[...] Il dono si chiama “provvedimento sulle tariffe minime” e permette alle società di trasporto e ai camionisti di fissare un prezzo al di sotto del quale non è consentito scendere. In pratica è un assist alle intese di cartello, contro gli interessi di chi spedisce le merci.
Il giorno prima dell’approvazione il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, di solito prudente e misurato, è arrivato addirittura ad invitare i parlamentari a non votare a favore del testo preparato dal governo. E anche Confindustria ha criticato la scelta, mentre il senatore Luigi Zanda (Pd) se l’è presa con il malcostume di mimetizzare provvedimenti importanti come questo all’interno di altri testi.
Il sottosegretario alle Infrastrutture, Bartolomeo Giachino, ha sostenuto la scelta pro-padroncini con un’argomentazione da antologia: “L’Italia è un paese in cui l’autotrasporto dispone di un potere e di armi che nessun altro ha nell’economia”. [...]
Addio ai treni per le merci, esultano i camion
di Daniele Martini (il Fatto Quotidiano, 04.08.2010)
Treni merci addio. L’Italia si avvia a conquistare anche il record di primo paese d’Europa senza un servizio cargo pubblico su rotaia. Il traguardo non è lontano e le Ferrovie fanno di tutto per raggiungerlo il più in fretta possibile. I dati forniti al Fatto dagli operatori del settore sono molto negativi.
Secondo Giacomo Di Patrizi, presidente di FerCargo, l’associazione delle imprese del trasporto merci, dal 2006 al 2010 il traffico è sceso da 68 milioni di treni al chilometro a 42 milioni. Nel 2009 il calo è stato superiore al 30 per cento e quest’anno è previsto un altro arretramento dell’8. La quota di traffico su ferro è ormai appena il 6 per cento del totale delle merci trasportate, la metà della media europea.
Su questa Waterloo dei binari pesa ovviamente la crisi economica, ma l’arretramento è ormai strutturale, frutto soprattutto di una scelta deliberata dalle Fs assecondata, di fatto, dal governo. Sono anni, per la verità, che la divisione merci Fs zoppica vistosamente, ma il fenomeno ha avuto un’accelerazione negli ultimi tempi ed è andata del tutto delusa la speranza che l’arrivo di un “ferroviere” alla guida dell’azienda dei treni, un tecnico come Mauro Moretti, potesse invertire la tendenza e riportare gradualmente anche il cargo italiano verso livelli europei. Alla fine del primo mandato e all’inizio del secondo, il bilancio dell’era Moretti per le merci è in netto passivo.
Il nuovo amministratore tratta il settore come una cenerentola, peggio, come una zavorra di cui liberarsi perché non fa utili, proprio come il trasporto pendolari e quello passeggeri sulle lunghe percorrenze. Per Moretti, e per il governo che gli lascia mano libera, solo i treni redditizi, i Freccia Rossa , Argento e similari, sono meritevoli di attenzione. Con buona pace della natura pubblica delle Fs, azienda di proprietà del ministero dell’Economia, tenuta all’erogazione di un servizio universale per i cittadini e le merci.
IN CONTROTENDENZA
Sintetizza il presidente FerCargo: “Ci stiamo avviando verso l’estinzione del trasporto merci su ferro; il governo consente al gestore dell’infrastruttura, la società Rfi delle Ferrovie, di ridurre il numero di scali disponibili e di porre maggiori vincoli e pretendere prezzi più alti per l’accesso a quelli rimasti disponibili”.
Durissima anche Assoferr, l’associazione degli operatori ferroviari intermodali: “Le Fs pensano solo all’Alta velocità passeggeri che sta progressivamente distruggendo il sistema ferroviario merci italiano sia convenzionale sia intermodale”.
Per Giovanni Luciano, segretario trasporti Cisl, “il trasporto merci è dimenticato proprio nel momento in cui in Europa tutti puntano sui trasporti puliti”. Moretti finora ha affrontato il tema con una logica più da contabile che capo azienda. Invece di riorganizzare il servizio per renderlo più efficiente e conveniente, si è concentrato sul contenimento delle perdite, obiettivo senz’altro lodevole, ma strategicamente asfittico.
Rispetto a un rosso di 300 milioni e passa di euro all’anno, ora la divisione merci Fs viaggia sui 200. Ma dal punto di vista dell’economia dei trasporti non è un gran risultato, perché sull’altro piatto della bilancia ci sono migliaia di imprese costrette a trasferire le merci dai treni alla strada con costi maggiori.
IL MOMENTO DEI TIR
Da aprile a queste aziende le Fs negano la possibilità di spedire singoli carri costringendole ad organizzare un treno completo. Ovvio che soprattutto le medie e piccole abbiano rinunciato ai binari e obtorto collo si siano rivolte ai padroncini dei camion e dei tir. Ancora nessuno sa quanto costerà al sistema Paese questo spostamento forzoso anche in termini di sicurezza sulle strade. Di certo, però, il costo economico complessivo sarà di gran lunga superiore dei 100 milioni di euro di minori perdite incamerati dalle Fs.
E mentre le Ferrovie si ritirano dal mercato italiano, comprese le aree ricche del Nord, al loro posto si fanno avanti i colossi europei che fiutano l’affare, da Deutsche Bahnhof, le ferrovie tedesche, a Sncf, i francesi, alle ferrovie svizzere. Nel Centro e nel Sud, inoltre, è tutto un proliferare di nuove società cargo private, almeno una decina, impegnate a occupare il vuoto lasciato dall’azienda di Moretti.
L’impostazione del capo Fs, però, piace all’azionista unico, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che infatti tace e quindi acconsente. Il governo fa anche di peggio: non solo si rende complice della ritirata dai binari, ma favorisce in tutti i modi i padroncini dei camion. Molto più di altri esecutivi del passato, il governo Berlusconi ha scelto la strategia della gomma foraggiandola con la bellezza di circa un miliardo di euro di incentivi all’anno. A cui di recente ha aggiunto un altro regalo, infilato quasi di soppiatto nel decreto per la privatizzazione della compagnia di navigazione Tirrenia.
TARIFFE MINIME
Il dono si chiama “provvedimento sulle tariffe minime” e permette alle società di trasporto e ai camionisti di fissare un prezzo al di sotto del quale non è consentito scendere. In pratica è un assist alle intese di cartello, contro gli interessi di chi spedisce le merci.
Il giorno prima dell’approvazione il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, di solito prudente e misurato, è arrivato addirittura ad invitare i parlamentari a non votare a favore del testo preparato dal governo. E anche Confindustria ha criticato la scelta, mentre il senatore Luigi Zanda (Pd) se l’è presa con il malcostume di mimetizzare provvedimenti importanti come questo all’interno di altri testi.
Il sottosegretario alle Infrastrutture, Bartolomeo Giachino, ha sostenuto la scelta pro-padroncini con un’argomentazione da antologia: “L’Italia è un paese in cui l’autotrasporto dispone di un potere e di armi che nessun altro ha nell’economia”. Come i camionisti ai tempi del colpo di Stato di Pinochet in Cile, insomma. Siccome gli autotrasportatori dell’Unatras stavano minacciando il blocco dei Tir ad agosto, con una botta di coraggio decisionista il governo ha deciso di affrontarli cedendo. Li ha accontentati in pieno, fornendo loro, oltretutto, altre munizioni per presentarsi più forti al prossimo scontro e al prossimo inevitabile ricatto.
Sul tema, in rete, si cfr.:
TRAPORTO FERROVIARIO(Wikipedia).
Trasporto Internazionale Su Gomma (wikipedia).
LA SUBURRA
di don Aldo Antonelli
La metastasi è arrivata anche in Abruzzo. Gli allievi hanno ben imparato la lezione che viene dal loro capo. Li conosco bene e quando li incontro li evito. Ai loro inchini ipocriti rispondo con un’alzata di testa!
Non voglio aggiungere analisi ad analisi. Ci ne sono fin troppe. E’ questo popolo schienato, che non trova forza né voglia di reagire che mette paura. E’ questo alzare le spalle che umilia financo la nostra rabbia.
Già su Carta del 2009 Marco Deriu scriveva:
«Nonostante la cornice formalmente democratica, abbiamo un sovrano pressoché assoluto che si permette di fare e disfare quello che vuole, che si fa beffe della moralità, della legge e perfino della verità, negando senza alcun imbarazzo la cruda realtà dei fatti, che si è circondato di un vasto apparato di servitori che dopo aver occupato posti chiave in partiti, istituzioni, televisioni, giornali, provvedono ad apparecchiargli un "mondo" secondo le sue necessità sostenendo qualsiasi bugia e malefatta pur di non contrariarlo. Tuttavia la fisionomia di questo sovrano non assomoglia, nonostante le retorica, al drago mostruoso delle leggende; nè ai dittatori spietati e sanguinari che pure abbiamo conosciuto nel ’900. -L’ordine non è quello del terrorre ma del narcisismo e dell’iperrealismo conformistico che si avvicina più che mai a quella che Etienne De la Boetie chiamava "servitù volontaria". Le vergini che vengono offerte non vanno come vittime al sacrificio ma corrono a fare la fila e mandano i propri book fotografici per essere notate e chiamate dal sovrano».
Ma gli effetti del Berlusconismo li aveva già elencati Filippo Ceccarelli su Repubblica del 22 marzo 2006:
«La decadenza di un intero popolo e della sua creatività, l’omologazione in basso dei costumi e delle credenze, gli ostacoli messi sistematicamente tre la gambe di chi ha meno di 30anni, lo scempio della moralità e delle regole, lo svilimento della costituzione, l’assassinio del bello, il servilismo appagato e appagante, lo "squadrismo culturale", "l’imbecillità del nuovo ceto politico...».
E sempre su Repubblica del 9 ottobre 2008 Simonetta Fiori segnalava l’eredità di Berlusconi in questi termini:
«Un’Italia segnata da degrado istituzionale e morale, disgregazione morale e scarsa memoria storica».
Se non sbaglio, all’inizio di quest’anno Filippo Ceccarelli ha pubblicato un Libro intitolato la Suburra (sottotitolo: Sesso Potere, storia di due anni indecenti), in cui scrive:
«La scomparsa dell’etica, privata e pubblica, è così assoluta, così indiscussa, così estesa da suggerire una caduta intellettuale di massa, che è qualcosa di più e di peggio, di una caduta morale».
Sull’ultimo numero dell’Espresso Giorgio Bocca stigmatizza:
«Cresce la noia, il fastidio, la ripugnanza per la Suburra, per questa Italia miserabile per cui si aggirano come topi di fogna affaristi, avventurieri, profittatori. C’è qualcosa che viene prima della morale, prima del rispetto delle leggi, prima dell’onorabilità: il disgusto per la Suburra, cioè per la servitù agli appetiti, ai vizi più degradanti».
Mi fa piacere, a questo punto, citare anche Famiglia Cristiana che nell’editoriale del numero oggi in edicola scrive:
«Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in ’servitori’. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il ’dominus’ assoluto».
Chissà se il cardinal Bertone la legge.....
Aldo [don Antonelli]
Caliendo, l’astensione salva il Governo
Pd: «È residuale» *
L’astensione salva Giacomo Caliendo. La mozione di sfiducia contro il sottosegretario alla Giustizia non è passata: 299 i no, 229 i sì e ben 75 gli astenuti. Il voto tra cori e proteste. Sfiorata la rissa tra ex An e Fli. Berlusconi: astenersi non ha senso. Alfano contro l’inchiesta P3: frutto di pm e di certa sinistra. Bossi attacca il ’terzo polò: qualcuno si farà male e senza risultati. Pd: elezioni? Le perdereste. Fini: sono sereno, buone vacanze. Caliendo non nasconde la propria soddisfazione subito dopo il voto. Pdl e Lega hanno applaudito il risultato. «Questo è il segnale che resistiamo. Non si va al voto ora», commenta Umberto Bossi.
Ma il risultato non era del tutto scontato. Soprattutto, nelle dichiarazioni di voto ci sono stati momenti di tensioni, mentre fuori dell’Aula se le son date di santa ragione tra ex An. Assenti non giustificati in aula Consolo, Divella, Angeli, Tremaglia. Due membri del governo votano contro la sfiducia al sottosegretario: il ministro Andrea Ronchi e il vice ministro Adolfo Urso. Altri due sono assenti (il sottosegretario Roberto Menia, in missione a Zanzibar e il sottosegretario Antonio Bonfiglio). Da rilevare che Chiara Moroni ha detto in Aula che non avrebbe partecipato al voto, e altri esponenti del Pdl non hanno votato: Gennaro Malgieri, amico di lunga data del presidente della camera Fini, dell’ex an Carlo Nola e del responsabile online del Pdl Antonio Palmieri.
La maggioranza si è quindi fermata a 299 voti, ben al di sotto dei 316 di cui dovrebbe disporre. «Duecentonovantanove è meno di 316, parlano i numeri. La matematica è più forte della politica», spiega Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. In Parlamento «c’è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi i voti volta per volta». Franceschini parla della vicenda come di una «drammatica prova di debolezza e di fine corsa» del governo Berlusconi. Quanto all’ipotesi di un voto anticipato, Franceschini è convinto che il Pdl «ridotto com’è a brandelli» perderebbe.
«È un governo senza maggioranza», come nota Antonio di Pietro. «Dovrebbe trarne le conseguenze - afferma il leader dell’Italia dei valori - invece nel mese di agosto farà campagna acquisti di parlamentari, con ammiccamenti, rapporti contro natura con deputati dell’altro schieramento e dossieraggi calunniosi». Soddisfatto anche Pierferdinando Casini. «Un voto molto interessante», dice il leader dell’Udc.
* l’Unità, 04 agosto 2010
Ormai non ci si deve più sorprendere, il governo degli imbroglioni ha colpito ancora, dimostrando di non aver minimamente a cuore l’ambiente, ma anche di quale pasta è fatto.
Da tempo penso che ogni nazione e all’interno di ogni nazione, ogni regione, incarni un aspetto della personalità umana, per esempio gli spagnoli amano il sangue, gli italiani sono imbroglioni, gli arabi giocano con le bugie. E’ come se i popoli dovessero esaurire un karma nazionale che li identifica.
Dopo un lungo cammino, noi italiani finalmente siamo riusciti a far emergere parte della nostra identità (il nostro karma) o, se preferite, il nostro "carattere principale": la capacità e la volontà di imbrogliare. Oggi, più che mai, possiamo specchiarci con il nostro basso io poichè il re della menzogna e dell’imbroglio governa questo paese e legifera con le modalità dell’imbroglione. Questa è la sua e la nostra natura. E’ un aspetto che dobbiamo cancellare e solo noi possiamo farlo. Non siamo soli in questo cammino poiché condividiamo lo stesso karma con la Chiesa, da secoli imbrogliona, la cui sede, guarda caso, è la Città del Vaticano situata sul territorio italiano.
E’ fenomenale questo karma, non dimentica niente!
La Spagna, riconosciutasi sanguinaria, ha incominciato a comprendere e solo pochi giorni fa ha avuto il coraggio di dire basta a quello spettacolo cruento che è la corrida. E’ un primo e picccolo passo significativo verso la liberazione dalle ruote del karma.
Gli italiani devono fare altrettanto, riconoscere la propensione per l’imbroglio e agire coerentemente per correggere tale atteggiamento. Oggi è il tempo, perchè come non mai abbiamo esempi di ogni sorta che riguardano l’imbroglio. E’ necessario quindi che l’Italia si specchi con i suoi prodotti per ritrovare l’equilibrio necessario per il passo successivo: la piena consapevolezza.
Aladin