"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
LEGGE ELETTORALE ("PORCELLUM") E PROSTITUZIONE: ANGELA NAPOLI LANCIA L’ALLARME.
Il Paese del premier corruttore
Questa volta c’è poco da riferire in Aula:
il mistero di Letizia va spiegato al Paese
l’accusa di corruzione affrontata in tribunale
di Furio Colombo (l’Unità, 24.05.2009)
Silvio Berlusconi è un corruttore. Ha corrotto un teste per evitare una condanna. Non è una ipotesi, è una sentenza. Non è definitiva, ma questo è un fatto della procedura giudiziaria che prima di colpire un individuo con la punizione prevista dalla legge, gli dà la garanzia dell’appello.
Tutto ciò vale per il ladro di biciclette o per l’uxoricida. Ma per il capo di un governo che rappresenta tutto un Paese, nei suoi confini e nel mondo? La domanda è ragionevole e fondata. Lo dimostrano i due interventi di accanito e appassionato sostegno che, nel pomeriggio del 19 maggio, sono stati fatti alla Camera in difesa del primo ministro italiano.
Avevano appena parlato il capogruppo Pd Soro, il capogruppo Italia dei Valori Donadi e, per l’Udc, Bruno Tabacci. Avevano espresso indignazione e scandalo. I due difensori, che hanno dato l’impressione di un intervento inaspettato e improvvisato, sono di professione avvocati.
L’avvocato-deputato Consolo ha avuto questo da dire: «Se voi vi credete sventolando queste accuse, di allontanarci dal nostro capo vi sbagliate. Il popolo lo voterà ancora di più. E noi gli vogliamo ancora più bene».
L’avvocato-deputato Brigandì ha accusato i magistrati milanesi di essere cattivi giudici. Ma il suo argomento forte è stato: «Non illudetevi. Tra poco tutto andrà in prescrizione».
All’unico primo ministro al mondo definito, in modo esplicito in una sentenza, «corruttore» di un teste che ha mentito in una rilevante vicenda giudiziaria, non deve essere sfuggito né l’evidente imbarazzo dei suoi «difensori» nell’aula della Camera dei Deputati, né la scarsità di applausi di tutta la sua parte. Niente boati, niente «ola», niente manifestazioni da stadio di cui il nostro uomo ha tante volte goduto. Certo, gli avrà dato un po’ di conforto leggere o ascoltare, dalla parte del centrosinistra, la solita, misteriosa, mai spiegata consegna: non ripetete le accuse a Berlusconi, altrimenti il premier si rafforza.
Questa strana «cura Di Bella» (ricordate il presunto scienziato celebrato dalla destra italiana come taumaturgo dei peggiori mali?) ovvero un cauto, rispettoso, collaborativo silenzio, non ha intaccato l’immagine del presidente-padrone. Se l’opposizione tace e si riserva di offrire una cortese collaborazione (come nel caso del federalismo fiscale così indispensabile per la campagna elettorale della Lega) che cosa dovrebbero fare i cittadini da soli?
Dunque è vero, nelle imminenti elezioni Berlusconi segnerà dei punti. Ma è impossibile non notare il fatto nuovo, in questo nodo di eventi poco onorevoli: è la dimensione internazionale. Questa volta persino Berlusconi parla di «danno all’immagine dell’Italia nel mondo». Lo fa partendo dalla premessa sbagliata che chi attacca lui attacca l’Italia (presumibilmente anche Veronica Lario ha passato il segno perché osa divorziare dall’Italia). Però è vero che il danno recato all’Italia da Berlusconi è grande. La sua è un’Italia brutta, sporca e cattiva, dalla «frequentazione delle minorenni» (citazione di Veronica Lario) al «respingimento in mare» dei migranti (violazione dei diritti umani e di asilo, secondo Vaticano e Onu) fino al reato di «corruzione» (motivazione di sentenza del Tribunale di Milano, 19 maggio).
Sembra chiaro che l’antica formula che non ha mai funzionato (non attaccatelo, diventa più forte; basta con l’anti berlusconismo) diventa ridicola mentre tutto il mondo si è accorto della farsa e tragedia rappresentata dal Silvio Berlusconi, nell’evidente imbarazzo dei suoi.
Questa volta, diciamo la verità, c’è poco da venire a riferire in aula. In aula si dovrebbe parlare delle vane promesse fatte ai terremotati e impossibili da mantenere. In aula si dovrebbe spiegare la nuova politica estera che ci lega alla Libia e alla Russia e ci allontana dagli Stati Uniti. E forse Berlusconi ha ragione a dichiarare in modo mussoliniano il suo disprezzo per il Parlamento. Sa che in quelle aule non lo attendono ovazioni. Certo non ovazioni spontanee, neppure da una parte imbarazzata e confusa della sua parte. Eppure gli restano cose importantissime da dire per tentare di salvare la faccia.
Il mistero di Elio Letizia (chi è, perché ha potere) va spiegato al Paese. L’accusa di corruzione va affrontata in tribunale. E la vera domanda di tutto il mondo democratico è semplice e netta: può un uomo così governare? Quale maleficio rende l’Italia succube di un potere estraneo alle regole democratiche, che evoca alcune tragiche situazioni africane?
Sul tema, nel sito, si cfr.:
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
FOTO: BERLUSCONI, UN TOCCO DI TRUCCO NEL FAZZOLETTO.
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
LEGGE ELETTORALE ("PORCELLUM") E PROSTITUZIONE: ANGELA NAPOLI LANCIA L’ALLARME.
Dal nulla compare «Berlusconi presidente»
Il Tg1 delle 20 rilancia le immagini dell’intervista a Silvio Berlusconi sulla Cnn, quella in cui il premier parla del caso Noemi («un boomerang per la sinistra»), dell’imminente voto, del rapporto con l’opposizione, di un prossimo incontro con Obama.
Ma sul video mandato in onda dal canale all news statunitense manca il simbolo del Pdl. E allora? Il telegiornale di Rai 1, in attesa di essere diretto da Augusto Minzolini, provvede, aggiungendo il simbolo con la scritta «Berlusconi presidente» alle spalle del premier. E per fare un lavoro più pulito viene aggiunta anche una bella ombra, lavorata ben bene per creare l’effetto giusto sulle pieghe della tenda.
* l’Unità, 25 maggio 2009 (per vedere le immagini, clicca sul sorro).
Rotto l’incantesimo del nuovo Don Rodrigo
di GAD LERNER *
Forse ora la smetterà d’insistere sulla propria esuberanza sessuale, sulle belle signore da palpare anche tra le macerie del terremoto e sulle veline che purtroppo non sempre può portarsi dietro.
A quasi 73 anni d’età, Silvio Berlusconi si trova per la prima volta in vita sua a fare davvero i conti con l’universo femminile così come lui l’ha fantasticato, fino a permearne la cultura popolare di massa di questo paese. Lui, per definizione il più amato dalle donne, sente che qualcosa sta incrinandosi nel suo antiquato rapporto con loro.
Le telefonate notturne a una ragazzina, irrompendo con la sproporzione del suo potere - come un don Rodrigo del Duemila - dentro quella vita che ne uscirà sconvolta. E poi il jet privato che le trasporta a gruppi in Sardegna per fare da ornamento alle feste del signore e dei suoi bravi. Ricompensate con monili ma soprattutto con aspettative di carriera, di sistemazione. L’immaginario cui lo stesso Berlusconi ha sempre alluso nei suoi discorsi pubblici è in fondo quello di un’Italietta anni Cinquanta, la stagione della sua gioventù: vitelloni e case d’appuntamento; conquista e sottomissione; il corpo femminile come meta ossessiva; la complicità maschile nell’avventura come primo distintivo di potere. Nel mezzo secolo che intercorre fra le "quindicine" nei casini e l’uso improprio dei "book" fotografici di Emilio Fede, riconosciamo una generazione di italiani poco evoluta, grossolana nell’esercizio del potere.
Di recente Lorella Zanardo e Marco Maldi Chindemi hanno riunito in un documentario di 25 minuti le modalità ordinarie con cui il corpo femminile viene presentato ogni giorno e a ogni ora dalle nostre televisioni, con una ripetitiva estetica da strip club che le differenzia dalle altre televisioni occidentali non perché altrove manchino esempi simili, ma perché da nessuna parte si tratta come da noi dell’unico modello femminile proposto in tv. La visione di questa sequenza di immagini e dialoghi è davvero impressionante (consiglio di scaricarla da www. ilcorpodelledonne. com). Viene da pensare che nell’Italia clericale del "si fa ma non si dice" l’unico passo avanti compiuto nella rappresentazione della donna sia stato di tipo tecnologico: plastificazione dei corpi, annullamento dei volti e con essi delle personalità, fino a esasperare il ruolo subalterno, spesso umiliante, destinato nella vetrina popolare quotidiana alla figura femminile senza cervello. Cosce da marchiare come prosciutti negli spettacoli di prima serata, con risate di sottofondo e senza rivolta alcuna delle professioniste, neppure quando uno dopo l’altro si sono susseguiti gli scandali tipicamente italiani denominati Vallettopoli.
In tale contesto ha prosperato il mito del leader sciupafemmine, invidiabile anche per questo. Fiducioso di godere della complicità maschile, ma anche della rassegnata subalternità di coloro fra le donne che non possano aspirare a farsi desiderare come veline.
Tale è stata finora l’assuefazione a un modello unico femminile - parossistico e come tale improponibile negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna - da far sembrare audacissima la denuncia del "velinismo politico" quando l’ha proposta su "FareFuturo" la professoressa Sofia Ventura. Come se la rappresentazione degradante della donna nella cultura di massa non avesse niente a che fare con la cronica limitazione italiana nell’accesso di personalità femminili a incarichi di vertice. Una strozzatura che paghiamo perfino in termini di crescita economica, oltre che civile.
Così le ormai numerose indiscrezioni sugli "spettacolini" imbanditi nelle residenze private di Berlusconi in stile harem - mai smentite, sempre censurate dalle tv di regime - confermano la gravità della denuncia di Veronica Lario: "Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica". Una sistematica offesa alla dignità della donna italiana resa possibile dal fatto che "per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore".
Logica vorrebbe che dopo le ripetute menzogne sulla vicenda di Noemi Letizia tale indulgenza venga meno.
La cultura misogina di cui è intriso il padrone d’Italia - ma insieme a lui vasti settori della società - risulta anacronistica e quindi destinata a andare in crisi. Si rivela inadeguata al governo di una nazione moderna.
Convinto di poter dominare dall’alto, con l’aiuto dei suoi bravi mediatici, anche una realtà divenuta plateale, l’anziano don Rodrigo del Duemila per la prima volta rischia di inciampare sul terreno che gli è più congeniale: l’onnipotenza seduttiva, la cavalcata del desiderio. L’incantesimo si è rotto, non a caso, per opera di una donna.
* la Repubblica, 25 maggio 2009