In visita a Genova il capo dello Stato ribadisce la centralità dell’occupazione. L’incontro con il cardinal Bertone e i richiami al predecessore Ciampi
Napolitano: "Il lavoro è un problema e un dovere costituzionale" *
GENOVA - Il presidente della Repubblica durante la sua visita a Genova torna a parlare di lavoro e sicurezza. "Il lavoro rimane un punto di riferimento, un problema, e un dovere costituzionale", ha detto Giorgio Napolitano lasciando Palazzo Ducale dove ha visitato la mostra sul lavoro nelle arti, organizzata nel centenario della Cgil. La mostra, sottolinea Napolitano, è ’’una magnifica combinazione e sintesi di arte e lavoro’’ e rappresenta ’’la testimonianza dell’evolversi delle condizioni del mercato del lavoro. Non solo con la pittura ma attraverso fotografie e altro’’.
Il capo dello Stato è stato accolto dai cittadini con grande affetto, cosa che rivela una continuità con il suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, del quale Napolitano ha parlato dopo la visita al museo del Risorgimento: "La memoria storica di Giuseppe Mazzini è rivissuta per merito del presidente Ciampi, che ha anche rilanciato l’inno di Mameli: prima non lo cantava quasi nessuno, ora lo cantano più o meno tutti".
In precedenza, la visita di Napolitano a Genova era cominciata con l’incontro con il cardinale Tarcisio Bertone, che dal 15 settembre sarà il nuovo segretario di Stato vaticano. Il prelato ha dichiarato: "Ho incontrato Giorgio Napolitano nel mio incarico da vescovo di Genova ci siamo dati appuntamento a Roma’’. Bertone ha detto inoltre: ’’ci siamo detti tante cose belle. E’ un uomo di speranza’’.
"L’incontro con il cardinal Bertone è andato benissimo’’, ha detto per parte sua Napolitano e quando i giornalisti gli hanno fatto notare che il vescovo di Genova lo ha definito un ’uomo di speranza’ ha detto: ’’Sarà forse perché abbiamo parlato dell’impressione che ho avuto a Napoli di un certo moto di speranza". "Naturalmente - ha aggiunto Napolitano - occorrono poi i fatti per corrispondere alla speranza’’. (30 giugno 2006)
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WWW.REPUBBLICA.IT, 30.06.2006
ANSA» 2008-04-28 18:33
INCIDENTI LAVORO: 1.260 MORTI, UN TERZO RISPETTO A 50 ANNI FA
Circa 1.260 morti e poco più di 900 mila incidenti: sono i dati, ancora terrificanti, degli infortuni sul lavoro nel 2007, anno che segna una lieve contrazione sull’anno precedente sia per le cosiddette morti bianche sia per gli incidenti.
Li ha diffusi l’Inail in occasione della giornata mondiale e in vista delle celebrazioni dell’1 maggio che quest’anno saranno dedicate a ricordare le vittime degli incidenti sul lavoro. Una piaga, questa, che ha anche un rilevante costo sociale: quasi 45,5 miliardi di euro, il 3,21% del Pil. Nonostante i lutti che ancora funestano il mondo del lavoro, tuttavia, la situazione nel lungo periodo è molto migliorata. Negli anni del boom economico, successivi alla fine della seconda guerra, morire di lavoro era ancora più facile, tanto che oggi le morti bianche sono un terzo rispetto a quelle di 50 anni fa. Nel 1956 - ha infatti ricostruito l’Inail - i morti del lavoro erano 3.900, tre volte tanto quelli di oggi e, addirittura, il picco degli infortuni mortali si è avuto nel 1963, quando morirono ben 4.644 persone. Nonostante l’alto numero assoluto di morti, infine, un dato conforta: in Italia le aziende dell’industria e dei servizi che non hanno denunciato nessun infortunio nel corso del 2006 sono il 92,4% del totale di 3.745.224. In altre parole, le aziende dove si è verificato almeno un incidente sono il 7,6% (280 mila) del totale nazionale e appena lo 0,48% (circa 18 mila) quelle che hanno registrato 5 o più infortuni.
ITALIA MAGLIA NERA UE 15 PER MORTI E STRESS
Italia fanalino di coda nell’Ue a 15, in materia di sicurezza sul lavoro. Secondo l’Osservatorio per le politiche sociali in Europa di Inca Cgil di Bruxelles infatti, nel 2005 nel nostro Paese si sono registrate ben 918 morti sul lavoro, cioé quasi 1/4 del totale di incidenti mortali registrati nell’Unione, che ammonta a 4.011. Il Belpaese é inoltre la Stato dell’Unione in cui si registra il maggior numero di stressati da lavoro: ben il 27% del totale, contro una media europea del 22%. I dati - i più ’freschi’ in quanto a comparabilità con quelli degli altri Paesi comunitari e resi noti in occasione della ’Giornata Mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro’ - vanno accompagnati con quello più generale degli infortuni, che vede il nostro Paese al quarto posto di questa classifica in negativo, con 564.166 casi, preceduto da Germania (913.902), Spagna (780.433) e Francia (685.856). "Ogni anno - sottolinea l’Inca - nel mondo circa 2,2 milioni di lavoratori muoiono per causa di incidenti e malattie legate al lavoro, circa 270 milioni restano vittime di incidenti di lavoro non mortali e 160 milioni di malattie professionali". Per quanto riguarda l’Ue - prosegue - "certamente molto si è fatto negli ultimi anni. Tuttavia, ogni anno soltanto nell’Europa dei 15 si contano ancora 4 milioni di infortuni e oltre 4 mila morti per incidenti sul lavoro. Le categorie maggiormente colpite sono i precari, i lavoratori più anziani e i migranti. Anche in Italia il fenomeno è in costante diminuzione da un anno all’altro, ma una morte per incidenti su 4 nell’Europa dei 15 avviene ancora nel nostro Paese". Oltre che ’maglia nera’ sul fronte delle morti sul lavoro, all’Italia va anche il primato di ’culla’ dei lavoratori più stressati. Come sottolinea l’Inca, infatti, in tutto il Vecchio Continente appaiono in forte aumento i rischi psicosociali che nascono sul luogo di lavoro. "Lo stress da lavoro - si sottolinea - risulta infatti essere il secondo problema sanitario legato all’attività lavorativa in Europa, un problema che colpisce il 22% dei lavoratori Ue (27% in Italia) e il numero di persone che lamentano situazioni di disagio provocate dallo stress o aggravate dal lavoro è destinato ad aumentare nel tempo". Fra le cause dello stress da lavoro la precarietà contrattuale, l’intensificazione dell’attività, le elevate pressioni emotive, il pericolo mobbing o la scarsa considerazione dell’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Morti bianche, passa il decreto Prodi: diritto al lavoro sicuro
Montezemolo: ultimo atto della sinistra *
Il decreto è passato. Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto di attuazione della legge delega 123 dell’agosto scorso, che regolamenta la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il provvedimento passerà ora alle commissioni parlamentari e alla conferenza Stato-Regioni e tornerà poi in Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva.
«L’ultimo atto di una sinistra anti-industriale e demagogica». A parlare è il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. E l’atto in questione è proprio il testo unico sulla sicurezza. Nonostante i tre morti al giorno che in media cadono sui luoghi di lavoro per la carenza di misure di sicurezza, perché si ha furia di risparmiare, per il presidente degli industriali «bisogna uscire da questo clima nel quale si sta facendo largo e non si capisce perché con questa urgenza, un inasprimento delle sanzioni che poco o nulla hanno a che vedere con politiche attive, di prevenzione e di formazione».
A Confindustria risponde direttamente il presidente del Consiglio Romano Prodi: il decreto, ha spiegato, «non ha intenti punitivi, non mette nel mirino le imprese, ma mette al centro la tutela della persona e il diritto al lavoro sicuro». E le polemiche? «Sollevare contrapposizioni - taglia corto Prodi - è un’offesa nei confronti dei lavoratori».
L’intesa sembrava vicina, o quantomeno il ministro del Lavoro Cesare Damiano la auspicava: il sistema di sanzioni è «estremamente calibrato rispetto alle violazioni», spiegava, e l’auspicio era che «le parti sociali apprezzino l’impegno profuso dal governo per definire questa delega con un lungo lavoro di concertazione».
D’altronde, qualche mediazione c’è già stata: nel decreto legislativo non è più solo l’arresto nei casi di violazioni più gravi ma, se l’imprenditore si mette in regola, dovrà solo pagare una multa da 8 mila a 24 mila euro. «È un incentivo per la prevenzione e per emendare la propria condotta», spiega il ministro della Giustizia Luigi Scotti. «L’arresto - chiarisce - è previsto solo per i casi più gravi, ossia per inadempimenti nella relazione sui rischi dell’attività imprenditoriale nei settori più pericolosi, con sostanze infiammabili o inquinanti».
Ma Confindustria grida battaglia: «Il provvedimento - riflette Montezemolo - punta tutto e solo su un inasprimento delle sanzioni, senza niente di attivo, nuovo, come supporto alla formazione e prevenzione, unica strada per ridurre davvero i rischi. L’impianto - prosegue - è tutto spostato sulle sanzioni, non c’è chiarezza sulle regole. Così si fa demagogia».
In realtà, spiegano i sottosegretari al Lavoro, Antonio Montagnino, e alla Salute, Gian Paolo Patta, nel testo appena approvato dal governo, si garantiscono «una più adeguata prevenzione, un potenziamento della formazione, un coordinamento della vigilanza, maggiore sostegno alle imprese per mettersi in regola, il potenziamento del ruolo dei rappresentanti per la sicurezza». E le sanzioni sono «concepite come ultima ratio, assolutamente equilibrate, che non rispondono affatto ad alcun intento punitivo». Concorda il ministro Damiano, secondo il quale le sanzioni «si muovono da una logica semplice: la proporzionalità alla violazione».
* l’Unità, Pubblicato il: 06.03.08, Modificato il: 06.03.08 alle ore 19.31
Nel 2006 i morti sono stati 1.302, il 2,2% in più rispetto all’anno precedente
Infortuni, Napolitano: ’’Mantenere attenzione e impegno costanti’’
Messaggio del presidente della Repubblica in occasione della 57sima Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro: ’’Un’occasione significativa di riflessione sull’attuale, e ancora drammatico, tema della sicurezza della salute sul lavoro’’
Roma, 14 ott. - (Adnkronos/Ign) - "La Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro, rappresenta un momento di doveroso omaggio ai caduti sul lavoro, di solidarietà nei confronti dei mutilati ed invalidi del lavoro e di vicinanza alle loro famiglie ed alle comunità colpite, ma anche un’occasione significativa di riflessione sull’attuale, e ancora drammatico, tema della sicurezza della salute sul lavoro". Lo scrive il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al presidente dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro, Pietro Mercandelli, in occasione della ’57sima Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoroì.
"Importanti risposte sono già venute e stanno venendo da più parti, né sono mancati primi significativi risultati, ma per contrastare con efficacia gli infortuni sul lavoro occorrono un costante livello di attenzione e un forte impegno civile al fine di diffondere - esorta Napolitano - la più ampia consapevolezza della gravità del fenomeno e di promuovere una comune, operante cultura della sicurezza".
"L’Associazione nazionale Mutilati ed Invalidi sul Lavoro, che celebra da 57 anni la giornata odierna, contribuisce a tale impegno con le numerose iniziative promosse in tante province d’Italia che, oltre a costituire un momento unitario di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, richiamano l’attenzione delle istituzioni su quanto resta da fare per garantire livelli sempre più alti di prevenzione e tutela", conclude il presidente della Repubblica.
La celebrazione più importante della Giornata quest’anno si svolge a Torino, presso il Centro Incontri Regione Piemonte, alla presenza dei massimi referenti istituzionali e delle organizzazioni sindacali alla Giornata. Alle varie celebrazioni presenziano numerosi sindaci, assessori, autorità locali e parlamentari e si mobilitano più di 100.000 infortunati sul lavoro e loro familiari: infatti, oltre alla gravità del fenomeno che non accenna a diminuire e continua a far contare 4 morti al giorno, resta drammatica la condizione delle vittime (infortunati, vedove, orfani e coloro che contraggono malattie professionali) che sono costrette a vivere con risarcimenti inadeguati, assistenza carente e danni psicologici che nessuno riconosce.
I dati Inail confermano che nel 2006 i morti sul lavoro sono stati 1.302, ossia 28 persone in più rispetto all’anno precedente, un aumento del 2,2%. Un fenomeno drammatico che, tra quelli evitabili, è secondo solo agli incidenti stradali e dove un elevato numero di vittime è rappresentato da donne (i primi dati accertati fanno contare 8 decessi al mese nel 2006) e giovani lavoratori tra i 17 e i 34 anni (nel 2006 sono state 8.474 le denunce di infortunio fino a 17 anni e 350.751 tra i 18 e i 34 anni).
Via libera della Camera al disegno di legge delega. Un solo voto contrario
Alcune norme entrano in vigore subito. Tra questi l’obbligo delle spese per la sicurezza
Nuove regole per la sicurezza
Stop alle morti bianche
L’Italia maglia nera in Europa per le vittime nei posti di lavoro: una media di tre morti al giorno *
ROMA - Nuove regole sulla sicurezza nei posti di lavoro. Prima della pausa estiva la Camera dei Deputati riesce ad approvare in via definitiva il disegno di legge di delega al governo per un testo unico sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. I voti favorevoli sono stati 284; 210 gli astenuti. Un solo contrario.
Accanto ai princìpi di delega, il disegno di legge introduce una serie di norme di immediata attuazione. Si prevede, in primo luogo, la modifica del sistema degli appalti pubblici al ribasso; l’indicazione dei costi per la sicurezza deve essere espressamente indicata nei bandi di gara; le sanzioni che devono pagare gli imprenditori devono andare ad interventi di prevenzione.
Il costo relativo alla sicurezza non può essere oggetto di ribasso d’asta. Sul fronte della lotta al lavoro nero, il testo prevede l’estensione della legge Bersani non solo ai cantieri edili, ma a tutte le attività produttive, ovvero la sospensione dell’attività dell’azienda se occupa il 20% di irregolari rispetto al totale dei lavoratori, insieme all’impossibilità di partecipare a gare pubbliche.
I lavoratori di imprese in appalto o subappalto, poi, devono indossare una tessera di riconoscimento con le generalità proprie e del datore di lavoro. Il provvedimento, inoltre, introduce un credito di imposta (nella misura massima del 50%) per far partecipare i lavoratori a programmi di formazione, ma solo in via sperimentale per il biennio 2008-2009. A disposizione, per questo, un massimo di 20 milioni di euro l’anno.
Da quanto si apprende da fonti interne al Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avrebbe valutato positivamente le misure approvate dalla Camera. Il Capo dello Stato avrebbe inoltre considerato il clima non conflittuale in in cui si è svolto il dibattito come un segno di grande sensibilità e consapevolezza della gravità del fenomeno degli infortuni sul lavoro.
L’Italia ha un record molto infelice di una media di circa quattro morti al giorno per incidenti sui posti di lavoro.
* la Repubblica, 1 agosto 2007
Il capo dello Stato invia un video messaggio alla conferenza in corso a Napoli. Stigmatizzata la mancanza di garanzie per i lavoratori
Napolitano contro il precariato, "Causa principale delle morti bianche"
"Non bastano più le denunce indignate. Occorrono misure efficaci" *
ROMA - La precarietà e la mancanza di garanzie dei lavoratori "sono in effetti le cause principali dell’abnorme frequenza e gravità degli incidenti, anche mortali, sul lavoro". Lo dice il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un video-messaggio inviato alla seconda Conferenza Nazionale su Salute e sicurezza sul lavoro, che si è aperta oggi a Napoli.
Nel messaggio il presidente punta l’indice sul lavoro nero ("così diffuso nel Mezzogiorno"), minorile e degli immigrati. Proprio ieri l’Anmil aveva fornito i dati dei primi 9 mesi dell’anno: 1141 vittime di incidenti mortali e sempre grave la casistica delle malattie professionali con altre centinaia di decessi, molti riconducibili all’amianto.
"Non ci si può limitare alla denuncia commossa e indignata", aggiunge Napolitano sollecitando ad "adottare misure realmente efficaci": quelle previste nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" inserito nel Decreto per il rilancio economico, approvato lo scorso luglio, e quelle del Testo unico sulla salute e sulla sicurezza del lavoro e del nuovo Codice degli appalti. "Spero che vedano presto la luce", auspica constatando la "fruttuosa collaborazione fra maggioranza e opposizione" che si è delineata su questi temi e ha portato all’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni.
Altrettanto importanti sono però, sottolinea il capo dello Stato, "i controlli da compiere sistematicamente sull’osservanza delle leggi e di tutte le misure di garanzia".
In questo campo, fa osservare, non siamo all’anno zero: "in questi mesi si sono dati dei buoni esempi, e si è deciso anche un primo adeguamento delle risorse di personale necessarie per i controlli".
Napolitano ritiene di rivolgere un appello anche alla società civile e ai giornali: "si elevi il livello di attenzione, anche sui mezzi di informazione, per questi fatti e e questi problemi, si elevi il livello di comune sensibilità sociale e civile".
L’intervento del capo dello Stato non giunge inatteso. Come ricorda egli stesso nel messaggio, fin dal giorno del suo insediamento ha invitato a guardare con più attenzione "al valore del lavoro, come base della Repubblica democratica", e a fare di più per tutelare la sicurezza sui posti di lavoro. Le morti e gli incidenti sul lavoro, conclude, costituiscono "una piaga", ma questo "non è un prezzo inevitabile da pagare, come in qualsiasi altro grande Paese con milioni di occupati".
* la Repubblica, 25-01-2007.
ANCORA MORTI BIANCHE NEI CANTIERI
AVELLINO - Altre morti bianche nei cantieri. Due operai morti ed un terzo rimasto ferito: è il bilancio di un incidente sul lavoro che si è verificato a sant’Angelo a l’Esca, piccolo centro a 40 chilometri da Avellino.
Secondo quanto si è appreso gli operai stavano lavorando alla ristrutturazione di uno stabile quando, per cause imprecisate, si è verificata l’esplosione di una bombola di gas utilizzata, sembra, per eseguire saldature. Un terzo operaio è rimasto ferito. Sul posto vi sono ambulanze ed i carabinieri.
ANSA » 2006-11-29 14:57
Guerra di cifre sulle tragedie nei cantieri. L’Inail: casi in calo. I sindacati: statistiche solo sul lavoro regolare, strage sommersa
Cento operai morti ogni mese. "Più vittime qui che a Bagdad"
Se la vittima è un immigrato, non arriva neanche in ospedale e se anche ci arriva non risulta che stesse lavorando
di ATTILIO BOLZONI *
IN TUTTO il mondo, ogni anno ne muoiono più che in guerra. E in Italia più dei marines a Bagdad. Da tre a quattro al giorno. Se ne vanno in silenzio, nell’indifferenza. Se poi sono rumeni o moldavi o magrebini, a volte non fanno neanche statistica. Li raccolgono come sacchi e li buttano. Da Milano a Palermo i caduti sul lavoro dal 2001 sono stati più di 7 mila, gli incidenti quasi 5 milioni.
E’ quando comincia la settimana che il rischio è estremo, il lunedì. Verso le dieci del mattino nei campi, poco prima dell’ora di pranzo nei cantieri edili.
E’ una strage che non finisce mai. Al Sud, a Roma, in Veneto e in Lombardia e in Emilia Romagna, regioni che hanno il primato delle tragedie conosciute e legalmente riconosciute. Poi ci sono le altre, le tragedie fantasma. Gli immigrati che spariscono all’improvviso, che volano giù da un’impalcatura e vengono abbandonati in una discarica oppure li lasciano lì, in agonia sotto le macerie. E’ accaduto nemmeno due mesi fa davanti al mare di Licata, in provincia di Agrigento.
Sono in spaventoso aumento, secondo sindacati e organizzazioni onlus. E soprattutto per l’Associazione nazionale mutilati e invalidi sul lavoro. Sono in calo, secondo l’Inail. Nei primi tre mesi del 2006 l’istituto per le assicurazioni contro gli infortuni ha certificato che gli incidenti sono stati settemila in più rispetto all’anno scorso. A fine marzo erano già 222 mila. Ma a ottobre sarebbero scesi del 9 per cento. I dati dell’Inail parlano di "un risparmio di vite" nel quinquennio precedente, i suoi rapporti più recenti sostengono che ogni annata va sempre meglio di quella prima e che dal 2000 c’è "una tendenza complessiva al ribasso". Dati e valutazioni contestatissimi. È la "guerra dei numeri" su quei morti.
Tanti sono ragazzini. Bambini anche. Soltanto nel 2005, in Italia, sono stati 8.530 quelli che non avevano ancora 17 anni e sono rimasti vittime di una "disgrazia" sul lavoro. Dalla perdita della falange di un dito della mano sinistra all’infermità totale. La falange di un dito vale 3 mila euro l’anno di "rendita", 250 al mese. Nel linguaggio burocratico dell’Inail l’indennizzo ha proprio quel brutto nome: rendita.
I numeri raccontano tanto ma non raccontano tutto. "E noi quelli dell’Inail li critichiamo sempre perché ci lasciano stupiti, sono fluttuanti, disomogenei", accusa Sandro Giovannelli, il direttore dell’Anmil, l’Associazione mutilati e invalidi sul lavoro. Spiega: "Non ci importa di segnalare se c’è una vittima in più o in meno, sono comunque sempre tante, troppe. E non giustificano mai i toni così ottimistici dell’Inail". I dati che diffonde l’Inail non possono essere considerati "consolidati" se non passa almeno qualche mese, è questa una delle ragioni della distanza fra i suoi numeri e quelli di tutti gli altri. Una divergenza che accende furiose polemiche, anno dopo anno e report dopo report.
Per scoprire come si contano i morti e come si sfornano tabelle e grafici e si azzardano persino previsioni, venerdì scorso siamo andati in via Morgagni negli uffici della Fillea, il sindacato degli edili della Cgil. Abbiamo incrociato i dati da fonti diverse. E’ stata una prova rivelatrice per il riscontro dell’andamento degli infortuni in Italia, dei processi di stima e della loro attendibilità.
Secondo l’Inail, nei primi sei mesi di quest’anno, gli incidenti sul lavoro nel settore delle costruzioni hanno subito una flessione dell’0,8 per cento. Ma alla Fillea, dove quotidianamente raccolgono le segnalazioni e le denunce di tutte le sciagure nei cantieri, al 15 novembre avevano registrato 228 incidenti mortali, 47 in più dello stesso periodo dell’anno precedente e già 37 in più di tutto il 2005. Da un meno 0,8 per cento dell’Inail a un più 26 per cento della Fillea Cgil. Due verità, due Italie.
"Quello che ci preoccupa è che le statistiche fotografano solo il lavoro regolare, quella vastissima area di sommerso nelle costruzioni arriva a punte del 50 per cento e sfugge a qualsiasi controllo", denuncia Franco Martini, il segretario generale degli edili. Uno su cinque dei 191 edili ammazzati sul lavoro nel 2005 era immigrato, i lavoratori stranieri morti quest’anno nei cantieri sono già quasi il doppio, 52. E due erano minorenni. In testa alla luttuosa classifica del settore delle costruzioni c’è la Lombardia, subito dopo il Lazio. Le cause più frequenti di morte: caduta dall’alto; travolto da gru o ruspa; crollo di una struttura; colpiti da materiale, ribaltamento di mezzo; folgorato.
Dossier e contro dossier. L’ultimo è dell’Associazione mutilati e invalidi sul lavoro: nei primi sei mesi dell’anno 583 gli incidenti mortali. "La situazione è drammatica", dice ancora il direttore dell’Anmil Sandro Giovannelli. E aggiunge: "La tutela degli infortunati è diminuita, le aziende pagano troppo e i lavoratori ricevono poco. Nel 2000, in verità, il governo di centrosinistra aveva avviato una campagna per la sicurezza sul lavoro, però poi con Berlusconi si è fermato tutto". E attacca il presidente dell’Anmil Pietro Mercandelli, che da ragazzino faceva l’idraulico e a 18 anni ha perso una parte di gamba: "E’ un’ecatombe quotidiana, ci vogliono più controlli, i costi delle sicurezza non possono essere considerati costi aggiuntivi e l’Inail continua incredibilmente a ridurre il fenomeno".
Uno sterminio con morti invisibili. C’era stato il grido di dolore del presidente Giorgio Napolitano a fine giugno, quando un ragazzo messinese se n’era andato mentre stava tirando su i piloni dell’autostrada per Siracusa. Ai funerali di Antonio Veneziano c’era la corona di fiori del Quirinale, c’era un deputato della Regione siciliana che prima faceva il sindacalista e poi in chiesa solo panche vuote. Né un consigliere comunale, un rappresentante del governo, uno della Provincia. Ed era italiano Antonio.
"Degli altri spesso non sappiamo nulla, spesso non arrivano nemmeno in ospedale e quando ci arrivano non risultano vittime di incidenti sul lavoro", racconta Gino Rotella, responsabile del dipartimento del mercato del lavoro e immigrazione della Flai Cgil. Svela il sindacalista: "C’è un mondo parallelo e anche un sistema sanitario parallelo per quei disgraziati".
Chi si fa male sul lavoro ed è un irregolare, se gli va bene viene portato in un ambulatorio clandestino. Ogni gruppo etnico ha i suoi ospedali volanti e i suoi medici. E’ l’altra Italia, quella che nelle tabelle non compare mai. L’Italia della vergogna. Come quella dei morti di amianto. Come quella dei morti degli stabilimenti petrolchimici.
Chi lo sa quanti sono stati e quanti sono ancora i casi di tumore in quelle 13 aree a rischio ambientale, che vanno da Porto Marghera fino a Marina di Melilli? E quante sono le industrie killer che buttano sempre i loro fumi e i loro veleni? Si fa calcolo con certezza solo per quei cadaveri ancora caldi, il lunedì mattina, il giorno più carogna sul lavoro.
* la Repubblica, 21 novembre 2006
Il capo dello Stato interviene alla Fiera del Levante di Bari. "Bisogna razionalizzare il sistema politico riducendone i costi"
Napolitano scuote il Mezzogiorno "Più lavoro legale e federalismo solidale"
(www.repubblica.it, 14.09.2006)
BARI - Giorgio Napolitano, a Bari per una visita di due giorni in Puglia che domani lo porterà a Lecce, incoraggia il Mezzogiorno a battere la strade dell’innalzamento dei livelli di occupazione con "più lavoro e più lavoro legale e garantito contro fenomeni di spaventosa regressione che calpestano i diritti e mettono in pericolo la vita dei lavoratori".
Parlando alla Fiera del Levante, dove ha incontrato le autorità regionali, il presidente della Repubblica ha auspicato anche larghe intese politiche per l’attuazione di un federalismo solidale. "Si tratta di una necessità più che mai corrispondente all’interesse complessivo del paese - ha proseguito il capo dello Stato - che potrebbe ricevere solo danno da una disputa divisiva tra le regioni, da una distorsione del modello che ne prevede la responsabile e virtuosa competizione e non la negazione di principi di equilibrio e solidarietà che garantiscano piena considerazione delle specifiche condizioni e difficoltà del Mezzogiorno".
Secondo Napolitano fa parte "della stessa visione e linea di politica nazionale" un sostegno pubblico alla crescita e alla competitività del Nord e "mettere in valore le risorse, le riserve potenziali del Mezzogiorno". Per questo occorre una "feconda dialettica fra maggioranza e opposizione".
Il capo dello Stato ha affrontato anche il tema dei costi e dell’efficienza del sistema politico osservando che ’’vanno seriamente considerate innegabili esigenze di razionalizzazione e semplificazione, di fronte a duplicazioni e confusioni di responsabilità e di poteri, a moltiplicazioni di istanze decisionali e di enti derivati e quindi di incarichi elettivi e non elettivi retribuiti in modo ingiustificato’’.
Per il presidente della Repubblica, ’’combattere fenomeni di spreco da congestioni istituzionali e in special modo di dilatazione del costo della politica, è parte importante del discorso sull’efficienza dell’azione di governo e amministrativa in particolare nel Mezzogiorno’’.
Prima di recarsi alla Fiera del Levante il presidente della Repubblica aveva incontrato nella prefettura di Bari i familiari di due operai vittime sul lavoro. Giuseppe Parisi e Beniamino Argentina morirono lo scorso 18 agosto all’interno di un oleificio, la Casa Olearia Italiana di Monopoli, a seguito delle esalazioni durante alcuni lavori di manutenzione.
(14 settembre 2006)