Mafiazza

Lettera di Emiliano Morrone a Vincenzo Tiano sopra San Giovanni in Fiore. Tra mafia, difesa civica, tangenti tecniche e abusi, la lotta continua

domenica 2 luglio 2006.
 

Pionieri, martiri, migranti. Vittime. Assistiti, profittatori, vagabondi, mediocri.

Caro Vincenzo,

la nostra San Giovanni in Fiore si potrebbe dividere in due, grosso modo. Al centro, né cogli uni né cogli altri, ci sono le vittime. In fondo, tutti. Praticamente. Proviamo a guardare dall’alto la situazione, come se stessimo facendo una fotografia dal satellite. Il marcio e l’orrore sono sparsi, estesi, come il giallo secco dei campi di grano. Il verde è poco, circondato di mondezza e vie attempate. Questa, poi, è la mappa reale, l’immagine effettiva del nostro comune. Il quale, per qualcuno molto accorto, è paragonabile a Tokyo o New York. Io, comunque, proverei ad allargare l’inquadratura. Tutta la Calabria è una schifezza magistrale. Potenzialmente meravigliosa, impareggiabile, indescrivibile, poetica, capace di ascesi e trascendenza. Potenzialmente. Di fatto, è un covo di serpi, di striscianti, di incapaci, raccomandati, raccomandanti e mandanti. Sorgente di mafia libera e istiuzionalizzata, istituzionalizzante. Mafia, mafia, mafia: regole a piacimento, organi democratici pervertiti dal vizietto dell’omicidio, della tragedia di sangue, dell’organizzazione a delinquere. Inquirenti immobili, spiazzati, squattrinati, mandati in guerra senza cortei compositi a loro difesa. Stato che non c’è, icone televisive, giovani illusi, governatori collusi, voltagabbana, furbi e assassini autorizzati. Più o meno, questa è, se vi pare, la nostra regione. La terra di Campanella, Telesio, Gioacchino da Fiore, Pitagora, Preti, Rotella, Alvaro, Dulbecco, Versace, Bencivenga e noi due, Vincenzo. Questa è la Calabria. A ogni elezione si promette una, si dice, "ripartenza". Dopo, non succede che la solita spartizione di cariche, incarichi e malloppi. E non c’è da fare: è il gioco democratico, quello per cui i borghesi e gli acuti intellettuali calabri non prendono posizione. Necessaria è, infatti, una giusta composizione delle forze e dei poteri esistenti, una mediazione mediata, una pacifica e serena sintesi di niente. Perché non v’è nulla di più sintetizzabile e sintetico del niente. Su questa base, quindi, si arriva al niente. Statu quo perenne: ecco, che cosa è la Calabria e San Giovanni in Fiore, capoluogo dell’assenteismo e della degenerazione morale. Con buona pace dei porporati, che invece dovrebbero redarguire, ammonire e, se necessario, scomunicare. L’istituto della scomunica, però, c’è solo per chi parla, chi non accetta, chi non si piega. Dunque, consideriamoci degli allontanati, se non altro. So che, a San Giovanni in Fiore, il 6 luglio si discuterà in consiglio del Difensore civico comunale, per iniziativa di Marco Militerno, di "Vattimo per la città". Facile prevedere come andrà a finire. Ecco due ipotesi verosimili. Uno, si rinvierà la seduta, in considerazione della finale mondiale che potrebbe riguardare l’Italia. Due, si dirà che non ci sono soldi per sostenere l’ufficio e che bisogna aspettare l’imminente e incerto arrivo di Godot. In ogni caso, si brinderà al funzionamento del congelatore comunale, che non ha mai dato alcun segno di cedimento. Accogliendo la tua provocazione, Vincenzo, secondo me dobbiamo costruire qualche casa abusiva, magari in mezzo alla statale tra Montoliveto e San Bernardo. Potremmo appropiarci di tanto suolo pubblico, come qualche grasso potenticchio ha fatto in città. Potremmo sempre rivolgerci a qualche capobanda, per farci proteggere in caso di minaccia di demolizione. E potremmo perfino farci dare la licenza dall’Ufficio tecnico, magari sborsando qualche sommetta. Qualcosina, dai, bisogna pur pagarla. Ricorda: do ut des.

Con la stima e l’amicizia di sempre,

Emiliano Morrone

Lettera di Vincenzo Tiano, clicca qui


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