ALLARME CENSIS

LE SCUOLE D’ITALIA: IL DISASTRO ITALIANO. Vecchie, a pezzi e con l’amianto. Il Codacons: “Così gli studenti sono in pericolo”. Una breve rassegna stampa

Il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) ha pubblicato i dati delle scuole della penisola e il quadro che ne viene fuori è preoccupante.
domenica 1 giugno 2014.
 


Povere scuole. Vecchie, a pezzi e con l’amianto

Il nuovo allarme lo lancia il Censis *

L’argomento è dibattuto da tempo. Renzi addirittura ne ha fatto un punto della sua campagna elettorale e di governo. Ma sentire i numeri sui problemi dell’edilizia scolastica fa sempre una certa impressione. A sollevare, nuovamente, il problema è stato il Censis. Secondo il quinto numero del «Diario della transizione», sei edifici scolastici statali su dieci - 24mila su 41mila - hanno gli impianti (elettrici, idraulici, termici) che non funzionano, sono insufficienti o non sono a norma.

Sono 9mila le strutture con gli intonaci a pezzi, mentre in 7.200 edifici occorrerebbe rifare tetti e coperture. 3.600 sono, invece, le sedi che necessitano di interventi sulle strutture portanti (tra queste mura 580mila ragazzi trascorrono ogni giorno parecchie ore) e 2mila quelle che espongono i loro 342mila alunni al rischio amianto.

Edifici malandati anche perché piuttosto vetusti: più del 15% è stato costruito prima del 1945, altrettanti datano tra il ’45 e il ’60, il 44% risale all’epoca 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il 1980 (oltre 35 anni fa).

Nonostante il patrimonio immobiliare scolastico sia datato, in qualche caso ricavato da caserme o conventi, solo nel 7% dei casi si ritiene fondamentale la costruzione di un edificio più adeguato o il trasferimento della scuola in un’altra sede.

Di lavori se ne fanno pochi, e quando si fanno sono fatti male. Secondo le valutazioni dei dirigenti scolastici, che hanno considerato la qualità degli interventi realizzati in più di 10mila edifici scolastici pubblici negli ultimi tre anni, sono più di un quarto le strutture in cui sono stati effettuati lavori ritenuti scadenti o inadeguati. Si tratta del 20,5% delle scuole in cui gli interventi hanno riguardato l’abbattimento delle barriere architettoniche, del 22,5% degli edifici in cui sono stati realizzati lavori di manutenzione ordinaria, del 32,8% delle opere di manutenzione straordinaria, del 33,7% delle strutture in cui sono state realizzate reti o introdotti servizi per la didattica digitale.

Per il Censis, «la recente assegnazione del 95,7% dei 150 milioni di euro stanziati con il “decreto del fare” per l’avvio immediato di 603 progetti di edilizia scolastica rappresenta sicuramente un cambio di passo rispetto alle lunghe e farraginose procedure degli anni passati». Sulla base delle risorse stanziate e dei ritardi di spesa accumulati, alla fine del 2013 il ministero delle Infrastrutture stimava in 110 anni il tempo necessario per mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici italiani.

Gli interventi straordinari che via via sono stati programmati dopo il tragico crollo della scuola di San Giuliano hanno mobilitato poco meno di 2 miliardi di euro rispetto a un fabbisogno stimato di 13 miliardi. Notevoli i ritardi nell’attuazione. Dei 500 milioni di euro attivati con le delibere Cipe del 2004 e del 2006, a metà del 2013 ne erano stati utilizzati 143, relativi a 527 interventi sui 1.659 previsti. Per gli stanziamenti successivi, tutti i progetti sono ancora in attuazione o addirittura in fase di istruttoria.

Nel frattempo è scattata l’«Operazione edilizia scolastica» del governo, per censire le priorità d’intervento e le risorse necessarie, cui per ora hanno aderito 4.400 Comuni. Per garantire la tempestività della manutenzione ordinaria e accelerare la realizzazione dei piccoli interventi necessari è stata prospettata recentemente la possibilità di dotare le scuole di un budget specifico. Il54% dei dirigenti scolastici interpellati si dichiara favorevole, anche se il 45% condiziona tale eventualità alla semplificazione delle procedure per l’affidamento dei lavori.

L’ultimo rapporto Censis «riconferma l’allarme per la sicurezza e la salute del personale e degli studenti» ha detto il segretario della Fp Cgil Mimmo Pantaleo. «I dati diffusi dal Censis non ci colgono impreparati» sostiene il sottosegretario all’Istruzione con delega all’edilizia scolastica, Roberto Reggi. «Il governo conosce bene la situazione. Proprio per questo abbiamo in programma già oltre 8.200 interventi da far partire nel 2014. Altri undicimila partiranno all’inizio del 2015. Con le opere previste solo quest’anno interesseremo circa un quarto delle scuole e quindi due milioni di studenti. C’è un forte cambio di passo rispetto al passato».

* l’Unità, 01.06.2014


-   Amianto e muri che cadono: migliaia di scuole a rischio
-  Allarme del Censis sullo stato degli istituti: sono vecchi e fatiscenti.
-  In 3600 casi servono interventi strutturali; altri 9 mila sono costruiti anche con l’amianto

di Valeria Pacelli (il Fatto, 01.06.2014)

Intonaci a pezzi, vetri rotti, lavori di ristrutturazione fatti male e tanto amianto. Sono queste le condizioni in cui trascorrono almeno 5 ore al giorno gli studenti italiani. Il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) ha pubblicato i dati delle scuole della penisola e il quadro che ne viene fuori è preoccupante. Degli oltre 41 mila edifici scolastici statali, sono 24 mila gli impianti (elettrici, idraulici, termici) che non funzionano o non sono a norma.

In altrettante 9 mila scuole gli intonaci cadono giorno dopo giorno. Qui sono necessari interventi, come in altri 7.200 edifici in cui occorrerebbe rifare tetti e coperture. Sono numeri importanti soprattutto per l’incolumità degli studenti. Solo a febbraio scorso, in una scuola elementare di Palermo è crollato una parte del muro e due studenti sono rimasti feriti.

In altri casi non è andata così: era il 2002 quando una scossa di terremoto buttò giù una scuola di San Giuliano di Puglia e morirono 26 bambini e una maestra. E non si può dimenticare L’Aquila e il crollo della casa dello studente, dove molti ragazzi persero la vita.

SONO ALCUNE delle tragedie avvenute in un’Italia dove ci sono “2.000 scuole che espongono i loro 342.000 alunni al rischio amianto”. Ma dai dati Censis emergono altri due elementi. Il primo riguarda la costruzione degli edifici che risulta essere datata nel tempo: più del 15% è stato costruito prima del 1945, il 44% tra il ‘61 e l ‘80.

La seconda problematica riguarda i lavori di manutenzione: se ne fanno pochi e male. È questa la condizione delle scuole che il governo non può ignorare. Matteo Renzi aveva annunciato un piano - da approvare - di 3 miliardi e mezzo di euro.

Il Fatto ne ha chiesto conto a Roberto Reggi, sottosegretario all’Istruzione, che ha assicurato che “gli interventi inizieranno da luglio”. Dove prenderete i soldi? “Ci saranno tre tipologie di intervento: ci sono 450 milioni di euro destinati alla piccola manutenzione. In questo caso abbiamo recuperato i soldi con l’aggiudicazione di una gara sul servizio di pulizia. Ossia prima le pulizie nelle scuole costavano 600 milioni. Con la gara abbiamo tagliano 300 milioni da utilizzare invece per i lavori”.

Poi ci sarebbero 400 milioni per la manutenzione straordinaria. “Questi soldi - spiega Reggi - li recuperiamo da fondi europei inutilizzati. E infine ci sono i grandi interventi o nuove costruzioni: in questo caso stanzieremo 1 miliardo e 300 milioni giacenti nelle casse dei comuni attraverso l’allentamento del patto di stabilità.”

E conclude: “A questi si aggiungono 900 milioni che arriveranno a gennaio 2015 da mutui con la banca europea. E altri fondi europei per un valore ancora da stabilire, ma che può essere intorno ai 3 miliardi.” Il piano per la scuola è questo, ma i decreti devono essere ancora approvati. Bisognerà aspettare luglio e vedere se le parole diventeranno fatti.

Il Codacons: “Così gli studenti sono in pericolo” *

I DATI sugli istituti scolastici diffusi oggi dal Censis “disegnano un quadro allarmante, e dimostrano come le scuole italiane rappresentino un potenziale pericolo per studenti, insegnanti e personale scolastico”. Lo afferma il Codacons, ricordando che in materia di edilizia scolastica ha vinto “la prima class action italiana contro la Pubblica Amministrazione. Nel 2011 il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato hanno accolto la class action del Codacons, ordinando al Ministero dell’istruzione di varare il cosiddetto ‘Piano nazionale di edilizia scolastica allo scopo di garantire la sicurezza delle scuole”. “A distanza di 3 anni -dice il presidente del Codacons Carlo Rienzinulla è stato fatto, e i dati Censis dimostrano la gravità della situazione. Dopo aver acquisito il rapporto completo dell’istituto, sarà inevitabile per la nostra associazione chiedere la chiusura immediata di tutti gli istituti che presentano i maggiori rischi per studenti e personale”. “Considerato inoltre che le sentenze dei giudici non sono state rispettate - prosegue Rienzi - ci vediamo costretti a denunciare tutti i dirigenti del ministero dell’istruzione dal 2011 ad oggi per inottemperanza all’ordine del giudice e per i pericoli fatti correre a studenti e insegnanti”.

* il Fatto, 01.06.2014


“Qui si sbriciola il futuro”: l’emergenza

di Corrado Zunino (la Repubblica, 01.06.2014)


ROMA. Ci sono 4.400 segnalazioni dai sindaci d’Italia, ora impacchettate in un ufficio di Palazzo Chigi. Ogni tanto il premier Renzi fotografa il pacco a doppio spago e twitta la foto: «Abbiamo iniziato a smistare le lettere dei primi cittadini, le scuole da rifare».

Sono ottomila i sindaci in Italia, quindi uno su due ha una scuola malmessa nel suo territorio. L’iniziativa di governo, che si è chiusa lo scorso 15 marzo, prevedeva la segnalazione dell’istituto nelle condizioni peggiori. Soltanto uno. Molti sindaci non si sono contenuti e hanno allegato l’elenco: «Caro collega, ti segnalo poi...». Renzi è il collega.

Il sindaco di Avezzano provincia dell’Aquila, Gianni Di Pangrazio, ha scritto una lettera al premier per ringraziare e segnalare. «Condivido in pieno la tua scelta di partire con l’azione di governo dando priorità alle scuole poiché è lì che si formano le nuove generazioni. Ad Avezzano, terra ballerina, stiamo lavorando da tempo, con i tempi biblici della burocrazia, per avere la disponibilità dei fondi del progetto “Il futuro in sicurezza” ».

In quell’elenco di edifici congelati dalla burocrazia non c’è, tuttavia, la scuola simbolo di Avezzano, l’immobile Corradini- Fermi. È degli anni Venti, è un Deco, è vincolato per comprensibili ragioni storico-architettoniche. Di Pangrazio l’ha scelta tra tante. «Non possiamo toccarlo per mille ragioni, ha bisogno di un intervento di consolidamento». Rischia di venire giù, serve l’azione coordinata dal governo.

A Villafranca in Lunigiana il sindaco Pietro Cerutti ha chiesto - dritto per dritto - 3,9 milioni da investire nel nuovo plesso scolastico pensato per ospitare un liceo scientifico e l’Istituto professionale Belmesseri. Con il primo miliardo e due speso sono fermi alle strutture portanti.

I liceali di Villafranca sono costretti nel vecchio convento di San Francesco e così hanno scelto di affiancare l’iniziativa del sindaco con una cartolina a testa recapitata al presidente del Consiglio: fotografa lo stato dell’arte del nuovo plesso antisismico.

Il Comune di Livorno ha indicato le scuole medie Pazzini di via San Gaetano: c’è già un disegno per rifare la copertura in alluminio e migliorare l’efficienza energetica, risistemare la facciata e dare la possibilità di un accesso civile alle aule per chi ha difficoltà. Un ascensore, un nuovo percorso per andare in palestra. La ristrutturazione dei bagni. Costa, tutto, 703 mila euro. Già che c’era il sindaco Alessandro Cosimi ha raccontato a Renzi di tutte le scuole bisognose di interventi a Livorno: cinquantuno tra nidi, materne, elementari e medie per un costo di 3,7 milioni. «Non sbricioliamo il futuro dei nostri ragazzi».

In Veneto le lettere inviate al premier sono passate, per conoscenza, all’attenzione dell’Ufficio scolastico, che così ha realizzato un censimento locale. Solo per la riqualificazione e la bonifica dall’amianto sono stati presentati 203 progetti: ne sono andati avanti 83. Servivano 150 milioni, ce ne sono 10.

A Belluno il sindaco Jacopo Massaro chiede 5 milioni per restituire a trecento scolari la principale scuola elementare, la Aristide Gabelli. Padova ha individuato la primaria Ardigò: il progetto preliminare è pronto, mancano 700 mila euro, potrebbero arrivare con lo sblocco del patto di stabilità sugli investimenti per l’edilizia scolastica (decreto 66, a giorni convertito in legge). Per l’intera città ci sono 10,6 milioni pronti, fin qui non si sono potuti toccare per l’austerity imposta dall’Unione europea. A Cesena il patto di stabilità ha fermato l’ampliamento del complesso di San Vittore (6,4 milioni, Iva compresa).

Anche un sindaco d’opposizione come il leghista Flavio Tosi ha presentato l’elenco di necessità per Verona: «Speriamo non sia la solita l’elemosina». Federico Pizzarotti, Cinque stelle inquieto, ha scritto al “caro Matteo” per avere fondi per tre strutture di Parma. Una, è la contestata scuola europea: costata 35 milioni, non è finita.

Il Comune di Ariccia alle porte di Roma ha puntato alto e chiesto la realizzazione di un polo scolastico «in grado di includere in un unico, ampio e moderno spazio tutto il ciclo dell’obbligo e dell’infanzia ». Progetto ambizioso, mancano 13 milioni. «Si possono recuperare con la vendita delle cubature delle scuole Bernini e via Vittoria», ha assicurato il sindaco Emilio Cianfanelli.

A Bari lo spot si è acceso sulla materna Regina Margherita nel rione Madonnella, a Foggia sulla media De Sanctis. Il sindaco di Andria, Nicola Giorgino, vorrebbe riaprire il Riccardo Jannuzzi nel quartiere di Santa Maria Vetere: è una secondaria, chiusa dal sisma del 2002. Servono 3 milioni. Ecco, il terremoto che colpì San Giuliano di Puglia, Campobasso. Ventisette bambini e una maestra morti schiacciati. Progettisti, costruttori, tecnico comunale, sindaco dell’epoca: tutti condannati in Cassazione. Il sindaco in carica, Luigi Barbieri: «Dopo la nostra tragedia gli sforzi fatti sono stati pochi».


La lezione che viene dal degrado

di Mariapia Veladiano (la Repubblica, 01.06.2014)

PER arrivare a questo risultato è stato indispensabile un impegno collettivo davvero ragguardevole. Sindaci e amministrazioni dalle cinquanta e più sfumature di ideologie che hanno sistematicamente ritenuto più importante asfaltare campagne per la comodità dei loro elettori e lastricare piazze per la sagra dello gnocco fritto, governanti di corso lungo-lunghissimo oppure più o meno novelli che nel loro (per quanto breve) permanere in Parlamento han trovato modo di dissimulare “riforme” scolastiche nello spazio bianco fra due articoli di legge finanziaria, elettori, e molti erano ben genitori, che hanno ostinatamente votato chi questo faceva e questo prometteva di fare.

Se il 58% delle nostre scuole non è a norma, e molte di queste sono un vero pericolo, è perché un mare di persone per un mare di anni non ha ritenuto importante investire lì e un mare di altre gliel’ha permesso. Adesso un pezzo di verità è che a voler prendere in mano la scuola non si sa da che parte cominciare.

Arrivano i dati Ocse e ci dicono che siamo in fondo per gli apprendimenti. Arriva il rapporto Censis e scopriamo che stare seduti in classe è più pericoloso che andare in bici in tangenziale. Ma un altro pezzo di verità è che bisogna avere la pazienza di distinguere.

C’è purtroppo una geografia dell’insuccesso scolastico, che in parte, non sempre, anche qui si deve distinguere, in parte coincide con la geografia del degrado delle scuole. Perché esistono regioni e comuni che nelle scuole hanno sempre investito. Questi con lo sblocco del patto di stabilità a favore della scuola potranno (meritoriamente) investire nel perfezionamento del cappotto termico della loro scuola e acquisire meriti ecologici, altri potranno forse far smettere di piovere in aula. E poi: un conto è il degrado estetico, che conta eccome, ma che può essere combattuto e non esibito. Le pareti scrostate possono essere coperte di disegni di bimbi, o di carte geografiche.

Ma altra cosa è il pericolo. Abbiamo costruito un mondo di strade, spazi pubblici, piazze, in cui bambini, persone, e anche animali, sono un fastidioso problema di sicurezza da risolvere. Per cui a scuola li portiamo in macchina i figli, e chissaquando diventano autonomi. Ma dobbiamo pensare che almeno in classe poi stanno al sicuro, abbastanza. Che i muri non crollano.

E allora? E allora va certo bene liberare risorse per le scuole, da qualche parte bisogna cominciare e però ci vorrebbe qui un (impopolare) frullato di solidarietà nazionale. Perché vien da dire che sarebbe ovvio finanziare prima di tutto le 3600 scuole che hanno problemi alle strutture portanti e sembra incredibile che possano esistere scuole così.

Far partire con il piano straordinario per l’edilizia scolastica anche un piano straordinario di condivisione, fra chi la scuola l’ha sempre avuta in mente e chi invece, sciaguratamente, no. Perché i bambini son bambini, tutti ugualmente pieni di diritti. E la favola della cicala e la formica è solo un mostruoso inno all’egoismo che uccide la convivenza. Che uccide e basta.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

ESAME DI MATURITA’, PER POLITICI, INTELLETTUALI, FILOSOFI, E ISTITUZIONI. Una traccia proposta dagli studenti e dalle studentesse, dai e dalle "prof", di tutta l’Italia


Rispondere all'articolo

Forum