"Nella democrazia - scrive Gaetano Filangieri nella sua opera La Scienza della Legislazione (1781-88) - comanda il popolo, e ciaschedun cittadino rappresenta una parte della sovranità: nella concione [assemblea di tutto il popolo], egli vede una parte della corona, poggiata ugualmente sul suo capo che sopra quello del cittadino più distinto.
L’oscurità del suo nome, la povertà delle sue fortune non possono distruggere in lui la coscienza della sua dignità. Se lo squallore delle domestiche mura gli annuncia la sua debolezza, egli non ha che a fare un passo fuori della soglia della sua casa, per trovare la sua reggia, per vedere il suo trono, per ricordarsi della sua sovranità"(Libro III, cap. XXXVI).
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“Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto. A questo patto l’umanità potrà dire di aver avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e proporzionale al suo progresso tecnico” (don Lorenzo Milani, Lettera ai giudici, 1965)
De Magistris: sos igiene. E attacca Berlusconi
Napolitano: "Urgente l’intervento del governo" *
Il sindaco lancia un sos sanitario e sul premier dice. "Se ne frega di Napoli. Se avesse avuto a cuore le sorti della città in queste ore avrebbe adottato ben altri provvedimenti". Il monito del capo dello Stato: emegrenza acuta e allarmante.
Imminente un’ordinanza contro i roghi e contro chi sparge i rifiuti in strada, annunciata la scorta armata ai mezzi dell’azienda rifiuti, Ai cittadini si chiede "attenzione" sulla raccolta differenziata. Guasto il termovalorizzatore di Acerra, individuati tre nuovi siti in città *
A Napoli la situazione è grave, l’emergenza è "acuta e allarmante", l’intervento del governo è "indispensabile". Il presidente Napolitano raccoglie e rilancia l’allarme del sindaco Luigi De Magistris, che poco prima aveva dichiarato: la situazione igienico-sanitaria "è grave", c’è ormai "un rischio concreto per la salute dei cittadini". De Magistris in una conferenza stampa ha anche duramente attaccato Berlusconi: "Non ha fatto nulla per Napoli e per l’emergenza rifiuti, perché se ne frega: altrimenti in queste ore avrebbe adottato altri provvedimenti". "Bisogna partire subito - ha aggiunto il primo cittadino - Le isole ecologiche devono essere immediatamente attive, non si può aspettare settembre". Fra le altre emergenze, "Il termovalorizzatore di Acerra è bloccato per un guasto", ha fatto anche sapere il primo cittadino, "da ieri sera non funziona più". "Il Comune di Napoli ha individuato tre siti di trasferenza in città", ha poi annunciato. In questo modo "non dovremmo più dipendere da nessuno".
Il primo cittadino non ha voluto però svelare quali siano questi siti, "per motivi di riservatezza". Ma è filtrato che oltre all"Ex Icm del quartiere Ponticelli già in uso, i luoghi individuati sarebbero i capannoni dismessi di Gianturco e l’ex mercato dei fiori di San Pietro a Patierno. Sul secondo sito la Provincia avrebbe dato l’ok.
De Magistris ha anche promesso un "impegno straordinario" della polizia municipale sul fronte della repressione dei roghi, "che rappresentano un pericolo per la salute pubblica", e contro "chi rovescia per strada i cumuli. In tal senso - ha detto - arriverà un’ordinanza tra poche ore". I mezzi Asia avranno scorta armata delle forze dell’ordine. Il sindaco non ha voluto svelare altri dettagli del piano anti- rifiuti. "Non è opportuno in questa fase rendere conto di tutti i passi che stiamo compiendo".
"No allo stato di emergenza", ha infine chiarito il primo cittadino. "Stiamo cercando di agire nell’ambito dei poteri ordinari. Noi facciamo quello che il Comune può fare". "Sappiamo che i cittadini sono stremati dalla situazione - ha concluso - ma chiediamo un ulteriore sforzo per fare attenzione ai rifiuti che gettano via e all’uso della differenziata. Cercheremo di rimpinguare le casse dell’Asìa alla quale stiamo chiedendo in queste ore uno sforzo straordinario".
* la Repubblica, 23 giugno 2011
Ricostruire, cominciando domenica
di Angelo Bertani (Europa, 10 giugno 2011)
Dunque si può vincere anche sulla spinta dell’indignazione. Maria Cristina Bartolomei (su Jesus di maggio) ricorda che l’indignazione non è un sentimento di odio ma «è l’adesione affettiva ed emotiva al giudizio che distingue bene e male» (Kant). Certo, «Indignarsi non basta», come scrive Pietro Ingrao, ma può essere una buona partenza. Può aprire la strada per realizzare «la svolta mite di un paese stanco di urla» (Ilvo Diamanti, Repubblica, 6 giugno). «Partecipare è già vincere», spiegano i cattolici democratici milanesi Paolo Danuvola e Fabio Pizzul (Il sicomoro, 8 giugno).
Si tratta adesso di passare dalla liberazione alla ricostruzione. La prima occasione la offrono i referendum di domenica prossima. È importante che le voci significative del mondo cattolico, vescovi e settimanali diocesani abbiano auspicato la partecipazione e la scelta del Sì. Salvo i ciellini/pidiellini, e Avvenire (cfr. “Referendum , questioni di merito” di Sergio Soave, 2 giugno), l’“alleanza” tra la segreteria vaticana e il governo italiano sembra in difficoltà. «Il Vaticano ha chiuso gli occhi sulle violazioni più eclatanti dell’etica pubblica... Una delle più antiche diplomazie del mondo è stata piegata ai disegni di potere berlusconiano...» (Marco Politi, Il Fatto quotidiano, 1 giugno).
Ma per ricostruire una vita civile “a misura dell’uomo” serviranno partiti, programmi e soprattutto uomini. Il cardinale Bagnasco ha auspicato appunto una nuova generazione di cattolici impegnati in politica: persone di qualità e rettitudine, senza però costituire un nuovo “partito cattolico” (A. Tornielli, “La Chiesa in cerca di un partito”, La Stampa, 2 giugno).
A questo punto conviene rileggere le parole che Giuseppe Dossetti pronunciò nel 1993 e che oggi sono ancora più attuali: «Dobbiamo convincerci che tutti noi, cattolici italiani, abbiamo gravemente mancato, specialmente negli ultimi due decenni, e che ci sono grandi colpe (non solo errori o mere insufficienze), grandi e veri e propri peccati collettivi. I battezzati consapevoli devono percorrere un cammino inverso a quello degli ultimi vent’anni, cioè mirare non ad una presenza dei cristiani nelle realtà temporali e alla loro consistenza numerica e al loro peso politico, ma ad una ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore, che potrà poi, per intima coerenza e adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso culturale e finalmente sociale e politico».
Pisapia e De Magistris esordio da star
Passaggio di consegne a Milano, stretta di mano tra sorrisi *
Due giugno particolare per i sindaci neo eletti. Bagno di folla a Napoli per Luigi De Magistris, accolto da applausi e strette di mano in piazza Plebiscito. Prima, per la prima volta con la fascia tricolore, aveva deposto una corona al mausoleo di Posillipo. Festa di piazza anche per Giuliano Pisapia, tra il Duomo e Palazzo Marino. Emozionato il sindaco che ha intonato l’inno di Mameli. Prima celebrazione a Cagliari per Massimo Zedda, che ha annunciato le dimissioni da consigliere regionale
PISAPIA STAR A FESTA REPUBBLICA DI MILANO - Giuliano Pisapia star suo malgrado: il neosindaco di Milano ha letteralmente catalizzato l’attenzione della giornata durante la Festa della Repubblica. E’ stato protagonista sia alla cerimonia commemorativa della mattina in piazza Duomo, sia durante il corteo che, nel pomeriggio, ha portato migliaia di persone da Porta Venezia a piazza Castello. Un ruolo che e’ sembrato piu’ subito che cercato e che il primo cittadino ha pero’ accettato si’ con grande pudore, ma anche con grande disponibilita’ ed evidente felicita’. Rompendo tutte le formalita’, e’ andato a piedi fino alla sede del Comune, Palazzo Marino, attraversando la Galleria Vittorio Emanuele strapiena. Durante la cerimonia Pisapia ha cantato l’Inno di Mameli: ’’L’ho imparato a scuola come tutti - ha spiegato rispondendo alle domande dei giornalisti - e soprattutto in un momento importante per Milano e per la Repubblica, mi e’ venuto assolutamente spontaneo cantare il nostro inno’’. ’’Quello che e’ entusiasmante ancora oggi - ha continuato - e’ la gente, i milanesi, coloro che vengono da fuori Milano perche’ ho avuto un’accoglienza ancora una volta entusiasta. Questo e’ molto bello perche’ vuol dire che la citta’ intera vuole andare avanti e migliorare. E’ il primo regalo che Milano fa a me’’. Quindi nel pomeriggio Piasapia e’ andato al corteo, un po’ a sorpresa perche’ invece doveva incontrare i partecipanti in piazza della Scala, e qui ha a lungo abbracciato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso.
BAGNO DI FOLLA PER DE MAGISTRIS A NAPOLI - E’ la festa della Repubblica, ma se non fosse per i militari in parata, sembrerebbe più la festa di Luigi De Magistris. La prima uscita pubblica del neo sindaco di Napoli, con tanto di fascia tricolore ("mi va proprio bene, è perfetta" si compiace), si trasforma in un bagno di folla. "Gi-gi, Gi-gi", lo acclamano i napoletani, in alcune centinaia accorsi all’appuntamento di piazza del Plebiscito, e così il tradizionale evento che ricorda i compleanni dell’Italia repubblicana si trasforma in un’ appendice della festa in piazza per l’ex pm dell’Idv, sindaco con il 65% delle preferenze. Il primo impegno ufficiale, di buon mattino, è al mausoleo di Posillipo dove il primo cittadino depone corone di alloro e ricorda i valori della Costituzione "nata - sottolinea - grazie alle lotte di Liberazione dal regime nazifascista". Qui incontra il presidente della Provincia di Napoli, ed esponente del Pdl, Luigi Cesaro: tra i due solo una gelida stretta di mano senza convenevoli. Salta invece l’incontro con il governatore Caldoro, a Roma per la parata dei Fori Imperiali: al suo posto c’é il vice Giuseppe De Mita. Poi si va in Prefettura per un rinfresco che precede la cerimonia: anche qui le attenzioni sono tutte per lui. C’é una bella fetta della società napoletana e i colloqui con il nuovo sindaco, come gli auguri, si sprecano. Ma è una volta in piazza che scatta la festa. Cori, strette di mano, applausi che scrosciano. Un abbraccio a cui il primo cittadino non si sottrae. De Magistris prende in braccio il figlio più piccolo e stringe la mano all’altro, mescolati tra il pubblico stipato dietro le transenne. A fine mattinata giunge anche la ’benedizione’ dell’arcivescovo di Napoli, cardinale Sepe: dal colloquio riservato avuto in Curia emerge la comune volontà di lavorare per il rilancio della città. Infine, una curiosità che la dice lunga sulla luna di miele tra De Magistris e i napoletani: da oggi nel presepio partenopeo c’é un pastore in più: raffigura, neanche a dirlo, il nuovo sindaco con bandana arancione in testa. Un’immagine del nuovo corso in cui non riesce più a identificarsi Antonio Bassolino: "Io - dice sul suo blog l’ex sindaco - con una bandana in testa a piazza Municipio non riesco proprio ad immaginarmi".
* ANSA, 03 giugno 2011: -http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/speciali/2011/05/12/visualizza_new.html_870208041.html
Il riscatto della Repubblica
di Maurizio Viroli (il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2011)
Oggi, 2 giugno, potrà essere ricordato come la data che segna l’inizio di una rinascita morale e civile della nostra Repubblica. Repubblica, lo ricordo a chi l’ha dimenticato o a chi non lo ha mai capito, non vuol dire soltanto che la sovranità appartiene al popolo e non ad un re, ma anche governo della legge, virtù civile, disprezzo per le corti, intransigenza nella difesa della libertà comune, amore per la propria città. Il voto dei cittadini italiani ha testimoniato, in realtà fra loro assai diverse come Milano e Napoli o Trieste e Cagliari, adesione a questi principi.
Sia Pisapia che De Magistris sono stati fin dall’inizio fermi sostenitori dell’idea che le leggi devono valere per tutti e che la Costituzione, legge fondamentale dello Stato, deve essere rispettata soprattutto da chi governa e da chi ha il potere legislativo. A dare esempio di virtù civile ci hanno pensato i cittadini in forme e modi tali da sorprendere tutti coloro che pensavano (e probabilmente continueranno a pensare) che gli Italiani sono, per varie ragioni, incapaci di forti passioni civili.
I cittadini che si sono impegnati per fare vincere candidati che non avevano alle spalle consolidati apparati di partito lo hanno fatto per passione, per quell’amore del bene comune che è il segno distintivo di un vero cittadino. Queste esigenze sono state valorizzate, finalmente, da leaders che hanno capito che la politica, soprattutto quella che mira all’emancipazione dal dominio di uomini potenti, non può essere soltanto razionalità, calcolo e competenza ma deve essere anche matura passione, spirito critico e sdegno in una cornice di sobrietà e serietà.
L’ASPETTO CHE PIÙ DI OGNI ALTRO EMERGE da queste elezioni amministrative (dalle primarie fino ad oggi) è che i cittadini hanno saputo identificare le corti grandi e piccole e le hanno respinte. Infine, hanno vinto i candidati che per la loro biografia e per il loro linguaggio sono sempre stati avversari intransigenti di Silvio Berlusconi a tal segno che bisogna riconoscere che se il primo grande sconfitto è il presidente del consiglio, i secondi sono gli alfieri di un’opposizione accomodante, tenue, grigia.
Negli interventi dei candidati che hanno vinto le elezioni tema ricorrente è stato l’impegno per ridare alle città dignità e bellezza, sottrarle alla ferocia devastatrice della speculazione che mira esclusivamente ai grandi profitti e farne luoghi di accoglienza, d’incontro e di memoria. Soltanto in una città armoniosa si può costruire la cittadinanza piena.
Nella sua storia, la Repubblica ha vissuto esperienze importanti di riscatto civile: le lotte dei lavoratori, i movimenti per la conquista dei diritti civili, la difesa della Costituzione contro il terrorismo, ma mai in passato era emerso così netto uno spirito repubblicano.
Le lotte dei decenni passati erano sostenute da forti ideologie e forti partiti e sindacati. Il movimento attuale è invece, in gran parte, il frutto di un’emancipazione delle coscienze individuali che diventa movimento di emancipazione collettiva di cui abbiamo osservato la prima scintilla nel referendum contro la riforma costituzionale vinto nonostante l’opposizione della maggioranza berlusconiana e la freddezza di quasi tutti i partiti di sinistra.
La ragione principale è facile da intendere: mai l’Italia aveva subito un attacco così pericoloso contro i fondamenti della vita repubblicana come quello di Silvio Berlusconi e dei suoi. Lo scontro politico dal 1994 ad oggi non è stato fra diverse ideologie e diversi partiti leali ai valori repubblicani, ma una lotta mortale fra la Repubblica ed un signore. Pare proprio che i cittadini lo abbiano capito e abbiano reagito.
A questo punto è evidente anche la lezione per il futuro. Per completare l’opera, e soprattutto per evitare che il patrimonio di energie morali e civili che queste elezioni hanno messo in moto si disperdano, è necessario rafforzare ulteriormente lo spirito repubblicano e non cedere alla tentazione del moderatismo. La politica dei compromessi e degli accomodamenti è valida con avversari leali, civili e dignitosi. Con chi insidia e corrode le istituzioni repubblicane l’unico modo per vincere è essere intransigenti.
Il voto del turista americano
di Rino Mele (“Roma” - edizione salernitana, 29 maggio 2011)
Al primo turno a Napoli si è astenuto il 40% degli elettori. La cifra enorme mostra lo sfacelo, il decomposto ring dentro il quale si è poi realizzato il tempo di riflessione che ha preceduto il ballottaggio di oggi, la scelta (e il rischio) tra i due candidati: si sono trovati di fronte un uomo di centrodestra, un imprenditore, Lettieri e un rappresentante di una sinistra nuova, inedita, guerrigliera e giovane. Chiunque vinca, qualcosa è cambiato a Napoli, per sempre: la responsabilità del governo finalmente richiesta dal popolo, da una parte di esso quasi direttamente, fuori dalle consuete e difficili mediazioni.
Purtroppo, alla fine dei giorni duri della contesa, è venuta fuori, come un segno politicamente scuro, la morte del turista americano, in coma da più di una settimana dopo la violenza dello scippo a via Marina. Oscar Antonio Mendoza voleva vedere Napoli, aveva sentito parlare della bellezza della città, non della sua violenza. L’ombra chiara di questo innocente turista è diventata lo sfondo delle elezioni. Non se ne può più, Napoli deve cambiare, tutta, come il giorno si muta nella notte stellare e ha il beneficio dei sogni.
Non c’è tempo per piccole riforme che rafforzano il tempo preesistente, c’è solo urgenza di metterla dritta questa storta bellissima città, e bisogna farlo subito. Milano e Napoli sono nei pensieri di tutti, e dalla loro voce aspettiamo di sapere il nostro futuro: sembrano di fronte e sono lontane, occupano i due fuochi di una strabiliante ellisse, queste due città, e ci hanno fatto capire - in questi giorni - che le elezioni non terminano con gli scrutini ma continuano ogni giorno se guardiamo negli occhi i candidati che abbiamo votato e partecipiamo con essi al governo della nostra vita.
Nessuna delega è totale, nessuno può vendere la propria anima. Il duello politico, così forte in queste due città, è anche un insegnamento per non arrendersi all’arroganza: c’è sempre un turno in più per vincerla: le nostre parole, ogni analisi politica, il dialogo sulle cose da fare valgono una scheda votata. Anche il turista ucciso per difendere il suo Rolex a via Marina, oggi sta andando a votare. Ci sono, poi, gli eserciti di quelli che non votano e, con falsa innocenza, rafforzano il malaffare, la violenza politica, l’assuefazione a servire, come fossero morti. Bisogna chiedere loro, insistentemente, di pensare gli altri, fuori dall’ombra, e finalmente vivere la propria vita nelle necessarie parole.
Elezioni di primavera
di Rino Mele (“Roma” - edizione salernitana, martedì 31 maggio 2011)
A volte, quasi all’improvviso, tutto cambia: quello che fino a ieri era consuetudine, assuefazione, servile accettazione di un dolore quotidiano, potrebbe finire: come svegliarsi, liberandoci da quei sogni pomeridiani in cui sembra di volare naufragando e, inabissandoci, salvarsi. Ieri l’Italia ha cambiato volto, l’Italia antica dei Comuni, quegli spazi del lavoro e dell’anima collettiva stretti intorno al nostro cuore come una corona (o un cilicio), luoghi dell’infanzia nostra o dei nostri figli, dove riconosciamo il volto del vicino come fosse il nostro (nei paesi, le fotografie poste negli angoli degli specchi servono a raddoppiare la memoria, i ricordi d’amore e di pena).
Le elezioni amministrative sono politiche perché il cammino dell’Unità d’Italia è ancora lungo e l’Italia dei Comuni non è stata superata, stiamo ancora uno di fronte all’altro (fratelli ostili) a guardarci dalla finestra, a riconoscere l’inizio del paese -quando torniamo- dall’odore dei campi seminati.
Le elezioni di ieri a Napoli, Milano, Cagliari, Trieste, Pordenone (in tanti altri luoghi della nostra Italia) sono state come un vento violento e fresco, vorrebbero costringerci a diventare diversi e nuovi, ad aprire le finestre di un pensato futuro per far entrare finalmente quel vento pulito, che mandi via lo stanco e strabico clientelismo, la burocratizzazione del potere. Da ieri, possiamo dire basta, ognuno per la parte che gli compete, ricostruire il nostro personaggio, assegnargli una parte più decente, svestire i panni del servo e indossare la camicia dell’uomo libero.
Ma bisogna farlo subito, non addormentarsi in una gioia sterile, lavorare con orgoglioso entusiasmo all’opera faticosa che la libertà (questo nuovo liberarsi) richiede.
Le elezioni appena terminate possono rappresentare l’inizio della distruzione degli steccati dell’imperturbabile egoismo, quei confini stretti che l’avidità traccia intorno ai privilegi e rende incapaci di guardare e capire la presenza umiliata di chi soffre, i lavoratori senza lavoro (ed è la più atroce delle contraddizioni) i malati mal curati, i vecchi abbandonati nel loro stupefatto vuoto, i bambini senza infanzia. E, soprattutto, salvare i giovani, che cercano volgendosi indietro il loro futuro. Da ieri un vento nuovo schiarisce d’emozione il nostro volto, possiamo lasciarlo andar via o correre nella primavera della sua forza.
ELEZIONI
De Magistris: "Sui rifiuti la mia prima delibera"
Il nuovo sindaco di Napoli, dopo aver festeggiato l’intera notte, è andato stamane al Gambrinus a bere un caffè. "Mi ha commosso la telefonata con Napolitano, voltiamo pagina". Telefonate da Bersani, Fini e dal cardinale Sepe. "La mia prima delibera sarà sui rifiuti"
di CONCHITA SANNINO *
Primo caffè per il nuovo sindaco Luigi de Magistris, al Gambrinus in piazza Trieste e e Trento. Lo stesso scelto da Giorgio Napolitano quando torna nella sua città. E proprio al presidente della Repubblica de Magistris rivolge il suo pensiero. Lo aveva già sentito ieri, dopo la vittoria: "E’ una telefonata che mi ha commosso - spiega - che mi ha reso felice e che segna anche un superamento di attriti che ci sono stati nel passato, è un modo per voltare pagina". Poi arrivano, una dopo l’altra, le telefonate del leader del Pd Pierluigi Bersani, del presidente della Camera Gianfranco Fini e del cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, con il quale de Magistris ha in programma una iniziativa stasera in piazza del Plebiscito. Annuncia che la sua prima delibera da sindaco sarà sui rifiuti.
"Cerchiamo di ragionare insieme, ci tengo molto a rafforzare il rapporto con il Pd", dice de Magistris a Bersani. "Mi ha rivolto gli auguri - racconta il sindaco - ci vedremo presto perchè abbiamo molte cose da mettere a punto. Considero il Pd fondamentale, per il Paese, in questa fase di passaggio. A Napoli dialogherò con il partito. C’è stato un buon rapporto nel secondo turno, mi hanno appoggiato senza chiedermi mai poltrone". Con Fini de Magistris parla dell’appoggio ricevuto da Raimondo Pasquino, il candidato sindaco del Terzo Polo, che diventerà - ribadisce - presidente del consiglio comunale. Previsto a breve un incontro con Fini.
De Magistris riserva un passaggio anche al sindaco uscente, Rosa Russo Iervolino: "Andrò a trovarla, è una persona perbene, ma ora si cambia completamente pagina".
Il primo cittadino incontra il prefetto Andrea De Martino. "Conti su di noi", gli dice De Martino, "sono tornato qui a Napoli e in questi mesi ho visto che se i napoletani sono ben guidati fanno cose eccezionali". Sicurezza e rifiuti i temi affrontati durante la conversazione. "Io sono una persona che riesce a dialogare - sottolinea De Magistris - e questo è importante in una città piena di conflitti. Mi riferisco a una mediazione verso l’alto, non certo a un compromesso verso il basso".
In attesa di insediarsi in municipio, cosa che accadrà nei prossimi giorni, dopo la proclamazione ufficiale, de Magistris passa davanti a Palazzo San Giacomo, la sede del Comune, e viene applaudito dai dipendenti affacciati ai balconi. L’ex magistrato annuncia la sua autosospensione dall’Idv: "Mi sembra giusto visto che voglio essere il sindaco di tutti, ma preciso che non si tratta certo di una presa di distanza dal partito né da Di Pietro con il quale avevamo e abbiamo un legame forte".
* la Repubblica, 31 maggio 2011
Risveglio: è solo l’inizio, sconfitte le nomenklature
La rivolta di due popoli
di Furio Colombo (il Fatto, 31.05.2011)
UN CAMBIAMENTO tumultuoso e in gran parte inaspettato si è verificato in tutti e due gli schieramenti. Ciò che è accaduto con il ballottaggio appena concluso è una grande, clamorosa vittoria nella lunga, estenuante partita Italia pulita contro Berlusconi. Ma è bene che applauso e felicità per quella vittoria, che è, allo stesso tempo, larga (quasi dovunque) e profonda (ha davvero scardinato alle fondamenta alcuni pilastri del potere così come si era a lungo assestato) non impediscano di prestare attenzione ad alcune importanti notizie. Queste notizie ci dicono che sia a destra che a sinistra i cittadini si sono svincolati dai rispettivi apparati burocratici, e si sono orientati su ciò che hanno ascoltato, visto e capito per conto proprio.
Forse è la prima volta, nella vita interessante e difficile della democrazia italiana, che le decisioni che contano, fino al risultato finale, sono decisioni dei cittadini e non frutto di disegni politici e strategie di vertice. È necessario confermare: per volontà dello stesso anormale personaggio che sussurra imbarazzanti notizie personali all’orecchio del presidente degli Stati Uniti, il Paese ha attraversato uno scontro politico violento e frontale. Si trattava di piegarsi ancora una volta, facendo finta di niente, oppure respingere Berlusconi. Tecnicamente queste sono state elezioni amministrative. In realtà c’è stato, per volontà dall’interessato, un grande referendum politico. Berlusconi ha perso.
MA ATTENZIONE . Berlusconi ha compiuto l’errore della sua vita nel silenzio servile e obbediente di tutto il suo partito, che lo ha seguito fin sull’orlo della rovina (comunque di una bella e forse definitiva umiliazione). Ma in quel punto le folle osannanti sono uscite dall’incantesimo e sono andate per la loro strada, nonostante il costo immenso di forzarli a vedere sempre spettacolo e mai realtà. E il Pd? Il Pd ha compiuto, sia a Milano che a Napoli una serie di errori tipici delle gerarchie politiche chiuse.
Come ricorderete, tutte le designazioni di candidati scelti, in episodi e vicende successive, sia in una città che nell’altra, sono risultate sbagliate e respinte. E non stiamo parlando della rispettabilità e qualità privata delle persone, ma della clamorosa sproporzione politica fra persone ed eventi. Ancora una volta il Pd, seguendo la lunga tradizione del Pds, dei Ds, dei Popolari e della Margherita (tutto l’universo prima del Pd) stava rifiutando di vedere l’occasione di attacco diretto al dannoso e ormai vistosamente squilibrato presidente del Consiglio, nonostante che lui stesso avesse deciso quel tipo di confronto e invocasse, con tutti i suoi strumenti mediatici, non un dibattito sulle città ma una ovazione per se stesso.
Quel che è accaduto è sotto gli occhi di tutti: a Napoli sia il primo che il secondo candidato offerto dall’apparato Pd, hanno dovuto fare il famoso “passo indietro”, e l’intero partito, spinto dall’intero elettorato, ha seguito la leadership dell’ex magistrato De Magistris, non solo agguerrito e appassionato pm, ma anche campione di quell’antiberlusconismo che - ci era stato detto fin dagli anni Novanta - “fa ilsuogioco”(diBerlusconi)econ il quale "non vinceremo mai".
A Milano i cittadini, una volta entrati in scena con le "primarie" (grande regalo del Pd alla politica italiana, ma anche grande freno interno alla politica del Pd) hanno deciso non secondo le visioni di un gruppo di dirigenti o di un altro dentro il partito, ma tenendo d’occhio la città in questione e le dimensionidelloscontro.Ecosìè diventato leader della sfida Giuliano Pisapia. E, come abbiamo visto dopo il ballottaggio, leader largamente vincente sul simulacro di potere di gran lunga più sostenuto e più finanziato (forse in Europa), a nome non tanto di un partito politico, quanto di uno scatenarsi di interessi intorno all’avventura detta "Expo", una marea di danaro.
DUNQUE la vittoria di Pisapia dimostra che era ed è in discussione la forza autonoma e il prestigio personale (personale, non di partito) del candidato sindaco. E il suo potersi presentare come persona in grado di sfidare non solo la Moratti, ma il vero titolare dello scontro: Berlusconi. Ecco allora che i due fenomeni di ribellione che si sono verificati all’interno dei due partiti, del potere e dell’opposizione, si sono espressi con due comportamenti opposti. Nel Pdl abbiamo assistito a un esodo.
In decine e centinaia di migliaia non hanno votato, soprattutto nei ballottaggi. E il fenomeno ha contagiato la Lega, se non altro per una sorta di vendetta verso Berlusconi-Moratti. Nel Pd invece i cittadini si sono messi allaguida del partito e lohanno portato a due clamorose vittorie che nessuno dei diversi apparati dirigenti del Pd aveva progettato, né aveva finora neppure sfiorato. Invece di votare di meno, hanno votato di più, ma dopo avere stabilito direttamente il percorso: a Napoli con De Magistris e a Milano con Pisapia. Sarà bene, a questo punto, chiudere in fretta le scuole di partito e mettersi all’ascolto dei cittadini elettori. Questa è la ricchezza rimasta in dote al Pd. Non andate più a dir loro che “il partito è un laboratorio politico” o che “adesso si va con Casini”. O che c’è un futuro in un mitico Centro. Nessun Centro, con buona pace (e buone maniere) di Rutelli ti dà l’esito di Pisapia o De Magistris. Festeggiare, dopo un risultato come questo, vuole anche dire imparare.