Comunicato n. 2
Fra le tante affermazioni rese recentemente dall’on. Laratta, ve n’è una (quella secondo la quale dietro l’azione politica di Antonio Barile e della sua Giunta vi sarebbe il vuoto) che ha fatto scattare in alcuni fra coloro che nei primi anno ’80 avevano dato vita all’Associazione “Impegnocivile” e successivamente avevano con lui promosso la realizzazione del periodico “La Città di Gioacchino”, delle amare considerazioni.
In quel tempo anche l’on. Laratta era fra quanti cercavano di partecipare e contribuire alla lotta per il cambiamento in questa Città mediante strumenti vari di impegno culturale, politico e civile.
Sapeva bene quanto fosse duro battersi contro le oligarchie che “governavano” la città e che erano costituite dai gruppi dirigenti della vecchia D.C., del vecchio P.C.I.. e del vecchio P.S.I..
Aveva anch’egli piena consapevolezza del vuoto di progetto e di idee che quel gruppo di potere portava colpevolmente con sé. Ebbene, molti dei protagonisti di allora sono gli stessi che oggi conducono, con l’on. Laratta, un’ astiosa lotta politica ad Antonio Barile.
Quale miracoloso evento sia capitato per convincere l’on. Laratta a cambiare letteralmente il fronte non è dato sapere. Ma è noto a tutti che dopo avere piantato in asso coloro che credevano nella possibilità di dare al nostro territorio un futuro diverso, egli si è unito a coloro che lui avrebbe fortemente voluto mandare a casa non perché fossero antipatici ma perché rappresentavano il nulla, il niente, il vuoto, per l’appunto.
Cambiare idea è certamente legittimo anzi, spesso, è indice di vitalità nell’individuo.
Ciò che a noi appare inammissibile è sacrificare, sull’altare del cambiamento, le proprie consapevolezze maturate nel corso di anni di riflessioni, elaborazioni, battaglie politiche..
Se si ha consapevolezza del fatto che uno dei più forti limiti per la crescita della nostra città è rappresentato dall’artificiosa linea di separazione provinciale che ha sempre impedito che S.G.F. beneficiasse della “intercomunalità” naturale con i paesi limitrofi (Cerenzia, Castelsilanmo, Caccuri, Savelli, Verzino, Belvedere ecc.), non si può fare poi causa comune con chi ha pervicacemente impedito la eliminazione di quella separazione esclusivamente per propri personali interessi.
Se nel corso degli ’80 e ’90 si aveva piena consapevolezza della insensibilità di molti dei protagonisti della vita amministrativa del tempo rispetto ai temi della legalità, della trasparenza, dello sviluppo urbanistico, della crescita economica, civile, culturale ecc. , non si può in seguito fare squadra comune con quelle medesime persone.
Ognuno è libero di seguire la strada che ritiene più opportuna portandone ovviamente con sé la responsabilità di fronte agli elettori e di fronte alla Storia.
In nessun caso però, neanche nel corso della più violenta delle polemiche politiche, si dovrebbe ricorrere ad affermazioni che, ancorché palesemente bugiarde, possono fortemente ledere gli interessi vitali della nostra Città: non si può, specialmente se lo si fa nella più alta e sacra delle Istituzioni della nostra Repubblica ovvero il Parlamento, scambiare la disperazione di chi vede infrangere un sogno con atteggiamenti di prepotenza di stampo fascista. Soprattutto se chi fa questa affermazione ha vissuto la vicenda referendaria del ’97 sul cambio di provincia, quando la prepotenza, quella si veramente fascista, di un solo uomo (oggi principale sodale dell’on. Laratta) si è imposta al volere di un’intera città compromettendone irreparabilmente le sorti per chissà quanti decenni.
La statura nazionale assunta dall’on. Laratta autorizzava a immaginare un suo ruolo incisivo e positivo nella ricerca della strada che questa Città avrebbe potuto percorrere negli anni presenti per invertire la rovinosa corsa verso il declino. Un ruolo che consentisse di colmare la totale incapacità di analisi mostrata da parte del gruppo dirigente delle sedicente “sinistra” locale che non è stata capace di cogliere la straordinaria e favorevole condizione che si era determinata per la nostra Città: eravamo in presenza di una Giunta Municipale fatta di giovani che avevano dimostrato sul campo di essere capaci e determinati, e che erano comunque “costretti” ad operare con correttezza e trasparenza poiché eravamo contemporaneamente in presenza di una maggioranza di consiglieri comunali che, disponendo della formidabile arma delle dimissioni, era sempre in grado di controllare e verificare che tutti i provvedimenti dell’Amministrazione Comunale rispondessero davvero agli interessi della collettività. La cittadinanza avrebbe potuto tranquillamente esprimere, fra quattro anni, un obiettivo giudizio sull’operato di Antonio Barile ed avrebbe certamente apprezzato il senso di responsabilità dei suoi avversari.
Un’altra delle tante occasioni offerte alla nostra Città dalla Storia gettata alle ortiche con grave e preoccupante insipienza.
9 aprile 2011
Circolo culturale Impegnocivile
San Giovanni in Fiore. Il circolo culturale "Impegnocivile" entra nell’agone politico in vista delle elezioni comunali prossime. E preannuncia l’intenzione di organizzare momenti di dibattito
Altro il mio parere: conoscendo Barile, lo avrei appoggiato a voce alta, se avesse rinunciato a simboli e collegamenti a Berlusconi. E non perché la sinistra sia effettivamente alternativa al presidente del Consiglio.
(Emiliano Morrone, Editoriale: Da Bauman a San Giovanni in Fiore: modernità liquida e liquidazione della politica)
Intervento dell’arch. Tullio Cusani all’incontro-dibattito "Perchè di nuovo al voto a San Giovanni in Fiore?"
Buonasera, ringrazio gli organizzatori che mi danno l’opportunità di dare il mio modesto contributo. Io sono una persona assolutamente indipendente. Non sono un politico, tuttavia credo che la mia azione, in questa città, possa essere servita a qualcosa. Vivo qui da vent’anni e ho sempre cercato di dare il mio contributo, organizzando eventi e dedicandomi alle attività delle associazioni presenti nella nostra comunità. Mi sono sempre tenuto lontano dai partiti politici, sia per formazione familiare (mio padre era un magistrato) che per la natura stessa del mio lavoro di architetto. Quest’ultimo mi spinge verso quelle attività più propriamente indirizzate alla costruzione e al recupero della nostra città. Tuttavia oggi, per la prima volta nella mia vita (ho cinquantuno anni) non ho avuto dubbi nel sostenere questo progetto politico, assolutamente nuovo, che ci dà la possibilità di compiere una svolta, e di dare voce ai bisogni di questa città, per troppo tempo trascurati. Io ripongo una grande fiducia in Antonio Barile. Ho avuto modo di conoscerlo quando ho fatto il Coordinatore del “Comitato per le primarie aperte per tutti”, attraverso il quale speravamo di organizzare una “festa della democrazia”. Un’iniziativa innovativa finita nel nulla perché una delle parti, il PD in quel caso, dopo aver dato l’adesione - avendo, tra l’altro, firmato un protocollo d’intesa - si è tirata indietro senza dare nemmeno una spiegazione. Già in quell’occasione ho avuto modo di apprezzare la lealtà e la disponibilità di Antonio. E infatti uno degli ingredienti fondamentali della sua politica è proprio la “trasparenza”, ampiamente dimostrata con i fatti. Durante il suo recente mandato, prematuramente interrotto, Antonio Barile ha reso i Consigli Comunali, attraverso la messa in onda televisiva, aperti e partecipati. Inoltre la Giunta Comunale, grazie agli incontri pubblici in piazza, non ha avuto timori a confrontarsi con la gente. In questo senso, c’è qualcosa che veramente è cambiato. Il filosofo Gianni Vattimo dice che oggi non esiste più “la Verità”, quella assoluta, quella dei Filosofi. La “verità” è scesa in terra ed è, per questo, più prossima al concetto di democrazia. Essa è più vicina a chi apre gli orizzonti e a chi dà voce a coloro che non hanno voce: e l’impegno di Antonio Barile va proprio in questa direzione. E con lui è cambiato anche il linguaggio della politica: certamente quando era consigliere d’opposizione i suoi toni erano molto più duri e accesi, date le situazioni assurde nelle quali si è trovato ad operare. Ma osservandolo al lavoro come Sindaco molti di noi hanno avuto modo di vederlo affrontare ogni cosa con la massima serietà, tranquillità, impegno e attenzione. E certo non gli sono mancati i problemi da risolvere, caduti “tra capo e collo”e tutti di diversa qualità e importanza. Io lo ringrazio per un motivo molto semplice, perché mi ha stimolato a dare un contributo più forte. Ed io sono qui proprio per questo: per stimolare la gente comune, gli intellettuali, i professionisti e tutti coloro che ritengono di avere un ruolo in questa città, a mettersi in gioco apertamente. Gramsci diceva che: “l’indifferenza è il peso morto della Storia”. Oggi abbiamo la possibilità di essere compartecipi di questo evento unico, abbiamo l’opportunità di collaborare e di respirare una nuova aria di democrazia. Antonio non è respingente verso chi ha una buona proposta e vuole dare il proprio contributo. Il suo connaturato senso di lealtà lo spinge ad un rapporto franco con chiunque. È uno che si assume le proprie responsabilità e questo è un atteggiamento che sa cogliere, apprezzare e promuovere anche negli altri. Ed è proprio per questo che non tollera i modi della vecchia politica che - cito le sue parole - ha ridotto questa città “ben al di sotto dei livelli minimi di decenza”. Antonio è un uomo pragmatico e concreto che tuttavia rivela, a chi ha l’occasione di conoscerlo da vicino, una spiccata sensibilità e una profonda spiritualità. Quando si è presentato come candidato a sindaco nell’ultima tornata elettorale, molte persone, basandosi sull’evidenza dei dati di fatto hanno cercato di dissuaderlo. Gli ripetevano : “Ma tu sei pazzo! Ti presenti ancora una volta, per la terza volta! Basta con questa ostinazione”! In realtà tale caparbietà si è rivelata un requisito preziosissimo per Antonio, come per chiunque voglia credere profondamente nel perseguimento dei propri obiettivi. E i cittadini liberi di San Giovanni in Fiore hanno dimostrato di saper apprezzare questa qualità, conferendogli, attraverso il voto, la fiducia che merita. Infatti lui ha vinto, a mio parere, perché in campagna elettorale ha scritto sul suo manifesto: “Io ho un sogno: quello di veder finalmente trasformata la nostra città”. E sono sicuro che non desisterà nel suo intento, se solo saremo capaci di manifestargli ancora la nostra fiducia, la nostra collaborazione e il nostro sostegno. E allora io dico, con Roberto Benigni: “Svegliamoci!" Perché il modo migliore per realizzare i nostri sogni è essere svegli. Partecipiamo più attivamente alla politica a San Giovanni in Fiore: scopriremo una naturale attrazione per Antonio Barile, un uomo che la politica la sta rinnovando nelle idee, nei i modi e nei fatti. Grazie per l’attenzione.
domenica 6 marzo 2011, San Giovavanni in Fiore - Polifunzionale
Altro il mio parere: conoscendo Barile, lo avrei appoggiato a voce alta, se avesse rinunciato a simboli e collegamenti a Berlusconi. E non perché la sinistra sia effettivamente alternativa al presidente del Consiglio.
(Emiliano Morrone, Editoriale: Da Bauman a San Giovanni in Fiore: modernità liquida e liquidazione della politica)
Ida Boccassini
Dopo la laurea in Giurisprudenza entra in magistratura, con funzioni effettive, nel 1979 prestando servizio dapprima alla Procura della Repubblica di Brescia, e ottenendo poco dopo il trasferimento alla Procura della Repubblica di Milano. Si occupa, quasi subito dopo il suo arrivo a Milano, di criminalità organizzata.
La sua prima inchiesta di rilevanza nazionale viene denominata Duomo Connection e ha come oggetto l’infiltrazione mafiosa nell’Italia settentrionale. L’inchiesta è portata avanti con la collaborazione di un gruppo di investigatori guidati dall’allora tenente Ultimo, il capitano divenuto poi famoso per l’arresto di Totò Riina. Sono gli anni delle prime collaborazioni anche con il Giudice Giovanni Falcone, che sfoceranno in un legame di profonda amicizia.[1]
All’inizio degli anni novanta entra in rotta di collisione con altri colleghi del pool antimafia milanese, ne viene estromessa dall’allora Procuratore Capo Francesco Saverio Borrelli[senza fonte], ma porta comunque a termine il processo sulla Duomo Connection. Dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, nel 1992, chiede di essere trasferita a Caltanissetta dove rimane fino al ’94 sulle tracce degli assassini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.[2] Collabora nuovamente con Ultimo alla cattura di Riina e scopre, in collaborazione con altri magistrati applicati a quelle indagini, mandanti ed esecutori delle stragi Falcone e Borsellino. Dopo una breve parentesi alla Procura di Palermo torna a Milano e, su richiesta del Procuratore Borrelli, si occupa dell’inchiesta denominata Mani pulite subentrando ad Antonio Di Pietro dimessosi dalla magistratura il 6 dicembre del 1994.[3] Collabora, quindi, con i colleghi Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Armando Spataro e Francesco Greco, seguendo in particolare gli sviluppi delle inchieste riguardanti Silvio Berlusconi e Cesare Previti[senza fonte].
Continua ad operare presso la Procura di Milano dove si occupa di indagini sulla criminalità mafiosa e sul terrorismo. Ha diretto a partire dal 2004 le indagini della DIGOS che il 12 febbraio 2007 hanno portato all’arresto di 15 sospetti appartenenti all’ala movimentista delle Nuove Brigate Rosse, denominata anche Seconda Posizione. Secondo l’accusa, la presunta organizzazione terroristica, operante nel Nord Italia, stava preparando attentati contro persone e aziende. Il 28 maggio 2009 il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) l’ha promossa alla funzione di Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Milano.[4]
Attualmente indaga sul caso riguardante l’affidamento di una giovane donna marocchina, definito giornalisticamente caso Ruby, nota negli ambienti della politica e della moda, che avrebbe compiuto alcuni furti.[5] L’inchiesta interessa, tra gli altri, il presidente del Consiglio dei Ministri italiano Silvio Berlusconi che, secondo l’accusa, avrebbe esercitato indebite pressioni sulla questura di Milano per ottenere suo rilascio e che l’avrebbe pagata in cambio di prestazioni sessuali quando era ancora minorenne.[6] A causa di quest’incarico e di altre attività che hanno impegnato le procure della Repubblica nelle indagini su Silvio Berlusconi per reati quali concorso esterno in associazione mafiosa, prostituzione minorile, concussione, corruzione, strage, appropriazione indebita, traffico di droga, riciclaggio di denaro sporco, abuso d’ufficio, frode fiscale e falso in bilancio, Berlusconi la ha indicata fra gli appartenenti ad una ipotetica frangia della magistratura, da lui definita "sovietica" e "comunista".