perché la crisi economica e finanziaria non è finita, è in una nuova fase dove più grave sarà l’impatto sulla disoccupazione. Le misure economiche sono gravi perché toglieranno spazio a qualsiasi ipotesi di ripresa. In più assistiamo a un tentativo di ridurre gli spazi di libertà, in particolare per l’informazione, questo bavaglio ai giornali e un grave danno, anche per le indagini giudiziarie in un paese come il nostro dove sono in corso importanti indagini e processi. A completare questo quadro c’è una riduzione degli spazi del confronto con le forze sociali, c’è un’esaltazione della centralità delle imprese al di fuori di ogni logica, il governo vara una manovra di 24 miliardi e non discute con la più grande forza sociale del paese, la Cgil».
Come si reagisce a questa deriva?
«La Cgil non arretra, starà in campo con intelligenza, senza settarismi, senza chiusure, ben sapendo che questa battaglia sull’informazione e sulla manovra si basa sulla difesa di principi solidali e liberali che dovrebbero interessare tutti»
Quale pericolo vede per l’informazione?
«Non solo il bavaglio, ma il conformismo, l’autocensura di giornali e giornalisti. Oggi i quotidiani danno con grande evidenza la notizia che in coda alle trasmissioni saranno indicati i compensi di giornalisti e artisti, però viene passata sotto traccia la notizia che andiamo verso il divorzio tra Rai e Sky e questo non è un vantaggio per gli utenti, è una scelta industriale segno dei tempi che fa gli interessi di un gruppo ben preciso. Le tv hanno oscurato la grande manifestazione della Cgil il 2 giugno a Milano, abbiano sfilato in decine di migliaia con le bandiere tricolori e i tg hanno fatto finta di niente. I giornali della destra hanno scritto che la Cgil occupa Milano con il tricolore. Noi celebriamo e difendiamo la Repubblica e la Costituzione».
Cosa farà adesso la Cgil?
«Non ci perdiamo d’animo. Sabato faremo una grande manifestazione a Roma del pubblico impiego, a fine mese ci sarà lo sciopero generale che prepareremo in tutto il Paese. La Cgil aderirà alle iniziative del sindacato dei giornalisti per la libertà di stampa».
Dal mondo politico è arrivato qualche segnale?
«Ho avuto un incontro molto positivo con il segretario del pd Pierluigi Bersani. Ho apprezzato la decisione del pd di essere presente sabato alla nostra iniziativa e la scelta di Bersani di convocare una manifestazione di protesta del suo partito. Altro che concorrenza, come scrive qualcuno, c’è bisogno del massimo di impegno da parte di tutti».
Quali rischi ci sono in questa manovra correttiva?
«Non contesto la necessità di intervenire per correggere i conti anche se lo si fa per colpa del governo che ha sbagliato le previsioni e sottovalutato la crisi. Ma non è condivisibile una manovra di tagli pesanti, fatti senza equità, senza pensare allo sviluppo, all’innovazione, all’occupazione. Pagano i lavoratori pubblici e della scuola e anche del settore privato, pagano i lavoratori in mobilità che solo in parte potranno andare in pensione senza incappare nella finestra mobile. Pagano i cittadini perché i 10 miliardi tolti a regioni e comuni avranno come conseguenza una taglio ai servizi alle persone».
I ricchi se la cavano anche questa volta?
«Non pagano un centesimo i cittadini che guadagnano 150mila euro o un milione, che possiedono barche, patrimoni, case, ville. Non paga nulla l’impresa. Capisco la signora Marcegaglia che è entusiasta della manovra, ma dovrebbe pensare anche agli altri. In altri paesi il costo della manovra è pesante ma più distribuito e ci sono risorse per lo sviluppo».
Cosa le piace delle operazioni correttive in Europa?
«Il cancelliere Merkel taglia ma investe tantissimo nella scuola e formazione, nella ricerca. In Francia si punta a investire sulla politica industriale mentre qui in Italia non abbiamo nemmeno il ministro dopo le dimissioni di Scajola. Non viene destinato un centesimo al Sud, non c’è nulla per la crescita e l’innovazione e risultato sarà un ulteriore peggioramento della disoccupazione giovanile, la vera emergenza nazionale. La critica della Cgil alla manovra è radicale, vogliamo cambiarla totalmente».
In una congiuntura grave come questa sembra incredibile che i sindacati non abbiano una posizione comune.
«Ci troviamo in una situazione strana, mai vista. Cgil, Cisl e Uil hanno sempre detto che non si fa cassa con le pensioni, una posizione condivisa. Abbiamo sempre combattuto unitariamente per l’equità fiscale. E adesso, all’improvviso, scompare tutto. Cito solo questi campi in cui Cgil, Cisl e Uil hanno mantenuto una posizione unitaria, questa linea era il patrimonio di tutti. Ma adesso non li vedo più. C’è una regressione delle altre organizzazioni che non mi sarei mai aspettato, lo dico con il massimo rispetto perché ho una grande stima per Cisl e Uil. Oggi in Europa sono le grandi organizzazioni sindacali a combattere contro le ingiustizie e i tagli, sono i sindacati in prima fila in Grecia, in Spagna, in Francia, in Germania. Possibile che Cisl e Uil non vedano quello che sta accadendo?».
Almeno su qualche punto potreste trovare un’intesa?
«Lo spero. Almeno su qualche cosa si potrebbe fare una battaglia insieme, come il ripristino della contrattazione del pubblico impiego e scuola, lo sblocco del turn over nella scuola, misure di tassazione per le rendite finanziarie. Sarebbe il minimo sindacale, davvero».
Sulle pensioni sta passando una stangata nè discussa nè concordata.
«Portare a 65 anni l’età pensionabile è un danno e una beffa. L’alternativa c’è, l’ha proposta anche il pd: ritornare alla flessibilità uscita per uomini e donne, lavoratori privati e pubblici, pensando anche alla previdenza dei giovani. Ma è un tema da affrontare come una riforma invece Tremonti vuole solo fare cassa».
Intanto prosegue la ristrutturazione industriale, con altri tagli. Indesit chiude due fabbriche.
«Questa linea, purtroppo, continuerà perché dopo due anni di crisi profonda adesso le imprese passano alle ristrutturazioni più dure. E noi non abbiamo, lo ripeto, nemmeno il ministro dell’Industria. Ma è chiaro che le imprese non possono pensare di fare tutto da sole, senza pensare alle conseguenze delle loro scelte»
Il socialdemocratico Marchionne vorrebbe ridimensionare il diritto di sciopero per concedere la nuova Panda alla fabbrica di Pomigliano d’Arco.
«Sulla posizione della Fiat in questa trattativa ho un sospetto che non vorrei si avverasse. Marchionne vuole davvero farlo l’investimento? La trattativa, così come è stata impostata, sembra fatta per provocare reazioni negative. I fatti ci diranno quali sono le vere intenzioni della Fiat. La Fiom tratterà fino all’ultimo su flessibilità e produttività per mantenere la produzione e l’occupazione. Ma Marchione capisca che c’è un limite oltre il quale è complicato per tutti andare».
* l’Unità, 11 giugno 2010
La Cgil: sciopero generale il 25 giugno
Contro la manovra varata dal governo Il 19 sarà in piazza il Pd
ROMA Sciopero generale della Cgil il 25 giugno contro la manovra economica considerata «iniqua e sbagliata». Lo ha proclamato il sindacato di Corso d’Italia, il cui comitato direttivo ha approvato all’unanimità il documento conclusivo presentato dal segretario generale Guglielmo Epifani.
Lo sciopero sarà di almeno quattro ore nel settore privato e di 24 ore nel settore pubblico, con manifestazioni regionali e territoriali. Per sabato 12 giugno è, intanto in programma la manifestazione nazionale, a Roma.
Il 19 giugno contro la manovra scenderà invece in piazza il Pd che al Palazzo dello Sport di Roma organizzerà una manifestazione nazionale. La decisione è stata annunciata dal segretario Pier Luigi Bersani per il quale la manovra è sbagliata sia sul piano dei conti pubblici, sia su quello delle politiche economiche e sociali. «Abbiamo letto queste misure - ha detto Bersani, allineato con le posizioni del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani - e siamo sempre più convinti che non ci porti da nessuna parte, e che fra un anno saremo daccapo, avendo dato un colpo ai redditi medi e bassi e agli investimenti che possono portare un pò di lavoro e crescita». Insomma, il decreto Tremonti manca il primo obiettivo, quello della finanza pubblica, anche perchè sono sbagliate alcune misure. «La preoccupazione maggiore è però sociale. Colpendo solo le fasce medie e basse, direttamente o indirettamente (con i tagli dei servizi degli Enti Locali), sarà inevitabile una sofferenza di questi ceti, con in più una contrazione della domanda e del Pil».
* La Stampa, 9/6/2010 (15:0)
La finta parità tra uomini e donne
di Galapagos (il manifesto, 11.06.2010).
Commento amaro, quello di Guglielmo Epifani: «Non esiste al mondo manovra di innalzamento dell’età pensionabile che da un giorno all’altro aumenta di cinque anni l’età pensionabile». Per il segretario generale della Cgil per arrivare alla parificazione di trattamento tra uomini e donne nel pubblico impiego, come ha chiesto l’Unione Europea, si poteva «utilizzare lo strumento della flessibilità uguale per uomini e donne, per i lavoratori pubblici e privati, in uscita verso la vecchiaia». Ma il governo ieri mattina ha deciso diversamente: dal primo gennaio 2012 le donne per poter andare in pensione dovranno aver compiuto 65 anni. Come gli uomini. E per molte di loro proseguirà il tormento del doppio lavoro: quello statale e quello di cura in ambito familiare.
A dare l’annuncio ufficiale al termine del consiglio dei ministri è stato Maurizio Sacconi. Il ministro del lavoro, che nei giorni scorsi aveva cercato di contrattare senza molta convinzione con la Commissione Ue, l’innalzamento dell’età avverrà «senza passaggi intermedi». Sacconi ha anche spiegato che la nuova norma sarà presentata come emendamento alla manovra finanziaria 2011-2012. L’impatto del «blocco», secondo il ministro «sarà limitato e riguarderà una platea stimata in 25 mila donne».
Nel corso di una conferenza stampa, Sacconi ha sottolineato che la nuova normativa «non riguarda in alcun modo il settore privato, non è neanche la premessa per un intervento nel privato dove ci sono condizioni «straordinariamente» diverse. Per il ministro della pubblica amministrazione, Renato Brunetta, l’intervento «non serve a fare cassa perché l’impatto economico sarà zero nel 2010 e nel 2011, 50 milioni nel 2012 e 150 nel 2013». Inoltre, ha assicurato, tutte le risorse risparmiate andranno ad un fondo sociale dedicato alle donne, secondo quanto proposto da Mara Carfagna, ministra per le pari opportunità.
La mancanza di impatto finanziario nel 2010-2011 significa che fino alla fine del prossimo anno rimarranno in vigore le attuali norme varate circa un anno fa dopo la condanna dell’Italia da parte della Corte di giustizia europea. Quella legge prevedeva un progressivo innalzamento dell’età necessaria per aver diritto alla pensione di vecchiaia fino all’equiparazione uomini/donne nel 2018. In pratica ogni due anni era previsto un anno in pù. Per l’anno in corso e per il prossimo era prevista una età minima per maturare la pensione di 61 anni, mentre per il 2012 e il 2013 di anni ne sarebbero serviti 62 e così via, fino al 2018. Ora cambia tutto: a salvarsi saranno solo le donne che compiranno i 61 anni entro il 2011, mentre per tutte le altre dal primo gennaio 2012 serviranno 65 anni.
In realtà il governo nella prima versione della manovra finanziaria aveva rimesso mano all’innalzamento progressivo dell’età: non più un anno ogni 24 mesi, ma ogni 18 mesi. In questo modo l’equiparazione sarebbe avvenuta non più nel 2018, ma nel 2016. Poi, misteriosamente, nella versione definitiva del decreto legge, questa modifica è scomparsa. Il governo avvisato da Bruxelles che la Commissione europea premeva per l’immediata equiparazione a 65 anni, ha deciso di fare bella figura, lasciando immutata la legislazione. Introducendo, tuttavia, un correttivo non da poco, il prolungamento di un anno dell’attività lavorativa. In pratica le donne potranno andare in pensione, un anno dopo aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia. Da quel che sembra, questa norma sarà matenuta in vigore solo per le donne che entro il 2011 maturano il diritto alla pensione di vecchiaia (quindi andranno in pensione non a 61 anni, ma a 62), mentre sarà abolita per tutte le altre, già abbondantemente penalizzate dall’innalzamento dell’età.
Innalzamento «inaccettabile e non sensato», soprattutto se le risorse risparmiate non venissero utilizzate per garantire alle donne stesse «parità di condizioni di lavoro e di vita» con gli uomini, ha commentato Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd ha ribadito la posizione del suo partito affermando: «Siamo da sempre affezionati all’idea che questo problema si risolve con la flessibilità in uscita per tutti». In pratica, si tratta di prevedere «una soglia minima per l’età pensionabile e poi, per alcuni anni, una flessibilità in uscita in rapporto al livello di pensione percepita».