Aperta la pagina, si può vedere il video con l’intervista di Emiliano Morrone a Luigi de Magistris.
Ingroia: “Disponibile a candidarmi ma si abbandonino i simboli di partito”
«Ingroia si candida o non si candida? Per avere questa risposta dovrete ancora aspettare». Al momento questa è l’unica certezza, sul palco del teatro Capranica di Roma l’ex procuratore aggiunto di Palermo parla già come un politico navigato. In attesa che sciolga ufficialmente i dubbi a proposito di una sua eventuale corsa elettorale, ha presentato «il nuovo polo» e per chiedere un confronto «senza pregiudizi» con il segretario del Pd Pierluigi Bersani. E dallo stesso palco ha chiesto al leader dell’Idv Antonio Di Pietro - e con lui Olivero Diliberto del Pdci, Paolo Ferrero del Prc e Angelo Bonelli dei Verdi - di abbandonare i simboli di partito. «Il modo migliore per far fare un passo avanti alla società civile è fare un passo indietro», ha giustificato Ingroia, specificando che ciò «non significa sparire, perché vi vogliamo con noi nella battaglia».
L’idea che l’ex pm espone alla platea è chiara: «Non vogliamo creare un collage, un’accozzaglia di colori, un arcobaleno, ma una nuova identità che nasce e che dobbiamo portare a sintesi unitaria». Questa, la premessa per scendere in campo e l’obiettivo di un polo che non sia «giustizialista e manettaro», ma che potrà essere «l’unica, vera alternativa al montismo e al berlusconismo». «L’Italia è sotto le macerie dei bombardamenti del Cavaliere e il presidente del Consiglio non ha fatto la ricostruzione, l’ha promessa ma non l’ha realizzata, e oggi gli italiani sono ancora più poveri di diritti e nelle tasche».
Poi, è stato il momento degli appelli. Al segretario della Fiom Landini, ma anche a Michele Santoro e a Don Ciotti Ingroia si è rivolto direttamente per chiedere di schierarsi al proprio fianco. «Abbiamo bisogno di associazioni, sindacati dei cittadini, di partigiani della Costituzione - ha spiegato -. Non è un invito a candidarsi, ma da ad accompagnarci. Se poi volete candidarvi, ancora meglio».
* La Stampa, 21/12/2012
De Magistris battezza il Movimento Arancione Idv incerta
Ingroia: “Io sono della partita”
di Caterina Perniconi (il Fatto, 13.12.2012)
Laicità e giustizia. Se qualcuno avesse avuto dei dubbi sui pilastri che sorreggono il Movimento arancione e la sua nascita ufficiale, ieri al teatro Eliseo di Roma poteva facilmente chiarirsi le idee. La platea si è spellata le mani solo in un paio di occasioni: quando si è parlato di diritti civili e, soprattutto, a sostegno del lavoro dei magistrati di Palermo sulla trattativa tra lo Stato e la mafia.
La data scelta per presentare quello che ambisce a diventare il “quarto polo” è emblematica, non solo aritmeticamente: ieri, 12/12/12, ricorreva il 43° anniversario dalla strage di Piazza Fontana. E la kermesse si è aperta con la lettura dell’articolo “Io so” di Pier Paolo Pasolini, per ricordare che esiste chi conosce i nomi dei responsabili della strage del 12 dicembre 1969.
“Nei primi 100 giorni di governo dobbiamo cancellare il segreto di Stato sulle stragi di mafia” ha gridato dal palco Luigi De Magistris, il padre di questo movimento che, come si evince dalle sue parole, punta al governo del Paese.
Ma come arrivarci? L’unica strada è un’alleanza con il Partito democratico. Quella che in questo momento cercano tutti. L’Italia dei Valori in primis, che ieri ha ribadito durante l’ufficio di presidenza le priorità da seguire: in primo piano sempre la foto di Vasto, soltanto dopo un movimento più grande di aggregazione delle varie forze alternative, ma sempre con il loro simbolo ben in vista.
“Una lista unitaria che si rivolga a Bersani per costringerlo a non sbracare verso quelli che si definiscono moderati e che non sono altro che inciucisti” dice Antonio Di Pietro, rinvigorito dalle alleanze con il centrosinistra sul territorio per le elezioni regionali (Lombardia, Friuli, Molise e Lazio). L’Idv vuole provare a tornare al governo anziché restare all’opposizione. Proprio come il nuovo Movimento Arancione.
DI CERTO CI SPERANO in molti. La platea di ieri era ricca di personaggi che guardano con attenzione alla forza potenziale di un’aggregazione spontanea della società civile: presenti il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, quello del PdCi, Oliviero Diliberto, quello dei Verdi Angelo Bonelli e poi Vitto-rio Agnoletto, Giovanni Russo Spena, Giulia Rodano, Antonello Falomi, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e, naturalmente, Antonio Di Pietro. Che, per entrare in questa lista, dovrebbe fare diversi passi indietro.
“Basta partiti personali dei Berlusconi, dei Di Pietro, dei Casini e dei Fini. Ci vogliono partiti fatti da persone, da storie che sono nei territori” ha chiarito subito De Magistris. Poi, dopo uno sguardo agli ascoltatori, ha rincarato: “Questo non è un luogo dove qualcuno viene a darsi una riverniciata. Non farò altro, ma questo non lo consentirò”.
Sarà il padre nobile, quindi, il sindaco di Napoli, di un movimento che dà voce (anche dal palco) alle associazioni e agli amministratori. O almeno questo è quello che continua a ripetere: resterà primo cittadino per i prossimi tre anni.
Ma, a giudicare dalla reazione entusiaste dei partecipanti, un leader in pectore c’è già: “Chi vuole davvero cambiare le cose in questo Paese, deve avere il coraggio e la determinazione per fare una rivoluzione civile” ha detto Antonio Ingroia in collegamento via Skype dal Guatemala tra gli applausi, “dico la nostra rivoluzione civile perchè io sarò della partita. Sarò al vostro fianco, farò la mia parte”.
Poi un chiarimento sulla giornata già vissuta in Italia e ancora agli albori in America centrale: “Ho sentito che sono stato attaccato da Dell’Utri, che ha il coraggio di dire che il suo impegno in politica non ha nulla a che fare con la mafia, ma si è dimenticato che c’è anche una condanna”. La platea era tutta in piedi, l’appuntamento arrivato alla conclusione, i leader dei partiti di sinistra si sono allontanati piano piano.
“Caro Bersani, farete piazza pulita delle leggi ad personam?”
di Antonio Ingroia *
Caro Pierluigi Bersani,
leggo su tutti i giornali, da mesi ormai, la Sua probabile vittoria come premier candidato dal centrosinistra alle prossime, ormai imminenti, elezioni politiche, e non posso sinceramente che augurarglielo ed augurarmelo, specie a fronte del profilarsi all’orizzonte dell’ennesima candidatura di una vecchia e nefasta conoscenza degli italiani, Silvio Berlusconi, artefice del disastro economico-finanziario, politico-istituzionale e etico-morale in cui è precipitato il Paese in questi ultimi anni. Un sisma che ha divorato dall’interno l’economia, ma anche l’anima del Paese. Un Paese che rischia di restare per sempre senza anima e senza futuro, futuro che pertanto potrebbe essere fra qualche mese nelle Sue mani. Cosa che, da una parte, mi rasserena per i rischi che pesano sull’altro piatto della bilancia, ma che, dall’altra parte, non mi tranquillizzano del tutto.
E sa perché, pur avendo stima della Sua persona e pur essendo certo della Sua buona fede, non mi sento né tranquillo né tranquillizzato? Perché, al contrario, di molti italiani, ho esercitato in questi anni di rimozione, il vizio della memoria. Che non è solo un vizio, è anche un gusto. Il gusto della memoria, che ti consente di sentire la storia, di apprezzarla, di farne un’esperienza ed una ricchezza. Ebbene, esercitare il gusto della memoria mi consente di sentire anche il retrogusto amaro della delusione. La delusione delle tante occasioni mancate, le tante occasioni che altre coalizioni di governo di centrosinistra hanno perduto negli anni passati, appena giunte alla prova del fuoco. Quando si trattava di cambiare l’Italia, di imprimere una svolta ad un Paese, a volte stanco e sfiduciato, ma ugualmente pronto, generosamente, a credere nel cambiamento. Una fiducia nel cambiamento troppe volte frustrata anche dall’incapacità che, per ragioni che sarebbe inutile esaminare qui ed ora, il centrosinistra ha dimostrato in passato proprio su questo terreno cruciale, quello del suo dna quale forza di progresso.
Io sono un cittadino ed un magistrato. Non rappresento nessuno se non me stesso, ma ho la fortuna di portare con me, in Italia come in Guatemala, un bagaglio di valori, idee e principi, che ritengo di condividere con molti italiani, i tanti "partigiani della Costituzione" che per fortuna affollano ancora ogni angolo del nostro territorio nazionale. E che, sconsiderati o appassionati che siano, credono ancora nella possibilità di cambiare in meglio il nostro Paese.
E quindi mi rivolgo a Lei, con l’umiltà ma anche con l’autorità che mi deriva da questo duplice ruolo di cittadino "partigiano della Costituzione" e di magistrato che discende da una generazione di uomini di Stato che hanno dato un contributo, anche di sangue, alla lotta contro i poteri criminali, per la giustizia e l’eguaglianza di tutti gli italiani, e quindi alla crescita della democrazia. E’ solo in virtù di questo che mi permetto di porLe anche alcune questioni ed interrogativi a cui spero vorrà rispondere, non a me, ma agli italiani indecisi ancora se votarLa come futuro premier.
Perché dico che l’Italia sta diventando un Paese senz’anima? Perché l’anima del Paese è la sua Costituzione, specie in un caso come il nostro, dove la carta dei principi fondamentali è densa di così tanti valori promotori di "diritti progressisti". E questa Carta dei Valori e dei Principi troppe volte è stata sfregiata, mortificata, umiliata. I cittadini sono più poveri di diritti, a partire dal principio dei principi, a fondamento di tutti gli altri in uno Stato democratico, il principio di eguaglianza, che necessita di essere ripristinato, formalmente e sostanzialmente. E per ripristinarlo occorrono alcuni provvedimenti urgenti, che dovrebbero essere i primi da approvare da una coalizione governativa che voglia davvero cambiare le cose. A cominciare dalle leggi ad personam, che a decine sono state approvate negli ultimi anni. Un’intollerabile legislazione di privilegio che ha creato praterie di impunità per i potenti, ma soprattutto ha mortificato il principio di eguaglianza dei cittadini.
Le chiedo, la maggioranza da Lei guidata vorrà abrogare, tutte, senza esclusione alcuna, le leggi ad personam fino ad oggi approvate? Ed ancora, per parlare ancora del diritto penale, materia che mi è più congeniale per la mia passata esperienza, nel diritto anglosassone c’è un reato molto grave, l’ostruzione della giustizia, ampiamente praticata, e con successo, nel nostro Paese. Perché non introdurla anche in Italia, con pene altrettanto severe, così ampliando la figura attualmente vigente, ma inadeguata, dell’intralcio alla giustizia?
E perché non punire, finalmente, il mercato dei voti fra candidati in campagna elettorale e mafie e lobby illegali di ogni tipo e genere? Cominciando col sanzionare seriamente lo scambio elettorale politico-mafioso, oggi solo apparentemente punito dall’attuale formulazione dell’art.416-ter del codice penale, che invece è garanzia di impunità? E perché ancora ignorare l’incriminazione dell’autoriciclaggio che consente ai colletti bianchi riciclatori di professione di farla franca?
Ho fatto solo degli esempi minimi, ma c’è da affrontare il tema più importante del nostro Paese dentro una crisi profonda, etica ed economica. Due aspetti niente affatto indipendenti. Un Paese senza un’etica e senz’anima, come ho detto prima, un Paese senza passione, non può uscire dalla crisi dove si trova. Una crisi che perciò rischia di divenire un coma irreversibile, che non può essere curato da un medico dalle ottime cognizioni tecniche ma che, privo di passione per la giustizia e l’eguaglianza, può essere disposto, come l’attuale Premier Monti, a salvare una parte dell’organismo lasciando andare in cancrena gli organi ritenuti "meno nobili", i deboli ed i senza diritto che in Italia oggi sono sempre più poveri e meno tutelati.
Bisogna cambiare pagina. E se si vuole la crescita dell’economia bisogna attaccare, alle radici e senza tregua, l’economia dell’illegalità, perché il "sistema Italia" è strangolato da mafie e corruzione, la vera palla al piede, la zavorra che impedisce alla nostra economia di crescere. Che respinge gli investitori esteri, che penalizza gli operatori economici puliti, che priva i lavoratori dei loro diritti. Solo se il prossimo Governo, caro Bersani, riuscirà davvero ad uscire dalla logica della convivenza col sistema politico-economico della illegalità, si potrà imprimere una spinta per la crescita.
Premiare l’economia della legalità e confiscare i patrimoni illeciti, tutti ed in fretta. I patrimoni della mafia e dei colletti bianchi suoi complici. E le ricchezze dei corrotti. Restituire il maltolto all’Italia della legalità. Non attraverso belle dichiarazioni di principio, ma attraverso provvedimenti concreti che ripristinino ciò che è stato distrutto negli anni della rottamazione berlusconiana del diritto penale e che costruiscano un diritto propulsivo dei diritti e della crescita economica nella legalità. Anche e non solo attraverso aggiornati strumenti operativi e legislativi dentro nuovi testi unici normativi, antiriciclaggio e antimafia.
Insomma, c’è molto da fare e si può fare. Si può cambiare l’Italia. Si possono creare le premesse per un autentico rinnovo della classe dirigente, recidendone i legami col sistema criminale integrato delle mafie e della corruzione che ha schiavizzato e sfruttato il Paese. Occorre una nuova Liberazione. La liberazione dalle cricche, dalle caste e dalle mafie. Lo potrà e lo vorrà fare davvero la compagine governativa che vuole guidare, caro Bersani, al contrario di quanto non si sia fatto in passato?
BALLOTTAGGIO: L’EX PM AL 65,4%. TENSIONE SOTTO IL COMITATO PDL
De Magistris è sindaco: «Napoli
liberata, abbiamo scassato»
Clamorosa affermazione: 30 punti di vantaggio
E lo sconfitto Lettieri (34,6%): gli faccio in bocca al lupo *
NAPOLI - De Magistris sfonda, è lui il nuovo sindaco di Napoli con il 65,4% dei voti, ovvero circa 30 punti avanti rispetto all’avversario del Pdl Gianni Lettieri. «Abbiamo scassato un’altra volta», sono le prime parole pronunciate, in dialetto, dal nuovo primo cittadino appena ha incrociato Antonio Di Pietro. Lettieri, dal canto suo, ha chiamato il vincitore poco dopo la metà dello spoglio: «C’è stato un risultato inequivocabile, un voto popolare in favore di de Magistris che ha preso il volo. Gli faccio in bocca al lupo». Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha telefonato al nuovo sindaco che nel corso del breve colloquio telefonico ha ribadito il suo impegno per la città di Napoli.
«ABBIAMO SCASSATO» - L’ex pm, 43 anni, emozionato e commosso è anche il primo cittadino più giovane della storia della città: «I cittadini napoletani hanno mostrato cervello, Napoli è stata liberata. Questa è la vittoria del popolo napoletano che merita di essere protagonista. Il 66 per cento è un risultato straordinario, ma domani sarò già al lavoro. Sarò il sindaco di tutti. Avanti con le forze sane della città». L’ex magistrato ha aggiunto: «Si tratta di un voto e un’affermazione che spinge l’Italia oltre Berlusconi. Io non rappresento l’antipolitica e sarò il sindaco di tutti. Sono un lavoratore e da domani mattina comincerò a lavorare. Ma stasera si fa festa: i cittadini napoletani, non io, hanno scritto una pagina storica: abbiamo vinto senza apparati, senza soldi, e devo dire senza l’appoggio dei media».
FESTA IN PIAZZA MUNICIPIO - De Magistris, che i sostenitori napoletani chiamano Giggino, dà l’appuntamento a tutti per le 21 a piazza Municipio, per la festa della sua straripante elezione.
LETTIERI AL 34,6%. TENSIONI AL COMITATO - Qualche tensione sotto il comitato elettorale di Lettieri il cui dato definitivo è 34,6%, tra alcuni sostenitori di de Magistris e di Lettieri. Qualche scaramuccia, subito bloccata dalla polizia. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, alcune decine di simpatizzanti del neo sindaco di Napoli, che stavano festeggiando nei paraggi del comitato di Lettieri, sono entrati in contatto con i sostenitori del candidato del Pdl che sostavano dinanzi alla sede del comitato. Sono volati spintoni, nella ressa è volato qualche casco da motociclista. Ne è scaturito un inseguimento nelle strade adiacenti via Palepoli, che non dista molto dal comitato di de Magistris.
LA SORPRESA - L’eurodeputato, ex magistrato, entrato in politica solo tre anni fa lasciando la toga dopo un mare di polemiche legate all’inchiesta Why not, considerato in questa competizione amministrativa semplice outsider, scontando il «tradimento» iniziale dei vendoliani di Napoli che hanno deciso di sostenere il Pd per un malinteso «voto utile», ha ribaltato il tavolo: sbaraglia l’avversario ed è il nuovo sindaco della terza città d’Italia.
Alessandro Chetta
De Magistris: "Presto Saviano libero a Napoli
Pasquino presidente dell’assemblea"
Il candidato dell’Idv risponde così alle dichiarazioni di sostegno dell’autore di Gomorra. "Saviano deve essere uno dei protagonisti del cambiamento di Napoli". E poi lancia la proposta al rettore di Salerno, sconfitto al primo turno delle elezioni a sindaco *
"Voglio creare le condizioni perchè Saviano possa tornare liberamente a Napoli". Con questa promessa Luigi de Magistris risponde a l’autore di Gomorra che ha dichiarato di voler sostenere l’ex magistrato al ballottaggio. di domenica.
"Saviano ha avuto il coraggio di portare il tema dei rapporti tra camorra e politica fuori dai confini nazionali - piega il candidato Idv - e lui deve essere uno dei protagonisti del cambiamento che vuole Napoli".
Per questo, fa sapere di essere intenzionato a "organizzare una passeggiata con Saviano e i giovani di Napoli". De Magistris aggiunge: "Mi è piaciuta l’espressione che ha usato ’Liberare Napoli’. E’ la stessa che ho utilizzato io in campagna elettorale". Oggi, per l’ex pm, è il giorno dell’incontro con i giovani sulle scale dell’Università di Napoli Federico II, in corso Umberto. Anche stavolta prende il megafono e parla ai ragazzi. "Adotta un astenuto e portalo a votare", dice. Gli studenti intonano il coro "Sindaco, sindaco".
Poi, il candidato di centrosinistra, riprende a parlare e sottolinea di "voler creare le condizioni" per evitare la fuga dei cervelli. "Da europarlamentare - spiega De Magistris - ho incontrato troppi ragazzi che sono andati via perchè qui non c’è lavoro".
"Credo che Pasquino possa essere un ottimo presidente del Consiglio e quando sarò sindaco voglio lui in questo ruolo". Lo ha detto Luigi de Magistris, candidato sindaco di Napoli, parlando del rettore dell’Università di Salerno Raimondo Pasquino, candidato sindaco del Terzo polo escluso dai ballottaggi. " una persona che ho imparato ad apprezzare in campagna elettorale per il suo stile - ha affermato a margine di un incontro con i giovani - così come ho apprezzato il suo annuncio di voler rimanere in Consiglio comunale".
* la Repubblica, 26 maggio 2011
A MILANO, A NAPOLI, CHE VENTO ... CHE SOLE!!!. Nel festoso incontro di fine campagna elettorale, in Piazza Duomo, Pisapia nel discorso (e non comizio) di chiusura ha ricordato...... Leopardi e la sua "Ginestra".
Federico La Sala
Senza parole
di Ida Dominijanni (il manifesto, 18.05.2011)
Un Berlusconi senza Milano è come un pesce senza acqua, un Berlusconi silenzioso è come un cantante senza voce, un Berlusconi con le preferenze dimezzate è come un attore senza pubblico. Lo specchio di Narciso s’è rotto irreparabilmente, lui, Narciso, è irreparabilmente ferito, e il seguito del mito è noto. Hanno un bell’inventarsi somme e sottrazioni Verdini e gli altri: non c’è calcolo che possa tornare, senza Milano. Milano dove tutto ebbe inizio, e dove tutto doveva franare per poter davvero terminare. Siamo al termine, infatti, e del resto non da oggi: negli ultimi due anni - quelli, sarà un caso? dello svelamento del sistema di scambio fra sesso, potere e denaro, stranamente cancellato nei commenti elettorali - lo smottamento del consenso per Berlusconi è stato lento ma costante: alle europee del 2009, alle regionali del 2010 e oggi. Una crepa, due crepe, ma la frana di oggi vale doppio.
Non solo perché era stato lui, Berlusconi, a stabilire la soglia delle 53.000 preferenze, non una di meno, per poter cantare vittoria contro «la sinistra sinistrata che altrimenti mi farà il funerale». Ma perché nella sua narrazione incantatrice Milano era il set dove nel 2011 si sarebbe dovuto chiudere il cerchio della sua discesa in campo del ’94. Lì era nato con Mani pulite il protagonismo dei giudici, e lì doveva morire con i suoi comizi con la claque davanti al Palazzo di giustizia. Lì era nata la seconda Repubblica, e lì bisognava trarre la legittimazione elettorale per dare la spallata finale alla Costituzione. Lì era nato l’impero economico del premier-tycoon, e lì si poteva contare sul peso dei soldi per stracciare l’idealismo leggero di Pisapia il Rosso. Lì la sinistra era stata snaturata dalla modernizzazione degli anni Ottanta, e lì non sarebbe mai risorta. Lì la movida nei locali notturni aveva fornito alimento al bunga-bunga, e lì si poteva esser certi che una barzelletta idiota al giorno continuasse a nutrire in eterno il populismo sessuale del Grande Seduttore.
Ma lì, invece di chiudersi, il cerchio s’è aperto. Inaspettatamente, o più decisamente di quanto ci si potesse aspettare: come capita quando davvero una tela si strappa e il mutamento precipita. E’ presto, s’intende, per cantare vittoria: le armate disperse della «nuova destra» che fu tenteranno di tutto per incollare i cocci nei pochi giorni che hanno davanti a Milano. E a Roma, le ripercussioni potranno accelerare ma anche, all’opposto, frenare temporaneamente la rotta della maggioranza. Però quel secco dimezzamento dei consensi milanesi non lascia spazio a molti dubbi: è l’incantesimo della persona che si è rotto, l’aureola del carisma, l’onnipotenza del Capo, l’identificazione nella virilità dell’uomo. La bolla dell’immaginario che per un ventennio ha alimentato un trucco è scoppiata. Quando l’immaginario scoppia, capita che si resti senza parole. E’ per questo che Berlusconi non ne ha, e nemmeno gli sarà facile trovarne.