Approda la Nave della legalità con giovani dalla Sicilia e da tutta Italia.
I ragazzi in corteo dal porto di Palermo verso l’aula bunker del maxi processo.
Palermo, migliaia di studenti per Falcone
Napolitano: "Battaglia va ripresa e sviluppata"
Maria Falcone: "L’Italia aspetta ancora verità sui mandanti". Grasso: "Dai giovani segnali di speranza" *
PALERMO - Sono mille e trecento. Sono giovani siciliani e di ogni parte d’Italia. Sono arrivati con la Nave della legalità, partita ieri da Civitavecchia, per la mostrare il loro appoggio alla manifestazione organizzata dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, presieduta da Maria Falcone, e dal ministero della Pubblica Istruzione in occasione del quindicesimo anniversario della strage di Capaci.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio a Maria Falcone nel quale ha voluto ricordare il "micidiale barbaro agguato di Capaci" e il "criminale attentato a Paolo Borsellino", ovvero alcuni dei "più combattivi e moderni magistrati impegnati nella lotta alla criminalità organizzata". Il presidente Napolitano ha aggiunto che "questa battaglia va ripresa e sviluppata con l’impegno di tutte le forze politiche e sociali e con la partecipazione convinta dei cittadini".
Sugli striscioni dei ragazzi ci sono scritte che testimoniano la voglia di ricordare. "C’è bisogno di memoria, c’è bisogno di pensare, c’è bisogno di coraggio, c’è bisogno di sognare". Ad aprire il lungo serpentone lo striscione dell’istituto Duca degli Abruzzi, il gonfalone del Comune Occimiano (Alessandria), e il cartellone della scuola media Giovanni e Francesca Falcone di Roma. I ragazzi ora si stanno muovendo in corteo verso l’aula bunker.
Saranno anche loro a parlare nel luogo dove si svolse il maxiprocesso. Parleranno della battaglia contro Cosa nostra e dell’importanza dell’educazione alla legalità. Lo faranno insieme al presidente del Senato Franco Marini, al ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni e al procratore nazionale Antimafia Pietro Grasso. Il ministro Fioroni presenterà i risultati del rapporto del Comitato nazionale "Scuola e legalità".
A bordo della Nave anche il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. "L’anno scorso ero qui a ricevere i ragazzi, quest’anno ho iniziato il viaggio con loro. Questo sbarco della legalità è un segnale importante perchè viene da tutta Italia. La Sicilia non e’ isolata, per noi è un grande messaggio". La nave è partita ieri da Civitavecchia. "Ci sono - ha aggiunto Grasso - segnali di speranza in questi ragazzi, nei movimenti antimafia che formano una rete virtuosa in tutta Italia. La speranza che possano cambiare la nostra Italia".
Ma i giovani si stanno muovendo in nome della memoria anche verso Corleone. Un altro corteo formato da studenti e docenti, accompagnati dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo e da Manfredi Borsellino, sta andando verso Corleone sui luoghi dell’arresto di Bernardo Provenzano. Sulla strada che porta al rifugio del boss "recentemente ribattizzata via 11 Aprile 2006, cattura di Bernardo Provenzano - mafioso, saranno stese le "lenzuola della legalità" realizzate dalle scuole, mentre per le vie del paese le scuole corleonesi organizzeranno una "festa della legalità" e i ragazzi saranno raggiunti dal ministro Fioroni e da Maria Falcone. La sorella del magistrato a ha voluto ricordare che "ci sono tanti indizi che portano alla pista dei cosiddetti mandanti occulti. L’Italia aspetta sempre di sapere quali furono i gruppi di affari che ebbero una convergenza di interessi con Cosa nostra nelle stragi del ’92."
Nel pomeriggio l’appuntamento è per tutti alle 16 all’Ucciardone per partecipare al corteo che avrà come meta l’"Albero Falcone", in via Notarbartolo, di fronte all’abitazione del magistrato. Alle 17,58, il momento della strage, si osserverà il silenzio e il raccoglimento in memoria delle vittime.
La giornata si concluderà alle 21, a piazza Politeama, con il concerto gratuito, "Mille note contro la mafia" al quale parteciparenno tra gli altri Carmen Consoli e Daniele Silvestri.
Foto: Palermo, la nave della legalità per ricordare Falcone.
* la Repubblica, 23 maggio 2007
Mattarella: «Ragazzi, siate fieri dell’esempio di Falcone e Borsellino e ricordatelo sempre»
«A ventotto anni dalla strage di Capaci invio un saluto caloroso a tutti i giovani delle scuole coinvolti nel progetto “La nave della legalità”, che ricorda Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E, con loro, Francesca Morvillo e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Rocco Dicillo, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Claudio Traina.
I due attentati di quel 1992 segnarono il punto più alto della sfida della mafia nei confronti dello Stato e colpirono magistrati di grande prestigio e professionalità che, con coraggio e con determinazione, le avevano inferto durissimi colpi, svelandone organizzazione, legami, attività illecite.
I mafiosi, nel progettare l’assassinio dei due magistrati, non avevano previsto un aspetto decisivo: quel che avrebbe provocato nella società. Nella loro mentalità criminale, non avevano previsto che l’insegnamento di Falcone e di Borsellino, il loro esempio, i valori da loro manifestati, sarebbero sopravvissuti, rafforzandosi, oltre la loro morte: diffondendosi, trasmettendo aspirazione di libertà dal crimine, radicandosi nella coscienza e nell’affetto delle tante persone oneste.
La mafia si è sempre nutrita di complicità e di paura, prosperando nell’ombra. Le figure di Falcone e Borsellino, come di tanti altri servitori dello Stato caduti nella lotta al crimine organizzato, hanno fatto crescere nella società il senso del dovere e dell’impegno per contrastare la mafia e per far luce sulle sue tenebre, infondendo coraggio, suscitando rigetto e indignazione, provocando volontà di giustizia e di legalità.
I giovani sono stati tra i primi a comprendere il senso del sacrificio di Falcone e di Borsellino, e ne sono divenuti i depositari, in qualche modo anche gli eredi.
Dal 1992, anno dopo anno, nuove generazioni di giovani si avvicinano a queste figure esemplari e si appassionano alla loro opera e alla dedizione alla giustizia che hanno manifestato.
Cari ragazzi, il significato della vostra partecipazione, in questa giornata, è il passaggio a voi del loro testimone.
Siate fieri del loro esempio e ricordatelo sempre».
Roma, 23/05/2020
* Fonte: Quirinale, 23.05.2020
«Senza verità non c’è difesa»
intervista a Luigi Ciotti
a cura di Daniela Preziosi (il manifesto, 24 maggio 2012)
Chi ha partecipato alle messe che don Luigi Ciotti celebra con i famigliari delle vittime di mafia sa che al momento della liturgia della parola ciascuno, dai banchi, si alza a dire il nome del proprio parente ucciso. È un momento da brividi, un elenco straziante, i cognomi ’celebri’ si perdono nell’infinito numero di quelli sconosciuti. Raggiungiamo al telefono don Ciotti quand’è a via D’Amelio, mentre parte uno dei due cortei degli studenti per ricordare la strage. La mattina è sceso dalla nave della legalità, piena di ragazzi, salpata da Civitavecchia. Ora è appena tornato da Capaci, dove le famiglie di quelli che vengono chiamati ’i ragazzi della scorta’ hanno voluto la loro commemorazione, lontano dalle celebrazioni ufficiali. Le istituzioni non c’erano. C’erano i colleghi sopravvissuti all’esplosione dell’autostrada. Davanti ai resti, accartocciati, ancora impressionanti, della macchina, una Croma blindata.
Don Luigi, ancora oggi le istituzioni non sanno stare vicine a tutte le famiglie, siamo ancora a quei fischi ai politici di vent’anni fa durante il funerale?
Vengo da lì, da Capaci, nella mia testa avevo una preghiera e un saluto. Ma è vero: il primo diritto di ogni persona è essere chiamata per nome. Quindi certo Falcone, certo Francesca Morvilllo, ma a Capaci non sono morti ’i ragazzi della scorta’, sono morti Rocco Piccillo, Vito Schifano e Antonio Montinaro. Dirne il nome è dare dignità a quanti hanno perso la vita per la stessa ragione: sono tutti morti per la democrazia del nostro paese.
Ancora oggi la memoria può dividere?
Per noi la memoria non è celebrazione ma motore di impegno collettivo e quotidiano. Fare memoria per noi è costruire una cultura di legalità, di partecipazione, di giustizia. In Italia non c’è una strage di cui si sia accertata la responsabilità, il 70% delle vittime di mafia non conoscono la verità. Di fronte a questo, siamo chiamati ad assumerci la nostra responsabilità, altrimenti le nostre parole diventano retorica e rassegnazione. La responsabilità individuale è la premessa della legalità. E la giustizia sociale è il suo orizzonte. La lotta alla mafia, insieme al lavoro di magistrati e forze dell’ordine, si fa costruendo percorsi di giustizia sociale, che vuol dire casa, lavoro. Abbiamo un’altissima dispersione scolastica. Due milioni di giovani sono alla ricerca di un lavoro. È un problema di democrazia.
Lei e Libera, associazione nata sulla spinta della lotta alla mafia, non avete mai lasciato Palermo. Oggi qui, dopo 25 anni, torna il sindaco della primavera di questa città, quella stagione di speranze prima delle stragi. Che significa?
Orlando è persona capace di politica, è stato un protagonista e ha creato un percorso di grande fermento. Mi auguro che abbia la stessa forza, intelligenza, grinta. Lo auguro a questa meravigliosa città e all’Italia. Abbiamo bisogno di una politica trasparente, ma anche di contenuti, di partecipazione e di ascolto dei cittadini.
La giustizia sociale, dice, è base per la lotta alla criminalità. Oggi il paese attraversa una grave crisi economica e sociale. Rischiamo di fare passi indietro?
Sì. La lotta alle mafie non si fa solo in Sicilia, in Calabria o in Campania, ma a Roma in Parlamento, con leggi e politiche giuste. Il contrasto alla criminalità si fa con le politiche sociali, un grande investimento per le fasce deboli, creare opportunità e servizi per le persone.
Libera ha contrastato alcune leggi del governo Berlusconi. Ora va meglio nella lotta alla criminalità?
Alcuni tentativi sono stati fatti, certo questa situazione arriva da lontano e rimetterla in quadro non è semplice. Ho visto che il governo ha cercato di non mollare sul rendere operativa la convenzione di Strasburgo del 1989 contro la corruzione, nonostante le resistenze in parlamento. Ma ci sono tempi lunghi, la burocrazia. Io non professo il dogma dei beni confiscati, per esempio, ma mi preoccupa sentir dire ’se non si riesce a metterli a posto vendiamoli’. La legge che ha permesso il riutilizzo sociale di quei beni ha avuto un grande valore etico e culturale. E allora bisogna creare le condizioni per recuperarli, prima di dire ’vendiamoli’. C’è un blocco da togliere: 3500 beni sono confiscati e non possono essere utilizzati perché la stragrande parte è sotto ipoteca. Va fatto uno scatto. I ’segni’ sono importanti. Il fatto che al rinfresco del Quirinale del 2 giugno il presidente della Repubblica abbia scelto di offrire i prodotti di Libera è un segno importante.
Lei è corso a Brindisi nel giorno della bomba. I ragazzi della Morvillo hanno convocato una manifestazione nazionale per sabato, «colpire la scuola vuol dire colpire la democrazia». E non ce l’hanno solo con la bomba. Li ha ascoltati?
Li ho ascoltati, li ho visti piangere, gridare. Ho provato tanto, tanto, tanto dolore. A questi ragazzi dobbiamo restituire sicurezza e c’è bisogno di verità, perché la prima difesa dall’insicurezza è la verità. E poi aiutarci a trasformare le paure in speranza. Ai ragazzi c’è poco da dire, sono meravigliosi. Agli adulti voglio dire che non basta preoccuparci di loro ma dobbiamo occuparcene di più. Non dobbiamo dire che sono il nostro futuro, ma dobbiamo creare le condizioni, le politiche per il loro presente.
"Non possiamo escludere un ritorno alla strategia stragista", afferma il Capo dello Stato.
All’incontro nell’aula bunker dell’Ucciardone risuona più volte il nome di Melissa la ragazza uccisa sabato nell’attentato di Brindisi
di ALESSANDRA ZINITI
Nel giorno della memoria, a 20 anni dalla strage che cambiò per sempre la storia della Sicilia, Palermo, l’Italia tutta grida il suo grazie a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, afferma la sua voglia di portare avanti le idee e l’esempio di morale e coraggio dei due giudici uccisi, ma chiede anche a gran voce verità e giustizia per quelle stragi che fino ad ora hanno visto punito solo il livello dell’esecuzione materiale.
LEGGI La cronaca della giornata
"Non lasciatevi intimorire, scendete in campo presto", dice il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, commosso e con le lacrime agli occhi alle centinaia di ragazzi che affollano l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone. "Né Palermo né la Sicilia sono sempre uguali a loro stesse - continua il capo dello Stato - e ce lo dicono i fatti". Davanti a lui ci sono anche le compagne di Melissa, la ragazza uccisa a Brindisi sabato davanti alla scuola in un ancora misterioso attentato. "Non possiamo escludere un ritorno alla strategia stragista - dice un preoccupato Napolitano - ma ogni cosa avrà la risposta che si merita. Vedendo oggi quest’aula è evidente che chi ha ucciso Falcone e Borsellino ha fallito. E se hanno ucciso Melissa per offendere la memoria di una donna coraggiosa come Francesca Morvillo la pagheranno".
LEGGI Monito di Monti sugli apparati dello Stato
Nell’aula bunker dell’Ucciardone stipata come mai da migliaia di ragazzi delle scuole, da colleghi dei due magistrati uccisi, da delegazioni di investigatori arrivate da mezzo mondo, da esponenti delle istituzioni, i volti di Giovani Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Eddy Cusina, scorrono sul grande schermo mentre, alla presenza del capo dello Stato con la moglie Clio e del presidente del Consiglio Monti insieme ai ministri dell’Interno Cancellieri e della Giustizia Severino, risuonano le note dell’inno di Mameli e sventolano il tricolore.
FOTO Monti al Giardino della memoria
Ed è il premier Monti che, esortando i magistrati di Caltanissetta a cercare "i pezzi mancanti" garantisce che "non esistono ragioni di Stato che possano giustificare ritardi nella ricerca della verità. L’unica ragione di Stato - dice - è la verità". Affermazioni importanti anche perché il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, annunciando che "ci saranno presto novità nelle indagini sulle stragi che individueranno altre responsabilità" aggiunge che "ci furono talpe nelle istituzioni che suggerirono i movimenti di Giovanni Falcone". Non a caso certo dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, giunto a Palermo con gli studenti a bordo di una delle navi della legalità, si sente lanciare un nuovo appello alla collaborazione . "Qualcuno non ha detto tutto, chiunque conosce qualcosa parli, da qualsiasi parte sta".
FOTO L’arrivo delle navi della legalità
Ma nell’aula bunker risuona continuamente il nome di Melissa, la ragazza rimasta uccisa a Brindisi nell’ancora misterioso attentato davanti alla scuola intestata a Francesca Morvillo. Prima di fare il suo ingresso in aula il presidente Napolitano incontra i familiari delle vittime delle stragi ma anche le cinque compagne di Melissa arrivate a Palermo con le navi della legalità.
FOTO Napolitano e la maglietta antimafia
Nell’aula bunker c’è anche Leoluca Orlando, al suo primo giorno da sindaco. Nell’aria continua ad aleggiare la polemica con Maria Falcone per quella clamorosa denuncia che vent’anni fa, rompendo una grande amicizia, Orlando fece accusando Falcone di tenere nei cassetti le carte che avrebbero potuto fare giustizia per i delitti politici. "Orlando chieda scusa" ha ribadito la Falcone. Parole a cui Orlando ha risposto esprimendo il suo "rammarico umano e il suo dolore" ma rivendicando il suo diritto a denunciare le collusioni tra mafia e politica. "Come 20 anni fa denuncio che dentro lo Stato ci sono pezzi di mafia, lo so ma non ho le prove", ha detto Orlando.
Nel pomeriggio, in ventimila sotto l’albero Falcone in via Notarbartolo a conclusione del corteo che, partendo dall’aula bunker e da via D’Amelio, si riunisce per salutare con un grande applauso alle 17.58 il momento della strage di Capaci. In via D’Amelio e poi alla caserma Lungaro, insieme al capo della polizia Antonio Manganelli, ancora il presidente Napolitano per un omaggio a Paolo Borsellino e agli agenti della scorta.
* la Repubblica, 23 maggio 2012 (ripresa parziale)
L’INIZIATIVA
"La mafia uccide, il silenzio pure"
Ragazzi da tutta Italia sulla nave della legalità
Nel ventesimo anniversario di Capaci, studenti di ogni età in viaggio per Palermo.
A bordo anche alcune compagne di Melissa, la sedicenne uccisa nell’attentato di Brindisi
dal nostro inviato VALERIA TEODONIO *
CIVITAVECCHIA - "In.. Capaci di dimenticare". "La mafia uccide. Il silenzio pure". Decine di scritte come queste colorano i cartelli dei 2600 studenti a bordo delle due Navi della Legalità che da Civitavecchia e da Napoli raggiungeranno Palermo, dove domani si svolgeranno le manifestazioni per ricordare il ventesimo anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio . Un "viaggio della Legalità" organizzato dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone e dal ministero dell’Istruzione per dire "no a tutte le mafie". I ragazzi indossano magliette bianche con stampata una frase di Falcone: "Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini". Prima della partenza, sulle facciate della navi, sono state srotolate le gigantografie di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
A bordo, ragazzi di tutte le età, dalle elementari alle superiori, arrivati da 250 scuole di tutta Italia. Nessuno di loro era nato, 20 anni fa, quando Falcone e Borsellino vennero assassinati. Ma - dicono gli organizzatori - sulle loro gambe continueranno a vivere quelle idee di cui parlava Falcone. Idee che neanche la mafia può uccidere. Perché l’obiettivo di questo viaggio è proprio questo: tramandare di generazione in generazione la cultura della legalità e l’impegno a contrastare tutte le mafie. Con i ragazzi viaggeranno anche il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso e il fondatore di Libera Don Luigi Ciotti. Piero Grasso farà il viaggio con il nipotino Riccardo. "Non abbiate paura - ha detto agli studenti - tutti insieme dobbiamo vincere quella paura che volevano metterci".
Chi era Giovanni Falcone? Lo chiediamo ai bambini che stanno per imbarcarsi sulla nave della Legalità in partenza da Civitavecchia. "Una persona che non dobbiamo dimenticare" - risponde Serena, 9 anni - Siamo qui per non scordarlo mai". "Falcone ci ha insegnato che la mafia va combattuta - aggiunge Pietro, 10 anni - e questo è il nostro modo per lottare". Prima di salpare è stato osservato un minuto di silenzio per Melissa, la studentessa uccisa nell’attentato di Brindisi. A bordo ci sono anche alcuni suoi compagne di classe: "Ora non lasciateci soli - dicono Aurora e Chiara - vogliamo ricordarla. Dobbiamo parlarne ogni giorno. E vogliamo risposte". Con loro hanno portato uno striscione: "Melissa è con noi".
* la Repubblica, 22 maggio 2012
Decine di nuovi messaggi sull’albero Falcone
I palermitani hanno riempito di nuovi biglietti la grande magnolia
La pianta che ricorda il magistrato ucciso dalla mafia era stata danneggiata da ignoti *
La risposta dei palermitani è stata immediata. Da ieri pomeriggio decine di messaggi sono stati affissi sull’albero Falcone, la grande magnolia davanti al portone del palazzo di via Notarbartolo, a Palermo, dove abitava il magistrato assassinato da Cosa nostra il 23 maggio 1992.
VIDEO Nuovi messaggi della legalità di S. Sbacchis
Sabato pomeriggio il portiere dello stabile aveva denunciato il furto di messaggi e disegni. Scomparso anche un lenzuolo bianco con scritto "le vostre idee camminano sulle nostre gambe". Uno sfregio al quale i palermitani hanno risposto con una immediata mobilitazione. "Tranquillo Giovanni, renderemo questo albero ancora più bello di prima. Siamo tutti con te", si legge in uno dei nuovi messaggi. "Una Sicilia libera è una Sicilia che crede in te", è il contenuto di un altro biglietto. "Con Falcone e Borsellino per sempre", si legge in un terzo pensiero su carta. E, ancora: "L’albero non si tocca".
"Questo albero dà ancora fastidio. Il prossimo 23 maggio, come ogni anno, arriveranno giovani da tutta Italia. E io penso che quanto è accaduto sia un segnale in vista del diciottesimo anniversario della strage di Capaci. Certa gente pensava di avere chiuso i conti con Giovanni Falcone, ma questi studenti dimostrano che è ancora vivo, che le sue idee sono vive", ha detto Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia. Questa mattina è alla testa del presidio organizzato davanti alla magnolia di via Nortarbartolo, con studenti e docenti di Palermo "per mettere sull’albero - spiega - tanti disegni e messaggi, segno di un impegno che non si ferma e di una cultura nuova. Potranno toglierli ancora, ma li rimetteremo mille volte".
Ieri il sindaco Diego Cammarata ha affisso il manifesto "Eroi per sempre", che ritrae insieme Falcone e Paolo Borsellino: "Nessuno potrà mai rubare il ricordo e la memoria che dobbiamo e vogliamo coltivare", ha detto il primo cittadino. "Un gesto deprecabile e un attentato alla memoria di Falcone e dell’azione antimafia". Così il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha commentato il gesto vandalico. "Palermo, però, - ha aggiunto - non è rappresentata da gente che compie atti simili".
* la Repubblica, 26 aprile 2010
IL MESSAGGIO*
Napolitano nel 16° anniversario della strage di Capaci: L’impegno delle forze politiche e la partecipazione convinta dei cittadini non può subire flessioni nella lotta alla mafia.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del 16° anniversario della strage di Capaci, in un messaggio alla prof.ssa Maria Falcone, Presidente della Fondazione "Giovanni e Francesca Falcone", ha rivolto il suo solidale saluto a tutti i partecipanti alle iniziative organizzate per ricordare il barbaro agguato di Capaci che, il 23 maggio di sedici anni fa, causò la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli agenti Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani dedicatisi alla loro sicurezza: "Le immagini della strage - ha scritto il Presidente della Repubblica - restano incancellabili nella memoria degli italiani e rinnovano l’angoscia e l’allarme di quel giorno, in cui la mafia colpì un magistrato di eccezionale talento e coraggio, che aveva saputo contrastarla anche individuando nuovi e più efficaci strumenti in grado di combatterla. Con quell’attentato e con gli altri che ad esso seguirono, la mafia portò un terribile attacco alle istituzioni repubblicane. Lo Stato seppe però reagire adeguatamente. La battaglia e l’esempio di Giovanni Falcone innescarono nel Paese una reazione ferma e diffusa. All’azione della Magistratura e delle Forze dell’ordine si accompagnarono l’impegno di tutte le forze politiche e la partecipazione convinta dei cittadini. L’impegno e la partecipazione di allora non possono subire flessioni. Non è consentito ridurre il livello di attenzione rispetto a un fenomeno pervasivo, pronto ad attuare le strategie più sofisticate per insinuarsi nella società minandone la vita democratica, la coesione e il progresso. In questo momento ogni deciso sviluppo nell’azione di contrasto da parte dei pubblici poteri va salutato e valorizzato".
Capaci, 16 anni fa la strage: duemila in nave a Palermo
Sulle note di «Pensa» la canzone contro la mafia del cantautore Fabrizio Moro è approdata al porto di Palermo, attorno alle nove di venerdì mattina, la «nave della legalità» partita da Civitavecchia con a bordo duemila ragazzi in arrivo da tutta Italia per commemorare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a sedici anni dal loro assassinio.
Molti i palermitani affacciati ai balconi per salutare i giovani che sono scesi in corteo sul molo guidati dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, innalzando striscioni contro la mafia. Quello dell’Istituto Commerciale Marconi di Militello recitava: «Tutte le guerre ko, guerra alla mafia ok». O quello dell’Istituto Capuano di Casteldaccia su cui si leggeva « distruggiamo la mafia per costruire insieme il nostro futuro». All’arrivo della nave erano presenti, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini e la sorella di Giovanni Falcone, Maria. I ragazzi sono poi partiti in corteo verso l’aula bunker dell’Ucciardone.
«Vedervi qui, in tanti, è una grande gioia e dimostra che, contrariamente a quanto si ritiene, i giovani italiani hanno valori forti». Con queste parole piene di speranza Maria Falcone ha accolto la nave sul molo del porto di Palermo. Pietro Grasso invece fa un appello al mondo dell’istruzione: «Oggi il futuro è rappresentato dalle giovani generazioni. Il mondo della scuola è quello che formerà le classi dirigenti di domani ed è dalla scuola che dobbiamo alimentare la nostra speranza di un domani senza mafie».
Nel messaggio a Maria Falcone il Capo dello Stato Giorgio Napolitano scrive: «Le immagini della strage restano incancellabili nella memoria degli italiani e rinnovano l’angoscia e l’allarme di quel giorno, in cui la mafia colpì un magistrato di eccezionale talento e coraggio, che aveva saputo contrastarla anche individuando nuovi e più efficaci strumenti in grado di combatterla». Napolitano ricorda che «con quell’attentato e con gli altri che ad esso seguirono, la mafia portò un terribile attacco alle istituzioni repubblicane. Lo Stato seppe però reagire adeguatamente. La battaglia e l’esempio di Giovanni Falcone innescarono nel Paese una reazione ferma e diffusa. All’azione della Magistratura e delle Forze dell’ordine si accompagnarono l’impegno di tutte le forze politiche e la partecipazione convinta dei cittadini».
La Strage di Capaci. Giovanni stava tornando da Roma come era solito fare nei fine settimana. Il jet di servizio partito dall’aeroporto di Ciampino intorno alle 16:45 arriva a Punta Raisi dopo un viaggio di 53 minuti. Lo attendono tre autovetture del gruppo di scorta sotto comando del capo della squadra mobile della Polizia di Stato, Arnaldo La Barbera.
Appena sceso dall’aereo, Falcone si sistema alla guida di una Croma bianca ed accanto prende posto la moglie Francesca Morvillo. Nella Croma marrone, c’è alla guida Vito Schifani, con accanto l’agente scelto Antonio Montinaro e sul retro Rocco Di Cillo, mentre nella vettura azzurra ci sono Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Al gruppo è in testa la Croma marrone, poi la Croma bianca guidata da Falcone, e in coda la Croma azzurra.
Le auto lasciano l’aeroporto imboccando l’autostrada in direzione Palermo. La situazione appare tranquilla, tanto che non vengono attivate neppure le sirene. Ma qualcuno, nell’ombra, ha già tramato. Sa dell’arrivo del giudice. Su una strada parallela, una macchina si affianca agli spostamenti delle tre Croma blindate, per darne segnalazione ai killer in agguato sulle alture sovrastanti il litorale; sono gli ultimi secondi prima della strage.
Otto minuti dopo, alle ore 17:58, presso il Km.5 della A29, una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in un tunnel scavato sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine viene azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina.
La deflagrazione provoca un’esplosione immane ed una voragine enorme sulla strada. Giovanni Falcone muore alle 19:05 del 23 Maggio del 1992. Si consuma così il più eclatante attacco che Cosa Nostra abbia mai sferrato ai danni dello Stato.
* l’Unità, Pubblicato il: 23.05.08, Modificato il: 23.05.08 alle ore 16.39
La democrazia è che i generali vanno a casa
di Raniero La Valle
Riceviamo da Enrico Peyretti questo articolo di Raniero La Valle della rubrica “Resistenza e pace” che uscirà su Rocca (rocca@cittadella.org ) del 15.06.07 *
Resistenza e pace
Si può salvare la Repubblica? Le istituzioni tengono, ma lo spirito è debole. Ciò che è accaduto con la vicenda Visco-Speciale e con la fallita “spallata” al governo Prodi, ha fatto accendere un segnale di allarme rosso. Altre volte la Repubblica è stata in pericolo, per Servizi deviati, generali golpisti, stragi di Stato, oscuri giochi delle parti tra Brigate Rosse e ceti politici antimorotei; abbiamo avuto perfino un capo dei contrabbandieri al comando della Guardia di Finanza e un vertice della magistratura ridotto a un porto delle nebbie; ma il gioco politico che si svolgeva alla luce del sole era formalmente corretto, la cultura democratica era fuori discussione, l’opposizione rispettava le regole e la coscienza pubblica era sana. È grazie a ciò che delle grandi emergenze democratiche sono state superate con relativa facilità, e di alcune si è perso perfino il ricordo.
Ma ora è la politica stessa, nelle sue espressioni quotidiane e pubbliche, che si è trasformata in un gioco al massacro; le rappresentazioni serali del confronto politico traboccano di odio, sete di vendetta, disprezzo per l’avversario; un distinto signore come l’ex democristiano D’Onofrio tratta beffardamente il ministro Padoa Schioppa in Senato come un minorato psichico, come un ignorante della Costituzione e come un intruso al palazzo. La percezione che lo schieramento battuto alle elezioni ha del governo legittimo del Paese, è che si tratti di una banda di usurpatori; il loro imperdonabile delitto, ogni momento additato alla esecrazione degli “Italiani”, è che, approfittando di un attimo di distrazione di Berlusconi o di qualcuno dei suoi elettori ed alleati, essi abbiano rubato il potere all’unica parte politica sana del Paese, designata a governarlo per diritto divino; e poiché per meglio gestire il potere destra e sinistra hanno creato un sistema in cui il conflitto politico non si può più dirimere attraverso le procedure parlamentari e il Parlamento non è più il luogo dove si formano e cadono i governi, l’unico assillo dell’opposizione, l’unico suo discorso politico, l’unico suo contributo al dibattito pubblico è del come si possa abbattere il governo a spallate, come lanciargli contro veleni e dossiers, come mobilitare la piazza e inventarsi scioperi fiscali e insomma come ristabilire, con le buone o con le cattive, la normalità di un governo della destra.
In quest’ultima occasione, l’uso di una testa d’ariete come il comandante della Guardia di Finanza contro l’esecutivo e in particolare contro il titolare della lotta all’evasione fiscale, è stato francamente eversivo. Se il ministro Padoa Schioppa non avesse finalmente rivelato quale era il punto politico della contesa, il governo non avrebbe meritato di sopravvivere, per questa sua incapacità di motivare e far capire perfino le cose buone che fa. E il punto politico era che la separazione dei poteri riguarda solo l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario, e che non esistono altri poteri o corpi separati che possano rivendicare una loro autonomia, e tanto meno le Forze Armate che sono tenute per legge a conformarsi ai principi democratici della Repubblica; e che se esiste un conflitto tra un generale e il governo, o va via il generale o va via il governo; ma se va via il governo non siamo più in Italia e in Europa, bensì in una “repubblica delle banane”.
Ora il vero problema è come mettere in sicurezza la Repubblica, come evitare che attentati e rischi di questo genere possano ripetersi. È inutile fare appello a un ammorbidimento del clima politico, al senso dello Stato dei protagonisti e almeno all’educazione degli eletti (si fa per dire) ai seggi parlamentari.
La salvezza delle istituzioni non può dipendere dal ravvedimento dei singoli. Occorre reintrodurre delle garanzie oggettive: una governabilità che non significhi l’inamovibilità dell’esecutivo per l’intera legislatura, un Parlamento che riacquisti il suo ruolo come fonte e limite del potere di governo, un’opposizione che sia vincolata all’obbedienza alle leggi della democrazia e al rispetto delle persone (la immunità dei parlamentari riguardo alle opinioni espresse nell’esercizio del mandato non può estendersi alla licenza di insulto e di annientamento simbolico dell’avversario), una legge elettorale che produca una vera rappresentanza e che non trasformi una minoranza in maggioranza schiacciante, una regola del gioco che non costringa i partiti ad alleanze innaturali con forze dall’opposto sentire politico, una ripresa di autorità e dignità della politica che faccia venir meno quel vuoto che oggi è riempito dalla supplenza caricaturale dei media che mettono in scena la politica come spettacolo nell’arena di un set televisivo.
Soprattutto è necessario che il gregarismo di masse cui è stata tolta ogni seria informazione e cultura politica non venga elevato a rango costituzionale mediante l’instaurazione di un presidenzialismo irresponsabile e l’istituzionalizzazione del culto della personalità; e che lo stesso “criterio” del politico cessi di essere la contrapposizione col nemico, e torni ad essere il bene comune e l’interesse generale.
Raniero La Valle
* Il Dialogo, Mercoledì, 13 giugno 2007
Strage di Capaci, 15 anni dopo la festa della legalità *
«Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia e l’appello a una cultura della legalità abbiano bisogno di un grande movimento di popolo». A scriverlo è il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in un messaggio indirizzato a Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, ucciso il 23 maggio 1992 in un agguato mafioso a Capaci, in Sicilia. Nel giorno del quindicesimo anniversario della strage di Capaci, il presidente della Repubblica, nel suo messaggio, ha poi sollecitato la «mobilitazione della cultura, della scuola e della partecipazione dei cittadini alla vita democratica per il progresso sociale e civile del Paese».
A Palermo, mercoledì, per ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morbillo e degli uomini di scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani (ma anche di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta morti in via D’Amelio il 19 luglio del 1992), è arrivato "un popolo" di studenti: oltre 1200 sbarcati in mattinata dalla "nave della legalità" salpata martedì da Civitavecchia con un "carico" di studenti e professori provenienti da 350 scuole italiane.
Un gruppo ha continuato il suo viaggio della legalità a Corleone, sulla strada vicina al covo dove lo scorso anno è stato arrestato Bernardo Provenzano, per stendere le "lenzuola della legalità" realizzate dalle loro scuole. Gli altri, indossando magliette con una frase detta da Falcone e sostenendo striscioni e scritte che auspicano un futuro migliore senza mafia, sono andati nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone dove si sono succeduti dibattiti ai quali hanno preso parte il procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso, i ministri dell’Istruzione Giuseppe Fioroni e dell’Interno Giuliano Amato e il presidente del Senato Franco Marini.
La seconda carica dello Stato, in sintonia con Napolitano, rivolgendosi agli studenti ha detto che «senza i giovani, senza un grande patto culturale e politico con le generazioni che entrano nella vita pubblica noi non possiamo rinnovare la nostra democrazia, renderla più giusta, più attenta, più intelligente».
Quindi ha sottolineato come combattere la mafia significa affermare la legalità ed ha invitato i giovani ad amare le «istituzioni e la Repubblica, nonostante le imperfezioni, nonostante le contraddizioni, nonostante gli errori e spesso l’inadeguatezza degli uomini in cui esse prendono forme e realtà».
Gli altri interventi. «L’Italia aspetta ancora di sapere quali furono i mandati delle stragi del ’92». È Maria Falcone, la sorella del magistrato Giovanni Falcone, torna a porre il nodo dei mandanti occulti che organizzarono la stagione stragista 15 anni fa, in cui morì il fratello, sua moglie e la 5 agenti della scorta. Nel giorno dell’anniversario dell’eccidio di Capaci, la Falcone è sulla banchina del molo di Palermo, dove ha accolto la “nave della Legalità”, con a bordo quasi 1300 fra studenti e insegnanti, provenienti da 350 diversi istituti d’Italia.
La Falcone ricorda come «anche il pm Ilda Boccassini nella richiesta di rinvio a giudizio dei boss di Cosa nostra sostenne che c’erano punti di indagine che portavano a questa ipotesi». Maria Falcone, però, dà anche una lettura di speranza di quello che sta accadendo nella società civile e cita il comitato “Addio pizzo” di Palermo che «sta portando avanti una lenta e difficile rivoluzione contro il racket e contro l’accettazione più o meno consapevole dei condizionamenti mafiosi».
Il Procuratore antimafia Grasso, ricordando Falcone e Borsellino ha detto che i suoi due colleghi «hanno lasciato un patrimonio morale di coraggio e umanità, un testamento spirituale e un patrimonio di equilibrio, umanità e rigore che ci impegnano tutti a continuare per rendere migliore il nostro Paese».
Il ministro dell’Istruzione Fioroni ha invece posto l’accento sul fatto che «la scuola oggi trasmette un messaggio che non è un ricordo ma una testimonianza concreta di educazione alla cultura della legalità». Mentre Amato, parlando di rapporto «nefasto» fra mafia e politica, ha ricordato come l’organizzazione criminale non è più come quella «che Falcone combatteva, ma è quella che aveva capito: la mafia che sta passando dal taglieggiamento degli altri al lavoro in proprio nell’economia» sottolineando poi che «le prime tracce del lavoro che oggi noi facciamo contro Cosa nostra sono state gettate proprio dalle indagini di Falcone».
«Non ho mai creduto al terzo livello - ha detto ai giornalisti il giudice Giuseppe Ajala, ex componente del pool antimafia di Palermo - ma molte cose fanno pensare che ci sono altre responsabilità nelle stragi di mafia oltre ai vertici di Cosa Nostra. Le indagini dovrebbero fare piena luce ma mi rendo conto che è difficile. Tutti abbiamo un’ansia di verità e quella verità oggi - conclude - non è la più completa».
* l’Unità, Pubblicato il: 23.05.07, Modificato il: 23.05.07 alle ore 17.30
IN 15 MILA A PALERMO PER FALCONE E BORSELLINO *
PALERMO - Ci sono volti buoni sulla terra che ha conosciuto la barbarie, sguardi limpidi nelle strade di una città che ha combattuto una lunga guerra. Sono i bambini venuti a piantare il futuro dove era stata sepolta la speranza, un esercito colorato che ha invaso Palermo nel giorno del quindicesimo anniversario dell’eccidio di Capaci. Gerbere gialle strette tra le mani, indosso la maglietta con l’immagine di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vicini, sorridenti, oltre 15 mila studenti di tutta Italia hanno celebrato la "giornata della memoria".
Scatenati in canti e balli ma anche impegnati in un acceso dibattito con alte cariche dello Stato - il presidente del Senato Franco Marini, i ministri dell’Interno e della Pubblica Istruzione Giuliano Amato e Giuseppe Fioroni - sono stati loro i veri protagonisti della giornata, mentre dalla banchina del porto di Palermo, dove è attraccata la nave della legalità che da Civitavecchia ha portato in Sicilia le scolaresche, all’aula bunker dell’Ucciardone risuonavano le note di ’Pensa’, il rap antimafia.
L’hanno cantato tutti insieme prima del dibattito nell’aula bunker, l’hanno gridato con l’autore, il cantante Fabrizio Moro, arrivato a Palermo per partecipare alle manifestazioni organizzate dalla Fondazione Falcone e dal ministero della Pubblica Istruzione, per la prima volta coinvolto nella fase organizzativa delle celebrazioni. La lezione di legalità, tenuta dove nel 1986 si celebrò il primo maxi processo alle cosche, è cominciata con la lettura del saluto inviato ai ragazzi dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che si è detto "convinto che la lotta alla mafia e l’appello a una cultura della legalità abbiano bisogno di un grande movimento di popolo, della mobilitazione della cultura e della scuola".
Sullo scranno dei giudici sono seduti il procuratore di Palermo Francesco Messineo, che definisce "eroi e non solo vittime" Falcone e Borsellino, Amato, Fioroni, Marini, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato. Tutto intorno striscioni e disegni che invitano ’a non dimenticare’. Un invito ripetuto da Grasso. "Paolo e Giovanni ci hanno lasciato un testamento morale di rigore ed equilibrio che non dobbiamo disperdere: vivranno per sempre nei nostri cuori e saranno ricordati ogni anno da chiunque entri in questa aula".
Oltre al dovere della memoria è stata l’importanza della scuola nella formazione dei giovani l’altro tema ricorrente negli interventi dei relatori. Il ministro Fioroni sottolinea l’esigenza di "dare agli studenti una società nella quale siano stati abbattuti i monopoli e i privilegi, affinché possano farsi spazio nella vita per i loro meriti e per quello che hanno imparato"; Amato, protagonista di un vivace scambio di idee con uno studente, indica tra i doveri dello Stato quello di dare ai ragazzi una preparazione scolastica all’altezza delle sfide del futuro.
Ai giovani, vittime di un precariato che "sempre più spesso va oltre i limiti della fisiologia", si rivolge Marini che definisce la mafia in contrasto con i valori repubblicani e invita gli studenti ad amare le istituzioni. Alle 17:58, ora della strage, un agente della polizia suona il Silenzio; vengono ricordati i nomi delle vittime dell’eccidio: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro, gli agenti della scorta morti nella strage. Poi i "ragazzi dell’antimafia" tornano sulla nave della legalità; negli occhi hanno ancora le immagini di una giornata indimenticabile e di una terra che "un giorno - come profetizzò Paolo Borsellino - diventerà bellissima...".
* ANSA» 2007-05-23 22:38