LA NONVIOLENZA ALLA PROVA
Occorre uscire dalla subalternita’, dalla marginalita’, dalla nostra stessa accidia che ci rende subalterni e complici.
Piantarla di bersi la bubbola secondo cui la nonviolenza e’ cosuccia da praticare tra le devozioni domestiche ma quando si passa alla grande politica allora ci vogliono gli orchi.
E’ vero il contrario: la nonviolenza e’ oggi tout court la grande politica.
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Poiche’ e’ grande politica il lavoro teorico e pratico di Vandana Shiva e dei movimenti di pensiero e di azione di cui e’ ad un tempo - da scienziata e da filosofa oltre che da militante - partecipe ed interprete, allieva e guida, ascoltatrice e portavoce.
Poiche’ e’ grande politica la testimonianza e la lotta di Rigoberta Menchu’:
che e’ l’esperienza e la lotta di tutte le donne, di tutti gli indios, di tutti i sud del mondo indicibilmente oppressi ed indicibilmente ricchi di sapienza e verita’.
Poiche’ e’ grande politica l’azione di Mohandas Gandhi, di Martin Luther King, di Marianella Garcia, di Chico Mendes: lo sapevano bene coloro che li hanno fatti assassinare; tra noi invece molti, troppi lo dimenticano.
E grande politica (ed epocale innovazione addirittura nel campo del diritto penale che allo sguardo distratto potrebbe sembrare il piu’ ostico alla scelta della nonviolenza) e’ stata la Commissione per la verita’ e la riconciliazione voluta da Nelson Mandela e presieduta da Desmond Tutu.
Le idee politiche e giuridiche piu’ profonde e geniali su come ricostruire l’Europa dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale, nel vivo stesso della lotta le penso’ quell’immensa pensatrice della nonviolenza in cammino che e’ Simone Weil.
E nel dibattito politico e morale contemporaneo le proposte di riflessione oggi di riferimento per ogni persona di retto sentire sono di autrici ed autori che tematizzano nel modo piu’ nitido la critica della violenza e la proposta di un’alternativa - quell’alternativa che noi chiamiamo nonviolenza in cammino. E per fare qualche nome, accomunando nella compresenza morti e
viventi: Guenther Anders, Hannah Arendt, Franco Basaglia, Ernst Bloch, Danilo Dolci, Erich Fromm, Germaine Greer, Agnes Heller, Ivan Illich, Hans Jonas, Emmanuel Levinas, Franca Ongaro Basaglia, Adrienne Rich, Susan Sontag, Tzvetan Todorov, Virginia Woolf...: questa e’ oggi la grande politica.
E’ grande politica la lotta delle madri di Plaza de Mayo, e’ grande politica la riflessione e l’azione di Fatema Mernissi, e’ grande politica l’iniziativa planetaria delle Donne in nero.
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Una persona amica della nonviolenza alla Presidenza della Repubblica
Italiana: questa sarebbe grande politica.
E, del resto, i principi affermati dalla Costituzione della Repubblica italiana non ci chiedono forse di costruire una societa’ nonviolenta? Non sono forse anche un programma politico nonviolento? Non sono forse un appello alla nonviolenza lanciato come un ponte verso l’avvenire dalle donne e dagli uomini che dovettero lottare contro la barbarie nazifascista, che dovettero ricostruire il mondo dopo l’apocalisse della seconda guerra mondiale?
E diciamolo chiaro: se qualcuno tra noi ritenesse che giammai una persona amica della nonviolenza potrebbe guidare un ordinamento giuridico democratico, ebbene, chi di tale tesi si facesse assertore avrebbe davvero un bizzarro e meschino concetto della nonviolenza, e un’idea triste e trista della democrazia.
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La nonviolenza non elude le sfide: vuole affermare il potere di tutte e tutti.
La nonviolenza promuove ed accresce la democrazia: vuole inverarla nella sua massima ampiezza e profondita’.
La nonviolenza non si sottrae alla prova della gestione delle istituzioni:
essa sa e vuole essere giuriscostituente, essa si sa veritiera azione politica e principio di organizzazione sociale.
La nonviolenza e’ la politica del XXI secolo. Avrebbe potuto e dovuto esserlo gia’ del XX secolo: quante guerre, quanti totalitarismi si sarebbero evitati.
Ma cio’ che nel XX secolo era chiaro solo alle enormi maggioranze oppresse la cui lingua e’ stata sempre tagliata dai possidenti (anche solo della facolta’ di parola), e solo a ristette minoranze tra quanti avevano il potere (e quindi il potere della parola), ebbene, nel XXI secolo sta divenendo chiaro a tutte e tutti: ed e’ la coscienza che o si sceglie la nonviolenza o vi sara’ la catastrofe della civilta’ umana. L’alternativa e’
ancor piu’ radicale di quella enunciata da Rosa Luxemburg cento anni fa: non solo di alternativa tra socialismo e barbarie qui si tratta, ma di quella tra politica nonviolenta o distruzione dell’umanita’.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
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Che oggi tante e tanti di noi prendiamo la parola per chiedere che una persona che viene dalla Resistenza al nazifascismo, una persona amica della nonviolenza, una intellettuale e militante femminista, un’autorevole rappresentante del movimento operaio e dei movimenti ecologisti, una protagonista delle lotte per il pane e le rose, per la verita’ e la solidarieta’, per i beni comuni e per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani, una persona del valore di Lidia Menapace sia eletta Presidente della Repubblica Italiana, ebbene, gia’ questa stessa richiesta e’ un segno dei tempi, inveramento di democrazia, espressione civile, principio responsabilita’ in atto, azione corale per il bene di tutte e tutti.
Gia’ il solo fatto che questa stessa proposta sia formulata la introduce nel mondo, disvela una realta’ gia’ matura, manifesta qui ed ora la coscienza che la nonviolenza e’ piu’ forte di ogni rassegnazione, di ogni subalternita’, che tante persone amiche della nonviolenza si sentono responsabili e vogliono contribuire alle decisioni piu’ importanti (e nella presente situazione avere una Presidente della Repubblica che sia fermamente impegnata per i valori costituzionali della giustizia e della pace, della legalita’ e della solidarieta’, del riconoscimento della dignita’ umana di tutti gli esseri umani, e’ semplicemente dirimente).
La nonviolenza e’ in cammino.
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A tutte e tutti chiediamo ancora uno sforzo in questi ultimi giorni: di diffondere ancora l’appello per Lidia al Quirinale; di scriverne ai mass-media; soprattutto di scrivere ai deputati ed ai senatori (ed ai consiglieri regionali delegati) affinche’ anch’essi escano dalla rassegnazione e dalla subalternita’, e facciano una scelta saggia e felice:
votino Lidia Menapace Presidente della Repubblica.
2. IL TESTO DELL’APPELLO, ANCORA UNA VOLTA
Ci piacerebbe un Presidente della Repubblica che avesse fatto la Resistenza.
Un Presidente della Repubblica che avesse fatto la scelta della nonviolenza.
Un Presidente della Repubblica femminista.
Una Presidente della Repubblica.
Lidia Menapace.
3. CHE FARE
Alcune cose utili che si possono fare, adesso o mai piu’, per sostenere la proposta di Lidia Menapace Presidente della Repubblica.
1. Scrivere lettere ai parlamentari per segnalare loro la proposta di eleggere Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale proposta, i consensi che essa sta ottenendo, e per sollecitare un loro impegno in tal senso.
Ovviamente occorre che siano lettere scritte con linguaggio adeguato: non proclami o peggio ancora requisitorie.
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i parlamentari si trovano nel sito della Camera dei Deputati (www.camera.it) e in quello del Senato della Repubblica (www.senato.it).
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2. Scrivere lettere ai consiglieri regionali (come e’ noto all’elezione del Presidente della Repubblica prendono parte oltre a tutti i parlamentari anche tre rappresentanti per ogni Regione) per segnalare loro la proposta di eleggere Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale proposta, i consensi che essa sta ottenendo, e per sollecitare un loro impegno in tal senso.
Ovviamente occorre che anche queste lettere siano scritte con linguaggio adeguato.
Gli indirizzi di posta elettronica dei consiglieri regionali si trovano agevolmento nei siti dei relativi Consigli Regionali.
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3. Scrivere lettere ai mass-media locali e nazionali per segnalare loro l’appello per l’elezione di Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale proposta, i consensi che ha gia’ ottenuto, e per sollecitare che ne diano informazione.
Ovviamente per i mass-media locali o settoriali e’ preferibile che vi sia anche una specificita’ locale o settoriale della notizia (ad esempio l’adesione di persone o associazioni del territorio o del campo di interessi di riferimento dello specifico giornale, radio, tv, rivista, sito, etc.).
Ed altrettanto ovviamente occorre un linguaggio adeguato: conciso e chiaro; alle redazioni giornalistiche interessa ricevere notizie, non esercizi di retorica sia pur la piu’ alata.
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4. Valorizzare le mailing list e i siti nel web per far circolare l’appello (chiedendo anche, a chi gestisce un sito, se sia possibile che nella home page di esso sia segnalato l’appello "Per Lidia Menapace Presidente della Repubblica" con un rinvio ad una piu’ ampia notizia e possibilmente anche un link alla o alle pagine web in cui e’ possibile reperire maggiori informazioni (ad esempio la pagina web da cui si possono raggiungere tutti i fascicoli di questo notiziario, che e’ la seguente:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html).
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5. Laddove possibile promuovere raccolte di adesioni nei luoghi di lavoro, di studio, di incontro, di impegno: a tal fine potra’ essere utile predisporre dei volantini da affiggere ove consentito che rechino almeno:
a) un testo sintetico dell’appello (ad esempio: "Ci piacerebbe un Presidente della Repubblica che avesse fatto la Resistenza. Un Presidente della Repubblica che avesse fatto la scelta della nonviolenza. Un Presidente della Repubblica femminista. Una Presidente della Repubblica. Lidia Menapace"):
b) una breve notizia su Lidia (ad esempio: "Lidia Menapace (per contatti:
lidiamenapace@aliceposta.it) e’ nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e’ poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e’ tra le voci piu’ alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa’ civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e’ stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e’ dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L’ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne’ indifesa ne’ in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste’, Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004");
c) un punto di riferimento locale e come sia contattabile (ad esempio telefonicamente o per e-mail);
d) l’indicazione di dove trovare ulteriori informazioni (ad esempio la pagina web - che abbiamo segnalato sopra - che ospita i fascicoli di questo notiziario, "La nonviolenza e’ in cammino", in cui si da’ notizia dell’iniziativa, delle sue ragioni, delle dichiarazioni di adesione fin qui rese pubbliche).
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6. Con l’avvertenza di cercar di non sommergerla di richieste, si potrebbe anche proporre a Lidia Menapace (scrivendole alla sua casella di posta elettronica, sopra segnalata) di partecipare a iniziative pubbliche (non necessariamente centrate sulla proposta di elezione al Quirinale, e’ ovvio:
con Lidia si possono fare appassionanti incontri su tanti argomenti).
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7 Ma soprattutto parliamone: con le persone con cui condividiamo opinioni, esperienze, interessi, impegni; con le persone che riteniamo possano essere interessate ad avere una Presidente della Repubblica come Lidia; parliamone guardandoci nei volti e reciprocamente ascoltando le nostre voci.
Una proposta come questa va "elaborata", cioe’ meditata e discussa superando anche alcune frequenti e comprensibili resistenze interiori: in tante e tanti l’abbiamo pensata come desiderabile, ma non c’e’ dubbio che forse molte e molti esitano ad esprimerla come proposta concreta su cui impegnarsi praticamente ritenendo che non sia sufficientemente "realistico" che persone che non appartengono alle gerarchie del palazzo propongano un ragionamento e un’indicazione per la Presidenza della Repubblica: invece proprio questa rottura culturale, questa uscita dall’apatia e dalla subalternita’, questo ripudio della rassegnazione, questa presa di parola per una democrazia partecipata, costituiscono uno degli aspetti piu’ interessanti della proposta.
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8. Infine: saremo grati a tutte le persone che vorranno comunicarci adesioni e iniziative affinche’ anche sul nostro notiziario si possa darne notizia (il nostro indirizzo di posta elettronica e’: nbawac@tin.it).
Scusa, caro Federico, ma io certe cose non le capisco !Come puoi proporre Menapace come Presidente di una Italia che aderisce alla NATO, ospitando sul suo suolo (basi americane) testate atomiche ? Pretenderesti che rompessimo i buoni rapporti con gli americani ? Come possiamo discutere di pacifismo in queste condizioni ? Lo può fare una nazione come la Svizzera, neutrale. Ma noi, noi italiani, siamo filoamericani di destra e di sinistra (leggi "Partito Democratico"). I nostri post-comunisti hanno mantenuto la sindrome dello Stato-guida, pur ripudiando il loro passato filosovietico. Viviamo momenti drammatici, una probabile guerra atomica all’orizzonte con l’Iran. Come possiamo fermare il terrorismo e quel pazzo di Teheran ? Con delle variopinte bandierine ?
Saluti
Caro Biasi allora , vediamo di spiegare ... e, ovviamente e possibilmente, tu cerca di leggere (e soprattutto di ascoltarTI). Questo il problema: tu non leggi (né il CODICE DA VINCI, né il codice dell’eu-angelo di GIUDA, e non solo i testi EU-ANGELICI, e nemmeno MARX, NIETZSHE, e FREUD - cfr. sul nostro sito, la mia nota, in polemica con Dario Antiseri, A FREUD, GLORIA ETERNA) ... aspetti che parli prima Ratzinger, Ruini, o chi per loro, e poi ti meravigli (questo va benissimo) che qualcun altro la pensi diversamente!!! Sei sulla strada giusta -quella TUA !!! Allora, coraggio (quello di Kant - il motto dell’illuminismo: sapere aude!), e, se ce la fai, leggi questo appello di ALEX ZANOTELLI, e poi - forse - capirai qualcosa relativamente all’importanza della proposta per LIDIA MENAPACE, Presidente della Repubblica Italiana, e sull’importanza della nostra COSTITUZIONE (cfr. art. 11: L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA... ), devastata dall’ignominiosa e RUINIosa alleanza delle ’mammasantissime’ forze italiche!!! M. cordiali saluti, Federico La Sala
ALLARME ATOMICO: METTIAMOCI INSIEME di Alessandro Zanotelli (www.ildialogo.org/appelli, 05.maggio 2006)
Oggi scade l’ultimatum dell’Onu all’Iran. E’ un momento grave per l’umanità che potrebbe portarci ad una guerra atomica. Siamo alla vigilia di un’altra guerra preventiva con l’aggravante dell’uso di armi nucleari? I tamburi di guerra continuano a rullare: Bush, Condoleeza Rice, Blair... non perdono occasione per ripetere il loro messaggio di morte. Sono tanti gli esperti che sottolineano la gravità della situazione in campo atomico. Per citarne uno, il fisico di Firenze Angelo Baracca, afferma che mai come oggi il mondo é stato così vicino ad una guerra nucleare, neanche durante la guerra fredda. Il dramma é che oggi abbiamo così tante bombe atomiche da far saltare il mondo quattro volte per aria. Esse hanno una potenza pari a duecentomila volte la bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945. Ecco il Peccato del mondo oggi: l’Uomo può distruggere nel giro di un pomeriggio quello che Dio ha costruito in quattro miliardi e duecento milioni di anni. L’uomo, le chiese, le religioni, si trovano davanti ad una scelta di vita o di morte. "Le bombe nucleari sono un peccato" aveva detto l’arcivescovo di Seattle mons. Hunthausen, "nella società moderna, la base della violenza é data dalla nostra intenzione di utilizzare l’arma nucleare. Una volta accettato questo, qualsiasi altro male é al confronto un male minore. Fin quando non ci poniamo di fronte al problema del nostro consenso all’utilizzo delle armi nucleari, ogni speranza di miglioramento generalizzato della moralità pubblica é condannata al fallimento". Davanti ad un tale dramma e una così colossale crisi, mi sorprende il vedere la nostra inerzia e le nostre divisioni. Com’é possibile che gloriosi movimenti e associazioni come il Mir, "Azione nonviolenta", la Lega per il disarmo unilaterale, Pax Christi, Beati i costruttori di pace, Assopace, l’Unione scienziati per il disarmo, il Movimento nonviolento, la Campagna osm-dpn, il Cipax... non riescano a trovarsi insieme in chiave nazionale per dire una parola forte in questo momento storico?
Come mai uomini e donne di grande spessore morale e culturale che lavorano sulla pace e sulla nonviolenza, come Aberto L’Abate, Tonino Drago, Giuliana Martirani, Rocco Altieri, Alfonso Navarra, Lorenzo Porta, Domenico Gallo, Nanni Salio, Mao Valpiana, Giuliano Pontara, don Albino Bizzotto, Angelo Baracca, Enrico Peyretti, Rodolfo Venditti (per citarne solo alcuni), non riescano a darsi un appuntamento nazionale per dire insieme una parola forte: una presa di posizione sulla bomba?
Questo sforzo potrebbe essere sostenuto in primo luogo dalla rete Lilliput, insieme con ControlArms, Greenpeace, Peacelink, con il Coordinamento comasco per la pace ed altre organizzazioni e reti che da tempo sono impegnate su questi temi.
Un incontro di questo genere sarebbe un grande segno di unità e di coraggio in questo momento così drammatico per l’umanità. Queste personalità, in rappresentanza di tutti i gruppi e le associazioni che lavorano per la pace in Italia, potrebbero poi elaborare alcuni appelli, uno rivolto al papa, e un altro alla Conferenza Episcopale Italiana, chiedendo che la bomba venga dichiarata peccato, e la guerra atomica tabù.
Un terzo appello potrebbe essere rivolto al formando governo Prodi perché ritiri immediatamente le truppe dall’Iraq e rifiuti risolutamente l’ipotesi di un’altra guerra preventiva contro l’Iran e metta al bando quel centinaio di bombe atomiche attualmente presenti in Italia.
Tutte le associazioni e i gruppi che lavorano per la pace insieme alle personalità che li animano potrebbero indire un altro grande incontro pubblico, ad esempio all’Arena di Verona (recuperando così la grande tradizione dei Beati i costruttori di pace), ove pubblicamente e in tanti grideremmo il nostro no alla bomba e alla guerra atomica.
Non perdiamo questo kairos della storia.
Caro Federico, cosa risponderti ? Non ho bisogno di Ruini o di Ratzinger per capire determinatè realtà, che a te, a quanto pare, sfuggono ! Leggerai sicuramente moltissimo, caro Prof., ma non basta solo leggere, ma CAPIRE e ANALIZZARE la realtà. Non è forse questo il compito della filosofia ? Un tipo di conoscenza che deriva dall’ANALISI ? Si procede per aggiustamenti e approfondimenti di concetti in uno scambio tra mente e realtà, tra realtà e mente. Probabilmente viviamo in realtà diverse. Sicuramente abbiamo avuto una educazione scolastica differente (io ho frequentato una scuola cattolica privata, dove era proibito leggere l’Unità e "Il Capitale"; dove nel programma di filosofia non era contemplato Freud e solamente accennato Marx, ma ciò non mi ha impedito di leggere il padre della psicoanalisi o il genio tedesco, durante le vacanze estive). Da giovane, come credo tu sia, ero anche io un anticlericale, amico di anarchici (figli della buona borghesia milanese!); allora, essere "rosso" o "cinese", era di moda, faceva tendenza. Erano gli anni settanta, gli anni di piombo, gli anni delle BR in Italia, della Rote Armee Fraktion in Germania, gli anni delle stragi, dei morti innocenti, del rapimento e omicidio di Aldo Moro, gli anni della strategia della tensione.. Anni in cui, dopo la crescita economica e culturale degli anni sessanta, si potevano finalmente risolvere nel nostro Paese, in maniera determinante, alcuni problemi fondamentali, come la "questione meridionale".
Ora mi chiedo: dov’era in quegli anni il nostro caro Federico ? Era già nato ? Andava già a scuola ? Per capire, non basta solo leggere la storia e la politica di un Paese, bisogna esserne stati testimoni, averla vissuta.
Comunque ancora non hai risposto alla mia domanda: come combattere il terrorismo e la minaccia iraniana? Basta forse un bel raduno all’Arena di Verona ?
Saluti
Caro Biasi .... vedo che disperi e hai poca fede - non solo in te stesso, ma anche nel "Dio" dei nostri Padri e delle nostre Madri.... e nella tua stessa terra - SAN GIOVANNI IN FIORE!!! A tuo conforto, ti allego - sul tema - una rec. di un grande maestro dell’Illuminismo e della comprensione tra i popoli e le religioni: LESSING. Mi auguro che ti possa essere utile... per risentire le parole di BOCCACCIO DANTE CHIARA FRANCESCO GIOACCHINO, e dello stesso giovane della Galilea... M. cordiali saluti, Federico La Sala
A LEZIONE DI DIALOGO DA LESSING
Karl-Josef Kuschel rilegge il «Nathan» e sottolinea che tra i tre monoteismi ci può essere un solo conflitto: la volontà di eccellere nell’amore
di Massimo Giuliani (Avvenire, 06.06.2006, p. 29)
Nella disputa contemporanea tra gli accusatori postmoderni dell’Illuminismo e i difensori della «ragion pubblica», tipica dell’età dei Lumi, l’opera teatrale di Gotthold Ephraim Lessing, Nathan il saggio (1779), rischia di essere rimossa dai primi come mero manifesto di un generico ecumenismo tra le religioni e dai secondi acriticamente esaltata come vessillo ideologico non solo del pluralismo ma anche del relativismo religioso. Una lettura più teologica e attenta al contesto come L’ebreo, il cristiano e il musulmano si incontrano? di Karl-Josef Kuschel offre una prospettiva nuova. Si tratta infatti, secondo Kuschel, del primo tentativo fatto in Occidente di ragionare sugli effetti negativi degli scontri di civiltà di epoca medioevale e moderna, onde superarli non in chiave di mera tolleranza della religione, come amerebbe vedere una superficiale lettura filo-illuminista, ma piuttosto di reciproco riconoscimento teologico delle tre religioni storico-rivelate. Il volume è originale per le puntuali ricostruzioni storico-letterarie e comparative sulle fonti e le tradizioni parallele e analoghe del famoso apologo dei tre anelli; ma il suo valore riposa soprattutto sullo spessore delle tesi religioso-teologiche, radicalmente innovative per il XVIII secolo. Il Nathan di Lessing non propone infatti di superare giudaismo, cristianesimo e islam in una generica religione naturale, ma di «mettere in evidenza la parte del veramente umano presente in tutte le religioni». Ciò è possibile proprio quando dalla semplice tolleranza si passa alla rivalutazione delle fedi diverse dalla nostra e all’autocritica nei confronti degli effetti prodotti dalla nostra stessa religione. Il testo si spinge a proporre idee nuove come quella di una tolleranza non più basata sullo scetticismo ma sul geocentrismo, e sul fatto che la diversità religiosa tra ebrei, cristiani e musulmani fa parte del mistero stesso del progetto di Dio sul mondo. Il Nathan, da questo punto di vista, è un tentativo di far superare al cristianesimo una visione negativa del giudaismo e dell’islam. Anzi, dice il teologo Kuschel, proprio il carattere radicalmente filo-musulmano di quest’opera, più ancora che quello filo-ebraico, costituisce una radicale novità e una rottura - nel cuore del XVIII secolo - con le contemporanee rappresentazioni del profeta Maometto. Offrire una visione positiva del sultano musulmano oltre che di un mercante ebreo serviva a Lessing per testimoniare che la tolleranza non è un valore esclusivo della cultura occidentale. Una testimonianza, nel senso che Lessing fu colpito in tal senso dal suo viaggio in Italia (1775) e dalla tappa a Livorno, città in cui aveva constatato che una pacifica convivenza tra frequentatori di sinagoga, chiesa e moschea era possibile anche si suoi tempi, quando l’immaginario collettivo soggiaceva al terrore dei «turchi». Anzi, tale esperienza lo convinse ancor di più che l’unica competizione accettabile tra i seguaci delle tre fedi non è quella della verità esclusiva ma quella dell’emulazione nell’amore e nel rispetto reciproco. «Con la sua parabola - commenta Kuschel - Lessing smonta precisamente questo modello di argomentazione: nessuno può e deve più richiamarsi a Dio per sostenere che la propria sia la religione migliore. Dio stesso ha voluto la pluralità delle religioni, non la tirannia di una di esse». Oggi, in un’Europa con dodici milioni di musulmani, la lezione di Lessing andrebbe ristudiata.
Karl-Josef Kuschel L’ebreo, il cristiano e il musulmano s’incontrano? Il «Nathan il saggio» di Lessing Queriniana. Pagine 312. Euro 23,50
Ti ringrazio, caro Federico, ma il mio interrogativo è sempre quello: cosa possiamo fare ?
Se vogliamo discutere di tolleranza fra le religioni, dovremmo opporre un monoteismo fanatico a un politeismo tollerante. Gli ebrei hanno avuto i loro zeloti, i cristiani i loro crociati e i musulmani i loro combattenti della jihad. Al contrario, il politeismo antico assimilava dei e dee dell’avversario invece di demonizzarli; Ishtar la babilonese diventava così Astarte in Fenicia, Afrodite in Grecia e Venere a Roma. I figli di Abramo sarebbero quindi più violenti perchè sono in contrasto per lo stesso Dio, come fratelli nemici (vedi Caino e Abele) che si contendono lo stesso Padre.
Ma il politeismo romano non ha forse marterizzato i cristiani degenerando nel culto di Augusto? L’induismo, che conta trentamila dei, ha i suoi integralisti che perseguitano cristiani e musulmani. Lo scintoismo, con ottocento milioni di divinità ha generato i kamikaze (vento divino), che si lanciavano contro le portaerei americane come hanno fatto i terroristi islamici contro le torri di NY e il Pentagono.
Secondo te bisogna concludere che tutte le religioni si equivalgono e che non si ha altra scelta se non sacralizzare la violenza o laicizzare il mondo ?
Penso che tu non sia uno di quelli che assimila l’Islam alla guerra santa e il buddismo alla non violenza. Vero ? Nessuna religione o confessione è per natura violenta o non violenta. Semplicemente le religioni predicano la perfezione a uomini imperfetti.