Battetevi bene e buona fortuna
di EUGENIO SCALFARI *
ZAPATERO e i Vescovi di Spagna. Anche lì sono imminenti le elezioni dopo un quadriennio di ininterrotto governo. Le faranno all’inizio di marzo, un mese prima di noi che andremo a votare a metà aprile se come sembra tra lunedì e martedì Marini tornerà al Quirinale per comunicare al Presidente che non c’è altra via al di fuori del voto anticipato con questa schifosa legge elettorale.
Perciò Zapatero e i vescovi di Spagna possono essere utili come esempio. In Spagna votarono quattro anni fa con una buona legge che ha dato maggioranze solide e stabilità di governo. Zapatero prese impegni con gli elettori e li mantenne rigorosamente, dal ritiro del corpo di spedizione in Iraq ai matrimoni omosessuali, dalle trattative con l’Eta all’educazione civile nelle scuole, alla struttura federale dello Stato, a provvedimenti economici di stimolo alla crescita del Paese. Adesso presenta il suo bilancio per essere riconfermato o sostituito.
I vescovi di Spagna, dopo aver mobilitato la piazza, nei giorni scorsi hanno diffuso una sorta di manifesto politico nel quale, dopo aver premesso che i programmi elettorali non sono neutrali rispetto ai problemi della fede e della morale e che quindi la Chiesa è autorizzata a giudicarli, hanno elencato uno per uno tutti i punti di dissenso da quanto il governo ha realizzato e da quanto si propone di fare nella prossima legislatura. A conclusione di questo severissimo esame hanno invitato i cattolici a votare contro quei partiti e quei candidati che condividano quello "scempio" delle coscienze cristiane.
La risposta di Zapatero è stata al tempo stesso sobria, rispettosa e fermissima.
Ha detto che i vescovi hanno diritto e libertà di parola, ha ribadito il suo rispetto verso la Chiesa ed ha concluso con la riaffermazione di tutto quanto ha fatto e si propone di fare se vincerà, ricordando che le leggi approvate dal governo e dalle Cortes sono vincolanti per tutti indipendentemente dalla fede religiosa e da altre differenze di genere e di luogo. Il popolo sovrano deciderà perché questa è la democrazia.
Presumo che sua eminenza Ruini si sia congratulato con i suoi colleghi di Spagna che sono entrati a piede dritto nella politica del loro Paese dando indicazioni esplicite di voto. Presumo che anche il Papa si sia compiaciuto della combattività dell’episcopato di Spagna; infatti la Santa Sede non ha manifestato alcuna riserva sulle sue iniziative.
In Italia il linguaggio dell’episcopato è stato appena più cauto. Le interferenze politiche non sono mancate, abbiamo anzi assistito al loro moltiplicarsi anche se non siamo ancora arrivati ad una vera e propria dichiarazione di voto elettorale. Non ancora. E la ragione è facilmente spiegabile. Qui da noi la classe politica è molto più malleabile in confronto alla nettezza del governo socialista spagnolo. Qui basta ed avanza che la Cei aggrotti il sopracciglio per indurre all’obbedienza il laicato, cattolico e non cattolico. Ma si può stare certi che se ci fosse alla testa di un governo e di una maggioranza uno Zapatero italiano, sarebbe guerra aperta con la gerarchia vescovile assai più acerba di quanto oggi non avvenga.
Mi domando se sia un bene od un male. Abbiamo già tanti problemi e tante anomalie da sconsigliare un fronte caldo con la Chiesa. Ma per converso mi domando anche se i compromessi al ribasso con le pretese della gerarchia ecclesiastica non indeboliscano la coscienza democratica lasciando che i diritti civili abbiano una protezione così limitata e precaria quando non siano semplicemente impediti e negati. Sono anche convinto che i cattolici debbano sentirsi a casa loro nella democrazia italiana a condizione che i laici non ne divengano estranei e marginali.
La democrazia senza i cattolici sarebbe impensabile in un Paese come il nostro, ma senza i laici cesserebbe di esistere se è vero che laicità e democrazia sono sinonimi.
Incito perciò i laici ad affermare e sostenere a testa alta e a piena voce i propri valori e le proprie ragioni e le forze democratiche a non vergognarsi di esserlo. Anche questo è un modo di porsi nella campagna elettorale che sta per cominciare.
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La campagna elettorale di Berlusconi e dei suoi soci avrà i toni consueti e la consueta distribuzione delle parti. La voce dominante sarà, come sempre è avvenuto e come è giusto che sia, quella del Capo. Gli argomenti sono scontati: il disastro del governo Prodi (utilissimo per loro il fatto che Prodi sia ancora e fino a dopo il voto il titolare di Palazzo Chigi), le tasse da abbattere a cominciare dall’Ici, i comunisti da espellere dal circuito politico, la Chiesa da soddisfare in tutte le sue richieste, l’economia da rilanciare.
Ma ci sarà un tema nuovo sul quale sia Berlusconi sia Casini (gli altri non so) batteranno molto; un tema seduttivo: la nuova legislatura guidata dal centrodestra avrà caratteristiche "costituenti". Farà le riforme istituzionali, farà una nuova legge elettorale, assocerà l’opposizione sul modello Sarkozy-Attali. Chiamerà a collaborare i cervelli migliori e le migliori energie senza badare ai colori di bandiera. Gianni Letta come vessillo.
Il programma è questo. I soci maggiori si sono già spartiti le cariche: Fini alla presidenza della Camera, Casini agli Esteri. Letta dove la sua presenza "pacificatrice" sarà più utile. Alla presidenza della Rai un uomo "morbido" di centrosinistra con maggioranza targata centrodestra. Tutto come prima, ma in clima "bipartisan".
C’è da credere? Me l’hanno chiesto l’altro giorno anche i colleghi del New York Times che stavano lavorando proprio su questo tema: un Berlusconi nuovo di zecca, ravveduto, mite, senza vendette, dedito una volta tanto all’interesse del Paese prima che alle leggi "ad personam". Un Berlusconi liberale nei fatti e non solo nella parole. Ci credete? Ci crediamo? Vorrei accantonare le antipatie e le simpatie e rispondere sulla base di analisi dei fatti e dell’esperienza.
E’ difficile che un uomo di settant’anni cambi carattere. Difficile anche se non impossibile. Berlusconi vuole essere amato, questo è sempre stato il tratto distintivo del suo carattere. Lui si ama molto ma l’amore degli altri gli è indispensabile. Il suo populismo e la sua innata demagogia sono nutriti dall’amore verso di sé e dal bisogno di conquistare gli altri. E’ anche molto furbo e perciò consapevole di questi suoi istinti che sa guidare e mettere a frutto. Perciò non prenderà mai provvedimenti impopolari.
Volete i fatti? Eccone qualcuno. L’immondizia a Napoli è esplosa durante i diciotto mesi del governo Prodi ma ha radici più antiche che risalgono al quinquennio berlusconiano. La Tav e l’insorgenza in Val d’Aosta è tutta nata sotto il governo 2001-2006; la stessa cosa per la base Usa a Vicenza. Stessa cosa per la crisi dell’Alitalia. Non parliamo delle liberalizzazioni: non ne ha fatta nemmeno mezza. E non parliamo della finanza pubblica: è andato avanti a botte di condoni. La Banca d’Italia una settimana fa ha esaminato il risultato di quei condoni e la sentenza di Draghi è stata questa: nel periodo considerato il reddito dei lavoratori autonomi è aumentato il doppio di quello dei lavoratori dipendenti. Inutile dire il perché di questo colossale spostamento di risorse.
Riformare questo stato di cose è difficile, suscita malcontento e quindi impopolarità. Ecco perché queste riforme Berlusconi non le farà se vincerà nel 2008 come non le ha fatte nel quinquennio 2001-2006. Neppure Sarkozy le farà, che per alcuni rilevanti aspetti gli somiglia anche se il suo potere è molto più ampio e solido di quello di Berlusconi.
Sarkozy ha nominato una commissione di studio presieduta da un uomo intellettualmente fascinoso e socialista. La commissione Attali ha presentato pochi giorni fa il suo dossier al presidente della Repubblica francese. Le farà quelle riforme? Seguirà quei suggerimenti? Tra di essi campeggia quello di abolire la "funzione pubblica", che significa abbattere uno dei cardini dello Stato francese e della pubblica amministrazione. Non sarà una passeggiata perché anche Sarkozy come Berlusconi vuole essere amato. E non soltanto da Carla Bruni.
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Ho ascoltato l’altra sera nella trasmissione del Tg1 il mio amico Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera in un dibattito con Pisanu, Rutelli e Casini. Solite schermaglie sul governo Prodi e sulle elezioni ad aprile oppure a giugno.
Non entrerò in questa ormai stucchevole disputa della quale tutto è stato detto salvo una cosa peraltro evidente: al centrodestra conviene votare al più presto, quando ancora l’emozione "liberatoria" suscitata dalla caduta del governo Prodi è intensa. Tre mesi di più sembrano pochi ma possono far sbollire quell’emozione e fare emergere una realtà ancora nascosta: che quel governo ha operato molto meglio di quanto non sia apparso. Il commissario europeo Almunia ha già cominciato ad ammetterlo.
Il tempo è galantuomo e anche tre mesi in più rappresentano in questo momento un rischio per Berlusconi.
Comunque non è di questo che voglio occuparmi ma di un’opinione del direttore del Corriere su una questione molto importante: quella della continuità della politica economica e finanziaria.
Ha detto Mieli che i risultati in questo essenziale settore realizzati da Prodi e da Padoa-Schioppa (bisognerebbe aggiungere il nome di Vincenzo Visco che è l’autore di interventi tecnici decisivi) sono stati molto positivi; ha citato anche lui il favorevole giudizio della Commissione europea; ha aggiunto che questi risultati si sono anche giovati di quanto aveva fatto in precedenza il ministro del Tesoro Tremonti conducendo una politica economica e finanziaria analoga a quella poi attuata da Padoa-Schioppa ed ha continuato infine affermando che ci sarà piena continuità tra Padoa-Schioppa e il futuro Tremonti così come ci fu continuità tra il Tremonti della precedente legislatura e il Padoa-Schioppa che seguì.
Caro Mieli, amico mio, la continuità si può auspicare ma non inventare.
Se c’è un settore dove la discontinuità è stata pressoché totale è proprio quello tra Prodi e Berlusconi, tra Padoa-Schioppa e Tremonti. Le consegne del maggio 2006 furono un avanzo delle partite correnti azzerato, un’evasione fiscale al massimo livello, un debito pubblico accresciuto, un deficit rispetto ai parametri di Maastricht del 4,1 per cento, una crescita del Pil a livello zero.
Le consegne che Padoa-Schioppa farà, se Berlusconi vincerà, saranno: una diminuzione del debito pubblico e del fabbisogno finanziario, la ricostruzione dell’avanzo delle partite correnti, il deficit ridotto dal 4,1 al 2 per cento (attualmente siamo addirittura scesi all’1,3), una pacificazione mai raggiunta finora tra il fisco e alcuni milioni di piccoli e medi contribuenti con nuovi studi di settore e nuove semplificazioni burocratiche; infine una riduzione cospicua dell’evasione fiscale. Le tasse? Il gettito è aumentato senza una sola nuova imposta né modifica e rialzo di aliquote, anzi con sei miliardi di euro in favore delle imprese con l’abbattimento dell’Irap e dell’Ires.
Come vedi, caro Mieli, la discontinuità è stata totale nella politica economica dei due governi. Non so se Tremonti si sia convertito alla linea Padoa-Schioppa-Visco. Non mi pare, purtroppo. Tremonti è uno di quelli che crede di avere sempre ragione e lo spiega in ogni occasione. Anche lui si ama moltissimo ma non riesce ad essere amato per mancanza di umiltà.
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Domani o al massimo dopodomani Marini rinuncerà. Le Camere saranno sciolte. La vittoria del centrodestra ad aprile è già scritta.
Ne siete sicuri? Per la terza volta la maggioranza degli italiani sarà con lui? E’ vero che il centrosinistra ha fatto il possibile e l’impossibile per rimetterlo in sella, ma nonostante tutto non sono così convinto che vincerà.
Credo che il Partito democratico e Veltroni siano pienamente in partita sul terreno di gara ed abbiano carte forti da giocare. Si presentino da soli con un programma di pochi punti, concreti e precisi. Procedano con coraggio, onestà, trasparenza. Facce giovani e nuove senza rinunciare all’esperienza dei vecchi quando sia stata positiva.
Se saranno sconfitti cadano in piedi e lavorino per il futuro. E buona fortuna.
* la Repubblica, 3 febbraio 2008.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
Lettera aperta alla Madonna di Lourdes
Ritornano Berlusconi, Casini, Fini, Mastella e Storace!
di Paolo Farinella *
Genova 04 febbraio 2008. Non ci resta che la Madonna di Lourdes, nella speranza che almeno lei possa fare qualcosa per l’Italia dove Padre Pio protegge il clan Mastella, Santa Rosalia piange il cattolicissimo Cuffaro condannato a cinque anni per complicità in «mafia personalizzata» e Santa Agata di Catania si affida alla mafia per la sua onorata processione. Madonna di Lourdes, confidiamo in te!
In queste ore si sta consumando l’assassinio della democrazia, ma più ancora della decenza e della dignità di una Nazione. Si va a votare, dopo appena due anni dalle elezioni perché deputati e senatori pagati 15 mila euro al mese (oltre al resto) per governare, non hanno saputo trovare il tempo per guadagnarsi lo stipendio. Pagati per governare, hanno spolpato la stessa parvenza della democrazia. Andremo a votare, infatti, con la legge-porcata che ha espropriato il popolo dell’unica ragione che lo rende democratico: il voto. Ancora una volta saranno le mafie dei partiti a redigere le liste dei candidati che il popolo schiavo dovrà votare a piè di lista senza fiatare.
Il dramma e il ridicolo si fondano insieme: Berlusconi che ha voluto la legge-porcata per rendere coscientemente ingovernabile il parlamento e il Paese, ci è riuscito con la complicità dei partiti di ispirazione cristiana che preventivamente hanno fatto i gargarismi con l’acqua benedetta. Ora con la stessa legge-porcata si avranno pseudo-elezioni che costeranno un patrimonio ai cittadini che premieranno chi ha reso ingovernabile l’Italia, dopo avere frodato il popolo con l’esportazione di capitali all’estero, con la frode del fisco, con l’occupazione delle tv private e di Stato, assolvendosi dalla corruzione con le leggi su misura fatte dai suoi avvocati, fatti eleggere al parlamento e quindi stipendiati dallo stesso popolo che dovrebbe essere parte lesa e parte civile. Il popolo masochista invece applaude e gioisce. Il governo Prodi era stato votato per abolire le leggi vergogna, ma la maggioranza era troppo impegnata a litigare per un tozzo di visibilità finendo per lasciare le leggi ad personam insieme alla vergogna.
Tutti sono convinti che l’Unto Cerone tornerà al governo insieme ai suoi famigli, accompagnato da Previti e dagli alleluia della gerarchia ecclesiastica italo-vaticana. Precedono la processione inquisiti, mafiosi e condannati in primo, secondo e terzo grado. Per gli interdetti dai pubblici uffici Previti, Cuffaro, ecc.), si farà una leggina apposita per interdire i giudici dalla loro giurisdizione e cedere la giustizia ai familiari degli inquisiti fino al terzo grado di parentela. Si manda a casa Prodi per fare posto al senatore (prossimo) Cuffaro, uomo integerrimo e di specchiata virtù, certificata dall’autorità infallibile del vice papa, al secolo Casini Pierferdinando in Caltagirone, cristiano spocchioso di chiara moralità coniugale insieme al suo compagnuccio di merende, tal Gianfranco Fini: costoro, insieme al loro padrone e capo, cattolici dichiarati, urbi et orbi, amano tanto la famiglia da averne anche due sul modello poligamico arabo. Il parroco di Montecitorio, Mons. Fisichella, annuisce grato e congratulato. Costoro che hanno votato cristianamente in silenzio tutte le leggi immorali del governo Berlusconi, di cui, fino a ieri, dicevano peste e corna, oggi strisciano ai suoi piedi proni al bacio della sacra pantofola con la benedizione del santo padre e figli devoti, sotto la direzione del cerimoniere devoto Giuliano Ferrara
Il 19 giugno 2007, quindi in epoca non sospetta, in una mia precedente lettera al Governo e alla maggioranza, ora decapitati in Senato per mano del Bruto-Mastella, cattolico inossidabile armato dalla furia vendicativa del ruinismo ecclesiastico, avevo scritto, facile profeta:
«Noi popolo delle primarie e del referendum sulla Costituzione abbiamo contribuito... ad impedire la deriva dell’Italia verso il qualunquismo populista del berlusconismo che ha fatto scempio della legalità e della dignità delle Istituzioni repubblicane... siamo esterrefatti ed increduli perché la maggioranza è immobilizzata dagli interessi contrastanti incrociati, senza capacità di sintesi e di prospettiva. Pensavamo che il governo risolvesse le leggi vergogna e il conflitto d’interessi della precedente legislatura. Vediamo invece che il conflitto e la vergogna aumentano perché ogni singola scheggia di partito cura i propri interessi senza una visione globale dei bisogni della Nazione e dei più poveri. Assistiamo impotenti giorno dopo giorno al suicidio lento del governo che galleggia vittima del veto incrociato di ogni segmento di partito, affondando nel buio della indegnità anche il Paese...La maggioranza di centro-sinistra gestisce il potere in modo arrogante: si parla dei privilegi dei deputati e si girano dall’altra parte; si parla di costo della politica e ci accusano di qualunquismo; decidono la Tav di Val di Susa o la base di Vicenza non solo contro i cittadini locali, ma anche contro loro stessi perché i singoli ministri votano «sì» e subito corrono in piazza a gridare «no»... ridicoli e non credibili. Noi siamo allibiti per l’incapacità di questa maggioranza di trovare una convergenza su alcuni punti essenziali del programma elettorale senza doversi smentire l’uno contro l’altro un giorno sì e l’altro ancora. Guardiamo impotenti allo spettacolo inverecondo: stanno facendo l’impossibile e anche miracoli per riconsegnare l’Italia di nuovo a Berlusconi, dalle cui grinfie (e a che prezzo!) siamo riusciti a sfuggire. Berlusconi dopo le [elezioni] politiche era «finito», ma la maggioranza e la goffaggine del governo lo hanno risuscitato e rinvigorito, cedendogli «già» senza colpo ferire la piazza e l’iniziativa. Alle prossime elezioni, egli vincerà a furore di popolo perché il clima che si respira in Italia oggi è lo stesso del 1922 che vide Mussolini impadronirsi dell’Italia. Un errore e una tragedia durate 20 anni di dittatura, una guerra mondiale e un’emigrazione spaventosa. Governo e maggioranza sono colpevoli perché stanno disprezzando il nostro voto e la delega che gli abbiamo dato, creando le condizioni per uno Stato dinastico che è già dietro l’angolo. Noi disprezziamo e abbandoniamo al loro destino questi politicanti ottusi e senza dignità. Li diserediamo dalla nostra coscienza di popolo e gli chiediamo conto del loro sperpero ideale, istituzionale ed economico. Non vi votiamo per amore, vi tolleriamo per necessità».
Era il mese di giugno del 2007! Il mattino, come sempre, si vede dal buon giorno! Magra consolazione potere dire oggi: «avevo ragione»! Tristezza e desolazione pervadono l’anima e la volontà di non andare a votare perché sarebbe una finta e un insulto all’intelligenza e alla dignità di me persona che non posso decidere nulla se non firmare ciò che inquisiti, condannati e delinquenti decideranno nel segreto (ma non tanto) dei loro luridi interessi.
Mi addolora che in questo attentato alla democrazia vi si possa scorgere la longa manus della gerarchia ecclesiastica cattolica perché il colpo di grazia al governo Prodi, da sempre inviso oltre Tevere, forse perché da quelle parti non si tollerano i «cristiani adulti», è avvenuta in una sincronia di fatti e interventi che dirli casuali significa bestemmiare il Nome santo di Dio. Sull’autobus a Genova ho ascoltato questa affermazione: «Quando mamma-Cei chiama, picciotto-Mastella risponde». L’interlocutore proseguiì: «Con l’indulgenza plenaria all’uomo dell’indulto». Non a caso, la credibilità della struttura ecclesiastica è crollata di 10 punti percentuali.
Ora le destre e le armate di Ruini, il grande regista dell’asse «atei-devoti e devoti-atei» possono avanzare a tenaglia e, travolta la suicida maggioranza del governo Prodi, installarsi nelle casseforti del potere e spartirsi con immorale cupidigia le spoglie di ciò resta del malaffare, del conflitto d’interessi, dell’economia, della cassa e della dignità di un popolo dissanguato.
Onore a Veltroni che con la proposta di dialogare a tutti i costi con Berlusconi gli ha gettato in soccorso il suo salvagente, risuscitandolo dalle secche in cui moriva. Ora che lo statista senza statura ritorna alla mangiatoia, può allegramente sperperare i risparmi e il risanamento economico che l’incauto Prodi ha operato.
Onore a Diliberto, a Giordano, a Pecoraro, a Di Pietro e compagnucci tisicucci che con maestria hanno saputo segare il ramo su cui erano seduti, regalando il Paese per la seconda volta a Berlusconi e intanto continuano a sorridere e a giocare a scarica barile. Avevano una missione storica: impedire per sempre la deriva del berlusconismo, hanno invece lavorato gratis per il suo ritorno. Viene il dubbio che li abbia comprati al mercato dietro casa. Noi chiediamo che non siano ripresentati tutti i capi, vice capi e portaborse della defunta maggioranza. Lo esige la Decenza. Lo pretende l’Etica.
Onore alla Cei, a Ruini, a Bertone, a Betori e a Bagnasco che ora benedicono, senza dirlo espressamente, le falangi fasciste, casiniane, finiane, storaciniane, mastelliane e berlusconiane, dimenticandosi - ahimé! - che tutti questi lanzichenecchi hanno fatto scempio della morale cattolica e della dottrina sociale alla quale pure dicono di doversi ispirare, avendo fatto solo i loro interessi e quelli del padrone, infischiandosene di quelli del Paese, delle famiglie, dei poveri, degli immigrati e di quanti non hanno nemmeno lacrime per piangere come Rachele i propri figli che muoiono di fame e di abbandono.
Onore a tutti i cristiani, figli devoti del papa che in nome dei sacri valori della famiglia e del «sano laicismo» voteranno per cattolici divorziati, concubini, conviventi, mafiosi, condannati, ladri, atei e devoti capaci di vendere Cristo, l’etica e l’onore per meno di trenta denari. Quando si tratta di battere e riscuotere cassa, ciò che conta e la forza del potere , mai la coerenza del cuore e la dignità della coscienza che sono appannaggio degli spiriti deboli.
Non ci resta che sperare in un miracolo! Madonna di Lourdes, pensaci tu, per piacere! Anche in articulo mortis!
Paolo Farinella, prete - Genova
Crisi, Napolitano ha sciolto le Camere
Prodi: "Non mi candido, ma sosterrò il Pd"
13:22 Prodi: "Nel Pd il mio ruolo è di garante" Prodi: "Il mio ruolo nel partito democratico è di garante. La responsabilità della gestione è sulle spalle di Veltroni"
12:55 Prodi: "Andremo fino in fondo su accordo con Air France" Rispondendo a una domanda, Prodi ha precisato che su Alitalia il governo, fino alle elezioni, "andrà fino in fondo con l’accordo con Air France".
12:47 Prodi: "Sosterrò il Partito Democratico e i suoi obiettivi" "Sosterrò il Partito Democratico e i suoi obiettivi", ha aggiunto Prodi, precisando che le nomine verranno fatte con l’opposizione, "per una campagna elettorale serena".
12:45 Prodi: "Limiteremo i costi del voto" Prodi si è detto favorevole all’Election Day: ’Farò ogni sforzo per limitare i costi e gli incomodi per i cittadini", ha detto, precisando che rimarrà in carica per l’ordinaria amministrazione.
12:44 Prodi: "Non mi candido alle prossime elezioni" Il presidente del Consiglio uscente Romano Prodi ha annunciato che non si candiderà alle prossime elezioni: "Spero che questo contribuisca a rasserenare gli animi", ha spiegato.
12:36 Elezioni entro 70 giorni: le fisserà il Cdm delle 13 Le elezioni delle nuove Camere si terranno entro 70 giorni da oggi. Lo prevede l’articolo 61 della Costituzione. Le elezioni si dovranno pertanto tenere entro il 16 aprile. La data verrà decisa dal Consiglio dei Ministri che comincerà alle 13.
12:16 Bondi: "Spero sia possibile campagna con toni moderati" "Spero che sia possibile una campagna elettorale dai toni più moderati". Lo ha detto Sandro Bondi nel corso di Sky Tg24. "In noi- aggiunge- non c’è esultanza per la caduta del governo Prodi e per questa campagna. Al contrario, c’è uno sentimento di preoccupazione per lo stato del Paese, per i problemi che devono essere affrontati e per la crisi in cui ci troviamo".
12:05 Veltroni: "Mi dimetto dopo approvazione piano regolatore" "Essendo immaginabile che purtroppo si vada verso le elezioni, darò le dimissioni, però spero di poterlo fare subito dopo l’approvazione del piano regolatore". Lo ha detto il sindaco Walter Veltroni a margine di una conferenza stampa sul Prg in Campidoglio.
12:02 Napolitano, appello ai partiti: "Dialogo esigenza ineludibile" "Il dialogo resta un’esigenza ineludibile per il futuro del Paese". Lo dice il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano augurandosi che "la prossima campagna elettorale si svolga in un clima rispondente all’esigenza, da molti ribadita anche in questi giorni" di "maggior linearità, stabilità ed efficienza del sistema politico-istituzionale".
11:59 Napolitano ringrazia Marini "per l’impegno e lo scrupolo" "Desidero sentitamente ringraziare il presidente Marini per l’impegno e lo scrupolo riconosciuto da tutte le forze politiche", ha detto ancora Napolitano, che ha definito lo scioglimento anticipato delle Camere "un’anomalia".
11:55 Napolitano ha sciolto le Camere Il presidente della Repubblica Napolitano ha sciolto le Camere. "Lo scioglimento delle Camere è stata una scelta obbligata - Non c’erano le condizioni per proseguire", ha detto Napolitano.
ANSA» 2008-02-05 19:45
DOMANI LO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE
ROMA - Sarà domani il giorno dello scioglimento delle Camere e della fine della XV legislatura. Questo pomeriggio il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto al Quirinale i presidenti di Senato e Camera: l’articolo 88 della Costituzione, infatti, prevede che lo scioglimento delle Camere venga deciso dal capo dello Stato dopo aver sentito i presidenti dei due rami del Parlamento. Prima Franco Marini, poi Fausto Bertinotti sono saliti al Colle, trattenendosi nello studio alla Vetrata per mezz’ora ciascuno; hanno lasciato il Quirinale senza rilasciare dichiarazioni ai cronisti in attesa. A questo punto, la decisione di sciogliere le Camere sarà formalizzata dal capo dello Stato domani. In mattinata, infatti, il presidente del Consiglio Romano Prodi salirà al Quirinale per controfirmare il decreto con cui Napolitano disporrà lo scioglimento delle Camere dando il via alle procedure che porteranno alle elezioni, che poi il Consiglio dei ministri convocherà per il 13 e 14 aprile.
In caso di scioglimento delle Camere, Prodi in carica fino al voto (6 o 13 aprile)
Lunga la lista dei provvedimenti a rischio. Al governo dimissionario solo affari correnti
A maggio il nuovo governo
A rischio 12 miliardi di tesoretto
Prodi e Padoa Schioppa hanno deciso di anticipare i risultati della trimestrale
Mancano deleghe chiave per welfare, stipendi e lavori usuranti
di CLAUDIA FUSANI *
ROMA - Elezioni in aprile e Prodi padrone di casa a Palazzo Chigi fino al voto. E’ lo scenario prossimo venturo più probabile. "Prodi premier in carica fino alle elezioni", dice anche Anna Finocchiaro al termine del faccia a faccia del Pd a Palazzo Giustiniani. Una condizione che da una parte "arma" la mano di Berlusconi perché è più "facile" fare campagna elettorale avendo alla guida del governo il leader della coalizione sconfitta. Ma che può anche "armare" il Pd e il centrosinistra se è vero che nei prossimi due-tre mesi dovrebbero andare a buon fine una serie di iniziative economiche a favore dei salari e del lavoro dipendente, quell’operazione di risarcimento sociale tanto attesa dopo un anno e mezzo di "no" e sacrifici.
Come che sia, vantaggio e svantaggio per l’uno o per l’altro dei competitor, la non soluzione della crisi e la gestione ordinaria a cui l’esecutivo dimissionario è obbligato nei mesi precedenti il voto, rischia di congelare un sacco di soldi che dovevano andare proprio a salari e pensioni. I tecnici contano che sono almeno una trentina i decreti legislativi che se non approvati rischiano di far saltare importanti misure previdenziali e sui salari. E che sono "circa 12 i miliardi" pronti per essere distribuiti. A tanto dovrebbe infatti ammontare "il tesoretto". E ora non si sa. Perché, ci si chiede, fino a che punto i provvedimenti economici finanziari rientrano nelle emergenze e/o nell’ordinaria amministrazione su cui il governo dimissionario è tenuto a legiferare?
Agenda elettorale. Stasera il presidente Marini sale al Colle per dire al presidente Napolitano che non c’è stato nulla da fare, che al termine delle 27 consultazioni - oltre a gruppi e partiti le associazioni della società civile, dai sindacati ai Comitati per il referendum e Per le riforme - non è possibile trovare una sintesi e tentare di mettere su un governo di pochi mesi in grado di fare le attese riforme. A quel punto il boccino torna nelle mani del Presidente della Repubblica che però era già stato chiaro: un governo di larghe intese per le riforme altrimenti nulla. Esiste in teoria un’altra strada per il Presidente: quella cioè di dare ascolto a chi, tra i costituzionalisti, ha avvertito sia il Colle che Marini che il voto con questa legge elettorale potrebbe essere invalidato dai ricorsi dei cittadini per la dubbia costituzionalità della legge così come ha evidenziato la Consulta. Ipotesi possibile ma molto remota.
Lo scioglimento delle Camere. Quello che succederà quasi certamente nelle prossime ore è che Napolitano convocherà i presidenti delle Camere per comunicare loro la decisione. Poi sarà il Consiglio dei ministri a indire le elezioni anticipate e fissare la data di convocazione del nuovo Parlamento. La date del voto, invece, saranno indicate dal ministero dell’Interno. E’ molto probabile il 6 o il 13 aprile. Il nuovo governo dovrebbe giurare ai primi di maggio.
Il tesoretto per i salari - Lo dirà la trimestrale di cassa (a fine marzo "ma - dicono fonti del governo - a questo punto sarà anticipata il più possibile") quanti saranno realmente i soldi a disposizione. I tecnici dei dicasteri economici hanno calcolato che tra tagli alle spese correnti e recupero da evasione fiscale l’esecutivo potrebbe gestire un tesoretto pari a 10-12 miliardi che dovrebbe essere ridistribuito (così come dispone la Finanziaria) secondo un piano in tre capitoli: salari; lavori usuranti; rinnovo contratto statali. Sette-otto miliardi di extragettito erano stati destinati al recupero di potere di acquisto dei salari: nel vertice di maggioranza del 10 gennaio Prodi e il governo si erano impegnati a destinare le risorse del tesoretto per ridare potere d’acquisto ai salari grazie a un piano di interventi fiscali in favore dei lavoratori dipendenti e delle famiglie e la detassazione degli straordinari.
Il confronto con sindacati e parti sociali: che fine fa lo sciopero del 15 febbraio? La maggioranza bisticciava al suo interno sui tempi della ridistribuzione: Padoa Schioppa diceva giugno; i sindacati dicevano "adesso", cioè tra un mese. Su questo punto era stato proclamato lo sciopero. Che adesso resta senza interlocutori. Ma i tavoli erano avviati e gli accordi incardinati. Il governo voleva mettere mano a pressione fiscali, redditi e pensioni, prezzi e tariffe, sicurezza sul lavoro, tagli alla prima aliquota Irpef (dal 38 al 37 per cento per gli stipendi medi tra i 28 e i 55 mila euro), detrazioni agli stipendi più bassi e per le famiglie meno abbienti con una dote fiscale per i figli (una superdetrazione per chi ha figli fino a tre anni). E al tempo stesso alzare al 20 per cento la ritenuta fiscale sui redditi finanziari.
Il pacchetto per i lavori usuranti. La legge sul welfare, approvata a fine dicembre, contiene almeno sei deleghe che vanno in scadenza nei primi tre mesi dell’anno. Tra queste la più importante è quella relativa ai lavori usuranti. Il welfare, infatti, riformando il sistema delle pensioni, aveva individuato un settore di lavoratori - quelli usuranti appunto - che potevano andare in pensione tre anni prima degli anni. Per rendere operativa questa norma era necessario un decreto delegato. Secondo le stime di palazzo Chigi sono circa un milione e mezzo i lavoratori coinvolti. Il decreto legislativo che doveva fissare le modalità con cui applicare lo sconto di tre anni sull’età minima della pensione deve essere approvato entro i primi tre mesi dell’anno.
Missioni militari. Il Parlamento dimissionario dovrà convertire in legge il decreto sulle missioni militari all’estero. Pena il ritiro immediato delle truppe. Anche questa rischia di diventare, come si può intuire, una partita puramente elettorale. Il Parlamento dovrà convertire entro il 25-26 marzo. Il decreto del governo infatti porta la data del 25 gennaio, all’indomani dell’apertura della crisi. Già quel giorno, nonostante l’Unione finita in pezzi la sera prima nell’aula di palazzo Madama, il ministro Paolo Ferrero (Rc) votò contro. Si può immaginare cosa potrà succedere a fine marzo, in piena campagna elettorale, con ognuno nel centro-sinistra che dovrà piantare la propria bandiera di identità più o meno pacifista e antimilitarista.
L’emergenza rifiuti. In piena campagna elettorale, a fine marzo, scade anche il mandato del prefetto Gianni De Gennaro, commissario straordinario per i rifiuti in Campania. Il mandato del premier Prodi era di tre mesi per chiudere l’emergenza e avviare un sistema coordinato di smaltimento dei rifiuti. Non sembra possibile, ad oggi, che De Gennaro possa riuscire a concludere il suo mandato entro fine marzo.
* la Repubblica, 4 febbraio 2008
Crisi governo, per Marini ore decisive
An e Fi: "Al voto". Pd: "Occasione mancata"
Stamattina Franco Marini vedrà Fini, Veltroni e Berlusconi.
Nel pomeriggio i presidenti emeriti della Repubblica: alle 16 Francesco Cossiga, alle 16.30 Oscar Luigi Scalfaro, alle 17 Carlo Azeglio Ciampi. E "Il Giornale" parla di un accordo tra Berlusconi e Veltroni.
-13:36 Veltroni: "Un governo che duri tre mesi"
"Per noi resta valida l’ipotesi di un governo che in tre mesi faccia la riforma elettorale, intervenga sui salari e sulla riforma della politica. Registro che il centrodestra si è espresso diversamente, si tratta di un’ulteriore occasione mancata" dice Walter Veltroni dopo aver incontrato Marini. Il segretario del Pd ha definito "irrealistico" il patto Fi-Pd ipotizzato dal Giornale.
13:19 Tabacci: "Mercoledì Camere sciolte"
"Penso che mercoledì sciolgano le Camere". Lo afferma Bruno Tabacci della Rosa bianca che oggi ha incontrato a palazzo Chigi Romano Prodi.
12:59 Berlusconi: "Plausibile una presidenza all’opposizione"
La presidenza di una Camera alle forze di opposizione? "E’ una ipotesi plausibile", dice Silvio Berlusconi che rilancia la necessità del voto: "Spiace che andare al voto venga considerato come una tragedia o un salto nel buio. Invece è il momento più alto e più nobile di una democratica".
12:32 Berlusconi: "Serve un governo operativo".
"Serve un governo che sia immediatamente operativo e riaffermiamo la nostra disponibilità al dialogo con l’altra parte" dice Silvio Berlusconi dopo l’incontro con Marini che ha difeso l’attuale legge elettorale ("ha dato un buon risultato"). Il Cavaliere ha definito "un’utopia" l’ipotesi di un patto con il Pd avanzata dal Giornale.
12:23 Tabacci: "Margini strettissimi"
"I margini sono molto ristretti, non so se marini ha la capacità di tirar fuori un coniglio dal suo cappello". Lo ha detto Bruno Tabacci esponente della "Rosa bianca".
12:02 Fini: "Non commento indiscrezioni"
Un patto tra Silvio Berlusconi per andare insieme alle elezioni con un programma comune? Gianfranco Fini preferisce non commentare le indiscrezioni apparse sul ’Giornale’. "Non commento indiscrezioni. E questa non mi pare assolutamente la sede adatta per rispondere a questa domanda"
12:01 Berlusconi da Marini
Silvio Berlusconi è giunto a palazzo Giustiniani. Accompagnano il Cavaliere i capigruppo di Camera e Senato Elio Vito e Renato Schifani, il vicepresidente del partito Giulio Tremonti e il coordinatore di Fi Sandro Bondi
11:47 Prodi: "Non ricominciamo con i giochi"
"Le parole di Berlusconi sono finora nettamente diverse da quello che dice ’Il Giornale’. Non ricominciamo con i giochi, basta che emergano posizioni chiare poi si può essere critici in un senso o nell’altro" commenta Romano Prodi.
* Fonte: la Repubblica, 04.02.2008 (parziale)
Vigilia elettorale
di Valentino Parlato (il manifesto, 3 febbraio 2008)
La settimana si conclude con un netto successo di Berlusconi: si va alle elezioni al più presto. Berlusconi, ha ripetuto, con Veltroni, il giochetto che con la bicamerale aveva fatto con D’Alema: ha avuto da Veltroni la legittimazione a trattare per un leale accordo tra grandi potenze e poi ha fatto lo sgambetto. E, con tutta probabilità, complice di questo gioco la Confindustria di Montezemolo, la quale, dopo essersi fatta apprezzare dal centro-sinistra per la sua resistenza alle elezioni, si è repentinamente schierata a fianco del Cavaliere, dicendo che era impossibile evitare il voto al più presto.
In sostanza il fronte padronale si è ricompattato e sfida un malandato e diviso centro-sinistra al voto, forte (Berlusconi) del fatto che il centro-sinistra è stato già abbandonato dagli alleati di destra (Mastella e Dini) e che le forze della sinistra (si dice radicale) sono mortificate e scontente e soffrono delle pulsioni astensioniste del loro elettorato.
Siamo già al confronto elettorale e lo schieramento di centro-sinistra ci arriva piuttosto malmesso e senza una piattaforma unificante e credibile. In queste condizioni la prospettiva - rebus sic stantibus - è quella di una pesante sconfitta elettorale e di un regime clerico-liberista, come non si è avuto neppure nei momenti di maggior forza della Democrazia cristiana (De Gasperi non era un succubo del Vaticano mentre oggi Ruini e anche Bagnasco sono in cattedra).
Allo stato dei fatti queste prossime elezioni annunciano una vittoria della destra, ripeto, clerico-liberista nei confronti di un centro-sinistra che è sempre più centro e meno sinistra e di una sinistra che però non riesce a liberarsi delle dispute elettorali (quanti parlamentari hai tu e quanti io?) e darsi un programma di rinnovamento sociale e politico e soprattutto culturale. In tutto questo c’è la riprova (e dalle colonne del manifesto possiamo dirlo) della debolezza o inconsistenza di tanti attuali leader che si erano formati nel Pci non tanto per gli obiettivi del comunismo, ma per la subalternità all’Unione sovietica. Per molti di questi attuali dirigenti di sinistra la caduta del muro è stata come la fine del (loro) mondo.
E per venire al punto o, meglio, a una conclusione parziale e provvisoria dobbiamo dirci che da questa crisi non si esce con le astuzie tattiche dei politicanti, ma solo con l’impegno a rinnovare la propria cultura, a fare una seria analisi della società, del lavoro, della mondializzazione. Se ne può uscire solo rendendosi conto che la sovranità del mercato (e poi bisogna vedere di chi) annulla la sovranità della politica e riduce lo stato al ruolo di consiglio d’amministrazione di un condominio.
Siamo alla vigilia di un difficilissimo scontro elettorale, cerchiamo di ritrovare le armi della sinistra, del socialismo e del comunismo. Se vogliamo combattere con le stesse armi di Berlusconi andremo a una sicura sconfitta.