Consultazioni al Quirinale a seguito delle dimissioni del Governo Berlusconi *
"Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto oggi alle ore 21.00 al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, onorevole Silvio Berlusconi, il quale essendosi concluso l’iter parlamentare di esame e di approvazione della legge di stabilità e del bilancio di previsione dello Stato ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto". Lo ha detto il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, al termine dell’incontro tra il Capo dello Stato e il Presidente del Consiglio.
"Il Presidente della Repubblica - ha continuato il Segretario Marra - nel ringraziarlo per la collaborazione, si è riservato di decidere ed ha invitato il Governo dimissionario a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti. Le consultazioni del Capo dello Stato si svolgeranno nella giornata di domani".
* FONTE: PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA, 12.11.2011
Una nuova storia per un Paese pronto a cambiare
Ci è già capitato di rimboccarci le maniche dopo le macerie della guerra. È la sfida che dobbiamo vincere anche oggi
di Clara Sereni (l’Unità, 14.11.2011)
Non c’è dubbio: se abitassi ancora a Roma, sabato sera sarei stata di fronte al Quirinale, a cantare e applaudire, a manifestare soprattutto gratitudine nei confronti del Presidente della Repubblica, di cui ci sentiamo in qualche modo tutti un po’ figli: perché lui si è costituito in Padre della Patria.
Da lui ci siamo sentiti protetti, e ne avevamo davvero bisogno. La sua tranquilla durezza nell’indicare la strada da percorrere è stata - è - un’assunzione di responsabilità tremenda che ci ha ricondotto tutti alla realtà, fuori da perifrasi e bizantinismi. Come quando un padre ti prende per mano, la tiene saldamente nella sua e - magari strattonandoti un po’ - ti fa incamminare nella direzione che serve.
Invece davanti a palazzo Grazioli probabilmente non sarei andata, perché malgrado le monetine io non le abbia mai tirate di fronte al Raphael in quel certo giorno idealmente c’ero anch’io, e non ne sono fiera, per quella rabbia nei confronti di Craxi che aveva dentro un elemento di violenza e ferocia. Lo stesso che ho sentito crescere dentro di me per ogni insulto, per ogni menzogna, e che nella gioia di ieri sera, per fortuna, non ho visto. E lo considero un piccolo miracolo, il segno di una maturità che non ero certa avessimo conquistato.
Oggi siamo in un altro mondo, dentro un’altra storia. In qualche modo più vicina, se è possibile un paragone, alla fine del fascismo che non ad eventi che la mia generazione ha vissuto in prima persona: come se martedì la maggioranza abbia vissuto il proprio 25 luglio, fra sabato e oggi stia accadendo qualcosa che assomiglia all’8 settembre, ma poi toccherà a tutti noi arrivare fino al 25 aprile. È facile obiettarmi che quel primo Cavaliere ha portato l’Italia in guerra, e che il secondo Cavaliere non ci lascia con i carri armati nelle strade: certo, ma le metafore e i parallelismi sono sempre approssimativi, la storia non si ripete mai nello stesso modo, anche se si può dire senza tema di smentita che i cavalieri, a questo nostro Paese, non portano fortuna. Del resto, mi sembra che almeno due elementi ci riportino a quei tempi, a quelle date, a quelle sfide. A tempi di guerra.
Intanto, perché la crisi in cui ci troviamo è una ferita, perdiamo sangue e le trasfusioni non bastano mai. Poi, perché il panorama che vediamo è di devastazione, di macerie: fisiche (lo scempio del territorio e le sue conseguenze), materiali (l’economia non è solo questione di banche, riguarda quel che riusciamo a mettere nel piatto oggi e domani e in futuro), istituzionali (Costituzione e Parlamento così strapazzati e stiracchiati non li avevamo mai visti), morali. E forse nel novero della macerie ho dimenticato qualcosa. Gli italiani sono come le olive, capaci di tirar fuori il meglio di sé quando sono sotto pressione, dunque credo che ce la faremo anche stavolta, e anche bene: le energie e le competenze dissipate in questi anni non sono perdute per sempre, si può ben tornare a coltivarle e farle crescere. Ma c’è almeno un elemento di difficoltà, rispetto al secondo dopoguerra: allora eravamo un Paese giovane, mentre ora siamo invecchiati e male.
E inoltre allora ereditavamo una struttura statuale devastata e fortemente inquinata e condizionata dal fascismo. Certo, niente di paragonabile a oggi. Eppure non possiamo dimenticare che i bombardamenti più duri hanno colpito in questi anni proprio le strutture portanti dello Stato: il Parlamento, l’istruzione e la cultura, la magistratura, il lavoro, il farsi stesso di leggi e provvedimenti.
Ci vuole lucidità, nell’affrontare tutto questo: non cedere al panico, non aspettarsi miracolistiche vie d’uscita. Prodi (che continuo a ritenere il miglior presidente del Consiglio che l’Italia abbia avuto) pagò la delusione di aspettative messianiche non suscitate certo da lui: vediamo di non ripetere l’errore. L’auspicabile governo Monti può cominciare a fare un primo ordine, e sarà già molto se riuscirà a far questo da qui alla scadenza naturale della legislatura - e insisto su naturale. Dopo, toccherà a tutti noi - di fronte a un panorama un po’ sgombrato dalle macerie - ricominciare a progettare. Sapendo di dover smettere di essere figli e farci compiutamente adulti. Sapendo di doverci liberare con un’analisi seria delle cellule di berlusconismo che si sono radicate dentro di noi, nessuno escluso. Con le radici profonde del fascismo l’Italia non ha mai fatto i conti fino in fondo, e non smettiamo di pagarne le conseguenze; ma proprio perché ne abbiamo già fatto l’esperienza, perché su questo nodo mai sciolto tante speranze si sono infrante e tanto dolore è nato, stavolta possiamo non ripetere l’errore. Se ne saremo capaci, allora sì che veramente potremo festeggiarci a pieno titolo, ed essere soggetti di una Storia nuova.
BOSSI: «CON MONTI LA LEGA SARÀ ALL’OPPOSIZIONE»
Berlusconi si è dimesso
Pdl: «Sì a Monti, ma non si ricandidi»
Il premier lascia. Letta annuncia al Colle il passo indietro
Il via libera del Pdl al senatore a vita legato all’approvazione delle misure richieste dall’Europa *
MILANO - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è dimesso. Lo ha comunicato il segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra. Il governo resta in carica per il disbrigo degli affari urgenti. All’incontro con Napolitano ha partecipato anche Gianni Letta, che il Pdl aveva proposto come vicepremier in un futuro governo Monti. Ma di fronte all’ostracismo di Pd e Idv, contrari alla sua nomina, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, nonché uomo di assoluta fiducia di Berlusconi, ha annunciato «un passo indietro. Non voglio costituire un problema - ha spiegato Letta - né un ostacolo e neanche un pretesto per alcuni».
LE CONSULTAZIONI - Le consultazioni del Capo dello Stato si svolgeranno nella giornata di domenica a partire dalle ore 9 e fino alle 18. Alle 16.30 toccherà al Pd alle 17 al Pdl. Il futuro governo guidato dal neosenatore a vita Mario Monti quindi si avvicina: c’è infatti accordo tra il premier uscente Silvio Berlusconi e l’ex rettore della Bocconi per dare l’appoggio del Pdl ad un governo a componente tecnica, anche se il Pdl avrebbe posto alcune condizioni.
DDL STABILITA’ - La macchina che porterà alla formazione del nuovo governo si è messa in moto dopo che la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva con 379 voti a favore 26 no e 2 astenuti il ddl stabilità. Legge che è stata già promulgata dal presidente della Repubblica. Tensioni in aula in precedenza dopo gli interventi di Dario Franceschini (Pd) e Francesco Cicchitto (Pdl), con i supporter del premier che gridavano «Silvio, Silvio», mentre i leghisti tuonavano «elezioni, elezioni». Le dichiarazioni di voto sono state l’ultimo atto della stagione politica berlusconiana, almeno per quanto riguarda questa legislatura.
Da segnalare quella di Franceschini per il quale: «Quanto tempo si è perduto. Quanto sarebbe stato diverso se il 14 dicembre dell’anno scorso quel voto fosse andato diversamente, non avremmo sprecato un anno. E di quelli che hanno causato quella situazione ci sono nomi e cognomi agli atti parlamentari, e non li dimenticheremo». «I mercati sono riusciti dove non è riuscita la sinistra italiana, a far cadere Berlusconi, grazie ad un complesso di interessi economici e finanziari che oggi gioca una partita decisiva sulla tenuta dei governi e sulla tenuta democratico» ha replicato subito dopo Cicchitto.
La giornata parlamentare si è chiusa di fatto con un’invettiva del responsabile Domenico Scilipoti: «Il giorno 14 di dicembre 2010 ho fatto una scelta e di quella scelta non mi pento», ha assicurato il deputato di Popolo e territorio, «è stata sventata un’operazione che cercava di portare a Palazzo Chigi un personaggio importante che aveva rapinato gli italiani con i derivati». «Oggi si sta facendo un colpo di Stato perchè questo è l’ultimo parlamento eletto dai cittadini italiani», ha gridato. «Da domani saremo commissariati da un personaggio che appartiene alla lobby delle banche ed è stato indicato non certo per salvare l’Italia, ma per garantire un gruppo di mercenari e di delinquenti».
SBOCCO FINALE - La crisi di governo sta quindi per arrivare al suo sbocco finale: incarico al neosenatore a vita Mario Monti. Il premier ha scelto, dopo aver presieduto, come da prassi, l’ultimo consiglio dei Ministri, di partecipare, prima di salire al Colle, ad un vertice del Pdl che ha chiarito la posizione del partito nei confronti del possibile incarico a Monti.
ULTIME RIUNIONI - Nel corso del consiglio dei Ministri Berlusconi «ha ringraziato sentitamente i colleghi di governo per il proficuo e intenso lavoro compiuto e ha rivolto un ringraziamento particolare al sottosegretario Gianni Letta». Berlusconi poi nel corso del vertice del Pdl ha spiegato che «la sinistra non vuole che Gianni Letta faccia parte del nuovo governo». Alla fine la decisione presa dal Pdl è stata quella di un sì a Monti ma su un programma ricalcato sulla lettera inviata alla Bce. «Siamo in grado di staccare la spina quando vogliamo» avrebbe detto Berlusconi ai componenti dell’Ufficio di Presidenza del Pdl a proposito dell’appoggio del partito a un governo tecnico. Tra le altre richieste del Pdl ci sarebbe anche quella di Letta vicepremier e che Monti non si ricandidi a premier alle prossime elezioni.
RETROSCENA - Emergono anche le prime indiscrezioni sul colloquio avvenuto in precedenza tra Berlusconi e Monti. Secondo un retroscena dell’agenzia Adnkronos il premier avrebbe ribadito all’ex commissario Ue la necessità della presenza di un garante per la maggioranza nel nuovo esecutivo. In particolare il presidente del Consiglio avrebbe posto sul tavolo anche il tema della giustizia chiedendo garanzie in proposito. Ma Monti sarebbe stato contrario. Il senatore a vita avrebbe invece avvertito il premier che tutti i ministri e vice o sottosegretari dovranno essere tecnici e solo a lui spetterà decidere al di là delle alchimie della politica. A quanto si apprende il Cavaliere l’avrebbe invece spuntata sul fatto che il nuovo governo non dovrebbe legiferare sulla riforma elettorale nè sul tetto delle telecomunicazioni. Berlusconi avrebbe inoltre chiesto un programma dettagliato con un timing ben preciso dell’azione di governo.
LA GIORNATA DI MONTI - A fare da contraltare alla giornata del premier uscente c’è stata quella del (probabile) prossimo presidente del Consiglio. Cominciata con l’incontro con il neo presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi. Anche il segretario del Pd Pierluigi Bersani insieme al suo vice Enrico Letta hanno avuto un incontro informale con il neosenatore sempre a Palazzo Giustinani. Poi c’è stato l’incontro a Palazzo Chigi fra Monti e il premier Silvio Berlusconi, durato oltre 2 ore, presenti anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e il segretario del partito Angelino Alfano. Qui, come detto, Monti avrebbe ottenuto il via libera da parte del premier al nuovo governo. Poi Monti ha incontrato anche il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini.
IL PREMIER E LA LEGA - Dopo l’incontro con Monti Berlusconi ha visto i ministri della Lega, Maroni e Calderoli, nella Sala del Governo di Montecitorio. Fonti ministeriali riferiscono che il premier, al termine dell’incontro con il presidente della Bocconi, avrebbe chiesto al Carroccio di valutare insieme cosa fare, in modo che l’alleanza venga preservata. Il premier, durante i suoi ragionamenti nella sala del governo di Montecitorio, ha chiesto al partito di via Bellerio di considerare l’eventualità di appoggiare l’esecutivo guidato dall’economista. Una richiesta che non avrebbe sortito alcun effetto dato che successivamente il leader della Lega Umberto Bossi ha dichiarato che: «Con Monti la Lega sarà all’opposizione. Come si fa a sostenere un governo che farà portare via tutto, che privatizzerà le municipalizzate?». La Lega rompe l’alleanza con Berlusconi? chiede un giornalista al Senatur«Vedremo». Così Umberto Bossi ha risposto ai giornalisti, facendo intendere che la Lega sosterrà solo un governo di centrodestra. Un’altra questione aperta per il Cavaliere riguarda l’area ex An del Pdl che avrebbe invitato il presidente del Consiglio a dare un appoggio a Monti ma limitato e solo per un certo arco temporale.
* Redazione online
* CORRIERE DELLA SERA, 12 novembre 2011 22:53