CON LA FIOM A ROMA, PER IL LAVORO E I DIRITTI, Due i cortei, da piazza della Repubblica e piazzale dei Partigiani ...

LAVORO, COSTITUZIONE, E DIGNITA’ UMANA: A ROMA, CON LA FIOM, PER LA DEMOCRAZIA E LA NONVIOLENZA. Sul tema, un’intervista al segretario Maurizio Landini, note di don Enzo Mazzi e Moni Ovadia, e informazioni - a cura di Federico La Sala

L’attacco ai diritti dei lavoratori condotto in nome delle ragioni della prepotenza mercantile non è più questione politica, né sindacale o socio economica. È molto, molto di più. È questione che attiene al senso stesso della vita, alla dimensione etica e spirituale dell’esistenza umana.
domenica 17 ottobre 2010.
 

[...] La mondializzazione crea un mercato aggressivo? I finanzieri provocano la crisi che devasta le economie e le vite di milioni manipolando algoritmi separati dall’economia reale? Utilizzano i soldi pubblici per ricominciare i loro traffici di devastazione? Non c’è che una soluzione. I lavoratori scelgano: o il lavoro sottopagato con ritmi bestiali o i diritti. E se il mercato diventasse ancora più aggressivo quale alternativa verrebbe posta ai lavoratori, lavoro schiavistico o morte per fame?

La contrapposizione alternativa fra diritti e lavoro sottende un carico di violenza ricattatoria contro l’essere umano. Chi condanna la violenza, anche nelle sue forme simboliche, dovrebbe essere in prima linea nel condannare una violenza che spoglia donne e uomini della dignità che costituisce il fondamento della loro identità [...]



-  Roma pronta ad ospitare due cortei. A partire dalle 13,30. Presenti i partiti di sinistra
-  Piazza di Fiom e Cgil. Almeno mezzo milione
-  Oggi le tute blu della Fiom scendono in piazza a Roma per il lavoro e i diritti. Con loro lavoratori di tutte le categorie, precari, studenti e migranti. Due i cortei, da piazza della Repubblica e piazzale dei Partigiani.

di Luigina Venturelli (l’Unità, 16.10.2010)

L’annuncio di una grande manifestazione nazionale della Fiom, lanciato in piena estate da un’assemblea nello stabilimento napoletano della Fiat, passò quasi sotto silenzio: erano i primi giorni di luglio, l’accordo di Pomigliano sembrava ancora un caso isolato, l’ultimatum di Marchionne pareva quasi una scelta obbligata. Da allora sembrano passati anni, non pochi mesi: il Lingotto ha ulteriormente delocalizzato e licenziato chi protestava, Federmeccanica ha disdetto il contratto nazionale dei metalmeccanici, il governo non ha mosso un dito contro la crisi ma ha tirato dritto sul ddl lavoro e sulla riforma dello Statuto dei lavoratori.

PER IL LAVORO E LA DEMOCRAZIA

Oggi l’allarme lanciato dalle tute blu della Cgil sul rischio di una generale diminuzione dei diritti del lavoro ha assunto la forma e la sostanza dell’evidenza. Si era parlato di 100mila persone attese oggi a Roma, poi le stime sono salite a 500mila, e ieri sera la segreteria del sindacato si limitava a lamentare l’impossibilità di trovare più un mezzo pubblico disponibile per raggiungere la capitale dalle varie regioni d’Italia. La Fiom scende in piazza per «i diritti, la democrazia, la legalità, il lavoro e il contratto nazionale». E accanto a lei sfilano migliaia di cittadini convinti della necessità di respingere «l’attacco su più fronti» che sta colpendo il lavoro, «bene comune che deve tornare elemento centrale» nella società e nella politica.

L’appuntamento è per le 13.30: i due cortei partiranno da piazza della Repubblica e piazzale dei Partigiani e, attraverso il centro cittadino, si riuniranno in piazza San Giovanni, dove il leader della Fiom Maurizio Landini prima, e quello della Cgil Guglielmo Epifani poi, terranno i comizi conclusivi. Prima di loro interverranno lavoratori, precari, studenti e associazioni: dagli operai di Melfi illegittimamente licenziati dalla Fiat al fondatore di Emergency Gino Strada, dai rappresentanti di Libera al Popolo viola, dal Comitato contro la privatizzazione dell’acqua agli emigranti. E poi tutto il mondo della scuola, studenti, insegnanti, ricercatori e genitori, quello del volontariato e quello dell’ecologia. Non mancherà, ovviamente, il centrosinistra: il Pd non ha aderito come partito, ma parteciperanno molti suoi esponenti, mentre ci saranno al gran completo Italia dei Valori, Sinistra Ecologia Libertà, e Federazione della Sinistra.


Intervista a Maurizio Landini

«Abbiamo già vinto Grazie a noi si parla di lavoro e democrazia»

Il segretario Fiom: «Sarà una piazza pacifica Chi non condivide i principi della democrazia e della non violenza è bene che non venga»

di Luigina Venturelli (l’Unità, 16.10.2010)

Da giorni i centralini della Fiom sono intasati di telefonate da tutta Italia. Lamentano l’assenza di mezzi pubblici per soddisfare le richieste di chi vuol partecipare alla manifestazione: le Fs non hanno fornito nemmeno la metà dei treni richiesti dal sindacato, di pullman non se ne trovano più, ormai ci si organizza con le auto tra amici. Ma il governo non parla delle ragioni di questa imponente mobilitazione di massa. Preferisce lanciare allarmi preventivi.

Landini, come giudica questo gran parlare di sicurezza? Un tentativo per sviare l’attenzione dalla sostanza della mobilitazione?

«Penso di sì. Quella di domani (oggi per chi legge, ndr) sarà una grande manifestazione. Anche quanti tentano di inasprire il clima sono consapevoli dell’ampio livello di partecipazione previsto, sia tra i lavoratori metalmeccanici, sia tra le persone convinte che una politica di difesa dei diritti corrisponda ad una politica per uscire dalla crisi economica molto diversa da quella proposta da governo e Confindustria. E per questo provano a parlare d’altro».

Per togliere di mezzo ogni dubbio, alla Fiom risultano rischi di scontri o infiltrazioni violente?

«No. Per le persone che rappresentiamo e per le associazioni della società civile che ci hanno comunicato la loro adesione, non ci risulta alcun allarme. Del resto abbiamo detto con estrema chiarezza che chi non condivide i principi della democrazia e della non violenza, che stanno alla base della manifestazione, è bene che non venga. Se poi il ministro sa di possibili infiltrazioni dall’estero, è questione di stretta competenza del ministero, che deve garantire la sicurezza non solo dei manifestanti ma dei cittadini in generale».

Che cosa pensa delle parole di Maurizio Sacconi: «Quando arriverà il morto, saranno in molti a condannare»?

«Sono parole irresponsabili, soprattutto perché pronunciate da un ministro con generali responsabilità di governo. Chi dà lezioni di linguaggio, dovrebbe cominciare da sé. E dovrebbe rispettare la storia di questo Paese: se c’è una democrazia, è perché qualcuno ha lottato per conquistarla, e questo qualcuno è proprio il movimento dei lavoratori».

Il che ci riporta alle ragioni della manifestazione.

«Le ragioni che ci hanno spinto ad organizzarla sono sempre più confermate dall’attualità. È in corso un attacco ai diritti senza precedenti, a cominciare dalla cancellazione del contratto nazionale di lavoro, sulla falsa premessa che si tratti di un passo necessario a superare la crisi economica. E manca democrazia nei luoghi di lavoro, da cui la pratica degli accordi separati: se i lavoratori non possono esprimersi e votare, come possono scegliere in caso di opinioni diverse tra i sindacati?».

È questo che dirà nel suo intervento conclusivo? Tornerà anche a chiedere uno sciopero generale della Cgil?

«Dopo una grande manifestazione è necessario continuare la mobilitazione, sia per garantire la partecipazione delle persone che ne condividono le motivazioni, sia per raggiungere risultati concreti, riaprendo le trattative sui temi che ci stanno a cuore».

Quali potrebbero essere le conseguenze politiche del corteo?

«La mobilitazione della Fiom ha già raggiunto un primo risultato: ha riportato il lavoro al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico. In questi mesi abbiamo tenuto molte assemblee nelle fabbriche ed altrettante iniziative pubbliche con cittadini, giovani ed associazioni, ed era molto tempo che non vedevo centinaia di persone discutere per ore di lavoro, diritti ed uscita dalla crisi. Se questa attenzione si consolidasse, sarebbe già un forte elemento di novità sociale e politica».


-  Chi criminalizza la protesta

-  Il pacifico «dissenso» della Fiom

-  di Enzo Mazzi (l’Unità, 16.10.2010)

La grande manifestazione di “pacifico dissenso” della FIOM e non solo che si tiene oggi a Roma è stata pericolosamente colpita dal lancio verbale di ordigni incendiari da parte di Maroni, in una specie di carica preventiva. E’ apparsa pericolosamente più vicina l’illiberalità della Cina verso il dissenso. La critica alla Cina, sebbene pericolosa per via degli interessi economici, è un po’ scontata. Meno scontata anzi sottaciuta se non coperta da una coltre di omertà politica e mediatica è la critica alle democrazie occidentali. L’Italia non fa eccezione.

Solo alcuni esempi più eclatanti, oltre a questo inquietante attacco di Maroni contro la manifestazione di oggi. Furono considerati “delinquenti” i pacifisti dissidenti verso il G8 di Genova pestati a sangue nella caserma di Bolzaneto; delinquenti i neri di Rosarno, quelli di Cagliari.

Ed ora, altro esempio inquietante, il 5 novembre prossimo si svolgerà a Firenze il processo d’appello per 13 persone condannate in prima istanza nel 2008, addirittura a sette anni di reclusione per aver manifestato nel maggio del 1999 contro i bombardamenti NATO sulla Serbia, per dire no a un’operazione militare decisa fuori dall’Onu, cosa che non succedeva dalla fine della seconda guerra mondiale, in contrasto con la Costituzione che “ripudia la guerra”.

Il corteo fu del tutto pacifico, posso testimoniarlo perché c’ero anch’io, non erano presenti Black Bloc e si concluse sotto il Consolato americano. Improvvisa una violenta carica dei Carabinieri. Fuggi fuggi a mani alzate, qualcuno pestato a caso, una ragazza quasi perse un occhio, lacrimogeni ad altezza d’uomo. Vennero individuate 13 persone - a posteriori, non identificate in loco - denunciate, processate e condannate appunto a ben sette anni di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale aggravata dal loro numero. Dissenso uguale sovversione o invece sacrosanta difesa della Costituzione?

Non va dimenticato che i bombardamenti furono decisi al termine di trattative tra NATO e Federazione Jugoslava, nel febbraio 1999, a Rambouillet. I giochi erano già fatti prima di cominciare. Gli Stati Uniti pongono a Belgrado un ultimatum irricevibile col quale, di fatto, le milizie NATO avrebbero pieni poteri in tutto il paese. Lo denunciò Lamberto Dini e lo tesso Henry Kissinger dichiarerà: “Il testo di Rambouillet, che chiedeva alla Serbia di ammettere truppe NATO in tutta la Jugoslavia, era una provocazione, una scusa per iniziare il bombardamento” (Daily Telegraph, 28 giugno 1999).

Deve essere responsabilità di tutti a livello isituzionale e di società civile allontanare dall’Italia lo spettro dell’illiberalità cinese contro il pacifico dissenso: quello delle tute blu di oggi come quello dei pacifisti del maggio 1999.


Il ricatto è violenza di Moni Ovadia (l’Unità, 16.10.2010)

Oggi siamo in piazza per manifestare a sostegno della Fiom e contro il governo. Personalmente ho aderito alla manifestazione senza esitare non solo per essere vicino ai lavoratori in un momento drammatico per il presente e il futuro loro e dei loro figli, ma anche per partecipare ad una lotta decisiva e dare futuro allo statuto di dignità e di sacralità dell’essere umano in quanto tale.

L’attacco ai diritti dei lavoratori condotto in nome delle ragioni della prepotenza mercantile non è più questione politica, né sindacale o socio economica. È molto, molto di più. È questione che attiene al senso stesso della vita, alla dimensione etica e spirituale dell’esistenza umana.

Le argomentazioni del padronato fatte proprie anche da una parte delle rappresentanze sindacali e da politici disinvolti si pretendono fondate sul buon senso, si qualificano come risposta alle trasformazioni dei rapporti di produzione e di scambio create dalla globalizzazione. In realtà si fondano su un assunto assiomatico che si vorrebbe asettico mentre è ideologico e spietato. La mondializzazione crea un mercato aggressivo? I finanzieri provocano la crisi che devasta le economie e le vite di milioni manipolando algoritmi separati dall’economia reale? Utilizzano i soldi pubblici per ricominciare i loro traffici di devastazione? Non c’è che una soluzione. I lavoratori scelgano: o il lavoro sottopagato con ritmi bestiali o i diritti. E se il mercato diventasse ancora più aggressivo quale alternativa verrebbe posta ai lavoratori, lavoro schiavistico o morte per fame?

La contrapposizione alternativa fra diritti e lavoro sottende un carico di violenza ricattatoria contro l’essere umano. Chi condanna la violenza, anche nelle sue forme simboliche, dovrebbe essere in prima linea nel condannare una violenza che spoglia donne e uomini della dignità che costituisce il fondamento della loro identità.


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