[...] la vera mazzata arriverà dall’Iva. Nella sua aliquota ordinaria passerà dal 20 al 21 per cento, il che vuol dire un rincaro di quasi tutto: i due terzi dei generi alimentari, le calzature, l’abbigliamento, i prodotti per la pulizia della casa e quelli per l’igiene personale, gli elettrodomestici, il parrucchiere, l’automobile, e via elencando. Il governo conta di raccogliere da questa voce 4,2 miliardi e li tireremo fuori tutti noi, senza accorgercene, goccia dopo goccia [...]
POLITICA
LA MANOVRA E’ LEGGE
Per gli italiani un conto di 5 mila euro a famiglia
Spesa sempre più cara per le famiglie italiane con l’aumento dell’Iva
Via fra due settimane all’aumento dell’Iva al 21%
di RAFFAELLO MASCI (La Stampa, 15/09/2011)
ROMA Pagheremo tutto più caro e se la cosa ci deprime, ci sia di qualche consolazione sapere che anche i super ricchi (non quelli che hanno più di 300 mila euro l’anno, ma quelli che li dichiarano) saranno chiamati a dare un contributo straordinario e che quelli che comprano la barca intestandola a società di comodo saranno braccati. A questo quadro va aggiunto che i Comuni saranno sceriffi fiscali e incasseranno i frutti della lotta all’evasione. Mentre all’orizzonte si affaccia l’aumento dell’età pensionabile per le donne.
La manovra economica varata ieri dalla Camera a suon di fiducia, contiene una quantità di misure, ma mentre alcune produrranno effetti negli anni a venire, quelle sopra accennate le vivremo sulla nostra pelle da subito, cioè dal giorno successivo alla pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale.
In questo quadro di lacrime e sangue, la vera mazzata arriverà dall’Iva. Nella sua aliquota ordinaria passerà dal 20 al 21 per cento, il che vuol dire un rincaro di quasi tutto: i due terzi dei generi alimentari, le calzature, l’abbigliamento, i prodotti per la pulizia della casa e quelli per l’igiene personale, gli elettrodomestici, il parrucchiere, l’automobile, e via elencando. Il governo conta di raccogliere da questa voce 4,2 miliardi e li tireremo fuori tutti noi, senza accorgercene, goccia dopo goccia. Le associazioni dei consumatori hanno protestato, quelle degli imprenditori del commercio hanno minacciato fuoco e fiamme, ma tant’è. Anche la benzina - ci assicura l’Unione petrolifera - dovrà subire un ennesimo rincaro di almeno 1,2 o 1,3 centesimi al litro, e se lo sommiamo a quello delle accise stabilito nella precedente manovra, questo scherzetto ci porterà - secondo Codacons - a spendere in carburati 79 euro in più su base annua. D’accordo - si dirà - ma il pane non aumenta. In effetti il pane - come alcuni generi alimentari di prima necessità - continuerà a godere di un’aliquota Iva del 4%. Ma - attenzione - solo il «pane tipo comune», cioè quello che la maggioranza degli italiani non mangia.
Quanto alle pensioni delle donne, nel pubblico impiego devono già andare a riposo immancabilmente a 65 anni. Anche nel privato era stato deciso di fare altrettanto, ma con una differente gradualità che ora viene accelerata: il cammino che doveva iniziare nel 2016 scatterà nel ‘14 ed entrerà a regime nel 2026 anziché nel ‘28. Risparmio stimato - ma solo alla fine - 3,9 miliardi l’anno.
E poi - vabbe’ - pagheranno anche i ricchi: chi guadagna più di 300 mila euro l’anno dovrà tirare fuori un contributo straordinario del 3% sulla cifra eccedente. Il provvedimento durerà fino a tutto il 2013, salvo proroghe se non si raggiungerà il pareggio di bilancio. Arriverà da subito anche un’addizionale del 10,5% sulle società di comodo e aumenteranno i controlli su quelle che possiedono yacht, di fatto utilizzati dai soci.
Quanto ai Comuni, diventeranno agenti delle tasse per amor di cassa: vogliono più soldi? Facciano in proprio una lotta all’evasione fiscale sul loro territorio, e si potranno tenere il 100% (non più il 50%) del ricavato.
Insomma, che ci dobbiamo aspettare? Il Centro studi degli artigiani di Mestre, che ama fare di questi conti, ha calcolato che «sommando gli effetti delle manovre di luglio e Ferragosto, il costo medio a carico di ciascuna famiglia italiana sarà di oltre 5,700 euro (precisamente 5.766) da qui al 2014».
Ah, dimenticavamo: se, malauguratamente, foste tra le 8 mila famiglie che hanno ricevuto il bonus bebè senza averne avuto titolo, avete tempo 90 giorni per restituire il maltolto.
Regioni
I tagli previsti per le regioni ed enti locali sono pari a 4,2 miliardi nel 2012 e 3,2 nel 2013. Le Province - almeno per il momento - sono salve dalla soppressione inizialmente prevista dalla manovra, e rinviata a un ddl costituzionale, e taglio del 50% dei consiglieri. I comuni con meno di 1.000 abitanti, dovranno essere accorpati salvando però gli organismi (sindaco e consiglio comunale). Anche i Fas regionali sono salvati dai tagli (inseriti inizialmente con la clausola di salvaguardia).
Imprese
Aumento dell’Irap dello 0,3% per le imprese concessionarie (escluse quelle di costruzione e gestione di trafori e autostrade), che passa dal 3,9% al 4,2%. Per i soggetti operanti nel settore bancario e finanziario l’aliquota sale dello 0,75% e arriva al 4,65%, mentre le attività del settore assicurativo l’incremento è del 2% e l’Irap arriva al 5,9%. Per le imprese del settore energetico è previsto un incremento Ires, la Robin tax. Per le società di comodo l’Ires sarà maggiorata del 10,5%.
Paperoni
I super-ricchi dovranno versare un contributo di solidarietà, con un’aliquota del 3% per i redditi che superino la soglia dei 300.000 euro, che dovrà essere versato fino a quanto lo Stato non riuscirà a centrare l’obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio. Per le rendite finanziarie il prelievo sale al 20% ma con l’eccezione dei titoli di Stato, per i quali l’aliquota rimane al 12,5%. In periodo di tensione sul debito sovrano, non era il caso di minare la fiducia degli italiani nei Bot.
Politici
Per deputati e senatori è previsto un taglio del reddito pari al 10% nella parte che eccede 90.000 euro e al 20% per la quota superiore a 150.000 euro. Per i politici che hanno anche un reddito da lavoro privato sono previsti tagli degli stipendi, pari al 20% per i redditi oltre 90.000 e del 40% per i redditi oltre 150.000 euro. Il trattamento economico di titolari cariche elettive e vertici di enti e istituti non mostra superare la media di quanto percepito da chi ricopre le stesse cariche a livello europeo (naturalmente, la decorrenza è a partire dal prossimo mandato elettorale). Dalla prossima legislatura, inoltre, la carica di parlamentare sarà incompatibile con altre cariche pubbliche elettive, ad esclusione dei sindaci di comuni come meno di 5.000 abitanti.
Evasori
Sono diverse le norme messe in campo, per recuperare il denaro dovuto all’erario. Tra queste una riguarda gli evasori pentiti che hanno aderito al condono tombale 2002, ma non hanno pagato la seconda rata: dovranno versare quanto dovuto. Le somme dovranno essere recuperate entro il 31 dicembre 2011. La manovra ripristina anche la possibilità del carcere, ma solo per imposte evase superiori a 3 milioni di euro e al 30 del volume d’affari.
Contratti di lavoro
I contratti collettivi di lavoro aziendali o territoriali, sottoscritti dalle associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative, ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda, potranno realizzare specifiche intese, con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati, anche in deroga alle leggi nazionali. Vengono inoltre messe in campo misureper facilitare l’accesso e l’esercizio di alcune professioni e attività economiche. Vengono poi introdotte delle novità, per semplificare l’avvio, denuncia e dichiarazione di inizio attività.
Spesa pubblica
Parte dal 2012 l’avvio della spending review, il meccanismo diretto a definire i fabbisogni standard dei programmi di spesa della amministrazioni centrali dello Stato. Sempre dal prossimo anno è prevista la riduzione delle spese dei ministeri, per circa 10 miliardi di euro nel triennio 2012-2014. Arriva anche il riordino degli uffici giudiziari su base territoriale e sono previsti tagli per le auto (viene disposto un tetto alla cilindrata) e aerei blu (l’utilizzo limitato sarà limitato ai presidenti degli organi costituzionali).
Pensioni
Posticipo della decorrenza per il pensionamento di anzianità, di un mese per chi matura i requisiti nel 2012, due mesi per chi matura i requisiti nel 2013 e tre mesi per chi matura i requisiti a partire dal 2014. Per le lavoratrici donne del settore privato è previsto l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile a partire dal 2014, (anzichè dal 2020), con l’entrata a regime della disciplina il primo gennaio 2026 (anzichè il primo gennaio 2032). Il Tfr sarà erogato con un posticipo di 6 mesi per chi va in pensione, che sale a 24 nei casi di pensionamento anticipato.
MANOVRA
Confesercenti: "Peserà per 33 mld su famiglie e deprimerà ulteriormente i consumi"
L’allarme è stato lanciato dal presidente, Marco Venturi: "Il debito va gestito solo con le armi della crescita e della fiducia". Il presidente dell’Istat, Giannini: "Famiglie risparmiano meno per mantenere consumi". Codacons: "Prezzi già aumentati nel 35% dei negozi" *
PERUGIA - La manovra varata dal governo pesa per ben oltre la metà sulle famiglie italiane e deprimerà ulteriormente i consumi. Nel suo intervento introduttivo in occasione del Meeting 2011, il presidente di Confesercenti, Marco Venturi traccia un quadro della situazione allarmante e chiede che di "cambiare rotta e rendersi conto che, per reperire risorse, sono necessari tagli alla spesa poiché la pressione fiscale effettiva è alla soglia insostenibile del 54%. La previsione trova conferma anche nelle stime della Cgia di Mestre: "Per i contribuenti onesti è sicuramente una notizia shock: nel 2014, gli effetti complessivi delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto faranno schizzare la pressione fiscale reale oltre il 54%", aggerma il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, indicando che si tratta di un livello "che rischia di deprimere l’economia e gettare nello sconforto milioni e milioni di italiani fedeli al fisco".
E per il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, per poter mantenere il livello di consumi durante la crisi le famiglie hanno eroso il livello dei risparmi: "In italia - ha evidenziato - durante e dopo la crisi la propensione al consumo è aumentata, mentre il tasso di risparmio delle famiglie nel 2010 è calato del 9%. Le famiglie hanno cioè ridotto il risparmio per mantenere i livelli di consumo. Questo - ha aggiunto - significa che le famiglie hanno considerato che la crisi fosse temporanea, transitoria mentre ora - ha fatto notare - si stanno rendendo conto che la crisi non è provvisoria e i dati sul clima di fiducia stanno peggiorando ulteriormente visto che le misure prese nella manovra prefigurano 3-4 anni di stretta molto forte".
Intanto, secondo la Codacons che ha effettuato un monitoraggio in 10 città italiane, i prezzi sono aumentati già nel 35% degli esercizi commerciali e la stragrande maggioranza dei distributori di carburante stamattina aveva aggiornato al rialzo i prezzi alla pompa.
Con aumento Iva, 140 euro in più a famiglia. L’aumento dell’Iva stabilito dalla manovra economica si tradurrà in 140 euro di aumento medio annuo per ciascuna famiglia, stando a quanto sostiene Venturi, secondo cui l’aumento di un punto dal 20 al 21% graverà per il 70% sulle famiglie. L’aumento - sostiene lo studio diffuso nel corso del meeting - sarà più marcato al Nord-est (166 euro a famiglia ogni anno), seguito dal Nord-ovest (158), dal Centro (138), Sud (113) e Isole (102). Guardando alle professioni, la crescita sarà di 220 euro per imprenditori e professionisti, 170 per i lavoratori in proprio, 189 per impiegati e dirigenti, 149 per operai e assimilati, 104 per i pensionati e 95 per altra condizione (cassintegrati, disoccupati). La manovra sull’Iva, inoltre, unicamente per la parte riguardante i consumi delle famiglie, sempre secondo lo studio inciderà dello 0,48% sull’inflazione e porterà un gettito annuo aggiuntivo di 3,4 miliardi di euro. Confesercenti sottolinea poi alcune incongruenze dell’aumento dell’Iva. ’’Appaiono anacronistiche - viene sottolineato - due aliquote molto diverse (4 e 10%) gravanti su beni alimentari le cui differenze sono demandate a complesse definizioni e a scarsa o nulla logica’’. Inoltre, viene evidenziato, ’’si paga il 20% di Iva se si acquista il caffé da preparare in casa, mentre se lo si consuma al bar viene gravato del 10%’’.
SCHEDA - Iva la 21%, i prodotti che aumentano
Crescita zero. "Sulla crescita economica - ha detto Venturi - i conti, dopo la approvazione della manovra, non tornano: dalle previsioni aggiornate Confesercenti-Ref risulta che le speranze di ripresa nel 2012 svaniscono con un Pil che crescerà solo dello 0,1% e con i consumi delle famiglie bloccati su una allarmante crescita zero rispetto al 2011 (dopo aver registrato nel 2010 l’1% e quest’anno solo lo 0,5%). La nostra stima è che gli interventi diretti e indiretti della manovra graveranno sulle famiglie per 33 miliardi dei 54 complessivi".
Aggredire la spesa pubblica. Secondo Venturi, "si deve prendere atto che l’unica via percorribile non è certo quella, impraticabile, del prelievo fiscale che avvelena i pozzi dello sviluppo colpendo fiducia, consumi ed investimenti, ma è quella di aggredire la spesa pubblica. Non solo per quantità intervento, ma soprattutto per qualità. Si ricorre come sempre alla leva fiscale, tanto che 36 miliardi della manovra sono basati sulle tasse, di cui 16 da meno agevolazioni". Per Confesercenti, ha ribadito Venturi, "alcune priorità che possono cominciare ad aprire spazi per recuperare risorse allo sviluppo sono i tagli nel numero dei parlamentari, membri di Governo, consiglieri, assessori; tagli draconiani nelle consulenze pubbliche; abolizione di tutte le province; interventi decisi su comunità montane e micro comuni; accorpamento di circoscrizioni e municipi; condividere servizi per aree vaste a partire da nettezza urbana e trasporti nonché dall’acquisto di beni e servizi".
Scelte coraggiose anche contrarie a politica. Il presidente di Confesercenti ha poi sostenuto che "servono scelte coraggiose anche in contrasto con forti interessi politici che possono essere rimossi solo con pressioni decise ed ampie dei cittadini-elettori". Perché, ha affermato ancora Venturi, "per l’Italia come per l’Unione Europea è sempre più centrale intervenire sul binomio debito/bassa crescita. Il debito può essere gestito solo con le armi della crescita e della fiducia, tenendo conto anche dello strapotere di grandi capitali che viaggiano senza controlli da un continente all’altro alla ricerca di rendimenti vantaggiosi e dell’irrompere sulla scena mondiale di altre economie che condizionano l’andamento economico globale, dalla Cina al Brasile, dalla Russia all’India".
* la Repubblica, 17 settembre 2011
APPELLO
Manovra e armi: "Il male oscuro"
di Alex Zanotelli *
In tutta la discussione nazionale in atto sulla manovra finanziaria, che ci costerà 20 miliardi di euro nel 2012 e 25 miliardi nel 2013, quello che più mi lascia esterrefatto è il totale silenzio di destra e sinistra, dei media e dei vescovi italiani sul nostro bilancio della Difesa. E’ mai possibile che in questo paese nel 2010 abbiamo speso per la difesa ben 27 miliardi di euro? Sono dati ufficiali questi, rilasciati lo scorso maggio dall’autorevole Istituto Internazionale con sede a Stoccolma(SIPRI). Se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia spendiamo oltre 50.000 euro al minuto, 3 milioni all’ora e 76 milioni al giorno. Ma neanche se fossimo invasi dagli UFO, spenderemmo tanti soldi a difenderci!!
E’ mai possibile che a nessun politico sia venuto in mente di tagliare queste assurde spese militari per ottenere i fondi necessari per la manovra invece di farli pagare ai cittadini? Ma ai 27 miliardi del Bilancio Difesa 2010, dobbiamo aggiungere la decisione del governo, approvata dal Parlamento, di spendere nei prossimi anni, altri 17 miliardi di euro per acquistare i 131 cacciabombardieri F 35. Se sommiamo questi soldi, vediamo che corrispondono alla manovra del 2012 e 2013. Potremmo recuperare buona parte dei soldi per la manovra, semplicemente tagliando le spese militari. A questo dovrebbe spingerci la nostra Costituzione che afferma :”L’Italia ripudia la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali...”(art.11) Ed invece siamo coinvolti in ben due guerre di aggressione, in Afghanistan e in Libia. La guerra in Iraq (con la partecipazione anche dell’Italia), le guerre in Afghanistan e in Libia fanno parte delle cosiddette “ guerre al terrorismo”, costate solo agli USA oltre 4.000 miliardi di dollari (dati dell’Istituto di Studi Internazionali della Brown University di New York). Questi soldi sono stati presi in buona parte in prestito da banche o da organismi internazionali. Il governo USA ha dovuto sborsare 200 miliardi di dollari in dieci anni per pagare gli interessi di quel prestito. Non potrebbe essere, forse, anche questo alla base del crollo delle borse? La corsa alle armi è insostenibile, oltre che essere un investimento in morte: le armi uccidono soprattutto civili.
Per questo mi meraviglia molto il silenzio dei nostri vescovi, delle nostre comunità cristiane, dei nostri cristiani impegnati in politica. Il Vangelo di Gesù è la buona novella della pace: è Gesù che ha inventato la via della nonviolenza attiva. Oggi nessuna guerra è giusta ,né in Iraq, né in Afghanistan, né in Libia. E le folle somme spese in armi sono pane tolto ai poveri, amava dire Paolo VI. E da cristiani come possiamo accettare che il governo italiano spenda 27 miliardi di euro in armi, mentre taglia 8 miliardi alla scuola e ai servizi sociali?
Ma perché i nostri pastori non alzano la voce e non gridano che questa è la strada verso la morte? E come cittadini in questo momento di crisi, perché non gridiamo che non possiamo accettare una guerra in Afghanistan che ci costa 2 milioni di euro al giorno? Perché non ci facciamo vivi con i nostri parlamentari perché votino contro queste missioni? La guerra in Libia ci è costata 700 milioni di euro!
Come cittadini vogliamo sapere che tipo di pressione fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d’armi. Noi vogliamo sapere quanto lucrano su queste guerre aziende come la Fin-Meccanica, l’Iveco-Fiat, la Oto-Melara, l’Alenia Aeronautica. Ma anche quanto lucrano la banche in tutto questo.
E come cittadini chiediamo di sapere quanto va in tangenti ai partiti, al governo sulla vendita di armi all’estero (Ricordiamo che nel 2009 abbiamo esportato armi per un valore di quasi 5 miliardi di euro).
E’ un autunno drammatico questo, carico di gravi domande. Il 25 settembre abbiamo la 50° Marcia Perugia-Assisi iniziata da Aldo Capitini per promuovere la nonviolenza attiva. Come la celebreremo? Deve essere una marcia che contesta un’Italia che spende 27 miliardi di euro per la Difesa.
E il 27 ottobre sempre ad Assisi , la città di S. Francesco, uomo di pace, si ritroveranno insieme al Papa, i leader delle grandi religioni del mondo. Ci aspettiamo un grido forte di condanna di tutte le guerre e un invito al disarmo. Mettiamo da parte le nostre divisioni, ricompattiamoci, scendiamo per strada per urlare il nostro no alle spese militari, agli enormi investimenti in armi, in morte. Che vinca la Vita!
Alex Zanotelli
Napoli, 24 agosto 2011
Il purgatorio che ci attende
di Franco Berardi - Bifo (il manifesto, 15.09.2011)
Sarà un governo della Bce impersonato da un banchiere o da un confindustriale osannato dai legalitari a distruggere la società italiana, e i prossimi anni saranno peggiori dei venti che abbiamo alle spalle. È meglio saperlo. «L’operaio tedesco non vuol pagare il conto del pescatore greco», dicono i pasdaran dell’integralismo economicista. Mettendo lavoratori contro lavoratori la classe dirigente finanziaria ha portato l’Europa sull’orlo della guerra civile. Le dimissioni di Stark segnano un punto di svolta: un alto funzionario dello stato tedesco alimenta l’idea (falsa) che i laboriosi nordici stiano sostenendo i pigri mediterranei, mentre la verità è che le banche hanno favorito l’indebitamento per sostenere le esportazioni tedesche. Per spostare risorse e reddito dalla società verso le casse del grande capitale, gli ideologi neoliberisti hanno ripetuto un milione di volte una serie di panzane, che grazie al bombardamento mediatico e alla subalternità culturale della sinistra sono diventati luoghi comuni, ovvietà indiscutibili, anche se sono pure e semplici contraffazioni. Elenchiamo alcune di queste manipolazioni che sono l’alfa e l’omega dell’ideologia che ha portato il mondo e l’Europa alla catastrofe.
Cinque manipolazioni
Prima manipolazione: riducendo le tasse ai possessori di grandi capitali si favorisce l’occupazione. Perché? Non l’ha mai capito nessuno. I possessori di grandi capitali non investono quando lo stato si astiene dall’intaccare i loro patrimoni, ma solo quando pensano di poter far fruttare i loro soldi. Perciò lo stato dovrebbe tassare progressivamente i ricchi per poter investire risorse e creare occupazione. La curva di Laffer che sta alla base della Reaganomics è una patacca trasformata in fondamento indiscutibile dell’azione legislativa della destra come della sinistra negli ultimi tre decenni.
Seconda manipolazione: prolungando il tempo di lavoro degli anziani, posponendo l’età della pensione si favorisce l’occupazione giovanile. Si tratta di un’affermazione evidentemente assurda. Se un lavoratore va in pensione si libera un posto che può essere occupato da un giovane, no? E se invece l’anziano lavoratore è costretto a lavorare cinque, sei, sette anni di più di quello che era scritto nel suo contratto di assunzione, i giovani non potranno avere i posti di lavoro che restano occupati. Non è evidente? Eppure le politiche della destra come della sinistra da tre decenni a questa parte sono fondate sul misterioso principio che bisogna far lavorare di più gli anziani per favorire l’occupazione giovanile. Risultato effettivo: i detentori di capitale, che dovrebbero pagare una pensione al vecchietto e un salario al giovane assunto, pagano invece solo un salario allo stanco non pensionato, e ricattano il giovane disoccupato costringendolo ad accettare ogni condizione di precariato.
Terza manipolazione: occorre privatizzare la scuola e i servizi sociali per migliorarne la qualità grazie alla concorrenza. L’esperienza trentennale mostra che la privatizzazione comporta un peggioramento della qualità, perché lo scopo del servizio non è più soddisfare un bisogno pubblico ma aumentare il profitto privato. E quando le cose cominciano a funzionare male, come spesso accade, allora le perdite si socializzano perché non si può rinunciare a quel servizio, mentre i profitti continuano a essere privati. Quarta manipolazione: i salari sono troppo alti, abbiamo vissuto al disopra dei nostri mezzi dobbiamo stringere la cinghia per essere competitivi. Negli ultimi decenni il valore reale dei salari si è ridotto drasticamente, mentre i profitti si sono dovunque ingigantiti. Riducendo i salari degli operai occidentali grazie alla minaccia di trasferire il lavoro nei paesi di nuova industrializzazione dove il costo del lavoro era e rimane a livelli schiavistici, il capitale ha ridotto la capacità di spesa. Perché la gente possa comprare le merci che altrimenti rimangono invendute, si è allora favorito l’indebitamento in tutte le sue forme. Questo ha indotto dipendenza culturale e politica negli attori sociali (il debito agisce nella sfera dell’inconscio collettivo come colpa da espiare), e al tempo stesso ha fragilizzato il sistema esponendolo come ora vediamo al collasso provocato dall’esplodere della bolla. Quinta manipolazione: l’inflazione è il pericolo principale, al punto che la Banca centrale europea ha un unico obiettivo dichiarato nel suo statuto, quello di contrastare l’inflazione costi quel che costi. Cos’è l’inflazione? È una riduzione del valore del denaro o piuttosto un aumento dei prezzi delle merci.
È chiaro che l’inflazione può diventare pericolosa per la società, ma si possono creare dei dispositivi di compensazione (come era la scala mobile che in Italia venne cancellata nel 1984, all’inizio della gloriosa "riforma" neoliberista). Il vero pericolo per la società è la deflazione, strettamente collegata alla recessione, riduzione della potenza produttiva della macchina collettiva. Ma chi detiene grandi capitali, piuttosto che vederne ridotto il valore dall’inflazione, preferisce mettere alla fame l’intera società, come sta accadendo adesso. La Banca europea preferisce provocare recessione, miseria, disoccupazione, impoverimento, barbarie, violenza, piuttosto che rinunciare ai criteri restrittivi di Maastricht, stampare moneta, dando così fiato all’economia sociale, e cominciando a redistribuire ricchezza. Per creare l’artificiale terrore dell’inflazione si agita lo spettro (comprensibilmente temuto dai tedeschi) degli anni ’20 in Germania, come se causa del nazismo fosse stata l’inflazione, e non la gestione che dell’inflazione fece il grande capitale tedesco e internazionale.
Moltiplicazione del disastro
Ora tutto sta crollando, è chiaro come il sole. Le misure che la classe finanziaria sta imponendo agli stati europei sono il contrario di una soluzione: sono un fattore di moltiplicazione del disastro. Il salvataggio finanziario viene infatti accompagnato da misure che colpiscono il salario (riducendo la domanda futura), e colpiscono gli investimenti nella istruzione e nella ricerca (riducendo la capacità produttiva futura), quindi immediatamente inducono recessione. La Grecia ormai lo dimostra. Il salvataggio europeo ne ha distrutto le capacità produttive, privatizzato le strutture pubbliche, demoralizzato la popolazione. Il prodotto interno lordo è diminuito del 7% e non smette di crollare. I prestiti vengono erogati con interessi talmente alti che anno dopo anno la Grecia sprofonda sempre più nel debito, nella colpa, nella miseria e nell’odio antieuropeo. La cura greca viene ora estesa al Portogallo, alla Spagna, all’Irlanda, all’Italia. Il suo unico effetto è quello di provocare uno spostamento di risorse dalla società di questi paesi verso la classe finanziaria. L’austerità non serve affatto a ridurre il debito, al contrario, provoca deflazione, riduce la massa di ricchezza prodotta e di conseguenza provocherà un ulteriore indebitamento, fin quando l’intero castello crollerà.
A questo i movimenti debbono essere preparati. La rivolta serpeggia nelle città europee. In qualche momento, nel corso dell’ultimo anno, ha preso forma in modo visibile, dal 14 dicembre di Roma, Atene e Londra, all’acampada del maggio-giugno di Spagna, fino alle quattro notti di rabbia dei sobborghi d’Inghilterra. È chiaro che nei prossimi mesi l’insurrezione è destinata a espandersi, a proliferare. Non sarà un’avventura felice, non sarà un processo lineare di emancipazione sociale. La società dei paesi è stata disgregata, fragilizzata, frammentata da trent’anni di precarizzazione, di competizione selvaggia nel campo del lavoro, e da trent’anni di avvelenamento psicosferico prodotto dalle mafie mediatiche, gestite da gente come Berlusconi e Murdoch.
Effetti della desolidarizzazione
L’insurrezione che viene sarà un processo non sempre allegro, spesso venato da fenomeni di razzismo, di violenza autolesionista. Questo è l’effetto della desolidarizzazione che il neoliberismo e la politica criminale della sinistra hanno prodotto nell’esercito proliferante e frammentato del lavoro. Nei prossimi cinque anni possiamo attenderci un diffondersi di fenomeni di guerra civile interetnica, come già si è intravisto nei fumi della rivolta inglese, ad esempio negli episodi violenti di Birmingham. Nessuno potrà evitarlo, e nessuno potrà dirigere quell’insurrezione, che sarà un caotico riattivarsi delle energie del corpo della società europea troppo a lungo compresso, frammentato e decerebrato. Il compito che i movimenti debbono svolgere non è provocare l’insurrezione, dato che questa seguirà una dinamica spontanea e ingovernabile, ma creare (dentro l’insurrezione o piuttosto accanto, in parallelo) le strutture conoscitive, didattiche, esistenziali, psicoterapeutiche, estetiche, tecnologiche e produttive che potranno dare senso e autonomia a un processo in larga parte insensato e reattivo.
Nell’insurrezione ma anche fuori di essa dovrà crescere il movimento di reinvenzione d’Europa, ponendosi come primo obiettivo l’abbattimento dell’Europa di Maastricht, il disconoscimento del debito e delle regole che l’hanno generato e lo alimentano, e lavorando alla creazione di luoghi di bellezza e di intelligenza, di sperimentazione tecnica e politica. La caduta d’Europa (inevitabile) non sarà un fatto da salutare con gioia, perché aprirà la porta a processi di violenza nazionalista e razzista. Ma l’Europa di Maastricht non può essere difesa. Compito del movimento sarà proprio riarticolare un discorso europeo basato sulla solidarietà sociale, sull’egualitarismo, sulla riduzione del tempo di lavoro, sulla redistribuzione della ricchezza, sull’esproprio dei grandi capitali, sulla cancellazione del debito, e sulla nozione di sconfinamento, di superamento della territorialità della politica. Abolire Maastricht, abolire Schengen, per ripensare l’Europa come forma futura dell’internazionale, dell’uguaglianza e della libertà (dagli stati, dai padroni e dai dogmi).
Lo scenario Italia
È probabile che il prossimo passaggio dell’insurrezione europea abbia come scenario l’Italia. Mentre Berlusconi ci ipnotizza con i suoi funambolismi da vecchio mafioso, eccitando l’indignazione legalitaria, Napolitano ci frega il portafoglio. La divisione del lavoro è perfetta. Gli indignati d’Italia credono che basti ristabilire la legalità perché le cose si rimettano a funzionare decentemente, e credono che i diktat europei siano la soluzione per le malefatte della casta mafiosa italiana. Dopo trent’anni di Minzolini e Ferrara non ci dobbiamo meravigliare che si possa credere a favole di questo genere. Il Purgatorio che ci aspetta è invece più complicato e lungo. Dovremo forse passare attraverso un’insurrezione legalitaria che porterà al disastro di un governo della Banca centrale europea impersonato da un banchiere o da un confindustriale osannato dai legalitari. Sarà quel governo a distruggere definitivamente la società italiana, e i prossimi anni italiani saranno peggiori dei venti che abbiamo alle spalle. È meglio saperlo. Ed è anche meglio sapere che una soluzione al problema italiano non si trova in Italia, ma forse (e sottolineo forse) si troverà nell’insurrezione europea.
Continuano a truffarci, ma le schiene del popolino, sembra stiano incominciando a raddrizzarsi.
Ciao Antonio
Se chi non paga le tasse mette a rischio la società
Le discussioni sulla manovra economica riportano in primo piano una pratica che oltre a incidere sui conti pubblici genera sfiducia reciproca tra i cittadini
Negli ultimi anni dell’Impero i romani si rifugiavano presso i barbari per tentare di sfuggire alla presa degli esattori
In Europa siamo superati solo dalla Grecia, gli altri paesi si attestano su livelli molto inferiori ai nostri
di Giorgio Ruffolo (la Repubblica, 15.09.2011)
Gli antichi romani evadevano il fisco? Negli ultimi tempi dell’impero lo facevano rifugiandosi persino presso i barbari, pur di non cadere nelle grinfie degli esattori. In un libro recente sull’impatto delle tasse sulla civiltà umana uno storico americano attribuisce alla schiacciante pressione fiscale la responsabilità principale della caduta dell’impero romano.
Nell’Italia di oggi gli evasori hanno vita molto meno ardua. Non è necessario rifugiarsi nell’inferno dei barbari. Basta che depositino i loro soldi nei paradisi fiscali; oppure ricorrano a pensionati e nullatenenti nostrani. Il 53 per cento dei contratti di locazione, spesso non registrati, delle ville di Porto Cervo, Forte dei Marmi, Porto Rotondo, Rapallo, Capri, Sabaudia, Panarea, Portofino, Taormina e Amalfi sono intestati a pensionati con la social card, prestanome di ignoti non-contribuenti. Così fiorisce l’evasione fiscale italiana, una delle più ricche del mondo. Secondo le più recenti stime dell’Istat l’economia sommersa in Italia ha raggiunto nel 2008 circa 275 miliardi di euro pari al 17,5 per cento del Pil. Di questi si stima che 230 miliardi siano propriamente evasione fiscale, con un mancato gettito di 120 miliardi: più del doppio della "manovra" in corso.
L’Agenzia delle Entrate ha stimato che l’evasione riguarda in particolar modo il terziario e il settore delle costruzioni, dove arriva al 60 per cento del reddito. È più elevata al Sud, dove raggiunge il 50%, il doppio del Nord in termini relativi, mentre quest’ultimo prevale ovviamente in termini assoluti.
In Europa l’evasione fiscale italiana è preceduta soltanto di pochissimo dalla Grecia con il 20 per cento; è poco più di quella inglese mentre nei riguardi degli altri paesi registra un differenziale che è in media di 10 punti: 11 per cento in Germania, 7 per cento in Francia, 4 per cento in Danimarca, 4 per cento in Spagna e Portogallo (!), 3 per cento in Svezia. Il differenziale italiano con gli altri paesi è rimasto stabile negli ultimi venti anni, mentre si sono rinnovate con puntuale insistenza le promesse di decine di governi di combattere l’evasione fiscale. Quanto alla capacità del governo di "mettere le mani in tasca agli italiani", secondo la simpatica definizione berlusconiana, dopo una breve flessione, il "prelievo" berlusconiano delle tasche ha ripreso vigore dal 2008.
Quanto all’Iva, un recente studio promosso dalla Commissione di Bruxelles stima un’evasione di imponibile italiano del 22 per cento contro il 9 per cento in Germania e il 7 in Francia (30 per cento in Grecia). Quanto ai rapporti tra fisco e contribuenti, dunque, l’Italia non eccelle per reciproca stima. Altri paesi, soprattutto quelli scandinavi, hanno da tempo raggiunto uno stadio di convivenza civile, Quei rapporti hanno attraversato nella storia fasi alterne e tempestose.
S’è detto dei romani. Se si prescinde dai catastrofici ultimi secoli la pressione fiscale nei secoli della repubblica e nei primi dell’impero si era mantenuta entro livelli moderati come lo era stata in genere durante tutta l’antichità. La patologia di quel rapporto non stava, nell’antichità, nell’altezza della pressione fiscale ordinaria ma nelle frequenti guerre, con il loro contorno di stragi, violenze, schiavitù e rapine. L’economia romana non era alimentata dalle entrate fiscali regolari, ma dal flusso continuo di prelievi violenti sulle popolazioni sottomesse. Fu a partire dalla fine di quei prelievi che quell’economia di rapina entrò in crisi.
Nel Medioevo un vero e proprio sistema fiscale neppure esisteva. I prelievi ordinari erano lasciati alla consuetudine o all’arbitrio. Gravavano essenzialmente sulle rendite fondiarie.
Nei primi Stati nazionali il prelievo fiscale dei governi era percepito con il consenso dei sudditi come in Inghilterra, attraverso il sistema parlamentare, o con l’autorità sostenuta dalla forza come sempre più spesso in Francia. La causa fondamentale del prelievo era il finanziamento delle guerre ma anche dei consumi dell’aristocrazia. Negli Stati nazionali della modernità il peso politico delle nuove classi popolari e l’avvento della democrazia hanno spostato l’asse del prelievo fiscale dagli impieghi militari alle spese sociali, mentre lo sviluppo del capitalismo premeva perché quelle risorse fossero destinate al finanziamento di investimenti produttivi. Le due destinazioni non sono affatto conflittuali, sono complementari: il capitalismo ha bisogno di una vasta infrastruttura sociale e quest’ultima è inconcepibile senza un’adeguata produzione di ricchezza. È in questo spazio sociale che si insinua lo sfruttamento dell’evasore fiscale.
L’evasore fiscale, facendo mancare risorse allo Stato, pregiudica entrambe le funzioni, quella capitalistica e quella amministrativa, campando a scrocco. È, in senso proprio, un "magnaccia", che mette le mani nelle tasche dei cittadini. Ma la responsabilità dell’evasione fiscale non sta tutta sulle spalle degli evasori. Anche su quelle dei governi. Non parlo solo delle dichiarazioni di benevolenza (Je vous ai compris) del Premier.
Parlo soprattutto della selva dei condoni delle esenzioni degli "scudi" che hanno abituato gli evasori all’idea che il gioco è truccato.
ECONOMIA
Manovra, lo "sciopero" dei sindaci
"Non garantiti i servizi essenziali"
Primi cittadini in protesta contro i tagli della Finanziaria. In novemila hanno restituito le deleghe ai Prefetti. Alemanno: "Sbagliato fare un discorso di parte". Fassino: "La Lega sbaglia" *
ROMA - Sindaci in protesta contro i tagli della Finanziaria. In tutta Italia si sta svolgendo la mobilitazione promossa dell’Anci contro la manovra del governo. Quasi novemila primi cittadini hanno restituito le deleghe ai Prefetti, dando vita al primo ’sciopero’ dei sindaci contro la manovra. Una protesta a cui la Lega aveva regiato ponendo il "veto" sulla partecipazione dei propri amministratori.
Roma."Dimissionario è un termine forte ma oggi sono un sindaco che riconsegna la delega perchè con questa manovra non possiamo assicurare i servizi necessari ai nostri cittadini" dice il primo cittadino di Roma, Gianni Alemanno - Ieri si è aperto un tavolo di confronto tra Governo ed enti locali, ma oggi siamo dei comuni bloccati sia nei servizi che negli investimenti". Una protesta che va in direzione contraria rispetto al partito di maggioranza di cui fa parte: "Di fronte a situazioni gravi non si può stare zitti, non si può fare un discorso di partito e di lettura politica: il consegnare la protesta ai sindaci del solo centrosinistra sarebbe comunque un errore, perchè i problemi sono oggettivi, dimostrare che c’è una dialettica istituzionale e che tutti i sindaci, al di la degli schieramenti, stanno ponendo un problema è un atto di onestà che deve essere apprezzato. Il governo deve dare una risposta e sono convinto che possa darla".
Torino. Anche il sindaco di Torino, Piero Fassino, ha partecipato alla protesta. "Rischiamo di non essere più in grado di garantire i servizi essenziali ai cittadini perchè i tagli decisi del Governo sono insostenibili. Sbaglia la Lega a chiedere ad alcuni dei suoi sindaci di non partecipare a questa protesta, in primo luogo perchè i tagli del Governo mettono in croce anche loro, in secondo luogo perchè i sindaci rappresentano un’istituzione che va oltre i partiti, il loro compito è quello di stare con i cittadini. Mettere la testa sotto la sabbia non porta a nulla". Fassino ha riferito di aver illustrato i contenuti della protesta anche al prefetto di Torino in qualità di rappresentante del Governo sul territorio, "come - ha sottolineato - hanno fatto oggi molti altri sindaci italiani". Nel volantino, infine, Fassino ricorda come "i Comuni, in questi anni, abbiano contribuito al bilancio dello Stato con risparmi pari a oltre 3 miliardi di euro all’anno mentre il governo continua a non controllare e a non contenere le spese centrali e statali".
Genova. Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, restituirà oggi al Prefetto, quindi al ministero dell’Interno, le deleghe all’anagrafe e allo stato civile. Con l’approvazione della manovra, "è venuto il ruolo delle città, non solo dei comuni, nelle scelte della politica del nostro Paese. Si chiami manovra o quello che si vuole. Dalla crisi possiamo uscire solo restituendo alle città la loro centralità, non togliendola come sta facendo il governo" venezia
Venezia. Venezia spiega a cittadini e turisti i tagli agli enti locali contenuti in manovra. E lo fa con un volantino distribuito in piazza san marco in italiano e inglese. Numerosi i cittadini e i turisti che si sono fermati a leggerlo. "Ogni anno i comuni hanno portato nelle casse dello stato risorse per un totale di oltre 3 miliardi di euro. I comuni non producono più deficit , il loro debito è pari al 2,7% di quello totale della p.A.I comuni dal 2011 si trovano in avanzo cedendo due miliardi in termini di patto di stabilità. Ai comuni che sono in pareggio di bilancio si chiede uno sforzo fiscale ulteriore pari a 7 miliardi che corrisponde al 17,3% della spesa media corrente per il 2012 e il 18% per il 2013. Abbiamo deciso di scrivervi per far conoscere a che punto siamo arrivati"; conclude il volantino.
Potenza. Le maschere bianche con una smorfia di dolore, simbolo "di un governo che ignora i Comuni e puoi vuole ucciderli", lo striscione con la scritta "Comune chiuso per manovra", e le deleghe (all’Anagrafe e allo Stato civile) riconsegnate simbolicamente al Prefetto di Potenza dai sindaci, tutti rigorosamente con la fascia tricolore. Sono stati questi gli elementi della protesta contro i tagli inseriti nella manovra, organizzata (nell’ambito delle iniziative che si stanno svolgendo in tutta Italia) stamani, a Potenza, dall’Anci della Basilicata, a cui hanno partecipato i sindaci lucani, di centrodestra e di centrosinistra.
Il sindaco che dice no a Bossi. Sandy Cane, sindaco leghista di Viggiù, ha confermato tramite la stampa locale che oggi aderirà allo sciopero dei sindaci, nonostante le indicazioni contrarie del suo partito.Gli sportelli del municipio resteranno aperti, però, per non arrecare disagi ai cittadini. Sandy Cane si è detta pronta anche all’eventualità di essere espulsa dalla Lega Nord.
Regioni. Oggi alle 16 le Regioni riconsegneranno nelle mani del ministro dei rapporti con le autonomie raffaele fitto i contratti di servizio per il trasporto pubblico locale. "E’ impossibile gestirlo in queste condizioni", ha detto il presidente della conferenza delle Regioni Vasco Errani, dopo l’approvazione della manovra ieri.
* http://www.repubblica.it/politica/2011/09/15/news/sindaci_protesta-21700740/?ref=HRER2-1