Turco contro Binetti: «La legge 194 va bene così» *
Contro la legge 194, arriva anche la benedizione di Paola Binetti. La senatrice teo-dem che siede nelle file del Pd, interviene, nemmeno troppo a sorpresa, nel dibattito sulla revisione della legge sull’aborto. E si dice pronta a votare con Forza Italia: «Sulla salvaguardia della vita - ha spiegato - non valgono logiche di schieramento o posizioni di partito». E così la Binetti per difendere «la dignità della persona e il valore sacro della vita» è disposta a sedersi a fianco della battaglia lanciata da quello che dovrebbe essere, se non un suo acerrimo avversario, almeno uno con le idee diverse dalle sue, Giuliano Ferrara. Ma la sua posizione viene sconfessata in serata da Enzo Carra, altro teodem del Pd.
Enzo Carra, a nome del gruppo informale dei teodem, infatti dice no alla mozione sull’aborto proposta dal coordinatore di Forza Italia Bondi, ma chiede che ci sia una «verifica» sull’applicazione della legge 194. «L’intervento di Ruini - dice il portavoce dei teodem interpellato sull’argomento - dimostra che si deve passare a una verifica della legge 194 pensando a una sua migliore applicazione. Del resto , in passato, sia la Turco sia la Bindi avevano indicato le strade per migliorare la legge. Perchè di questo si tratta: migliorare l’applicazione pratica della 194, non certo abolirla».
Ma le ministre del centrosinistra non ci stanno, temono che, visto lo spirito iniziale della richiesta di verifica, altro non sia che un Cavallo di Troia. La legge 194 «inapplicata? No, è applicatissima. Ridiscutere dell’aborto? Dibattito pubblico sì, ma nessuna modifica della legge 194». Così risponde il ministro della Salute Livia Turco. Mentre Barbara Pollastrini, ministra per i Diritti e le Pari Opportunità si dice decisamente contraria a qualsiasi revisione della legge 194 «e a ogni volontà strumentale di colpire autonomia e responsabilità delle donne». «La legge 194 - fa notare -è una legge equilibrata e apprezzata anche oltre i nostri confini».
Anche la Turco fa del resto notare che la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza ha fatto sì che dal 1982 ad oggi gli aborti si siano praticamente dimezzati riducendosi del 45% e sia stato cancellato l’aborto clandestino e la conseguente altissima mortalità materna. «Una legge - ricorda il ministro - che ha come suo primario obiettivo quello della tutela sociale della maternità e della prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari. Un obiettivo che intendiamo ulteriormente perseguire nell’ambito delle politiche di tutela della salute delle donne, per le quali - conclude - abbiamo già vincolato 10 milioni di euro nel Fondo sanitario 2007 e stanziato specifici fondi nell’ambito degli interventi per la riorganizzazione dei consultori previsti dalla precedente Finanziaria d’intesa con il ministero della Famiglia».
È stato il direttore de Il Foglio all’indomani dell’approvazione della moratoria Onu sulla pena di morte a lanciare dalle colonne del suo giornale l’idea di una moratoria sull’aborto che, a quanto pare, per lui si equivale alla pena capitale. Da lì era partita una campagna, con tanto di sciopero della fame, che il primo giorno dell’anno è stata ripresa dal cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. La legge 194 va «aggiornata», perché «diventa veramente inammissibile procedere all’aborto ad una età del feto nella quale egli potrebbe vivere anche da solo».
A raccogliere politicamente le proposte del giornalista e del cardinale, è stato subito Sandro Bondi, coordinatore nazionale di Forza Italia. Bondi ha annunciato di aver presentato una mozione parlamentare per la revisione delle linee guida della legge, «sulla base della necessità di tenere conto delle nuove possibilità tecnologiche che rischiano di inficiarne i principi ispiratori». Gli fa eco la Binetti: «Nel Pd e in Parlamento - rivela - siamo in più di quanti si creda a ritenere indispensabile la rivisitazione della legge 194».
Contraria alla "rivisitazione", Marina Sereni, vice capogruppo del Pd alla Camera. «La legge 194 è stata un’ottima legge che ha contribuito a sconfiggere l’aborto clandestino e a dare alle donne tutele e aiuti per una maternità consapevole. Mi auguro - ha aggiunto - che l’iniziativa a titolo personale dell’onorevole Bondi, che sa tanto di speculazione politica, resti assolutamente tale». E con lei tutta una serie di associazioni e parlamentari della sinistra dell’Unione. Mentre la capogruppo del Pdci al Senato Manuela Palermi chiede a Veltroni, segretario del Pd, provvedimenti di censura per la senatrice Binetti.
* l’Unità, Pubblicato il: 02.01.08, Modificato il: 03.01.08 alle ore 12.53
* Le Vignette di Maramotti - l’Unità, 04 gennaio 2008
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Mostra Venezia, Bonino e il film vincitore: “Basta donne umiliate: difendiamo la 194”
La leader radicale ha visto “L’événement” e rivive il suo viaggio alla conquista del diritto di scegliere se avere un figlio oppure no
di Giovanna Casadio (la Repubblica, 12 Settembre 2021)
È quando Anne chiede all’amica "fa male?" e quella risponde "sì, è una lotteria, devi sperare che all’ospedale dicano poi che è stato aborto spontaneo", è proprio a quel punto che Emma Bonino mette il film L’événement, la cui anteprima le è stata inviata , in pausa. Esce sulla terrazza della sua casa sui tetti di Roma e va a prendere una boccata d’aria.
Dice: "Sono colpita da questo bellissimo film, soprattutto dalla solitudine di Anne, di questa giovane studentessa che non vuole rinunciare ai suoi progetti nella Francia antiabortista degli Anni Sessanta. Ma non meravigliata, perché ho un ricordo nitido del periodo in cui accompagnavo le donne che volevano abortire in treno a Firenze dal dottor Giorgio Conciani.
C’erano le ragazze di buona famiglia terrorizzate, c’era la popolana romana che non era alla prima esperienza e c’era la studentessa che non l’aveva detto a nessuno e doveva tornare a casa in serata. Nessuna conosceva le altre, ma dopo poco era un profluvio di confidenze. La legge "194", che ha messo fine all’umiliazione, alla vergogna e alla paura dell’aborto clandestino, ha carenze, ma non svuotiamola e possibilmente miglioriamola". Raccomanda la storica leader radicale.
Svuotare la "194" significa consentire che 7 ginecologi su dieci in media in Italia siano obiettori di coscienza, che i consultori continuino ad essere sottodimensionati e che ora alcuni occhieggino al Texas e alla sua legge in cui si impedisce l’aborto dopo la sesta settimana ascoltando il battito del cuore del feto.
Il film che la regista Audrey Diwan ha tratto, con Marcia Romano, dal libro autobiografico di Annie Ernaux ha appena vinto il Leone d’oro alla 78esima Mostra del cinema di Venezia. Scorre sul computer di Bonino fino al momento in cui Anne si reca per abortire da una "mammana", che la rassicura: "Sentirai la bacchetta, ti ci abituerai". Altro stop alle immagini.
Racconta Bonino: "La mia militanza politica è cominciata così, con Adele Faccio nella battaglia contro l’aborto clandestino, le mammane, i cucchiai d’oro. Nel 1974 fu il mio aborto clandestino l’episodio scatenante. Rammento la sofferenza e l’umiliazione soprattutto, l’umiliazione è stata indelebile. Promisi: mai nessuna più, mai nessuna. Nel 1975 venni arrestata all’uscita del seggio per le amministrative a Brà, il mio paese. Era giugno, l’aria era profumata. Io uscii facendo il segno della vagina. Mi portarono nel carcere di Firenze".
C’erano i medici su cui i radicali sapevano di poter contare e il metodo dell’aspirazione. Anne del film va da un medico a cui chiede aiuto, che le risponde : "La legge è inflessibile". È aprile, terza settimana. Cerca un altro medico: "Mi aiuti". Riceve una prescrizione di estradiolo, estrogeno che rafforza il feto. È la quarta settimana. In un crescendo di tensione, ecco il tentativo di abortire da sola con un ferro da calza. Poi la mammana. "È costosa?", chiede Anne. "400 franchi": è la risposta.
Emma Bonino commenta: "Così era. E ripeto sempre che i diritti civili sono diritti sociali: chi ha soldi può permettersi tutto. Nel nostro Paese non è mai il momento per i diritti, non solo la destra, ma anche la sinistra ritiene che ci sia sempre qualcosa di più importante, che non sia mai il tempo giusto. Invece lo è: adesso. Dal Texas all’Ungheria la sfida è mondiale. I movimenti "pro life" esistono anche qui, ma li abbiamo battuti. Non sono io che ho inventato l’aborto, l’aborto era lì, clandestino, pericoloso, semmai noi abbiamo lottato perché questa vergogna di umiliazione non toccasse più le donne italiane. Bisogna stare all’erta, però. Per difendere quanto abbiamo ottenuto e per ottenere quello che non abbiamo, l’aborto farmacologico ad esempio".
Altro stop al film, Bonino si accende una sigaretta. Riferisce del gruppo di odiatori seriali che la attacca in rete da tempo e che la accusa degli aborti che avvengono. "Non capiscono che noi abbiamo cercato di porre un argine al rischio, al pericolo per le donne con l’interruzione di gravidanza legale, con la "194". Io non ho mai pensato che l’aborto in sé fosse un diritto civile, ma scegliere se, quando e come diventare madri, lo è. È chiaro che la contraccezione è ciò su cui puntare".
Anne del film, tornando sui banchi di scuola si giustifica col professore: "Ho avuto la malattia che prende solo le donne, trasformandole in casalinghe". In Italia non permettere agguati alla "194" - che, dopo 43 anni, ha consentito una costante decrescita del numero degli aborti - è importante. L’ultimo dato della relazione del ministero della Salute risale al 2018 e stima in 76.328 le interruzioni di gravidanza. Per dare un ordine di grandezza, nel 1983 erano 234.801. Tuttavia mettere fuori gioco la legge è facile: basta renderla inapplicata.
È partita una campagna - Liberadiabortire - coordinata dai Radicali italiani e da Giulia Crivellini con una petizione per la vera applicazione della legge, per evitare che ci siano Regioni in cui le strutture pubbliche non possono funzionare per l’alta percentuale di medici obiettori. Ha già raccolto 27 mila firme.
L’ORDINE SIMBOLICO DI MAMMASANTISSIMA: LA LUNGA MARCIA DI UNA CATASTROFE ANTROPOLOGICA IN CORSO.
Senza riandare indietro nel tempo, cosa che ha già fatto una grande tradizione critica (e da cui poco è stato appreso), ipnotizzati da concetti-specchio come patriarcato e matriarcato, ancora non è stato capito che cosa significa Edipo (Freud), tragedia (Dante, Nietzsche), e rapporto sociale di produzione (Marx). C’è solo da accogliere il film “L’événement” (Audrey Diwan, Leone d’oro, Venezia 2021) come una buona sollecitazione a ripensare questi problemi legati a mammane, mammona, cucchiai d’oro e moloch vari e riprendere il filo da quanto successo (in Europa) almeno (non solo a Granada nel 1492, ma anche) su "quel ramo del lago di Como" nel 1628 in un altro modo e in un’altra direzione. E così, possibilmente, buttare via l’acqua sporca e salvare la memoria di chi ha lottato da sempre per non restare all’inferno e vuole ri-nascere. O no?
DANTE 2021: LA DOMANDA ANTROPOLOGICA DI #KANT (""Che cos’è l’uomo?": "Logica", 1800), IL "FIGLIO DELL’#UOMO": UNA QUESTIONE DI PAROLA (LOGOS, NON LOGO!).
"Ecce #Homo" (gr. «idou ho #anthropos»): "Allora la folla gli rispose: «Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell’uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell’uomo ["Filius hominis", "ὁ υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου]?»"(Gv. 12,34).
MESSAGGIO EVANGELICO E "DUE CRISTIANESIMI": "SEGUITEMI, VI FARO’ #PESCATORI DI UOMINI [piscatores hominun, ἁλιεῖς ἀνθρώπων] come da parola di Gesù (Mt. 4,19) o come da sollecitazione di Paolo di Tarso:"Diventate miei imitatori come io lo sono di Cristo... sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo [lat. vir, gr. ἀνήρ]"(1 Cor. 11, 1-3)?!
11 SETTEMBRE 2011/2021, STORIA, E FILOLOGIA: "ECCE HOMO". Sempre a ripetere le famose parole dell’Ulisse di Dante (Inf. XXVI, 118-120: "Considerate la vostra semenza: /fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e canoscenza"), ma ancora oggi (2021), dopo Dante e dopo Kant, tutta l’Europa e l’intero Pianeta è immerso in un letargo profondissimo! Alla questione antropologica ("Che cos’è l’uomo?": Kant,1800), si continua a rispondere truccando la Parola (il Logos) e a scambiarla (e a esportarla) come un Logo di un’azienda, proprietà di quegli uomini "più uguali degli altri" della orwelliana "Fattoria degli Animali"!
PREISTORIA (DI "VIRTUS" E "VIRUS"). La parola uomo (gr. anthropos, homo) vale solo come uomo-maschio (gr. anér/andròs, lat. vir/viri) e l’antropologia si coniuga solo al maschile, come andrologia: a tutti i livelli, immersi nel regno dell’Homo cosmo-te-andricus - nella "realtà" di una teologia ("Dio"), di una cosmologia ("Mondo") e di una antropologia "andrologica" ("Uomo"), la cosmoteandria del Pianeta Terra...
METANOIA: CAMBIARE MENTE! A che gioco giochiamo? Non è meglio uscire dall’orizzonte della cosmoteandria e dall’inferno (Inf. XXXIV, 90) e riprendere la navigazione nell’oceano celeste (Keplero a Galilei, 1611)?! O che?!
Federico La Sala
Oltre la pillola.
Con le donne contro la clandestinità
di Giancarla Cordignani (Avvenire, martedì 1 settembre 2020)
Gentile direttore,
«Le nuove linee guida, basate sull’evidenza scientifica, prevedono l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana. È un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà del nostro Paese». Ineccepibile: il ministro della Salute consente un aggiornamento della 194, imprevedibile solo da chi ha fatto conto di non capire che, se un farmaco è in grado di prevenire il concepimento, il tipo di procedimento farmacologico era in grado di arrivare a dosaggi tipo ’pillola del giorno dopo’ e pillola abortiva.
E siccome l’aborto chirurgico - tralasciando i risvolti psicologici che non possono mai essere dimenticati - significa pur sempre un intervento sanitario importante che rende ancor più traumatica la decisione della donna, sembra il minimo che le sia risparmiato un aggravio di sofferenza. D’altra parte le proteste dopo l’approvazione del testo ministeriale danno alle donne l’impressione di una volontà punitiva dei ’patriarchi’. Quindi, per una persona come me, credente e laica, che quando si rese conto del numero sterminato di aborti nel nostro Paese, in clandestinità, con interventi disperati e mortali, prese posizione favorevole a una regolamentazione per legge di una pratica disumana che vedeva colpevolizzata la donna, lasciata sola anche davanti al codice penale che voleva tale reato condannabile perché «contro l’integrità e la sanità della stirpe» (senza contare che lo stupro era reato non contro la persona, ma contro la morale ed era estinguibile con il ’matrimonio riparatore’), non ci sono obiezioni di merito. Tuttavia. Tuttavia, una pillola abortiva non è un analgesico o un integratore.
Non si può assumere un paio di volte all’anno. E mi sembra che, visto che non siamo ancora riusciti a conciliare la libertà e l’egoismo tra i due ’generi’, bisognerà porre in questione, laicamente, la relazione uomo-donna. L’art.1 della 194 dice che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. Le parlamentari che votarono una legge difficile davano senso preciso a parole sostanzialmente inapplicate, ma poi non proseguì la discussione sulla cultura della legge. L’opposizione cattolica si curò solo di negarle legittimazione, nonostante la necessità di intervenire responsabilmente in una materia a cui nessuna donna ha mai dato valore positivo. Anche i più permissivi si fermano al ’sarebbe meglio non dovervi ricorrere’. Per giunta non è mai stata approvata l’educazione sessuale nelle scuole, anche se sappiamo che ormai i bambini di nove anni se la formano sui siti porno di internet: si suppone che, se una ragazzina di quindici anni è ’nei guai’, la famiglia la porti in un ambulatorio privato e non risulti nel conteggio della diminuzione degli aborti, praticati da sempre dalle coniugate, spesso anche recidive.
Quindi la pillola abortiva toglie dai problemi anche quanti vanno a pregare davanti alle cliniche ginecologiche. Ma a me, da cittadina, restano da chiarire i termini riferiti alla procreazione «cosciente e responsabile » e alla maternità libera e responsabile di cui parla la legge.
Supponendo che tutti sappiano come nascono i bambini, sia per il matrimonio, sia per la convivenza, sia per rapporti occasionali, chiedo: come vanno le relazioni tra la donna e l’uomo? Motivazioni biologiche, sentimentali, avventurose a parte, sono relazioni ’vere’, in cui la gente si parla, dice le proprie esigenze, i propri desideri, compresa la disponibilità o meno di restare incinta? Perché chi straparla solo di bambini dovrebbe sapere che il bambino deve essere ’voluto’. Si può indulgere su qualcuno che arriva ’per caso’, ma quando una donna ritiene di ’dover’ abortire quel rapporto era davvero ’libero e responsabile’, la donna, la moglie era consenziente? Perché la donna ha diritto a decidere anche ’prima’, non solamente ’dopo’. Ma prima, oltre a parlare di sé e del loro entusiasmo, qual è stata la ’qualità’ del loro incontro intimo?
Stando alla gestualità di uomini che picchiano e ammazzano le donne e al linguaggio sessista nei confronti di esseri umani femmine, stando al fatto che cantanti, sindache o parlamentari si attirano volgarità da cura psicanalitica urgente non appena aprono bocca, a letto non ci deve essere grande spreco di preliminari e galanterie. Lo dico dalla parte delle donne che, non so se ancora, ma certo ai tempi di discussione della 194 raccontavano dei loro disagi e delle paure di ’restarci’ che non permettevano grande condivisione.
Ma lo dico soprattutto per la pochezza maschile, che si contenta, a sentire le favole da bar, di potenza e numeri. Ma la qualità? Va bene che anche a tavola spesso non siete un gran che, ma vedete che l’avanzamento della civiltà dal tempo delle ghiande si è evoluta: il pranzo e la cena sono riti, si invitano gli amici e, anche se la nostra non è la tavola di Versailles, usiamo tovaglie con i pizzi, porcellane e cristallerie anche quando in realtà sono piatti di coccio e vetri colorati, imbandiamo il meglio e dalla cucina escono vivande curate che finiscono in piatti accompagnati da posate e tovaglioli, magari di carta.
Le donne tengono ai ricami anche nei letti, ’poi’ magari anche loro non sono questa gran finezza, ma la maggioranza ai preliminari ci tiene, fa parte del rito del piacere; voi uomini troppo spesso vi contentate delle pulsioni, i cattolici - poi - pensano al buon Dio e credono di sapere che cosa vuole anche lì, tutti o quasi in genere non percepiscono differenze tra l’erotismo e la pornografia.
Se ci fosse anche una semplice buona educazione non si verificherebbero ancora così tanti aborti. Perché la donna che non vuole un figlio vorrebbe essere rispettata se dice ’no’ a un uomo che la vuole ’prendere’. Perché un uomo deve anche domandarsi perché mai si sia sposato e non far prevalere il suo egoismo.
Se una donna resta incinta senza averlo voluto una qualche violenza ci sarà stata: anche solo di ignoranza della contraccezione. E da adesso in poi la Ru486 diventerà più ’facile’. Ma non è che d’ora in avanti si risparmiano le prevenzioni e, poi, la donna si mangia la sua pillola e l’uomo non ha più preoccupazione... Perché prendere un farmaco pesante tocca a lei: lui perde pure gli scrupoli morali, roba di lei, non me ne preoccupo. Perché potrebbe passare anche a lei una ’leggerezza’ per un problema sociale che tornerebbe a diventare clandestino. Come donne, come società, davvero ci sta bene?
Giornalista, scrittrice direttrice di Server Donne già parlamentare della Repubblica italiana
L’inchiesta
L’aborto diventa fai da te
Le pillole abortive in vendita on line e al mercato sotto casa
80% I medici e i ginecologi obiettori in Italia, che si rifiutano di praticare l’aborto
99% L’efficacia della contraccezione di emergenza, in Italia difficile da reperire
FACCIO DA SOLA. Le donne e le pillole antiabortive
di Marco Bucciantini ( l’Unità 17.12. 2013)
Il feto aveva sedici settimane e le acque si erano rotte. Nell’Irlanda occidentale, sulla baia di Galway, una dentista indiana di 31 anni, Savita Halappanavar, capì in fretta che non sarebbe diventata madre. Un feto così piccolo non può sopravvivere. Chiese ai dottori di praticare l’aborto terapeutico per scongiurare rischi alla propria salute. Le risposero che nel feto batteva il cuore: la legge irlandese proibisce l’interventoLa richiesta diventò una supplica. Niente. L’indomani il feto muore, ma Savita non lo sa: ha già perso conoscenza, con la setticemia nelle veneNon riuscirà più a parlare con il marito Praveen. Morirà tre giorni dopo il feto.
In Italia l’aborto è legale: tutti lo sanno. Anche le organizzazioni che inviano a domicilio l’Ru486. Sono molte, esistono, crescono, in America, in Francia, in Inghilterra (dove si spostano circa 6mila irlandesi l’anno, e dove Savita non poté andare per la salute compromessa). Un sito olandese (womenonwaves.org) fa da distributore automatico di mifepristone (con il misoprostolo uno dei principi che provoca l’interruzione di gravidanza). Se nel domicilio del richiedente viene scritto «Italia», appare una schermata perentoria: «Nel tuo paese l’aborto è legale. Un aborto legale è sempre meglio di un aborto clandestino».
Questi sono posti dove ci “porta” Lisa Canitano, presidentessa dell’associazione Vita di Donna, onlus per la tutela della salute femminile. Lei è la “guida” di questa pagina che poteva cominciare anche in modo strano, con una preghiera che si trova su Internet nella pagina di benvenuto del sito dei farmacisti cattolici. «Dio mio, Tu sei l’unica fonte della vita, della luce e della verità! (...) Fai che noi farmacisti cristiani, istituiti a servizio della Vita, non dimentichiamo mai che possediamo la vita eterna soltanto se viviamo in Te, ma che la estinguiamo se abbandoniamo Te e la Tua legge». Il presidente di questo gruppo molto influente è Piero Uroda, che è il paladino di chi rifiuta di vendere farmaci contraccettivi d’emergenza (questo è un punto fondamentale: la pillola e la spirale del giorno dopo non sono farmaci abortivi ma contraccettivi d’emergenza, tra l’altro con una efficacia superiore al 99%).
Davanti al paradosso di una farmacia di soli obiettori, Uroda reagisce così: «Perché dovrei lavorare con colleghi che non condividano il rispetto della vita?», situazione che impedisce al cliente di godere di un diritto dello Stato, ma anche questo non tormenta Uroda, che anzi si accende: «Il nostro diritto di non vendere questi farmaci è superiore a quello di chi richiede il prodotto». Superiore: una gerarchia che non esiste nella legge, ma alligna in quella preghiera.
Fra la penosa storia di Savita e questo spostamento nel trascendentale la strada è lunga solo in geografia (da via della Conciliazione fino a Galway). Fra queste posizioni limite e lo “spaccio” internet (o al mercato sotto casa, come si legge nell’intervista a fianco) la distanza è invece troppa, ma la verità non sta nel mezzo. C’è un diritto intestato dalla legge, c’è una difficoltà oggettiva a disporne
Non solo in Italia: questo dato «sovranazionale» è decisivo per capire la tendenza netta e irreversibile dell’aborto fai-da-te, tramite farmaci reperiti lontano dalle farmacie, e interventi praticati lontano dalle struttureIn America dove i rigurgiti antiabortisti affiorano ciclicamente e ammorbano anche i legislatori dei vari Stati l’Istituto di salute pubblica è arrivato a teorizzare la pratica individualeFornendo dati, e premettendo (la premessa è fondamentale), che le «donne abortiscono da tempo immemore, ma la criminalizzazione dell’aborto è invece un fenomeno più recente, grossomodo datato al XIX secolo, supportato da norme sociali patriarcali connesse al ruolo domestico femminile, oltre che da un desiderio di controllo della sessualità delle donne»
E poiché il misoprostolo (si usa per indurre contrazioni) «è sicuro ed efficace», l’uso del farmaco ha significativamente aumentato l’accesso a un aborto sicuro per migliaia di donne, specialmente povere, giovani, cronicamente poco assistiteProprio da questo spaccato (le immigrate dal Sudamerica) è emerso l’uso “improprio” del Cytomec, nome commerciale del misoprostolo, farmaco da banco venduto per curare la gastrite, con la controindicazione che poteva indurre l’abortoIl passaparola ne ha esteso l’uso. Se assunto in associazione al mifepristone, l’efficacia nell’indurre l’aborto completo arriva al 98%
Forti di questi dati, le donne negli Stati Uniti stanno prendendo in mano la questione
In Francia (womenonweb.org/fr) e in Inghilterra (bpas.org/bpaswoman) la questione dell’autodeterminazione è dibattuta e la pratica della pillola assai radicata (in Francia la metà degli aborti si fanno con la Ru486)
Nell’Italia dell’obiezione di coscienza che riguarda quasi l’80% dei medici (c’è anche chi si rifiuta di operare le gravidanze extrauterine, che è condizione mortale nella donna), nell’Italia dell’obbligo dei tre giorni di ricovero (e dell’assenza di posti letto, con i tempi d’attesa che diventano “pericolosi”), dei consultori chiusi di sabato e domenica (giorni “caldi”, quando per rimediare a un preservativo rotto potrebbe bastare la contraccezione d’emergenza), questo mercato alternativo è giocoforza destinato a crescere, anche perché l’assistenza di esperti è garantitaQualcuno, come Lisa Canitano, lo speraAltri preferirebbero un percorso comunque ospedaliero.
Intanto le donne s’informano, si rivolgono dove trovano accesso e possibilità, per le strade di un mercato, rivolgendosi alle associazioni femminili, comprando online, appoggiandosi ai dottori fuori confine (Svizzera, Grecia), che dietro un consenso informato somministrano la Ru486 e il Cytotec (per 600 euro). Semplicemente, anche le donne italiane si appropriano di un loro diritto, come possono, dove possono.
«Porta Palazzo, il farmaco a 300 euro»
di M. Buc. (l’Unità, 17.12.2013)
«Il nome no». Questa è la situazione di Porta Palazzo, la città parallela, il mercato torinese dove si vende tutto, anche l’anima. Chi si spende per “assorbire” un po’ dell’illegalità e per aiutare chi fronteggia un momento triste della vita, vuole e deve restare anonimo, perché un nome e cognome, in mano a chi comanda a Porta Palazzo, sono un volto da cercare e non certo per chiedere spiegazioni.
Porta Palazzo è il più grande mercato all’aperto d’Europa, è grossomodo in mano alle molte comunità straniere di Torino, i pochi italiani che ancora vendono la merce fanno comunque gestire le bancarelle agli stranieri. C’è chi piazza frutta e verdura, chi piazza se stesso (muratori, facchini), c’è chi vende refurtive varie e c’è chi spaccia le pillole contraccettive e quelle abortive, «con il principio attivo identico a quelle di marcaInfatti funzionano».
Dunque, a Porta Palazzo si va anche per abortire, lontano dai dottori, dagli ospedali, dagli impacci burocratici, dagli obiettori di coscienza e dalle norme minime di sicurezza personale. «Infatti noi siamo qui, a presidiare, a dare una mano, a evitare che un’emorragia si trasformi in qualcosa di irreparabile». Succede nella città del Sant’Anna, dove Silvio Viale iniziò la somministrazione della pillola Ru486. Qui, nella regione leader in Italia nella somministrazione di questo farmaco.
Chi governa il mercato abusivo delle pillole abortive?
«I cinesi, da sempre, perché in Cina si produce questo farmaco con il principio attivo identico alle Ru486 e perché loro hanno messo le mani su quest’affare, e quando i cinesi afferrano qualcosa che rende bene, non si fanno più strappare il tesoro».
Chi sono le clienti?
«Quasi sempre donne straniere, spesso arabe. Per loro l’arrivo in Italia è anche la scoperta del sesso “libero”, poi però diventa difficile giustificare una gravidanza. Non sono sposate ma sono incinte: per la loro cultura, per la loro religione, per il loro ruolo nella società, diventa una situazione drammatica».
Anche l’aborto è un dramma.
«Lo sanno. Ma hanno urgenza, vogliono fare in fretta e conoscono poco i loro diritti».
Sono molte le prostitute?
«Sì, ma non sono la maggioranza».
Vengono anche le italiane?
«Sì, non molte, ma ci sono anche loro, circa il 10% del totale. Soprattutto quelle emarginate dal “sistema” e coloro che vogliono evitarsi le lunga trafila delle strutture pubbliche».
Conosce i numeri di questo mercato?
«Sono giganteschi. Non abbiamo dati, ma vediamo ogni giorno questo spaccio, e anche pochi minuti fa è arrivata da noi una ragazza (italiana) che aveva preso la pillola. Stava male, l’abbiamo monitorata per alcune ore».
Quanto costa la pillola procurata in questo modo?
«Fra i 300 e i 400 euroPer l’aborto fai-da-te girano migliaia di euro al giorno, e sono tanti in un mercato dai prezzi bassi, dove un Pc usato e forse rubato viene venduto a 100 euro».
Che efficacia ha?
«100%».
Quante donne ha soccorso in questi anni e per quali motivi?
«Molti casi di allergia, con pruriti e gonfiori e due volte anche donne in emorragia, che ho dovuto portare all’ospedale, nonostante le resistenze: temevano di essere denunciate per il reato di clandestinità».
È accaduto?
«No».
Bergoglio rimuove il cardinale antiabortista
di Massimo Gaggi (Corriere della Sera, 18 dicembre 2013)
Solo qualche giorno fa LifeSiteNews.com, uno dei più importanti siti dei cattolici integralisti americani, invitava a respingere la tesi dei cristiani liberal secondo i quali papa Francesco è poco interessato alla lotta contro l’aborto e i matrimoni gay: «Non è vero, ha ricevuto e lodato i capi dell’Istituto per la dignità umana, impegnatissimi su questi fronti» aveva scandito la testata digitale.
Ma ieri lo stesso sito esprimeva sconcerto per la decisione del Pontefice di escludere dalla Congregazione dei vescovi - uno dei più potenti organi della Chiesa, quello che designa i capi delle diocesi di tutto il mondo - il cardinale americano Raymond Burke: il leader della crociata antiabortista, un personaggio in grande evidenza sotto il papato di Benedetto XVI e molto stimato anche da Giovanni Paolo II.
«Il movimento per la vita è sotto choc» ha scritto ieri LifeSiteNews.com, ma papa Francesco è stato implacabile. E probabilmente non poteva fare altrimenti, dopo le critiche ricevute dal cardinale americano. Davanti al suo invito a non enfatizzare troppo le battaglie su aborto e matrimoni gay, concentrandosi di più sulle questioni da lui definite «essenziali», cioè quelle della fede, della dignità umana e la lotta alla povertà, Burke aveva replicato secco: «E cosa c’è di più essenziale della tutela delle leggi etiche sulla natura dell’uomo? Non parleremo mai abbastanza della difesa della vita umana, dei nascituri indifesi che vengono privati del loro diritto alla vita, del massacro dei non nati».
Un’aperta ribellione da parte di un cardinale agli antipodi rispetto a Francesco fin dalla coreografia dei paramenti sacri. Burke ha continuato a scegliere quelli più solenni, appariscenti e «lussuosi» in un implicito rifiuto dell’abbigliamento più sobrio e umile suggerito dal Pontefice. Una ribellione che Francesco ha deciso di non tollerare, ma al suo gesto non va dato un significato dottrinario, né di «spostamento a sinistra» dell’asse della Chiesa. Francesco ha sostituito Burke con Donald Wuerl, il cardinale di Washington: un moderato collocabile a sinistra di Burke solo perché, a differenza di quest’ultimo, non vuole negare il sacramento della Comunione ai politici cattolici favorevoli alla libera scelta sull’aborto, come il segretario di Stato, John Kerry.
Ma papa Francesco ha confermato nella congregazione che nomina i vescovi un altro conservatore moderato americano: il cardinale William Levada, comunque su posizioni meno dure di quelle di Burke. Un’altra «epurazione» tra i prelati conservatori Usa, quella del cardinale Justin Rigali, era scontata, visto che l’ex arcivescovo di Filadelfia è stato travolto da uno scandalo per il pessimo modo in cui ha gestito il caso dei preti pedofili della sua diocesi.
Insomma, papa Francesco non cambia la dottrina cattolica, ma riorienta le priorità della Chiesa e cerca di aprirla di più alle istanze del mondo. Ma senza strappi. La corrente liberal dei cristiani americani ha raffreddato i suoi entusiasmi per il successore di Benedetto XVI quando, a ottobre, il Papa ha promosso, nominandolo vescovo di Hartford, il reverendo Leonard Blair: il prelato che ha condotto l’inchiesta ecclesiastica contro le suore progressiste che si sono ribellate alle rigidità della gerarchia ecclesiastica Usa. Adesso alcuni cominciano a pensare (o ad augurarsi) che quella promozione sia stata voluta proprio da Burke e che anche per questo il Papa abbia deciso di togliergli l’importante incarico.
«Hanno vinto le posizioni clericali»
Aborto e diritti delle donne, il Pd sotto accusa a Strasburgo
Sei deputati votano in dissenso dal gruppo dei Socialisti e Democratici
Passa la risoluzione dei conservatori con le astensioni degli europarlamentari cattolici di area renziana
Swoboda: serve subito un chiarimento
I nomi sono: Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, David Sassoli e Patrizia Toia
di Umberto De Giovannangeli (l’Unità, 13.12.2013)
Sconcerto. Imbarazzo. Richiesta di chiarimenti. Comunque, un caso. Tanto più significativo per le tematiche che ne sono al centro, per la sede in cui si è consumato, per la data, altamente simbolica, in cui è avvenuto. I chiarimenti intervenuti hanno placato, ma solo in parte, la «bufera» che ha investito il gruppo S&D al Parlamento europeo. Una «bufera» che ha visto al suo centro la delegazione dei Democratici. È il caso delle 6 astensioni.
Questa la storia. Nella giornata internazionale per i diritti umani, 65° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. l’Europarlamento, in seduta plenaria a Strasburgo, doveva pronunciarsi sul Report on Sexual and Reproductive Health Rights, firmato dall’europarlamentare socialista portoghese Edite Estrela.
Un parto difficile, preceduto da discussioni e ritocchi, ma alla fine approda in Aula un testo che avrebbe impegnato gli Stati membri a fare di più per la salvaguardia dei diritti riproduttivi e l’autonomia delle donne, su questioni come la contraccezione, l’accesso all’interruzione di gravidanza, la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e l’educazione sessuale, ma anche nella lotta contro l’omofobia.
COLPO DI MANO
Nel gruppo dei Socialisti e Democratici, una delle grandi famiglie politiche europee, si confrontano sensibilità culturali ed esperienze diverse. L’ultima stesura del «rapporto-Estrela», sembrava una sintesi soddisfacente tra le varie ispirazioni. Sembrava, perché ecco scattare il «pasticciaccio». Al suo posto, infatti, viene approvata la proposta restrittiva dei popolari, che lascia ampi margini ai singoli Stati. Il nuovo testo prevede che «la formulazione e l’applicazione delle politiche in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nonché in materia di educazione sessuale nelle scuole sia di competenza degli Stati membri». Lo scarto è esiguo: 334 voti a favore, 327 contrari e 35 astenuti.
Per determinare questo risultato sono stati decisivi gli assenti e gli astenuti, e tra gli astenuti, finiscono per avere un peso rilevante, non solo per il dato numerico ma per la valenza politica, i sei europarlamentari italiani che fanno parte dei socialisti e democratici (S&D) e che non hanno seguito le indicazioni del gruppo, che era contrario alla mozione dei popolari poi passata: si tratta di Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, David Sassoli e Patrizia Toia.
La richiesta di chiarimento scatta immediata. Tanto più che, secondo fonti bene informate, i 6 astenuti non avrebbero informato della loro scelta né il gruppo né la delegazione Pd. Di certo, il caso non è passato sotto silenzio. Il presidente del gruppo S&D, Hannes Swoboda, ha inviato una lettera molto dura per censurare la scelta compiuta. E toni accesi hanno caratterizzato anche la riunione del bureau dei Socialisti e Democratici, protrattosi per oltre un’ora.
A rendere ancora più bruciante la ferita, è la lettura che la stampa europea, a cominciare dall’autorevole Le Monde, ha dato del voto di Strasburgo: una vittoria delle destre. Una vittoria, rimarca il quotidiano francese, avvenuta su questioni di straordinaria rilevanza, come quelle al centro del rapporto-Estrela. «Hanno vinto le posizioni clericali», si lascia andare un europarlamentare francese; altri, più avvezzi alle cose interne italiane fanno notare, con un po’ di malignità, che gli astenuti sono «un po’ renziani...».
Durissima la presa di posizione di Estrela: «I conservatori, unendosi con la destra estrema, hanno aperto un fronte contro i diritti fondamentali di dignità, libertà, uguaglianza e non discriminazione», rimarca l’europarlamentare socialista secondo la quale l’accesso alla contraccezione, all’educazione sessuale, alla sanità e alla pianificazione familiare aiutano concretamente le donne a scegliere quando avere un figlio, riducono le gravidanze in età adolescenziale e aumentano l’istruzione femminile. Purtroppo, le astensioni di 7 esponenti di S&D (sei gli italiani) sono risultate decisive per questo risultato.
L’europarlamentare portoghese bolla come «vergogna» il voto dell’Aula, e dure sono anche le prese di posizione di molte associazioni, tra cui l’European women lobby, l’European parliamentary forum on population and development, Amnesty International.
Ma l’irritazione è data soprattutto dal metodo scelto: i più critici, nella famiglia socialista, rimarcano il fatto che gli astenuti Democratici non avevano mai espresso questa intenzione nelle riunioni di gruppo o di delegazione, facendo trovare gli altri colleghi di fronte al fatto compiuto. E c’è chi mette in evidenza come, su questioni di coscienza, era possibile eccepire su quei punti ritenuti «estremi» del rapporto-Estrela.
Riflette in proposito Roberto Gualtieri, tra gli europarlamentari più attivi: «Si è trattato di un errore politico - dice a l’Unità - non solo merito ma anche nel metodo, per il modo in cui questa posizione si è espressa. Avrebbero potuto legittimamente presentare emendamenti soppressivi alla risoluzione dei progressisti, invece di contribuire all’affermazione del testo alternativo delle destre. Inoltre - aggiunge sarebbe stato opportuno discuterne nel gruppo».
Legge 194, la minaccia delle troppe obiezioni
di Silvia Ballestra (l’Unità, 23.10.11)
Un diritto conquistato, acquisito e in via di estinzione: il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza sancito dalla legge 194. L’allarme arriva dai ginecologi della «Laiga», (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’ Applicazione della 194) ed è chiaro e semplice: i medici che praticano l’aborto nelle strutture pubbliche italiane non sono più di 150, mentre la percentuale di obiettori supera il 70 per cento. A farla breve, tra cinque anni in Italia sarà impossibile abortire legalmente in strutture pubbliche, cioè si cancellerà un diritto e si affosserà una legge che ha dato eccellenti risultati (aborti entro la dodicesima settimana più che dimezzati dal 1982).
Perché accade questo? Possibile che tutte le obiezioni di coscienza abbiano solide radici morali o religiose. Certo che no. Con i non obiettori costretti a rispondere da soli alla domanda di interventi, infatti, accade che chi obietta abbia più possibilità di carriera, promozioni più facili, agevolazioni, promozioni più veloci, complici le gerarchie sanitarie.
Naturalmente intervenire sarebbe semplice e basterebbe qualche minimo ritocco alla legge. Per esempio continuare a garantire ai medici (e anestesisti, paramedici, ecc.) il diritto all’obiezione di coscienza, vincolandolo però ad alcune condizioni (scatti meno frequenti, minor retribuzione, limitate possibilità di carriera). Potremmo in questo modo salvaguardare un diritto che ha salvato la vita a molte donne e al tempo stesso non è un dettaglio verificare la sincerità di tante scelte «morali» che nascondono dietro le sbandierare convinzioni pro-vita le loro egoistiche aspirazioni pro-carriera.
SCIENZA E FEDE VATICANA: LA CATTEDRA DELL’EMBRIONE.
"Duemila anni fa, un ovulo fu miracolosamente fecondato dall’azione soprannaturale di Dio, da questa meravigliosa unione risultò uno zigote con un patrimonio cromosomico proprio. Però in quello zigote stava il Verbo di Dio"(dichiarazione del Cardinale Dario Castrillon Hoyos alla XV conferenza internazionale del Pontificio consiglio, La Repubblica del 17 novembre 2000, p. 35)
LA POLEMICA
Vaticano: "Nobel a Edwards inaccettabile
Ignorata ogni problematica di carattere etico"
Ai microfoni di Radio Vaticana parla il professor Lucio Romano, presidente di Scienza e Vita. "Edwards passa in ambito umano tecniche di fecondazione applicate agli animali". Monsignor Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita: "Scelta completamente fuori luogo". Il bioeticista Padre Gonzalo Miranda: "Strumentale chiedere di ridiscutere la legge 40: embrioni hanno diritto alla vita" *
CITTA’ DEL VATICANO - Dai microfoni di Radio Vaticana tuona Lucio Romano, presidente dell’Associazione Scienza e Vita. Per dire che il Nobel a Robert Edwards 1, il padre della fecondazione in vitro, "disattende tutte le problematiche di ordine etico e rimarca che l’uomo può essere ridotto da soggetto a oggetto". E, parlando all’Ansa, anche monsignor Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, giudica "completamente fuori luogo" la scelta del Nobel a Edwards, per la quale i "motivi di perplessità non sono pochi". Interviene nel dibattito anche il bioeticista padre Gonzalo Miranda: "Strumentale mettere in discussione la Legge 40: anche gli embrioni hanno diritto alla vita".
"Inaccettabile soppressione embrioni". A Radio Vaticana, Lucio Romano sottolinea "l’inaccettabilità delle tecniche di fecondazione in vitro, che comportano la selezione e soppressione di esseri umani allo stato biologico di embrioni". "Teniamo conto - spiega il professore ai microfoni dell’emittente del Papa - che Edwards segna la storia, perché pratica il passaggio delle tecniche dal mondo degli animali all’ambito umano. Vale a dire dove, nell’applicazione degli allevamenti, venivano già da tempo messe in essere tecniche di fecondazione artificiale. Ma questo non significa assolutamente che ciò, nel suo complesso, rappresenti un progresso dell’uomo nella sua visione globale". Secondo l’esperto interpellato da Radio Vaticana, il Nobel per la medicina "è un premio che deve essere assolutamente preso in considerazione in ragione di un’analisi anche di ordine etico", mentre quest’anno "attraverso un’assegnazione così decisa del premio stesso, viene a disattendere tutte le problematiche di ordine etico ad esso connesse".
"Strumentale ridiscutere Legge 40". Sul tasto dell’etica batte anche padre Gonzalo Miranda, docente di bioetica all’università Pontificia ’Regina Apostolorum’ a Roma. Per il quale, la fecondazione in vitro "lascia aperti molti dubbi, a partire dallo spreco di vite umane che si realizza con gli embrioni, spesso prodotti già in partenza con lo scopo di non far nascere" bebè. Ecco perché, "Edwards non meriterebbe certo il premio Nobel all’etica, semmai ce ne fosse uno". Ma ci sono altri punti controversi, secondo padre Miranda, che non devono essere "offuscati dall’assegnazione del Nobel. Ad esempio, i figli devono essere il risultato di un atto d’amore non di un atto medico". E ancora, perplessità "sulla diagnosi preimpianto nonché sul congelamento degli embrioni, vera e propria patata bollente che fa desistere dall’andare avanti molti professionisti del settore. Si tratta di milioni di embrioni crioconservati che non sappiamo che fine facciano". E su chi ha sollevato dubbi in queste ore sulla Legge 40, invitando governo e legislatore a riaprire il dibattito sul provvedimento, "si tratta - a detta del bioeticista - di una polemica strumentale. Una società moderna e sensibile come la nostra deve fissare dei paletti. L’embrione non è semplice materiale biologico e va garantito il suo diritto alla vita, esattamente come la Legge 40 tenta di fare".
"Irrisolto problema dell’infertilità". Monsignor Carrasco elenca le ragioni della sua opposizione al Nobel a Edwards. "Innanzitutto, senza di lui non ci sarebbe il mercato degli ovociti con il relativo commercio di milioni di ovociti. Secondo, senza Edwards non ci sarebbe in tutto il mondo un gran numero di congelatori pieni di embrioni che nel migliore dei casi sono in attesa di essere trasferiti negli uteri, ma che più probabilmente finiranno per essere abbandonati o per morire. E questo è un problema la cui responsabilità è del neo-premio Nobel". Infine, sottolinea il presidente dell’Accademia per la Vita, "senza Edwards non ci sarebbe l’attuale stato confusionale della procreazione assistita, con situazioni incomprensibili come figli nati da nonne o mamme in affitto". "In conclusione - afferma Carrasco - Edwards non ha in fondo risolto il problema dell’infertilità, che è un problema serio, né dal punto di vista patologico né epidemiologico. Insomma non è entrato nel problema, ha trovato una soluzione scavalcando il problema dell’infertilità. Bisogna aspettare che la ricerca dia un’altra soluzione, anche più economica e quindi più accessibile della fecondazione in vitro, che tra l’altro presenta costi ingenti".
* la Repubblica, 04 ottobre 2010
Ansa» 2008-05-09 18:03
’NDRANGHETA: IL RUOLO DELLE DONNE
(di Ezio De Domenico)
REGGIO CALABRIA - Un ruolo fondamentale sotto l’aspetto logistico ed organizzativo: sono le donne le protagoniste delle vicende di ’ndrangheta. I loro consigli agli uomini delle cosche, mariti, fidanzati o fratelli, vengono sempre tenuti in grande considerazione. In piu’ garantiscono la copertura ai latitanti, assicurando loro assistenza.
La funzione delle donne nella moderna organizzazione di ’ndrangheta emerge anche dall’operazione ’Zaleuco’, condotta dai carabinieri del Gruppo di Locri, che ha portato all’arresto di nove affiliati alle cosche Pelle-Vottari e Nirta-Strangio contrapposte da anni nella faida di San Luca. Una lunga scia di sangue che ha avuto il suo culmine il giorno di Ferragosto dello scorso anno con la strage di Duisburg, in Germania, con l’uccisione di sei affiliati alla cosca Pelle-Vottari davanti al ristorante ’da Bruno’.
Le donne, dunque, sempre più protagoniste e sempre più importanti. Nell’operazione coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ne sono state arrestate tre, Maria Pelle ed Antonella Vottari, rispettivamente moglie e sorella del boss Francesco Vottari, già arrestato nell’ottobre scorso. Sarebbe stato grazie a loro che Francesco Vottari è riuscito a sfuggire a lungo alla cattura. La terza donna arrestata è Giulia Liana Benas, bloccata dai carabinieri al casello autostradale di Udine Sud. A lei la Dda contestato il ruolo di favoreggiatrice.
Ma il ruolo delle donne è importante anche per consentire le comunicazioni con i latitanti. Sono loro, infatti, ad incontrarli per fornire loro ciò di cui hanno bisogno ed a fare recapitare i loro messaggi ai capi delle cosche. Delle donne i capi delle cosche possono fidarsi perché il loro senso dell’onore e dell’appartenenza al gruppo criminale è più forte di quello degli uomini.
Oltre alle tre donne, sono stati arrestati Francesco Barbaro, già detenuto e capo dell’omonima cosca; Gianfranco Cocilovo, imprenditore di Bologna; Giovanni Marrapodi, odontotecnico, di San Luca; Domenico Mammoliti, di Benestare; Giuseppe Pelle, di San Luca, sorvegliato speciale con obbligo di dimora, ed Antonio Romano, anch’egli di San Luca.
Con l’operazione Zaleuco la Dda di Reggio ritiene di avere messo un punto fermo nelle indagini sulla faida di San Luca, chiudendo il cerchio che si era aperto con il fermo, il 30 agosto dello scorso anno, di 29 persone. Significativo, ha rilevato il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, è anche il fatto che è stata contestata agli arrestati l’aggravante dei reati di mafia commessi all’estero, a dimostrazione del carattere transnazionale dell’attività delle cosche di San Luca.
Il quotidiano Cei attacca il documento dell’ordine dei medici su 194 e contraccezione Il presidente dell’ordine di Firenze: "Non scherziamo: approvato in seduta, ci sono i verbali"
Avvenire contro il testo dei medici
"Quel documento è un falso"
ROMA - Un falso. Avvenire attacca il documento diffuso ieri dalla Fnomceo, l’associazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri, su aborto, pillola del giorno dopo, diagnosi pre-impianto nella fecondazione assistita e assistenza ai neonati estremamente prematuri, definendolo "fantomatico". E la reazione dei medici non si fa attendere: "l’accusa di falso è offensiva: non scherziamo su queste cose", ribatte il presidente dell’ordine dei medici di Firenze Antonio Panti.
Tutto nasce da un servizio pubblicato dal quotidiano della Cei nel quale si parla di "strane manovre" che avrebbero fatto sì che alle agenzie di stampa fosse stato inviato "un fantomatico documento" mentre invece, secondo le parole riportate dal quotidiano dei vescovi di Valerio Brucoli, componente del comitato sulla deontologia della Fnomceo, "Nel consiglio nazionale sono state lette 14 relazioni dei gruppi di lavoro, ma non sono state nè votate nè approvate. In particolare quella relativa ai temi etici (e che ora viene presentata come la posizione della Fnomceo) è solo una delle posizioni espresse al comitato etico, quindi un’opinione personale".
Indignata la replica del presidente dell’Ordine dei Medici fiorentino, Panti. "Faccio parte del comitato ristretto che ha redatto il documento. Un gruppo dove ci sono anche esponenti di varie filosofie", ha riferito Panti. Il dibattito è stato intenso nel comitato ristretto e il documento scaturito "è stato distribuito in cartella già venerdì mattina e illustrato, insieme ad altri documenti presenti in cartella, ai presidenti degli ordini. Non è stato cambiato nessun testo. E’ stato approvato tal quale".
"Non è un testo fatto all’ultimo momento ed è stato presentato a una riunione ufficiale, non clandestina, ci sono i verbali", aggiunge Panti. "Le contestazioni sono accettabilissime. Il Vaticano ha tutto il diritto di avere un pensiero ideale e filosofico e siamo disponibilissimi a discutere, anche perché credo che in questi 100 presidenti di ordine siano rappresentate tutte le idee politiche". "Mi meraviglio dell’accusa di falso che non hasenso perché abbiamo fatto una cosa banale, prendere alla lettera norma per norma il codice deontologico rispetto a queste problematiche. Ci sono tutti i riferimenti degli articoli. Non abbiamo inventato niente di nuovo", conclude.
* la Repubblica, 24 febbraio 2008.
Binetti: a rischio l’equilibrio tra le due anime del Pd
Dall’aborto alla contraccezione, tutto ci divide dai radicali
"Come cattolici
non possiamo capire"
di ORAZIO LA ROCCA *
ROMA - "Perplessità, smarrimento e preoccupazione per una scelta che, come cattolici, non possiamo capire". C’è aria di bufera tra i cattolici del Pd per l’intesa con i radicali. Se ne fa portavoce la senatrice teodem Paola Binetti, che annuncia "battaglia" e si chiede "ora che fine farà l’equilibrio raggiunto all’interno del partito tra area cattolica e riformista?".
Stesso interrogativo da Enzo Carra, altro teodem di punta del Pd che ha già chiesto "un incontro chiarificatore a Veltroni per capire cosa sta succedendo". Carra ieri sera era alla Messa celebrata dal cardinale Camillo Ruini alla basilica di S. Giovanni in Laterano per don Luigi Giussani, presenti, tra gli altri, Rutelli, Alemanno, Tajani, Baccini, Sanza, Pera. Vedrà Veltroni prima di mercoledì prossimo, il giorno del meeting delle componenti cattoliche del Pd. "Un giorno molto importante", puntualizza la senatrice.
Perché, senatrice Binetti, c’è tanta attesa? Potrà succedere qualche cosa di traumatico?
"Di traumatico nulla, ma di certo i cattolici del nostro partito, che sono tanti, dovranno fare quadrato per difendere i loro valori stando sempre all’interno del Pd".
Come mai i radicali vi danno tanto fastidio?
"Perché sono portatori di una cultura totalmente opposta a quella dei cattolici. Da sempre. Dall’aborto alla contraccezione, dall’eutanasia al valore della famiglia formata dall’unione di un uomo ed una donna. Tutto ci divide dai radicali. E per questo, dopo questa intesa non possiamo non essere perplessi ed amareggiati. Anche perché a questo punto che fine farà l’equilibrio raggiunto tra le componenti del Pd nel Manifesto dei valori e nel programma?".
Che farete?
"Prima di prendere posizione, vogliamo leggere come sarà codificata questa intesa con i radicali. Anche se le prime mosse dei vari Pannella, Bonino e Cappato ci preoccupano enormemente. Un solo esempio: vogliono candidare un personaggio come il dottor Viale che, come è noto, è uno dei fautori della pillola abortiva Ru486. Perché questa candidatura?".
Si andrà verso una scissione se la coabitazione con i radicali non funzionerà?
"No, noi cattolici ci coalizzeremo ancora di più per difendere i nostri valori dentro il partito. Già a partire dal meeting che tutte le nostre componenti cattoliche terranno mercoledì all’Auditorium del Garante della Privacy. Nulla di personale contro figure come Emma Bonino, che da ministro ha fatto un buon lavoro. Ma è la sua cultura radicale che è in antitesi ai nostri valori. Vedremo, comunque, su che basi poggerà questo accordo. Poi si vedrà".
* la Repubblica, 23 febbraio 2008.
«Siamo tutte parte lesa» Le donne in piazza per la 194 A Roma tafferugli con la polizia
di Paola Zanca *
Più che di salute, quello che è successo a Napoli è una questione di giustizia. E a Roma le donne scese in piazza per rivendicare il loro diritto all’autodeterminazione, lo fanno capire chiaro e tondo: il sit in convocato davanti al ministero della Sanità, si trasforma presto in un corteo che arriva fino al ministero di Grazia e Giustizia. Polizia volente o nolente.
Già dall’inizio la manifestazione era iniziata tesa: le centinaia di donne - ma c’è anche qualche uomo, pochi purtroppo - bloccano il traffico di Roma e nessuno sembrava averlo previsto. Lungotevere in tilt, vigili urbani nel panico e automobilisti arrabbiatissimi. Insomma, obiettivo raggiunto: «Bisogna creare disagio, perché non se ne può più - gridano le manifestanti - Vi rendete conto di come si è sentita quella donna?». Già, quella donna, Silvana. Il suo nome è scritto su centinaia di cartelli che le dicono «siamo tutte con te». Nessuna, dalla più giovane fino alle donne che di storie simili a questa ne hanno viste e vissute tante, riescono a capacitarsi di come possa essere successo. La polizia a indagare su un aborto.
Tanti gli striscioni contro Giuliano Ferrara e la sua lista antiaborista. Come preannunciato, in strada c’è anche il ministro Livia Turco, che è qui a «affermare il grande valore della responsabilità e l’autonomia delle donne». Molte le parlamentari da Elettra Deiana a Titti de Simone, da Tana de Zulueta a Heidi Giuliani. C’è l’esponente del Pd e di GayLeft Paola Concia, già protagonista di un’accesa querelle con la senatrice Paola Binetti è felicissima: «Sono uscite tutte!» esclama guardando la strada gremita. C’è Dacia Maraini, scrittrice e femminista, che per descrivere le contraddizioni della Chiesa, usa una metafora di stretta attualità: «Non si può proibire l’aborto - spiega - se non hai alternative alla castità. Sarebbe come dire “combattiamo le morti bianche” e allo stesso tempo vietare l’uso di caschi e imbracature».
Poi, di caschi se ne vede qualcuno. Sono quelli della polizia che arriva in assetto antisommossa. Le manifestanti sono riuscite a “far fuori” la sparuta manciata di poliziotti che presidiava il sit in. Le donne vogliono fare un corteo, e lo fanno. «Mettetevi nei nostri panni, non è giusto, queste cose vanno autorizzate», le implora il delegato del questore. Loro insistono che «nemmeno quello che è successo a Napoli è giusto». Si trova l’accordo, ma ogni metro in più è un mezzo tafferuglio. Alla fine, si arriva agli spintoni, e c’è pure una donna fermata e subito rilasciata. Nel corteo fiero e triste tutte mormorano: «...Capirai, mo’ se vince la destra...»
* l’Unità, Pubblicato il: 14.02.08, Modificato il: 14.02.08 alle ore 20.32
Aborto, migliaia in piazza in tutta Italia
"Basta attacchi alla 194". Tensione a Roma *
19:53 Le promotrici: "Quattromila a Roma" "Abbiamo sfilato in oltre 4mila". È la stima fatta dalle organizzatrici al termine della manifestazione delle donne in difesa della legge sull’aborto. "Il corteo è nato spontaneamente e l’intenzione era di fermarci al Fatebenefratelli - ha spiegato un’organizzatrice - ma eravamo così numerose che abbiamo deciso di proseguire"
19:37 Lettera appello delle intellettuali alla sinistra Caro Veltroni, caro Bertinotti, cari dirigenti del centro-sinistra tutti, ora basta!". La lettera-appello firmata da 12 donne autorevoli in diversi campi aprirà il prossimo numero speciale di MicroMega. L’appello è firmato da: Simona Argentieri, Natalia Aspesi, Adriana Cavarero, Isabella Ferrari, Sabina Guzzanti, Margherita Hack, Fiorella Mannoia, Dacia Maraini, Alda Merini, Valeria Parrella, Lidia Ravera, Elisabetta Visalberghi. Nell’appello si denuncia "L’offensiva clericale contro le donne - spesso vera e propria crociata bigotta - ha raggiunto livelli intollerabili. Ma egualmente intollerabile appare la mancanza di reazione dello schieramento politico di centro-sinistra, che troppo spesso è addirittura condiscendenza".
[...]
* la Repubblica, 14.02.2008 (ripresa parziale)
ABORTO: DONNE IN PIAZZA CONTRO IL BLITZ DI NAPOLI
ROMA - Oggi, in diverse città italiane, si terranno presidi e sit in per protestare contro l’irruzione degli agenti nel Policlinico napoletano Federico II per interrogare una donna subito dopo essersi sottoposta a un’interruzione volontaria di gravidanza. Il blitz deciso dopo una denuncia anonima nella quale si sosteneva che l’aborto era stato praticato oltre i termini di legge. A Roma la manifestazione si terrà davanti al Ministero della Salute, a Bologna di fronte all’ospedale Sant’Orsola; a Milano davanti alla clinica Mangiagalli.
Il ministro Turco annuncia che aderirà alla manifestazione. In una intervista a Rainews 24 Il ministro ha ribadito di essere rimasta molto colpita dall’episodio avvenuto al policlinico di Napoli, segnale di una mancanza di serenità nell’affrontare un momento tragico nella vita delle donna. "Conoscendo da vicino le problematiche legate all’aborto" , Turco ha detto che c’é bisogno di pacatezza e serenità su queste vicende , "un’attenzione attiva nei confronti della donna". "Difendo la legge 194 - ha sottolineato - perché ho a cuore la cultura della vita". "Se il dibattito sulla vicenda - ha spiegato Turco - si fosse sviluppato attorno alle necessità di cura e di assistenza attorno alla donna che aveva avuto notizia della malformazione del feto, alla maggior presenza del pubblico, perché non fosse lasciata in solitudine, e su come migliorare la qualità dei consultori, sarebbe stato un passo avanti per la promozione della cultura della vita". E di fronte all’accusa di eugenetica avanzata da Giuliano Ferrara, Livia Turco ha detto che questo modo di ragionare "é una sovrapposizione di schemi ideologici a una umanissima realtà. E’ lo scontro tra la vita come grande principio e quella delle persone. Il bambino era una potenzialità di vita e quì sta il dramma e occorre interrogarsi sulla capacità di accoglienza della donna rispetto alla quale non si può giudicare".
PM LEPORE: A CHIAMARE FORSE INFERMIERE MA ANONIMO
NAPOLI - Il procuratore capo di Napoli, Giovandomenico Lepore, ribadisce che al II Policlinico non "c’é stato alcun blitz, alcun intervento organizzato o precostituito". E punta, invece, il dito contro il "polverone mediatico". Intervenendo a ’Viva voce’, a Radio 24, Lepore ha nuovamente detto che "la telefonata proveniva dall’interno del Policlinico, al telefono era un uomo, potrebbe essere un infermiere. Verrà identificato ma, ribadisco, non ha lasciato le proprie generalità". La persona, ha raccontato il procuratore, "indicava la presenza di una donna in una precisa stanza del policlinico, chiusa in bagno per abortire. La centrale di polizia ha mandato un’ispettrice donna proprio per la situazione particolare e un agente uomo, entrambi in borghese. Sono saliti nella stanza, hanno trovato una donna in attesa e un letto vuoto e hanno saputo che la donna segnalata era in realtà in sala parto". Alla domanda se fosse il caso di intervenire proprio in quel momento, Lepore ha risposto: "La telefonata era attuale e diceva ’accorrete’ per cui si fa intendere che si sta commettendo un reato. La procura di Napoli d’altronde è sempre molto attenta sul fenomeno degli aborti illegali che a volte vengono effettuati anche nelle strutture pubbliche e molte volte da medici che si dichiarano obiettori. In passato abbiamo avuto denunce e rinvii a giudizio in questo senso. Quindi siamo intervenuti a tutela delle donne". "Non è stato alcun intervento organizzato o precostituito. Non è stato un blitz - ha ribadito Lepore - La privacy è stata violata, è vero, però qualcuno poi automaticamente ha chiamato i giornali montando un gran polverone. Non dico che la notizia dovesse rimanere segreta, ma proprio per rispetto della donna in questione si potevano benissimo fare le denunce del caso in un altro momento. Era un banalissimo caso di una denuncia che andava controllato e si è voluto creare una strumentalizzazione"
MANCINO, NON ANCORA APERTO FASCICOLO A CSM
ROMA - Non è stato ancora aperto il fascicolo al Csm chiesto da tutte le consigliere di Palazzo dei marescialli sulla vicenda di Napoli. E sulla sua sorte il Comitato di presidenza del Consiglio deciderà la prossima settimana. "C’é un documento che è stato presentato e sarà valutato la prossima settimana per decidere l’eventuale apertura di un fascicolo sul caso di Napoli- ha detto il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, a margine della cerimonia di insediamento del nuovo presidente del Consiglio di Stato, Paolo Salvatore- Occorre aspettare - ha detto Mancino - bisogna fare il comitato di presidenza e valutare".
BERTINOTTI, CASO NAPOLI? NO A CROCIATE IDEOLOGICHE
ROMA - "Credo che sia cresciuta giustamente una indignazione nelle parti più sensibili del Paese. E’ stata fatta una offesa al dolore di una donna che ha fatto una scelta drammatica che deve essere rispettata. Si preferisce invece fare violenza su una donna in nome di una crociata ideologica". Lo afferma il candidato premier della Sinistra Arcobaleno Fausto Bertinotti, a margine di una iniziativa sul clima, commentando le polemiche dopo il caso di aborto a Napoli. "Si colpiscono i diritti di una donna e delle persone - prosegue - e questo non è accettabile".
* ANSA» 2008-02-14 16:04
Se è in pericolo il destino dei diritti
di Stefano Rodotà (la Repubblica, 14 febbraio 2008)
Quale sarà il destino dei diritti e delle libertà civili nel nuovo tempo della politica che si è appena annunciato, e che assumerà tratti più netti dopo il voto del 13 aprile? Da Napoli è appena arrivata una inquietante risposta, tanto più grave perché dà la misura di un mutamento di clima.
Un mutamento di clima che, senza bisogno di cambiare le norme in vigore, determina una vera e propria aggressione nei confronti di chi altro non ha fatto che valersi dei diritti che le riconosce la legge sull’interruzione della gravidanza.
Il racconto della donna è davvero un caso di scuola di violazione della dignità della persona, dunque di uno dei principi fondativi della convivenza, come si legge nella nostra Costituzione e nell’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». Non basta dire, infatti, che s’era ricevuta una segnalazione anonima e che era necessario effettuare accertamenti. Proprio il carattere anonimo delle segnalazioni esige sempre prudenza nella loro utilizzazione, altrimenti la libertà e la dignità di ciascuno di noi vengono consegnate nelle mani di qualsiasi mascalzone. Vi erano molti modi per accertare se davvero si stava violando la legge, senza bisogno di piombare addosso alla donna e di farle domande assolutamente illegittime, come quella riguardante il padre. Ma ci si comporta così quando si ritiene di essere assistiti da un consenso sociale, quando si pensa che l’aria sia cambiata e che nell’agenda politica ed istituzionale a diritti e libertà spetta ormai un posto marginale. La vicenda napoletana ci ha purtroppo dato la tragica conferma di una regressione civile già in atto. Sarebbero urgenti, a questo punto, una reazione politica ed una istituzionale.
Chiunque abbia il senso delle istituzioni, merce purtroppo sempre più rara, dovrebbe esigere, nell’interesse di tutti, un chiarimento del modo in cui magistratura e polizia si sono comportate a Napoli, e l’individuazione delle specifiche responsabilità, come hanno chiesto le componenti del Csm. Siamo di fronte ad una violenza di Stato, che esige un immediato e pubblico ristabilimento della legalità. Solo così sarà possibile cancellare, almeno in parte, l’effetto intimidatorio che quella irruzione può avere nei confronti di tutte le donne che intendono far ricorso alla legge 194. Per quanto riguarda la reazione politica, sono ovviamente benvenute le proteste, le condanne. Ma non bastano. Non siamo di fronte ad un caso isolato ed isolabile, ma appunto alla rivelazione di un clima. E questo clima può essere cambiato solo se, con adeguata forza, si rifiuta l’agenda politica che l’ha determinato e a questa se ne oppone una più civile, rispettosa delle persone e della loro umanità, che rimetta al primo posto il riconoscimento e il rispetto dei diritti.
Dal centrodestra sono venuti segnali insistiti e chiarissimi. La radicale messa in discussione dell’aborto è netta, ha ormai una forte evidenza nella campagna elettorale, ben poco offuscata dalle variazioni tattiche di Berlusconi rispetto alla lista di Giuliano Ferrara, visto che lo stesso Berlusconi ha rilanciato proprio la parola d’ordine di Ferrara di proporre all’Onu ben più di una moratoria sull’aborto - il pieno riconoscimento del diritto alla vita del concepito. A queste proposte si aggiungono la posizione ostile ad ogni aggiustamento della legge sulla procreazione assistita, anche a quelli che una provvida giurisprudenza ha rigorosamente introdotto, mettendo in evidenza gli eccessi di potere del governo Berlusconi; la dura linea sulle questioni della sicurezza; la "questione privacy" proposta sostanzialmente come mezzo per limitare il ricorso alle intercettazioni anche in materie dove appaiono necessarie e per incidere sulla libertà d’informazione; e l’ipotesi di procedere ad una revisione anche della prima parte della Costituzione, quella appunto delle libertà e dei diritti.
Se questo è il catalogo, ormai evidentissimo, del centrodestra, quali segnali sono venuti dal Partito democratico e dalla Sinistra arcobaleno? Flebili, comunque privi finora della evidenza necessaria per presentarsi come un programma forte e coeso, capace di imporsi all’attenzione dell’opinione pubblica e modificare così l’agenda politica. Per il Partito democratico questo è anche il frutto di una difficoltà interna, testimoniata dalla pubblica adesione della senatrice Binetti alla proposta berlusconiana sull’aborto. Per la Sinistra arcobaleno è probabilmente l’effetto determinato dal ritardo di una effettiva elaborazione comune.
La passata legislatura lascia un’eredità pesante. Testamento biologico, unioni di fatto, disciplina delle intercettazioni sono lì a ricordarci una impotenza dell’Unione, la difficoltà estrema nel gestire politicamente situazioni complesse. Soprattutto per i primi due casi, si constatò in modo sbrigativo che non v’era la necessaria maggioranza parlamentare, e questo favorì all’interno dell’Unione le operazioni di chi volle chiudere nel cassetto testi significativi. Non si tenne conto che si trattava di materie che riguardano la vita di tutti, le decisioni sul morire e l’organizzazione delle relazioni affettive (e il nascere, legato alle nuove linee guida sulla procreazione assistita), sì che sarebbe stato necessario avere non solo un più netto atteggiamento davanti all’opinione pubblica, ma anche più coraggio parlamentare, portando in assemblea i disegni di legge, obbligando i senatori ad assumere esplicitamente le loro responsabilità e consentendo così ai cittadini di valutare meriti e colpe all’interno di entrambi gli schieramenti. In altre materie, quelle legate alla sicurezza pubblica in particolare, vi è stata una eccessiva propensione a soluzioni sbrigative, con una riduzione di problemi complessi a questioni di puro ordine pubblico, rendendo indistinguibile la posizione del governo da quella dell’opposizione. Di queste debolezze si è avuta una conferma ulteriore nelle materie sbrigativamente indicate con il termine privacy, che sono poi quelle che riassumono molti dei diritti legati al diffondersi delle nuove tecnologie. Un solo esempio. Con il decreto "milleproroghe" si è portato ad otto anni e mezzo il tempo di conservazione dei dati sul traffico telefonico, un non invidiabile record mondiale.
Che cosa potrà accadere nel prossimo Parlamento? La previsione più facile induce a concludere che, se prevarrà il centrodestra, la linea sarà quella della riduzione dell’autonomia delle persone nel decidere della loro vita (ricorso alla procreazione assistita, aborto, rifiuto di cure, decisioni di fine vita, unioni di fatto), dell’indebolimento delle garanzie in nome della sicurezza, della limitazione del controllo di legalità da parte dei giudici, che è una componente essenziale della tutela dei diritti. Ma questo non significherà necessariamente abbandono di una nuova normativa sul testamento biologico o sulla procreazione assistita. Regole su queste materie potrebbero servire per una finalità esattamente opposta a quella per la quale erano state finora pensate: chiudere ogni varco alla possibilità di giungere comunque al riconoscimento di diritti delle persone sulla base delle norme della Costituzione, come hanno fatto con grande rigore alcuni giudici.
La necessità di un diverso e chiaro programma in materia dei diritti è evidente. Questo programma, in primo luogo, deve essere dichiaratamente "conservatore", nel senso che deve consistere in una intransigente difesa dei principi costituzionali e in un loro coerente sviluppo nelle direzioni segnate dall’innovazione scientifica e tecnologica. È vero che queste innovazioni ci obbligano a confrontarci in modo assolutamente inedito con i temi della vita, dell’umano. Ma questa riflessione, e le conseguenze pratiche che se ne traggono, devono trovare la loro collocazione nel quadro di valori democraticamente definito, appunto quello costituzionale. Questo non esclude il confronto, la discussione, la prospettazione di punti di vista anche radicalmente diversi. Esclude, invece, la pretesa di imporre un altro quadro di principi, imposto autoritativamente, ritenuto "non negoziabile" perché espressione di verità non discutibili.
Giungiamo così al vero nodo politico e culturale, alla revisione costituzionale di fatto che si vuole realizzare avendo le prescrizioni delle gerarchie ecclesiastiche come unica tavola dei valori. Questo è uno dei punti condivisi di cui si vanta il Popolo delle libertà. Questa è la vera radice del rischio che corrono libertà e diritti, che non ha nulla a che vedere con l’anticlericalismo o con il "laicismo", ma ha molto a che fare con la democrazia. Un rischio che si aggrava ogni giorno, visto che l’interventismo delle gerarchie vaticane si traduce sempre più spesso in una precettistica minuta. Quale società si sta delineando?
Le debolezze politiche e culturali del passato centrosinistra sono nate anche su questo terreno, e si è rivelata sbagliata la linea di chi ha ritenuto che un atteggiamento morbido avrebbe consentito un progressivo superamento delle difficoltà. Il "politicismo" del rapporto esclusivo con le gerarchie vaticane non ha pagato e, anzi, ha aperto varchi sempre più ampi al loro intervento, mentre veniva trascurato e mortificato il rapporto con il mondo cattolico più aperto. Chiedere maggiore consapevolezza di questa situazione non significa incitare allo scontro. Significa mettere in chiaro, nella fase democraticamente essenziale della campagna elettorale, i propositi e le prospettive di azione di ciascuno. Anche su questo si costruirà il consenso delle forze politiche di centrosinistra e di sinistra.
CHE COSA AVREMMO VOLUTO RACCONTARE AL PD
Gay malati, pericolosi e anche nostalgici di Fassino il birmano
di Aurelio Mancuso Presidente nazionale Arcigay *
È un peccato che Alfredo Reichlin abbia detto no a Giuliano Ferrara. Un’audizione non si nega a nessuno, e poi al severo ex dirigente comunista bisognerebbe ricordare che le posizioni espresse dal direttore del Foglio sono ben viste da una parte non indifferente dei suoi ex compagni di partito. Ma è un peccato soprattutto perché rende più difficile l’accoglimento della richiesta di essere anch’io ascoltato, naturalmente non da solo, magari con una bella e plurale delegazione del movimento lgbt, per esporre alla commissione Valori del Pd le ragioni per cui oggi questo partito risulta essere ben più antipatico, per usare un eufemismo, anche rispetto a formazioni del centro destra.
Vorrei espormi alla senatrice Binetti, che non ho mai conosciuto di persona, per farmi accuratamente visitare, sicuro che grazie alla sua vasta e pluri decennale esperienza in materia riuscirà ad indicarmi una cura adeguata per la mia omosessualità. A tutto il gruppo, vorrei tentare di far comprendere come lo stupore annichilito di tante e tanti di noi, per le reiterate prese di posizione dei D’Alema, Tonini, Caldarola, Bobba, si sia ormai trasformato in soave abitudine. Tra di noi ogni giorno scommettiamo su chi dei dirigenti del Pd la sparerà più grossa. Dopo che D’Alema e Chiti ci hanno deliziato per tutto il periodo pre natalizio sulla loro contrarietà al matrimonio gay, mentre in Parlamento andava in scena una delle peggiori prese per i fondelli nei confronti di milioni di cittadini italiani, sotto il nome di decreto sicurezza, nello specifico norme anti discriminazione, ci attendevamo qualcosa di strong dalla discussione in atto in Campidoglio E, infatti, siamo stati accontentati abbondantemente, avendo potuto assistere per la letizia dei nostri occhi e delle nostre orecchie all’altissimo dibattito sul registro delle unioni civili nella sala Giulio Cesare; il condottiero era assente, ma i suoi seguaci non hanno deluso le aspettative.
Ecco, vorremmo raccontare con spirito costruttivo alla commissione dei Valori come ci sentiamo onorate e onorati di essere oggetto di tanta eticità sensibile, di tutto questo amore verso le nostre persone e i nostri diritti. Noi che non siamo nulla, poveri malati e anche un po’ squilibrati, sicuramente pericolosi estremisti, che come ha ricordato Sua Santità nel suo intervento di inizio anno, prontamente elogiato dal nostro buon ministro degli Esteri, mettiamo in pericolo la pace e la convivenza nazionale e internazionale. Eh sì, tra quelli come me e i seguaci di Osama non c’è molta differenza: loro si lanciano come kamikaze, fanno stragi, buttano bombe dappertutto e noi allo stesso modo ogni mattina ci adoperiamo per distruggere dalle fondamenta la società naturale della famiglia fondata sul matrimonio. Anzi siamo più subdoli, quindi, più pericolosi.
Vorremmo esternare davanti al presidente della Commissione Pd, l’incontenibile gioia per i passi avanti fatti dalla nuova formazione politica sui valori della laicità, delle differenze, del pluralismo, del rispetto dei progetti di vita e delle aspirazioni collettive ed individuali. Quando la mattina mettiamo in campo il piano di azione quotidiano, ci salta subito in mente come dare ulteriori argomenti ai vostri illustri dirigenti. Sapete, ci manca molto l’esclusione della Rosy al Convegno nazionale sulle Famiglie. E ci sentiamo quasi orfani delle belle parole sulle adozioni gay di Fassino: ce lo avete mandato in Birmania apposta? No, non potete negarci le vostre migliori performance. Per questo ci piacerebbe incontrarvi, guardarvi negli occhi, scrutare le vostre emozioni. Tra di voi qualche mela marcia c’è, e lo sapete. Con insensata protervia Benedino e soci continuano a lavorarvi ai fianchi, vi infastidiscono con inopportune lamentele e spropositate durezze; ci si mette pure quel mattacchione senzadio di Odifreddi e persino il mite Cuperlo fa la voce grossa. Chissà, sarebbe bello vedervi una volta tanto in minoranza, mentre venite invasi dagli ultra corpi, che come si sa da informazioni certe provenienti dallo Stato più informato del mondo, sono foraggiati dai servizi segreti europei, primo fra tutti quello spagnolo.
Tanto, godete di potenti intercessioni, c’è chi per voi parla direttamente con lo Spirito Santo, che agisce obbediente alle suppliche, e sta alacremente lavorando per il Partito di Dio. Ma forse riuscirete ancora a stupirci, magari con una mossa a sorpresa che ci spiazzerà tutte e tutti....Ci piacerebbe, ma la speranza è un sentimento un po’ troppo immateriale perché i comuni mortali ne possano godere appieno.
* Il Riformista, lunedì 07 gennaio 2008.
Inconsistenza
di Giovanni Sarubbi *
La nuova crociata neocon contro la 194. I responsabili diventano accusatori e le vittime colpevoli. E’ ora di dire tutta la verità su un fenomeno, l’aborto, tutto "cattolico".
E’ ricominciata la crociata contro l’aborto. Protagonisti ancora una volta i “maschi”, Giuliano Ferrara ed il Card. Ruini in primis, ma poi Bondi, Buttiglione, Casini....
E ancora una volta si distorce la verità dei fatti, si mistifica il problema con i colpevoli che diventano gli accusatori e le vittime poste sul banco degli imputati.
Si perché l’aborto, così come il divorzio, è un problema che riguarda principalmente quanti si dichiarano “cattolici”. E’ noto, per esempio, che l’80% dei divorzi in Italia avviene in coppie che hanno celebrato il loro matrimonio in chiesa, davanti “al Signore”, magari con benedizione apostolica. Così come gli aborti, soprattutto quelli clandestini, che sono praticati la dove più forte e radicato è “il cattolicesimo” inteso come religione di Sato, con tanto di santi patroni, processioni, flagellazioni e quant’altro va sotto il nome di “pietà popolare”. E’ quanto, per esempio, ho potuto appurare con una mia inchiesta di qualche anno fa nella provincia di Avellino che detiene il record di aborti di tutta la regione. La spiegazione di questo “record” veniva attribuita, soprattutto negli ambienti cattolici, alle donne “napoletane” che venivano nell’ospedale di Avellino per abortire, dove con il termine “napoletane” si sottintendeva quello di “donnaccia” (il razzismo è proprio senza confini!). Durante il mio lavoro di indagine scoprii che in realtà le cose non stavano così. Il primato di aborti per la provincia di Avellino era tutto irpino. Anche le “cattolicissime” donne irpine abortivano ed anch’esse andavano in altre città ad abortire, per evitare lo “scandalo” di una maternità in minore età derivante da assoluta mancanza di educazione sessuale ed in particolare per il mancato uso di anticoncezionali, di cui nessuno mai parla. Ho scoperto poi che la “cattolicissima” irpinia aveva anche un altro primato, quello delle ragazze madri minorenni abbandonate dai propri genitori, “cattolicissimi”, ed assistite dagli enti locali, comune e provincia, per non aver voluto abortire. Sono convinto, dalla lettura delle statistiche Istat, che la realtà che ho potuto constatare direttamente in Irpinia sia rappresentativa dell’intera realtà italiana, soprattutto di quelle zone “tipicamente cattoliche”.
L’aborto, passatemi l’espressione, è in realtà una “malattia” tipicamente “cattolica”, figlia del perbenismo, dell’ipocrisia, di un mondo che con il Vangelo di Gesù non ha nulla a che vedere. L’aborto è figlio di una religione nella quale la donna è considerata una schiava, del padre prima, del marito poi, diseducata alla gestione dei propri sentimenti, del proprio corpo, della propria sessualità, dei propri diritti di essere umano. Di una donna considerata sempre come tentatrice, peccaminosa, sporca, buona esclusivamente a prostituirsi e a vendersi al miglior offerente, causa di tutti i mali possibili. Il famoso film “Magdalene”, che racconta la vicenda ambientata nella “cattolicissima” Irlanda di una ragazza violentata da un “cattolicissimo” ragazzo maschio, traccia un quadro assolutamente reale di ciò che è il “cattolicesimo”. L’aborto ed anche il divorzio rappresentano inequivocabilmente il fallimento di una religione, quella “cattolico romana”, impossibile da praticare per i suoi adepti, tanti sono i precetti che la contraddistinguono, e che quindi adottano comportamenti che in natura avvengono solo in presenza di gravi malattie che impediscono alla madre di portare a termine la propria gravidanza. Così come tipicamente “cattolico” sono i cosiddetti “figli della madonna”, bambini e bambine abbandonati appena nati negli orfanotrofi dalle ragazze madri, private del loro diritto a crescere la creatura che hanno portato in grembo per “la vergogna” di una nascita avvenuta “fuori dal matrimonio”, il tutto con la benedizione delle istituzioni ecclesiastiche che da sempre hanno gestito tali strutture.
Questa è la realtà vera che sta dietro l’aborto, soprattutto all’aborto clandestino che ancora oggi, anche se i misura ridottissima grazie alla 194, viene praticato nel nostro paese. Del resto che l’Italia sia un paese a maggioranza cattolica (oggi poco più dell’80% della popolazione si dichiara tale), c’è lo ripetono in tutte le salse in ogni occasione. E’ quindi del tutto logico, e le statistiche confermano, che anche coloro che praticano gli aborti o i divorzi siano nella loro maggioranza cattolici. Ma da questo dato di fatto nessuno vuole trarre le dovute conseguenze e porre sotto accusa chi deve esserlo per precise responsabilità oggettive.
E sul banco degli accusati dovrebbero sedere le gerarchie cattoliche, le loro dottrine assurde e disumane, l’inconsistenza che esiste fra il loro pontificare sull’aria fritta ed il fare dei “fedeli cattolici”, l’ipocrisia di cui hanno riempito la società, a cominciare da quella che li vede condannare il divorzio facendosi poi sostenere nelle loro rivendicazioni da pluridivorziati nonché plurimiliardari. Dovrebbe essere lo stato Italiano a chiedere alle gerarchie cattoliche il risarcimento per tutte le spese sanitarie e assistenziali improprie derivanti dal fallimento della loro predicazione e delle loro dottrine, altro che mettere in discussione la 194 o voler imporre un’etica che fa acqua da tutte le parti.
Ed invece no. Unici al mondo coloro che dovrebbero essere condannati per i veleni che diffondono si trasformano in accusatori, mettono sul banco degli imputati le vittime, cioè le donne, criminalizzano quanti per esempio parlano di educazione sessuale, di anticoncezionali, giungendo persino, loro presunti difensori della “vita”, ad impedire anche le tecniche per la fecondazione assistita per le coppie sterili. Ipocrisia elevata all’ennesima potenza!
Ci sono organizzazioni religiose che impongono ai loro adepti norme di comportamento etico molto particolari. Penso per esempio ai Testimoni di Geova che vietano ai propri adepti di accedere alle trasfusioni di sangue. Chi non rispetta tale norma viene escluso dalla congregazione. Altre religioni hanno norme e regole etiche che i rispettivi fedeli accettano pena l’esclusione, quali ad esempio il non mangiare carne di maiale per i musulmani. Nessuna di queste religioni però chiede allo Stato di introdurre questa o quella norma etica a livello legislativo così come invece fa la religione cattolica romana, che ha scambiato il nostro paese per una succursale dello “Stato Città del Vaticano”, riedizione in sedicesimi di quel potere temporale dei Papi che con il Vangelo di Gesù non ha proprio nulla a che vedere. Chi non ha la forza morale di far rispettare le proprie regole etiche ai propri fedeli abbia quantomeno il buon gusto di tacere. Il miglior modo per educare qualcuno a seguire una certa etica è quella della pratica personale, fatta per convinzione profonda e non per coercizione da parte dello Stato.
Non abbiamo ovviamente nulla da insegnare ad alcuno ne primogeniture o verità da rivendicare. Ma crediamo sia ora che i cattolici italiani, semplici fedeli o chierici che siano, facciano un bilancio serio della propria religione, delle proprie dottrine, dei frutti che tali dottrine hanno prodotto nella società, della responsabilità che i cattolici hanno per come nel corso dei decenni si è venuta configurando la società italiana. Di ciò che si fa e di ciò che si dice bisogna avere il coraggio di saper cogliere sia le cose buone sia e soprattutto le cose cattive. E se, come diceva qualcuno duemila anni fa, è dai frutti che si giudicano gli alberi, sappiano poi i cattolici trarre tutte le conseguenze del caso, compreso quello di tagliare l’albero non buono alla radice per poi ricominciare a seminare.
EDITORIALE. UNIONE DONNE IN ITALIA: DI QUESTO [Dall’Udi - Unione donne in Italia (per contatti:udinazionale@tin.it) riceviamo e diffondiamo]
Come si fa a non sospettare che il periodico rigurgito "sulla 194" non sia in realta’ il solito espediente per ricordare a tutte che la nostra e’ una liberta’ condizionata?
La verita’ e’ che le richieste di modifica della 194 prescindono dalle statistiche e dalla stessa realta’: l’aborto tra le italiane e’ in costante diminuzione, la natalita’ e’ aumentata, sono costrette a ricorrere all’aborto soprattutto le donne straniere che non possono liberamente accedere alla contraccezione.
La verita’ e’ che abbiamo davanti un Parlamento che balbetta e nel quale la laicita’ annaspa. Fuori e dentro di esso, la Cei con toni insinuanti e ipocritamente protettivi nei confronti delle donne, interviene a reclamare modifiche, pur mostrandosi refrattaria, come sempre, alla contraccezione.
E’ vero, la legge 194 ha trenta anni e forse si potrebbe insieme - uomini e donne, cattolici e laici, italiane e immigrate - ragionare per renderla piu’ funzionale e piu’ adeguata alle avanzate possibilita’ che la scienza ci offre: tutte le possibilita’.
Ma, in assenza di atti e di parole che garantiscano un reale confronto, si alimentano l’ostilita’ e il dubbio che quello che si vuole veramente e’ contrastare la piena liberta’ per le donne di decidere: nei rapporti con l’altro sesso, sul lavoro, in politica e soprattutto rispetto al loro corpo fertile.
Questo e’ il vero problema.
Non fonderemo niente di nuovo se non si mettono le basi per una responsabilita’ duale della vita. Dove duale non vuol dire che gli uomini decidono insieme alle donne della loro pancia, ma che uomini e donne fanno della loro differenza il possibile cardine per una convivenza civile.
Alla base di questa differenza c’e’ pero’ una disparita’: le donne hanno un corpo fertile, le donne possono concepire. E possono - se vogliono, quando vogliono - far nascere, quindi dare la vita.
Quando una donna decide di non portare avanti una gravidanza, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, assume una responsabilita’ di cui, in coscienza, e’ l’unica titolare.
Ogni essere umano e’ al mondo per volonta’ di una donna.
Parliamo di questo.
Non giriamo intorno al problema.
La liberta’ delle donne passa per l’autodeterminazione e il suo esercizio segna i confini tra una possibile democrazia e l’incivilta’.
L’autodeterminazione femminile nella legge 194 e’ l’unica acquisizione di questa democrazia che possiamo traghettare in una democrazia paritaria come atto politicamente condiviso tra uomini e donne.
Questi sono i termini della questione che noi riteniamo debbano essere discussi e lo faremo pubblicamente. Ci renderemo ovunque visibili e riconoscibili e parleremo con uomini e donne di buona volonta’ che hanno a cuore un autentico dibattito politico.
Lo faremo con chiarezza e fermezza, affinche’ la possibilita’ di decidere delle donne sia piena e autentica.
Di decidere ovunque, nel mondo.
Ovunque, del nostro corpo.
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Unione Donne in Italia
sede nazionale: via dell’Arco di Parma 15. 00186 Roma, tel, 066865884,
e-mail: udinazionale@tin.it, sito: www.udinazionale.org
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* NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE. Numero 151 del 5 gennaio 2008
Supplemento de "La nonviolenza e’ in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo,
tel. 0761353532,
e-mail: nbawac@tin.it
LA “SACRA” FAMIGLIA OLTRE LA FAMIGLIA*
La liturgia di questa domenica sottopone alla nostra meditazione, in una giustapposizione fin troppo eloquente, il passo del Vangelo di Matteo 2,13-15.19-23 con la pericope desunta dal libro sapienziale di quel “conservatore illuminato” che è Gesù Ben Sira (Siracide 3,2-6.12-14) e il passo preso da Col. 3,12-21 in cui Paolo elenca i diritti-doveri che inglobano la rete dei rapporti familiari. Parlo di “una giustapposizione fin troppo eloquente” perché trovo la scelta tutta interna ad una visione oleografica della famiglia e ad una interpretazione del messaggio biblico ad essa del tutto funzionale. Insomma ci troviamo di fronte al tentativo di assumere come dato di natura un modello datato di famiglia ed evidenziare della Bibbia quei passi che lo rendano anche sacro!
Ben diverso sarebbe il messaggio se, per esempio, nel brano di Matteo non fossero stati eliminati i versetti 13-20, là dove si narra della “strage degli Innocenti”, o se, in sua vece, si fosse proposto alla riflessione Luca 2,41-50 (Gesù dodicenne a Gerusalemme che rivendica la sua indipendenza) o Matteo 12,46-50 (Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?)... E per allargare ancora il discorso, pur restando nel seminato già tracciato, mi chiedo quale sarebbe stato il comportamento di Gesù adulto di fronte alla minaccia del potere. Non vi sembri blasfema o azzardata l’ipotesi. Ma noi che conosciamo ciò che Gesù ha detto e ciò che Gesù ha fatto, non possiamo restare prigionieri di una singola pagina, catturati da uno specifico episodio, soprattutto quando si tratta, come nel nostro caso, dei vangeli dell’Infanzia. E’ giusto allora, anzi doveroso, chiedersi cosa avrebbe fatto un Gesù adulto e padre di famiglia, di fronte alla minaccia: si sarebbe dato alla fuga o sarebbe andato incontro “a muso duro”, per usare una espressione evangelica, verso la Croce?
Il messaggio evangelico, noi sappiamo bene, non contiene ricette “prêt à porter”, né offre “menù à la carte” di immediato consumo, ma apre orizzonti dentro i quali si gioca la nostra piena responsabilità. La Parola biblica non è una parola assertiva ma rivelativa, non definisce ma illumina. L’ascoltatore, di conseguenza, non è un esecutore dalla bassa manovalanza ma un artefice dalle più ardue intraprendenze; e l’obbedienza, allora, fa rima con la coscienza, più che con l’ossequio. In questa nuova luce sono eloquenti anche i silenzi...; e il silenzio dei Vangeli sulla famiglia è sconcertante.
Nei quattro Vangeli la parola “Famiglia” ricorre soltanto tre volte e solo per indicare appartenenze, mai per indicare quella “cellula fondamentale della società” di cui troppo spesso ci si riempie la bocca. D’altra parte quale legittimazione reclamare a difesa della famiglia da parte di un “Eu-anghelion” che dichiara superati i rapporti di carne e di sangue e che pone come pregiudiziale alla sequela la necessità di una seconda nascita? E’ per rinascere che siamo nati, ebbe a scrivere Pablo Neruda!
Più che rivendicare provvedimenti di tutela e di protezione verso la famiglia, noi cristiani dovremmo cercare di aprire le famiglie a ben altri orizzonti. Ci ritroveremmo compagni di strada con quanti, anche non credenti, vorranno coniugare il verbo dell’amore con i termini della giustizia e della solidarietà e non troveremmo remore nel riconoscere nella famiglia "una risorsa fondamentale”, ma solo “se sa educare i suoi membri all’apertura e alla responsabilità verso i propri simili; vi scorgeremmo un pericolo mortale se si chiude su se medesima coltivando egoismo familistico" (G. Zagrebelsky ).
Niente a che fare, quindi, con i nostalgici o i mestatori del “family Day”: le loro logorree retoriche sulla famiglia sono agli antipodi del messaggio evangelico, al limite della profanazione. Rubando le parole alla cara e preziosa Adriana Zarri “dico no a quel dio usato come cemento nazionale, a quella patria spesso usata per distruggere altre patrie, a quella famiglia chiusa nel proprio egoismo di sangue. Non mi riconosco tra quei cittadini ligi e osservanti che vanno in chiesa senza fede, che esaltano la famiglia senza amore, che osannano alla patria senza senso civico”.
Antrosano, li 8 novembre 2007
Aldo Antonelli
* La redazione di Adista mi ha chiesto, a suo tempo, di commentare le letture di tre domeniche: 30 dicembre, 6 e 13 gennaio. Vi propongo la meditazione sulle letture di domani, festa della "Sacra Famiglia", pubblicata sul numero 85. Buona domenica. Aldo
Aborto, referendum come sfida
di ANTONIO SCURATI (La Stampa, 07.01.2007)
L’Italia non è un Paese cattolico. Le chiese sono vuote, le vocazioni estinte, i testi sacri ignorati. Soprattutto, le scelte di vita fondamentali degli italiani non sono ispirate ai precetti della Chiesa. Si tratta di un fatto di portata ben più ampia della laicità dello Stato. Si tratta di riconoscere che la grande maggioranza degli italiani vive e pensa da laica e da materialista.
La questione dell’aborto ne è la dimostrazione: si rimettano gli antiabortisti alla volontà degli italiani. Se davvero sono convinti del carattere universalistico della loro idea di sacralità della vita, propongano un referendum. Verrebbero pesantemente battuti. Lo dicono i sondaggi, lo dice un’onesta osservazione del mondo, lo dice l’intelligenza della contemporaneità. Questa facile previsione dovrebbe già di per sé stabilire un principio indiscutibile: nessun iter legislativo di revisione della 194 è ammissibile se non lo stesso dal quale quella legge scaturì 27 anni or sono. Vale a dire il grande pronunciamento democratico del referendum. Ogni altro percorso sarebbe esercizio dispotico di potere politico, manipolazione faziosa degli strumenti di deliberazione legislativa, oltraggio al comune senso della vita degli italiani odierni. Ma perché allora le voci più oltranziste degli apparati ecclesiastici e quelle dei laici in odore di conversione sono tanto in dissonanza con il sentimento della vita della maggioranza dei loro contemporanei? È forse una fede più salda a ispirare la loro veemente difesa del presunto «valore della vita», è forse una ragione più alta? No, è un panico morale. La stigmatizzazione dell’aborto legale come crimine contro l’umanità, i toni efferati con cui si evocano «genocidi paranazisti» e «stragi di innocenti» testimoniano non di una forte e libera identità culturale cristiana in seno alla nostra società ma di un suo smarrimento, di un’improvvisa e angosciante sensazione di debolezza dei confini del gruppo dei cattolici nel mondo attuale.
Nuovi attori sociali fanno il loro ingresso prepotente e caotico nella società civile - le donne emancipate, gli omosessuali, le giovani generazioni compiutamente atee e materialiste pur essendo estranee al comunismo - e gli alfieri della tradizione vengono presi dal panico, reagiscono tracciando una linea netta tra il bene da un lato e il malvagio dall’altro. Presi dal panico, cercano incarnazioni del peccato, rappresentazioni instabili e a rapida coagulazione del male. È un cattolicesimo debole questo in preda al panico morale, non un cattolicesimo forte della propria convinzione metafisica. Un cattolicesimo che si svilisce a dottrina morale e di lì subito precipita in partito politico, per altro oramai minoritario, sebbene assurdamente corteggiato e blandito da tutte le altre forze dell’arco parlamentare. Questi cattolici in preda al panico vanno rassicurati: la morale cattolica non è l’unica morale, la civilizzazione umana non cessa con il tramonto dell’egemonia culturale del cattolicesimo, la visione del mondo laica e materialista porta con sé un nuovo umanesimo. Anche per il pensiero materialista la persona umana è un valore supremo, non meno che per lo spiritualismo cristiano, solo che nell’ottica di un’etica laica la persona è l’insieme delle condizioni di vita materiali di un individuo, non un riflesso indecifrabile di un sempre più enigmatico volto divino. La visione materialista - dalla quale scaturirono le correnti migliori della tradizione socialista - non avendo altro orizzonte che quello dell’esistenza terrena, la prende terribilmente sul serio. Quest’ottica conduce a farsi carico dell’esistenza umana nelle sue condizioni concrete invece di limitarsi a proclamare genericamente il principio a priori della sacralità della vita.
Per questo motivo, la predicazione massimalista degli antiabortisti, così come la crociata contro gli anticoncezionali che l’accompagna, rischiano di apparire come le aberrazioni di un umanesimo senz’uomo. Anzi, senza la donna. La religione teologica della vita, nei suoi eccessi fondamentalisti, predica la cura dell’anima dopo la morte o il culto del principio della vita prima della nascita, a rischio di una sostanziale indifferenza per la storia umana che si svolge nel mezzo, nella parentesi tra le cose prime e le cose ultime. L’etica laica si ribella a questa visione, il suo umanesimo materialista le oppone non un’irresponsabilità nichilista ma un’appassionata perorazione dell’esistenza. Ci può essere un’immorale vigliaccheria nell’incantamento per gli assoluti, nella predicazione di principi sacri. A questa, il laico materialista preferisce la coraggiosa lotta con l’angelo della storia e con il demone della contingenza. Invece di divinare la vita in una macchia di gelatina fetale, il laico materialista si affannerà ad aprire asili cui le madri lavoratrici possano affidare i loro bambini, a riaprire consultori dove le adolescenti possano essere educate sessualmente e assistite medicalmente per evitare gravidanze improvvide, a creare condizioni di lavoro stabili per futuri eventuali padri responsabili, si chiederà come vivranno i bambini non voluti, non amati, i bambini deformi e malati fin dalla nascita, come vivranno miliardi di uomini messi al mondo in condizioni miserabili e in assenza di metodi anticoncezionali, preferirà un aborto medicalmente assistito a un feto strappato a cucchiaiate dal ventre materno. Insomma, il laico materialista sceglierà il male minore per un bene possibile invece di aborrire il male assoluto in nome di un bene impossibile.
Il sì alla vita del laico materialista benedirà la creatura in carne e ossa, anche a costo di dire di no al brivido misticheggiante per ciò che rimarrà increato. La carne, le ossa, le lacrime, il sangue sono l’unica cosa che ci riguarda in quanto cittadini membri di una comunità politica. Messe tutte assieme fanno ben più di una poltiglia di materia cieca, fanno l’unica misura comune a un’umanità magari disperata ma ancora appassionata di se stessa. Essere laici e materialisti, oggi più che mai, significa dover fare i conti con lo spettro del nichilismo, ma significa anche prendere sul serio l’esistenza e la sofferenza degli uomini.
Quel filo-abortista di Ferrara
di Alessandro Robecchi *
E’ veramente strabiliante che tutti i giornali (manifesto compreso) si ostinino a definire il probabile partitino di Giuliano Ferrara come una «lista antiaborista». Per completezza di informazione e correttezza semantico-politica, vorrei far notare che l’ipotetica formazione del direttore del Foglio è a tutti gli effetti una lista a favore dell’aborto e della sua incontrollata diffusione, meglio se illegale.
Se la legge 194 ha praticamente debellato la piaga dell’aborto clandestino e ha più che dimezzato gli aborti italiani, attaccarla con toni da crociata non è altro che una squillante e vergognosa battaglia a favore dell’aborto.
Riconoscendogli una certa arguzia, molti sostengono che Ferrara sia abile a rovesciare le frittate a suo favore, ma è forse venuta l’ora di riposizionare la frittata per il verso giusto: attaccare una legge che funziona (pur a stento e faticosamente) non è altro che un attentato alla sofferenza di chi affronta scelte drammatiche. La burbanzosa leggerezza con cui si trattano temi tanto spinosi per edificare l’ennesimo partitino privato dovrebbe almeno indurre a prudenza su parole e simboli.
Spiace per Ferrara e per la sua arguzia, ma in Italia lo slogan «Aborto-no-grazie» è stato realizzato proprio dalla legge 194 e non dal fuoco di sbarramento Vaticano. Quanto all’altro nome in ditta, «Lista per la vita», c’è da sbalordire.
Per anni, da quando è iniziata la mattanza irachena, Giuliano Ferrara ha esercitato in modo acritico e feroce la sua soave apologia della guerra. Ora che gli iracheni morti sono oltre un milione, fregiarsi della parola «vita » in un simbolo elettorale suona come feroce sberleffo.
Della vita, della morte, del dolore della gente bisogna parlare sottovoce, con rispetto. Invece si sbraita, entrando come un elefante in una cristalleria cristalleria. Si dice che a Ferrara piaccia parlar chiaro. Lo faccia anche questa volta e chiami la sua lista per quello che è: propaganda filo-abortista.
Da "il Manifesto" del 14 febbraio 2008