Tutti le danno ragione, ma solo a parole. È vittima del sistema per l’Aterp di Cosenza, il sindaco di San Giovanni in Fiore (Cs) e la Guardia di Finanza. Nessuno, però, toglie la signora dall’illegalità, dal rischio di condanne e, peggio ancora, di sfratto.
Nel 2010, Paola Paura, gravemente disabile, senza titolo occupò tramite la figlia un alloggio popolare. Appartamento piccolo, buio, fatiscente. La donna, vedova, aveva diritto a una casa adeguata, stando alla prima graduatoria pubblica, ribaltata dalla definitiva.
Soprattutto, doveva esserle concessa un’abitazione, viste le sue patologie, che ad oggi la obbligano a cure pesanti e non le permettono di lavorare. Finì che la scavalcarono altri, in condizioni decisamente migliori. Un classico del Sud, dove spesso lo Stato parteggia per i prepotenti. Come quei «colletti bianchi» che, secondo la procura, pilotavano l’Aterp di Cosenza in favore di clan della città.
A San Giovanni in Fiore dilagarono gli abusi, poi la sanatoria per decine di residenti prima del 31 maggio 2007. Troppi, per essere ignorati dalla politica, spesso attiva per il consenso, più che per la giustizia, che per rimuovere gli ostacoli alla libertà ed eguaglianza dei cittadini.
Nel 2009 la figlia della signora Paura sporse denuncia alla Guardia di Finanza. Sentiti gli uffici comunali, espose: «Molti documenti presentati tra la graduatoria provvisoria e quella definitiva non corrispondono al vero». Più di qualcuno avrebbe percepito «redditi da lavoro dipendente», autocertificando di non avere entrate. Inoltre, ci sarebbero stati richiedenti con «proprietà immobiliari intestate ad altri e situazioni familiari diverse da quelle documentate». La ragazza chiese, quindi, di «essere notiziata in caso di archiviazione».
Alla Finanza, che ha una delega d’indagine, emerge che la Procura di Cosenza non sarebbe andata avanti, dopo aver acquisito sommarie informazioni in municipio. Nessuna notizia di archiviazione è mai pervenuta alla figlia della signora Paura. All’Aterp di Cosenza dicono d’avere le mani legate. Poi scaricano sul sindaco di San Giovanni in Fiore, Antonio Barile.
Il pm di Cosenza Francesco Cozzolino, titolare delle indagini, scandisce che non parla con i giornalisti e aggiunge che nel tempo si apprezzerà questo suo rigore di magistrato. Intanto, la signora è lì: fuori della legalità perché lo Stato, nelle sue varie vesti, le ha negato un diritto sacrosanto e adesso fa finta di nulla. Al massimo dà la pacca consolatoria sulla spalla.
Barile, che per legge regionale può dichiarare decaduti gli assegnatari fuori sede, cioè emigrati che soggiornano in vacanza, spiega che è l’Aterp a dover compiere accertamenti, affinché lui si muova. Ci sarebbero 12 appartamenti liberi, vuoti, nei pressi di quello occupato dalla protagonista della nostra storia. Non ci vive nessuno, ma a quanto pare non c’è l’animo di regolarizzare la posizione della signora, che in realtà sta nel giusto.
Magari, molto più semplicemente, non importa che la donna abbia guai di salute, gravi difficoltà; che sia assistita dalla giovane figlia, che abbia perduto il marito e che un altro suo figlio studi all’università mantenendosi in proprio. La signora non è la madre di un funzionario, di amministratore o di un togato. E da ultimo le è pervenuto un avviso preliminare al decreto di sfratto. Vuol dire che la procedura prosegue, per lei che non ha santi in paradiso.
Viene da chiedersi se ha senso che lo Stato ripieghi nella voce della legge, che vi si ripari per non ammettere suoi errori, sue deviazioni. Se, di là di ogni retorica o accademia, in Calabria si vuole affermare la giustizia, proprio le istituzioni devono fornire immediate risposte, rimediare con gli strumenti disponibili, non attendere inutilmente che la vita altrui vada nel silenzio, nella finzione collettiva.
Emiliano Morrone, sindaco ombra