All’Aquila l’evento religioso. Per la prima volta domani un premier alla cerimonia
Ma il Vaticano insiste: cambi lo stile di vita. E Cossiga avverte: "Io non sarei andato"
Perdonanza, aperte le celebrazioni
Attesa per l’incontro Berlusconi-Bertone *
ROMA - All’Aquila tutto è pronto per l’incontro tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone. Al parco della Transumanza, il braciere con il fuoco del Morrone arde da ieri sera. La fiaccola è giunta nel capoluogo abruzzese dopo aver attraversato i luoghi cari a Celestino V.
La prima di un presidente del Consiglio. Sarà il sindaco della città capoluogo, Massimo Cialente, ad accogliere i vertici delle due diplomazie per la prima volta invitati all’Aquila per la tradizionale festa religiosa. "Gli altri anni al massimo si faceva vedere un sottosegretario abruzzese", dice stupito il comitato organizzatore della Perdonanza. Domani, invece, all’appuntamento sarà presente, oltre al premier e al cardinale Bertone Segretario di Stato Vaticano, il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, braccio destro di Berlusconi, regista del tentativo di riavvicinamento fra Berlusconi e la Santa Sede.
Festa ridotta per il terremoto. Il terremoto del 6 aprile ha ridotto la grande festa all’essenziale. Quest’anno sarà difficile per le migliaia di pellegrini che tradizionalmente affollavano il piazzale antistante la basilica, oltrepassare la Porta Santa. I Vigili del Fuoco faranno affluire i fedeli a piccoli gruppi. Sarà una Perdonanza meno sfarzosa, che sarà ricordata però per l’incontro tra Berlusconi e Bertone. Un sogno che il premier ha accarezzato da quando è al centro delle critiche per le sue vicende personali.
Vaticano: "Berlusconi cambi stile". Ma dal Vaticano frenano gli entusiasmi. I collaboratori di Bertone puntualizzano che all’Aquila si tratterà di un semplice incontro di cortesia istituzionale. "Se il premier non cambia stile di vita - avvertono in Vaticano - l’incontro della Perdonanza non avrà nessun effetto".
Cossiga: "Io non sarei andato". Anche Francesco Cossiga sconsiglia a Berlusconi di andare all’Aquila. In un’intervista al Riformista, l’ex presidente della Repubblica manda a dire al premier che "tutti abbiamo bisogno di perdono, ma io all’Aquila non sarei andato. Premesso che non ho titolo per dare consigli a Berlusconi - afferma Cossiga - io non sarei andato alla Perdonanza E questo perchè alla fine Berlusconi, che era partito con l’intento di chiudere il caso, ha finito per rinfocolare una polemica con la Chiesa che non si era vista dai tempi in cui Mussolini sciolse l’Azione cattolica".
* la Repubblica, 27 agosto 2009
Sul tema, nel sito, si cfr.:
CRISTIANESIMO, CATTOLICESIMO E BERLUSCONISMO.
CRISTO AFFOGATO NELLE FOGNE DEL "DIO-PO". Berlusconi regna, Bossi governa.
Messaggio di Mattarella nell’XI° anniversario del terremoto de L’Aquila*
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Sindaco de L’Aquila, Pierluigi Biondi, il seguente messaggio:
«Il ricordo della notte del 6 aprile di undici anni or sono è impresso con caratteri indelebili nelle menti e nei cuori dei cittadini de L’ Aquila e di tutti gli italiani. Un terribile terremoto portò morte e devastazioni, gettò numerose famiglie nella sofferenza e talvolta nella disperazione, rese inaccessibili abitazioni, edifici, strade, costringendo a un percorso fortemente impegnativo, prima di sopravvivenza, poi di ricostruzione.
Nel giorno dell’anniversario desidero rinnovare i sentimenti di vicinanza e solidarietà a tutti gli aquilani, a quanti nei paesi e nei borghi limitrofi hanno condiviso sia quei momenti tragici sia gli affanni della ripartenza, ai nostri concittadini di numerosi altri territori del Centro Italia che, nel breve volgere di pochi anni, si sono trovati a vivere drammi analoghi e ora sono impegnati, come a L’Aquila, per restituire a se stessi e all’Italia la pienezza della vita sociale e i valori che provengono dalla loro storia.
La ricorrenza di quest’anno si celebra in un contesto eccezionale, determinato da una pericolosa pandemia che siamo chiamati a fronteggiare con tutta la capacità, la responsabilità, la solidarietà di cui siamo capaci. Un’emergenza nazionale e globale si è sovrapposta a quell’itinerario di ricostruzione che gli aquilani stanno percorrendo, che ha già prodotto risultati importanti ma che richiede ancora dedizione, tenacia e lavoro.
La ricostruzione de L’Aquila resta una priorità e un impegno inderogabile per la Repubblica. I cittadini hanno diritto al compimento delle opere in cantiere, al ritorno completo e libero della vita di comunità, alla piena rinascita della loro città.
Di fronte agli ostacoli più ardui possiamo avere momenti di difficoltà ma l’Italia dispone di energia, di resilienza e di una volontà di futuro che ha radici antiche e che, nei passaggi più difficili della nostra storia, è sempre stata sostenuta da una convinta unità del popolo italiano. Oggi questo senso di solidarietà e di condivisione rappresenta un patrimonio prezioso a cui attingere per superare l’emergenza di questi giorni».
*
Fonte: Sito della Presidenza della Repubblica, Roma, 06/04/2020
ABRUZZO
L’Aquila, tafferugli alla "Perdonanza" "Letta vattene, Cialente vergogna"
"Alle 3e32 io non ridevo" hanno gridato i manifestanti al passaggio del sottosegretario su Corso Federico II. Molta tensione nonostante l’invito del sindaco alla ’’non belligeranza’’
dal nostro inviato PIERA MATTEUCCI *
L’AQUILA - "Il Gran rifiuto della cricca", "Celestino sarebbe stato con le carriole", "Letta vedi de jittene", "Zona rossa di vergogna", "Alle 3.32 io non ridevo": hanno atteso che il corteo della Bolla partisse da Piazza Duomo, con in testa il mezzo dei vigili del fuoco che trasportava le spoglie di San Pietro Celestino. Poi, il popolo delle carriole e un gruppo di rappresentanti dei comitati cittadini hanno srotolato gli striscioni e, al passaggio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta, hanno dato il via a cori di protesta, ricordando che il cuore della città è ancora una ’zona rossa’, piena di macerie e in cui è impossibile accedere.
La 716ma edizione della Perdonanza celestiniana, oltre ad essere la festa religiosa e spirituale più importante della città (qui ogni anno viene aperta la Porta santa, l’unica oltre quella di Roma, che però si apre ogni 25 anni), è stata l’occasione per sottolineare ancora una volta, davanti ai cittadini, ai turisti e ai tantissimi giornalisti che hanno seguito l’evento, la situazione in cui si trova il capoluogo dell’Abruzzo a sedici mesi dal sisma.
"Rispettiamo solo i pompieri" hanno gridato i contestatori, che poco dopo hanno intonato slogan contro i potenti del G8, contro le cricche e contro chi nel terremoto che ha distrutto L’Aquila ha trovato una grande fonte di speculazione e guadagno. Alla fine, però, la contestazione ha lasciato spazio allo spettacolo del corteo in costumi storici e ai tamburi degli sbandieratori. Il popolo delle carriole, ordinatamente, si è accodato ai figuranti, intonando a una sola voce ’L’Aquila bella me’.
* la Repubblica, 28 agosto 2010
Altrachiesa
La scandalosa “perdonanza” del do ut des. Lettera aperta di padre Silvano Nicoletto al card. Bertone
Pubblichiamo la lettera che il religioso stimmatino p. Silvano Nicoletto di Verona ha inviato al card. Tarcisio Bertone, sulle ultime vicende Stato-Chiesa. *
A Sua Eminenza
Card. Tarcisio Bertone
Segreteria di Stato
Città del Vaticano
Oggetto: Alla notizia dell’annullamento della cena Bertone - Berlusconi e della partecipazione alla festa della Perdonanza.
Ad ogni buon conto, Signor Cardinale, resta il fatto che l’appuntamento a cena con Berlusconi era concordato e programmato. All’ultimo momento, l’articolo apparso su “Il Giornale” ai danni di Dino Boffo, direttore di “Avvenire”, ha provocato quello che tutti conosciamo.
La cena e la partecipazione del premier alla celebrazione della “Perdonanza”, erano comunque nel vostro programma.
Sua Eminenza, conosce molto meglio del sottoscritto cosa si pensa negli ambienti della politica internazionale del nostro premier. I suoi comportamenti “privati”, gli attacchi alla democrazia perpetrati attraverso leggi ad personam promulgate a colpi di mozioni di fiducia, hanno fatto sì che un’istituzione importante come il Parlamento della Repubblica sia di fatto ridotta ad un’istituzione blindata a servizio degli interessi di famiglia del premier. Gli attacchi alle istituzioni che contrastano i suoi disegni e che mettono in luce i reati di varia natura di cui Berlusconi è imputato, i tentativi di imbavagliare la stampa e il pesante controllo sull’informazione televisiva sono sotto gli occhi di tutti. Gli spiriti più retti ed onesti sono seriamente preoccupati per la salute della democrazia nel nostro paese.
Il Vangelo (Mc. 6, 14-29) della liturgia del martirio di Giovanni Battista, brano proclamato nella celebrazione della “Perdonanza”, ci parla del “festino” dato da Erode per i grandi della sua corte e per i notabili della Galilea. Egli pensò bene di rendere “elegante” quella cena con la presenza di signore e signorine di bell’aspetto. Giovanni, che non aveva alcuna “ragione di stato” da difendere, non temeva di esprimersi con la schiettezza tipica dei profeti. Oltretutto, nonostante il tono graffiante, ad Erode la cosa non dispiaceva affatto. “Anche se nell’ascoltarlo rimaneva perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri”. In fondo perché non osare parlare con sincerità anche ai potenti dei nostri giorni?
Mi chiedo, cosa avrebbe detto il cardinale Segretario di Stato nell’omelia della festa della Perdonanza presente il Presidente del Consiglio?
Avrebbe parlato di “festino” o di “cena elegante” per non sottintendere certi convegni equivoci avvenuti nelle residenze del capo? Si sarebbe soffermato sulle qualità seducenti della figlia di Erodiade o avrebbe sorvolato per non alludere troppo? Avrebbe poi ricordato al Presidente del Consiglio che nel nostro mediterraneo si consuma una tragica danza, ben più macabra di quella del banchetto di Erode, nella quale una quantità considerevole di disperati hanno perso la vita, disperati considerati invece colpevoli dalle leggi del governo italiano?
Quelle famigerate norme sulla sicurezza, norme che stabiliscono il reato di clandestinità, come Lei ben sa, hanno ottenuto il consenso esplicito di Silvio Berlusconi per compiacere così alla Lega Nord che, come contropartita, gli garantisce il potere di governare.
Chiedo scusa a Sua Eminenza se persisto nel dubbio che la sua parola sarebbe stata molto diversa da quella coraggiosa di Giovanni Battista.
Le gerarchie che Lei rappresenta non hanno acconsentito a quell’evento nella prospettiva di rimetterci la testa. Non sono il solo a pensare che ...Pilato ed Erode quel giorno divennero amici per una ragione di convenienza... Voi potenti, a parole, nei vostri documenti, proclamate le ragioni della gratuità, ma nei fatti credete nella logica del do ut des, nella logica della ragion di stato. Anche voi, all’occasione, sapete far tacere la voce della coscienza i cui presupposti stanno al di là ciò che conviene. La coscienza non si interroga sul vantaggio che ne ricava ma su ciò che è bene e ciò che è male, e ne trae le conseguenze.
Cosa vi aspettavate come contraccambio da Berlusconi? A noi poveracci non è dato di saperlo.
Eppure una giustizia c’è! E se non ci pensano i nobili pastori di Santa Madre Chiesa ad attuarla, ci pensa il diavolo. Il buon diavolo appunto, come si suol dire, anche stavolta ha pensato bene di fare le pentole senza i coperchi. È bastato l’articolo di Feltri per rompere l’incantesimo di un idillio. Ma la responsabilità di questo vostro scandalo vi rimane attaccata addosso ugualmente, tutta intera!
Mi permetta una semplice domanda: era necessaria questa nefanda commedia all’italiana?
Se cerco di mettermi nei panni di Berlusconi, la risposta non può che essere affermativa.
Si, per recuperare il consenso colato a picco, dopo le sconcezze venute alla luce nei mesi scorsi e soprattutto dopo l’approvazione delle norme antiumane ed anti cristiane del pacchetto sicurezza, era necessario apparire accanto al cardinale Segretario di Stato.
Veniva così riconfermata la sua tesi di sempre e cioè che il suo governo è in ottimi rapporti con la Santa Sede. La preannunciata visita a S. Giovanni Rotondo avrebbe poi completato l’operazione di lifting spiritual politico.
Ha visto bene il Cavaliere! Come poi ha dichiarato, non poteva dimenticare che ai tempi dei DICO, sguinzagliando i fidi membri dei vostri movimenti cattolici, avevate fatto il diavolo a quattro per mettere in difficoltà il governo Prodi e ci siete riusciti.
Arriverà mai quel giorno in cui la finirete di prestarvi a questi meschini giochi di potere per dei miseri piatti di lenticchie? Non otterrete che il disprezzo del sale insipido, degno di essere calpestato. Tutto vi andrà per traverso. Arriverà dunque mai quel giorno?
La domanda è posta da un povero prete che da trent’anni a questa parte non fa che cercare di servire la causa del Vangelo nella Chiesa Cattolica. Da questo versante le cose assumono un’altra dimensione. Non era necessario questo squallido balletto! Era necessario il contrario: opporre un netto rifiuto. Lei non si sarebbe dovuto prestare ad alcuna strumentalizzazione.
Cosa può pensare la gente semplice che vede il Card. Bertone in compagnia del nostro dominante? Conclude logicamente che la Chiesa, anche nella sua espressione magisteriale, è schierata dalla sua parte.
Berlusconi avrebbe così raggiunto il suo scopo, mentre, a Sua Eminenza gli avrebbe riservato la figura dell’utile idiota. Anche se il “prestigio” dei sacri palazzi non mi interessa, devo tuttavia ammettere che mi disgusta assistere ad una simile caduta di stile.
Se invece, consapevole dell’elevato tributo da versare, in vista di qualche ritorno vantaggioso per la sua istituzione ha ceduto alle lusinghe del potente (ma è poi potente? Pugno di polvere! Vanitosa nullità), Sua Eminenza ha agito da disonesto sia verso ciò che rappresenta, che verso i fedeli che guardano a lui per ricevere esempio di rettitudine evangelica non di cinismo politico.
Io credo, Signor Cardinale, che Lei abbia mancato di rispetto verso se stesso. In pratica ha venduto la sua dignità di uomo e di Vescovo al mercante di passaggio.
Penso inoltre che il suo comportamento sia stato offensivo verso il Popolo di Dio. E’ stato chiamato al ministero episcopale per annunciare il Vangelo, non per fare politica di basso profilo.
Infine ha gettato disprezzo sul ministero di molti presbiteri che, come il sottoscritto, ogni giorno sostengono la fatica di annunciare il Vangelo (che è alto e altro dalle logiche dei potenti e della ragion di stato) in un mondo che s’è fatto adulto, critico ed esigente.
Atteggiamenti come il suo sono di grande ostacolo all’evangelizzazione!
Rientri in se stesso, Signor Cardinale. Veda da dove è caduto e ritorni all’amore di un tempo.
Un richiesta sincera di perdono al Popolo di Dio non guasterebbe affatto. A Lei restituirebbe dignità e ai fedeli chiarezza evangelica.
Faccia in modo che il Signore non rimuova il candelabro dal suo posto (Ap. 2,5).
Un fraterno saluto.
P. Silvano Nicoletto
Religioso Stimmatino
Sezano, Verona - 30 agosto 2009
Perdonanza? No, grazie!
[di don Aldo Antonelli] *
"Il 28 agosto, alle ore 18, S. Em. Rev.ma il Cardinale Tarcisio Bertone presiederà l’Eucarestia, concelebrata dai vescovi e dai presbiteri della CEAM, della Perdonanza Celestiniana nello spazio retrostante la Basilica di Collemaggio. I presbiteri e i diaconi che intendono partecipare (con mezzi propri) sono pregati di comunicare la loro adesione in Curia. L’Arcidiocesi de L’Aquila farà loro dono di una stola".
Questo il comunicato asciutto che mi perviene dalla Curia di Avezzano.
Ero già incerto se partecipare o meno alla Concelebrazione, visto il contesto "mondano" e "politico" in cui si svolge questa, una volta sacra, rappresentazione. Stamane ho sciolto ogni riserva. Non ci andrò! Non voglio essere sporcato dalla presenza invadente dell’Egocrate che, senza scrupolo di sorta, fa strame di tutto: di ideali e libertà, di vergini e prostitute, di ricorrenze e di disastri. Questa sera, nella mia piccola chiesa di campagna, pregherò il "mio" Dio del Perdono che non è il "suo" Dio del condono.
* Aldo
PERDONANZA: ANNULLATA CENA, BERLUSCONI DELEGA LETTA CITTA’ DEL VATICANO - La sala stampa vaticana ha comunicato che la cena della Perdonanza annunciata per questa sera all’Aquila, alla quale avrebbero dovuto partecipare, fra gli altri, il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è stata annullata. Il presidente del Consiglio avrebbe inoltre deciso di delegare, quale rappresentante del governo alle celebrazioni, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta , "per evitare - aggiunge la nota della sala stampa - strumentalizzazioni".
L’aggressione come strategia
di Giuseppe D’Avanzo (la Repubblica, 29.o8.2009)
Chi abusa del suo potere, prima o poi, non tenterà più di affermare il principio della propria legittimità e mostrerà, senza alcuna finzione ideologica, come la natura più nascosta di quel potere sia la violenza, la violenza pura. Sta accadendo e accade ora a Silvio Berlusconi che, da sempre, dietro il sorriso da intrattenitore occulta il volto di un potere spietato, brutale, efficiente. Era nell’aria. Doveva accadere perché da mesi era in incubazione. Avevamo la cosa sotto gli occhi, se ne potevano scorgere le ombre. Sapevamo, dopo il rimescolamento nell’informazione controllata direttamente o indirettamente dall’Egoarca, che in autunno sarebbe cominciata un’altra stagione: un ciclo di prepotenza che avrebbe demolito i non-conformi, degradato i perplessi, umiliato gli antagonisti, dovunque essi abbiano casa. Dentro la maggioranza o nell’opposizione. Dentro la politica o fuori della politica. Nel mondo dell’impresa, della società, della cultura, dell’informazione.
Nessuno poteva immaginare che l’aggressiva "strategia d’autunno" avrebbe provocato l’inedita e gravissima crisi tra il governo italiano e la Santa Sede aperta dalla rinuncia del segretario di Stato Tarcisio Bertone di sedere accanto al presidente del Consiglio in una cena offerta dall’arcivescovo dell’Aquila nel giorno della "perdonanza".
Perdono mediatico chiedeva Berlusconi al Vaticano e l’aveva ottenuto. Nella sua superbia, l’uomo deve aver pensato che Oltretevere lo avrebbe assolto e "immunizzato" anche per il rito di degradazione che, nello stesso giorno, il Giornale dell’Egoarca ha voluto infliggere al direttore dell’Avvenire, "colpevole" di aver dato voce alle inquietudini del mondo cattolico per l’esempio offerto da chi frequenta minorenni e prostitute, di aver usato parole esplicite per censurare lo stile di vita del capo del governo. Anche contro la Chiesa, Berlusconi ha voluto mostrare la prepotenza del suo potere e la Chiesa ha chiuso la porta che gli era stata aperta.
Nelle ore di questa sconosciuta e improvvisa crisi tra Stato e Chiesa, quel che bussa alla porta di Berlusconi è soltanto la realtà che, per fortuna, alla fine impone le proprie inalterabili condizioni. Per cancellarla, nientificarla, l’Egoarca ha pensato di poter fare affidamento soltanto sul potere ideologico, egemonico e mediatico della sua propaganda, sull’accondiscendenza dei conformi e la pavidità dei prudenti sempre a caccia di un alibi. La "pubblicità" avrebbe dovuto rimuovere ogni storia, ogni evento (dalla "crisi di Casoria" alle stragi di migranti nel canale di Sicilia) sostituendoli con la narrazione unidimensionale e autocelebrativa delle imprese di chi ha il potere e, in virtù di questo possesso, anche la "verità". Forse, si ricorderà la conferenza stampa di Berlusconi di agosto. Il racconto vanaglorioso di un successo ininterrotto, attivo in ogni angolo della Terra. Se le truppe di Mosca si sono fermate alle porte di Tbilisi scongiurando un conflitto Russia-Georgia, il merito è di Berlusconi che ha evitato l’inizio di una nuova Guerra Fredda. Se Barack Obama ha firmato a Mosca il trattato per la limitazione delle armi nucleari, il merito è di Berlusconi che ha favorito «l’avvicinamento» della Casa Bianca al Cremlino. Se l’Alleanza atlantica è ancora vegeta, lo si deve al lavoro di persuasione di Berlusconi che ha convinto il leader turco Erdogan a dare il via libera alla candidatura di Rasmussen. Se «l’Europa non resterà mai più al freddo», il merito è di Berlusconi che ha convinto Erdogan e Putin a stringersi la mano dinanzi al progetto del gasdotto South Stream. Nel mondo meraviglioso di Silvio Berlusconi non c’è ombra né crisi. Non c’è recessione né sfiducia. Non c’è né sofferente né sofferenza. Non ci sono più immigrati clandestini, non c’è crimine nelle città, non c’è più nemmeno la mafia. Regna «la pace sociale» e «nessuno è rimasto indietro» e, per quanto riguarda se medesimo, «non c’è nulla di cui deve scusarsi». Grazie ai «colpi di genio» di Berlusconi, anche i terremotati delle tendopoli all’Aquila sono felici perché «molti sono partiti in crociera e altri sono ospitati in costiera e sono tutti contenti».
Questo racconto fantasioso deve essere unidimensionale, uniforme, standardizzato, senza incrinature. Deve far leva su un primato della menzogna a cui si affida il compito di ridisegnare lo spazio pubblico. Soprattutto deve essere protetto da ogni domanda o dubbio o fatto. A chi non accetta la regola, quel potere ideologico e mediatico riserverà la violenza pura, la distruzione di ogni reputazione, il veleno della calunnia. Guardatevi indietro. E’ accaduto costantemente in questa storia che ha inizio a Casoria il 26 aprile, in un ristorante di periferia dove si festeggiano i 18 anni di una ragazza che, minorenne, Berlusconi ha voluto accanto a cene di governo e feste di Capodanno. Della moglie del capo del governo che dice "basta" e chiede il divorzio perché «frequenta minorenni» e «non sta bene» saranno pubblicate foto a seno nudo, le si inventerà un amante. Lo stesso rito di degradazione sarà imposto al giovane operaio che testimonia le modalità del primo contatto tra il 73enne capo del governo e la minorenne di Napoli; alla prostituta che racconta la notte a Palazzo Grazioli e le abitudini sessuali del capo del governo; al tycoon australiano che edita un Times troppo curioso; al fotografo che immortala l’Egoarca intossicato dalla satiriasi con giovani falene a Villa Certosa; all’editore di un giornale - questo - che si ostina a chiedere conto a Berlusconi, con dieci domande, delle incoerenze delle sue parole nella convinzione che è materia di etica politica e non di moralità privata rendere disponibile la verità in un pubblico dibattito.
A questa stessa degradazione è stato ora sottoposto il direttore del giornale della Conferenza episcopale. Berlusconi non si fermerà. Dal cortile di casa, questo potere distruttivo - che ha bisogno di menzogne, silenzio, intimidazione - minaccia di esercitarsi in giro per il mondo aggredendo, dovunque essi siano, in Francia, in Spagna, in Inghilterra, negli Stati Uniti, i giornali che riferiscono della crisi dell’Egoarca, della sua irresponsabilità e inadeguatezza. Sarebbe ridicolo, se non fosse tragico. Quel che si intravede è un uomo solo, circondato da pochi - cattivi - consiglieri, prigioniero di se stesso, del suo delirio di potenza, delle sue favole, incapace di fare i conti con quella realtà che vuole annullare.
E’ un uomo, oggi più di ieri, violento e pericoloso perché nella sua crisi trascinerà lo Stato che rappresenta. Come ha fatto ieri, inaugurando il conflitto con la Santa Sede. E domani con chi altro? Non ci si può, non ci si deve rassegnare alla decadenza di un premier che minaccia di precipitare anche il Paese nel suo collasso.
PERDONANZA:CELEBRAZIONE SPECIALE CON BERTONE-BERLUSCONI
ROMA - Una celebrazione ’speciale’, non solo perché cade a 800 anni dalla nascita di papa Celestino V e arriva a pochi mesi dal terremoto che ha distrutto il cuore dell’Aquila. Ma anche perché, per la prima volta si svolgerà davanti a un presidente del Consiglio, celebrata da un segretario di Stato Vaticano. Il cardinale Tarcisio Bertone e il premier Silvio Berlusconi saranno infatti domani all’Aquila, a partecipare sul sagrato della basilica di Collemaggio - con la sua cupola crollata per le scosse del 6 aprile ma con la facciata intatta e la Porta Santa restaurata in tempo per essere riaperta ai fedeli - al 715/o rito della ’Perdonanza’, cioé l’indulgenza plenaria perpetua che papa Celestino V, la sera stessa della sua incoronazione a pontefice il 5 luglio 1294, concesse a tutti fedeli e che da allora si rinnova ogni anno.
La ’prima’ del segretario di Stato della Santa Sede, come ha spiegato lo stesso cardinal Bertone in una lunga intervista all’Osservatore Romano, vuole essere "un segno di affetto e di vicinanza del Papa alle popolazioni colpite dal terremoto". Bertone concelebrerà il rito con vescovi e sacerdoti dell’Abruzzo e del Molise prima di aprire la Porta Santa, attraverso la quale devono passare i fedeli, ’sinceramente pentiti e confessati’, per ricevere l’indulgenza. Sul sagrato, dove sarà esposta l’urna con le spoglie di Celestino V, estratte intatte il giorno dopo il terremoto dal cumulo di macerie della volta basilica, prima del rito religioso sarà mostrata anche la Bolla papale del perdono universale. Anche per il premier è la ’prima volta’ alla Perdonanza.
Il Cavaliere, alla sua 22esima visita nel capoluogo abruzzese dopo il sisma, arriverà in tempo per assistere alla cerimonia, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta, e per partecipare alla tradizionale cena che segue le celebrazioni, organizzata quest’anno dal Comitato per l’Anno celestiniano presieduto dal sindaco dell’Aquila, cui parteciperanno anche i ministri per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, e delle Parti Opportunita, Mara Carfagna.
Dopo mesi di tensione, dalle rivelazioni sulla sua vita privata - dal ’caso Noemi’ in poi - che i vescovi non hanno nascosto di non vedere di buon occhio, alle polemiche politiche sull’immigrazione sfociate nello scontro tra Lega e Vaticano, la cena potrebbe essere anche l’occasione per un contatto ad altissimo livello tra governo e gerarchie ecclesiastiche.
Al momento non è previsto un colloquio privato tra Berlusconi e Bertone, ma anche tralasciando le vicende personali del premier, se ci fosse la possibilità di uno scambio di vedute i temi sul tavolo potrebbero essere numerosi. Non ci sono infatti solo le politiche del governo sui flussi migratori, che Oltretevere hanno suscitato più di qualche perplessità, ma anche la bioetica, dalla commercializzazione della pillola abortiva fino al dibattito sul fine vita.
Ne parla il segretario di Stato in un’intervista rilasciata alla vigilia della Perdonanza celestiniana
Il progetto di Chiesa e di società di Benedetto XVI *
Il perdono è la forza della Chiesa per vincere il male ed è il percorso scelto da Benedetto XVI per proporre in termini convincenti alla società contemporanea una rinnovata apertura a Dio. Il cardinale Tarcisio Bertone, in una intervista esclusiva al nostro giornale, prende spunto dalla celebrazione della Perdonanza celestiniana all’Aquila il 28 agosto per ribadire che solo una Chiesa e una società inclusive rispecchiano il progetto per cui sta operando Benedetto XVI. È la prima volta di un segretario di Stato alla storica celebrazione, decisa quale segno di affetto e vicinanza del Papa alle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto. Tanti gli spunti concreti di novità per sacerdoti e laici, che ci saranno nella curia romana e nella pastorale, che il cardinale Bertone offre. La pubblica opinione è chiamata a un alto senso di responsabilità che aiuta, tra l’altro, a superare ogni fraintendimento sul percorso scelto da Papa Benedetto, il pontefice che non brandisce la spada dello scontro e si fa capire dalla gente.
Perché il cardinale segretario di Stato ha deciso quest’anno di partecipare alla celebrazione del Perdono di Celestino V?
Il segretario di Stato è un vescovo e come primo collaboratore del Papa partecipa alla sua missione pastorale per il bene del popolo di Dio. Dopo aver celebrato il rito funebre per le vittime del terremoto, sono stato invitato a presiedere all’inaugurazione dell’Anno celestiniano e della sessantesima Settimana liturgica nazionale che doveva tenersi all’Aquila. Ho accettato volentieri sia per la connessione affettiva e spirituale che ormai mi lega alla terra abruzzese, sia per il tema scelto: il sacramento del perdono, forza che vince il male. Poi, per evidenti motivi, la Settimana liturgica è stata trasferita a Barletta, in Puglia, mentre la festa della Perdonanza non poteva che essere celebrata all’Aquila, sotto il segno della riconciliazione che ricostruisce la comunione con Dio e con i fratelli, e risana le ferite del corpo e dello spirito. La mia partecipazione, inoltre, si pone in continuità con la vicinanza del Papa alle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto. Dopo la sua commovente visita all’Aquila, il Papa ha seguito l’azione della Chiesa, che si è espressa con i generosi contributi di molte diocesi italiane e non italiane, e si mantiene informato sull’azione delle istituzioni civili, sugli aiuti già avviati e anche sulle promesse fatte a livello internazionale, in occasione del g8. Come tutti noi, auspica che nulla possa fare pensare a lentezze o a disimpegno nel ridare alle persone la possibilità di riprendere una normale vita familiare nelle loro case, ricostruite o rese agibili, e nelle loro attività economiche e sociali.
La Perdonanza fu una importante iniziativa di Celestino V per estendere con larghezza le indulgenze spirituali, che in questo modo erano messe a disposizione anche dei cristiani più umili. Qual è l’attenzione ai poveri della Chiesa di Benedetto XVI?
Conosciamo la forza dirompente dell’atto compiuto da Celestino V: il suo dono ha spinto poi il suo immediato successore, Bonifacio viii, a promulgare il Giubileo, con l’indulgenza estesa ormai a tutto il mondo, in un impulso plenario di rinnovamento, di perdono e di condono anche a livello economico e sociale, oltre che spirituale. Si rammentino le iniziative planetarie nate dal Giubileo del 2000. Venendo all’atteggiamento di Benedetto XVI verso i poveri, vorrei sottolineare innanzi tutto la sua particolare attenzione ai piccoli e agli umili. Pur essendo un grande teologo e maestro di dottrina, un intellettuale e uno studioso importante, che si misura con gli uomini e le donne di pensiero del nostro tempo, Papa Ratzinger si fa capire da tutti ed è vicino alla gente, perché nelle sue parole anche la gente semplice percepisce la verità e coglie il senso di una fede e una saggezza umana ricca di paternità. Parafrasando una espressione biblica, potremmo dire, con le parole del salmo 25, che "guida gli umili nella giustizia e ai poveri insegna la via del Signore". Benedetto XVI raggiunge una molteplicità di situazioni di povertà di singoli, di famiglie e di comunità sparse nel mondo, sia direttamente, sia attraverso la Segreteria papale o Segreteria di Stato, sia attraverso gli organismi preposti alla carità, come l’Elemosineria apostolica, il Pontificio Consiglio Cor Unum e altri, e con essi distribuisce non solo le offerte che riceve dai fedeli, dalle diocesi, dalle congregazioni religiose e le associazioni benefiche, ma anche i suoi diritti di autore, frutto del suo personale lavoro. Si può dire che realmente, secondo la definizione di sant’Ignazio di Antiochia, egli "presiede nella carità", guidando con l’esempio quel vasto movimento di carità e di solidarietà planetaria che la Chiesa svolge nelle sue più articolate componenti e ramificazioni capillari. Infine, sulla scia dei suoi predecessori, con un accento peculiare interviene, richiama, risveglia, sollecita l’azione dei Governi e delle organizzazioni internazionali per sanare le disuguaglianze e le discriminazioni più brucianti in tema di sottosviluppo e di povertà. Vorrei ricordare, tra gli innumerevoli testi, appelli e messaggi, il numero 27 della Caritas in veritate dove denuncia l’accentuarsi di una estrema insicurezza di vita e di crisi alimentari provocate sia da cause naturali sia dall’irresponsabilità politica nazionale e internazionale: "È importante evidenziare come la via solidaristica allo sviluppo dei Paesi poveri possa costituire un progetto di soluzione della crisi globale in atto, come uomini politici e responsabili di Istituzioni internazionali hanno negli ultimi tempi intuito".
Lei conosce i consensi che circondano Benedetto XVI ma anche alcune riserve, specialmente sulla fedeltà al concilio Vaticano II e sulla riforma della Chiesa. Le sembrano timori fondati?
Per capire le intenzioni e l’azione di governo di Benedetto XVI occorre rifarsi alla sua storia personale - un’esperienza variegata che gli ha permesso di attraversare la Chiesa conciliare da vero protagonista - e, una volta eletto Papa, al discorso di inaugurazione del pontificato, a quello alla Curia romana del 22 dicembre 2005 e agli atti precisi da lui voluti e firmati (e talora pazientemente spiegati). Le altre elucubrazioni e i sussurri su presunti documenti di retromarcia sono pura invenzione secondo un cliché standardizzato e ostinatamente riproposto. Vorrei solo citare alcune istanze del concilio Vaticano II dal Papa costantemente promosse con intelligenza e profondità di pensiero: il rapporto più comprensivo instaurato con le Chiese ortodosse e orientali, il dialogo con l’ebraismo e quello con l’islam, con una reciproca attrazione, che hanno suscitato risposte e approfondimenti mai prima verificati, purificando la memoria e aprendosi alle ricchezze dell’altro. E inoltre mi fa piacere sottolineare il rapporto diretto e fraterno, oltre che paterno, con tutti i membri del collegio episcopale nelle visite ad limina e nelle altre numerose occasioni di contatto. Si ricordi la prassi da lui avviata dei liberi interventi alle assemblee del Sinodo dei vescovi con puntuali risposte e riflessioni dello stesso Pontefice. Non dimentichiamo poi il contatto diretto instaurato con i superiori dei dicasteri della Curia romana con i quali ha ripristinato i periodici incontri di udienza. Quanto alla riforma della Chiesa - che è soprattutto una questione di interiorità e di santità - Benedetto XVI ci ha richiamati alla fonte della Parola di Dio, alla legge evangelica e al cuore della vita della Chiesa: Gesù il Signore conosciuto, amato, adorato e imitato come "colui nel quale piacque a Dio di far abitare ogni pienezza", secondo l’espressione della lettera ai Colossesi. Con il volume Gesù di Nazaret e con il secondo che sta preparando, il Papa ci fa un grande dono e sigilla la sua precisa volontà di "fare di Cristo il cuore del mondo".
Non dimentichiamo quanto ha scritto nella lettera ai vescovi cattolici dello scorso 10 marzo sulla remissione della scomunica dei vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre: "Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non ad un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine (cfr. Gv 13, 1) - in Gesù Cristo crocifisso e risorto. Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più".
Quali sono stati gli interventi qualificanti nella Curia romana di Benedetto XVI e quali bisogna ancora attendersi?
Benedetto XVI è un profondo conoscitore della Curia romana, dove ha ricoperto un ruolo preminente come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, un osservatorio e un dicastero centrale per la connessione delle giunture con tutti gli altri organismi di governo della Chiesa. Così ha potuto conoscere perfettamente persone e dinamismi e seguire il percorso delle nomine avvenute sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, pur nel suo distacco dalle manovre e dal chiacchiericcio che a volte si sviluppa in certi ambienti curiali, purtroppo poco permeati da vero amore alla Chiesa. Dall’inizio del suo pontificato, ancora breve, sono oltre 70 le nomine di superiori dei vari dicasteri, senza contare quelle dei nuovi nunzi apostolici e dei nuovi vescovi in tutto il mondo. I criteri che hanno guidato le scelte di Benedetto XVI sono stati: la competenza, il genuino spirito pastorale, l’internazionalità. Sono alle porte alcune nomine importanti e non mancheranno le sorprese, soprattutto in relazione alla rappresentanza delle nuove Chiese: l’Africa ha già offerto e offrirà eccellenti candidati.
È giusto attribuire alla responsabilità del Pontefice tutto quello che accade nella Chiesa o è utile per una corretta informazione applicare il principio di responsabilità personale?
È invalsa l’abitudine di imputare al Papa - o, come si dice, soprattutto in Italia, al Vaticano - la responsabilità di tutto ciò che accade nella Chiesa o di ciò che viene dichiarato da qualsiasi esponente o membro di Chiese locali, di istituzioni o di gruppi ecclesiali. Ciò non è corretto. Benedetto XVI è un modello di amore a Cristo e alla Chiesa, la impersona come Pastore universale, la guida nella via della verità e della santità, indicando a tutti la misura alta della fedeltà a Cristo e alla legge evangelica. Ed è giusto, per una corretta informazione, attribuire a ciascuno (unicuique suum) la propria responsabilità per fatti e parole, soprattutto quando essi contraddicono patentemente gli insegnamenti e gli esempi del Papa. L’imputabilità è personale, e questo criterio vale per tutti, anche nella Chiesa. Ma purtroppo il modo di riportare e di giudicare dipende dalle buone intenzioni e dall’amore per la verità dei giornalisti e dei media. Ho letto di recente un bell’articolo di Javier Marías, che fa un’amara riflessione: "Ho avuto modo di osservare che una vasta percentuale della popolazione mondiale non si preoccupa più della verità. Temo però di aver peccato di eccessiva cautela, perché ciò che sta accadendo è di gran lunga più funesto: una vasta percentuale della popolazione oggi non è più in grado di distinguere la verità dalla menzogna, oppure, per essere più precisi, la realtà dalla finzione". Rimane perciò ancora più urgente e necessario insegnare la verità, far conoscere e amare la verità, su se stessi, sul mondo, su Dio, convinti, secondo la parola di Gesù, che "la verità vi farà liberi!" (Giovanni, 8, 32).
Può spiegare, magari anche con qualche esempio, come nella Chiesa di Benedetto XVI la libertà di pensiero e di ricerca vada di pari passo con la responsabilità della fede?
In relazione a questo tema - che è assai importante e centrale nella Chiesa, e che tocca altri binomi strettamente connessi, come fede e ragione, fede e cultura, scienza e fede, obbedienza e libertà - occorre riandare all’esempio della vita e dell’esperienza di Joseph Ratzinger, pensatore, teologo e maestro di dottrina riconosciuto, come ho appena detto. Non si può ovviamente scindere la sua prassi e il suo stile di governo dalle convinzioni più profonde che hanno nutrito e segnato il suo comportamento di studioso e di ricercatore. Nel suo lungo percorso di intellettuale, assai attivo sulle cattedre universitarie e sui media, si sono aggiunte successivamente due formidabili responsabilità: dapprima quella di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi quella di Pastore supremo della Chiesa cattolica. È evidente che queste due funzioni hanno segnato gli insegnamenti e gli atti del cardinale e del Papa, orientandoli ancor più efficacemente, se così si può dire, a una interazione e a una sinergia fra la libertà fondamentale di pensiero e di ricerca e la responsabilità dell’atto di fede e dell’adesione di fede a Dio che si rivela, che parla e chiama a essere "nuova creatura". Non quindi una contrapposizione o una "secessione", ma una armonia da ricercare, da costruire con intelligenza d’amore. Tale è l’atteggiamento di Joseph Ratzinger quando parla a organismi come la Pontificia Commissione Biblica, la Commissione Teologica Internazionale, la Pontificia Accademia delle Scienze, la Pontificia Accademia per la Vita, e così via, oppure quando dialoga con singoli studiosi e pensatori. Chiede ai teologi di non essere sradicati dalla fede della Chiesa, per essere veri teologi cattolici, e ha elogiato - ad Aosta, lo scorso 25 luglio - "la grande visione che ha avuto Teilhard de Chardin: l’idea paolina che alla fine avremo una vera liturgia cosmica, e il cosmo diventerà ostia vivente". E vorrei ancora citare una bella pagina della Caritas in veritate ove parla "dell’impegno per fare interagire i diversi livelli del sapere umano in vista della promozione di un vero sviluppo dei popoli". Dopo aver spiegato che il sapere non è mai solo opera dell’intelligenza, e che il sapere è sterile senza l’amore, conclude: "Le esigenze dell’amore non contraddicono quelle della ragione. Il sapere umano è insufficiente e le conclusioni delle scienze non potranno indicare da sole la via verso lo sviluppo integrale dell’uomo. C’è sempre bisogno di spingersi più in là: lo richiede la carità nella verità. Andare oltre, però, non significa mai prescindere dalle conclusioni della ragione né contraddire i suoi risultati. Non c’è l’intelligenza e poi l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore" (n. 30).
Trova che sia facile o difficile raccontare l’azione e il pensiero di Benedetto XVI giunto al quinto anno di pontificato?
Sinceramente ritengo che sarebbe molto facile per i giornalisti raccontare l’azione e il pensiero di Benedetto XVI. Scorrendo i volumi dei suoi Insegnamenti o i testi pubblicati su "L’Osservatore Romano" - che sempre ne trasmette fedelmente gli interventi, talora anche spontanei e ricchi di immediatezza e di attualità - non sarebbe difficile ricostruire il suo progetto di Chiesa e di società, coerentemente ispirato al Vangelo e alla più autentica tradizione cristiana. Benedetto XVI ha una visione limpida e vorrebbe spingere i singoli e le comunità a una vita divinamente e umanamente armonica, con la teologia dell’et e la spiritualità del "con", mai del "contro", a meno che non si tratti delle terribili ideologie che hanno portato l’Europa nei baratri del secolo scorso. Basterebbe essere altrettanto limpidi e fedeli, riportando sine glossa, cioè senza l’aggiunta di contorte interpretazioni, le sue genuine parole e i suoi gesti di padre del popolo di Dio.
Un’ultima domanda: come è nata l’idea dell’Anno sacerdotale?
Ricordo che dopo il Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio, sul tavolo del Papa vi era una proposta, già precedentemente presentata, per un anno della preghiera, che di per sé era ben collegata con la riflessione sulla Parola di Dio. Tuttavia, la ricorrenza del centocinquantesimo anniversario della morte del curato d’Ars e l’emergenza delle problematiche che hanno investito tanti sacerdoti, hanno mosso Benedetto XVI a promulgare l’Anno sacerdotale, dimostrando così una speciale attenzione ai sacerdoti, alle vocazioni sacerdotali e promuovendo in tutto il popolo di Dio un movimento di crescente affetto e vicinanza ai ministri ordinati. Essi sono senza dubbio la spina dorsale delle Chiese locali e i primi cooperatori del vescovo nella missione dell’annuncio della fede, della santificazione e della guida del popolo di Dio. Il Papa ha sempre dimostrato una grande vicinanza e affabilità verso i sacerdoti, soprattutto nei dialoghi spontanei, ricchi di esperienza e di indicazioni concrete sulla loro vita, e con risposte puntuali alle loro domande. L’Anno sacerdotale sta suscitando un grande entusiasmo in tutte le Chiese locali e un movimento straordinario di preghiera, di fraternità verso e fra i sacerdoti e di promozione della pastorale vocazionale. Si sta inoltre irrobustendo il tessuto del dialogo, talora appannato, tra vescovi e sacerdoti, e sta crescendo una attenzione speciale anche verso i sacerdoti ridotti a una condizione marginale nell’azione pastorale. Si auspica anche che avvenga una ripresa di contatto, di aiuto fraterno e possibilmente di ricongiungimento con i sacerdoti che per vari motivi hanno abbandonato l’esercizio del ministero. Molte iniziative sono indirizzate a rafforzare la coscienza dell’identità e della missione sacerdotale, che è essenzialmente una missione esemplare ed educativa nella Chiesa e nella società. I santi sacerdoti che hanno popolato la storia della Chiesa non mancheranno di proteggere e di sostenere il cammino di rinnovamento proposto da Benedetto XVI.
(©L’Osservatore Romano - 28 agosto 2009)