Morto Vittorio Foa, aveva 98 anni. Una nota biografica

lunedì 20 ottobre 2008.


-  Vittorio Foa, voce critica
-  e alta della sinistra italiana

-  Politico, giornalista e scrittore

ROMA Nato il 18 settembre 1910 a Torino da una famiglia di origine ebraica, Vittorio Foa nel 1931 si laurea in Giurisprudenza e nel 1933 entra nel movimento di Giustizia e Libertà. Inizia così un periodo di attiva cospirazione e di forte impegno politico contro il regime fascista. Il 15 maggio 1935, all’età di 25 anni, viene arrestato su segnalazione di un confidente dell’Ovra (la polizia segreta fascista) e denunciato al Tribunale Speciale che lo condanna a 15 anni di reclusione, che sconterà nel carcere di Civitavecchia, assieme ad Ernesto Rossi, Enrico Bauer e Massimo Mila. Esce dal carcere il 23 agosto 1943, all’età di 33 anni. Il governo Mussolini era caduto il 25 luglio, ma solo dopo gli scioperi di Milano e Torino e le pressioni dei partiti antifascisti, il maresciallo Badoglio si decide a liberare Foa e i suoi compagni.

Dal settembre del 1943, raggiunta la libertà, partecipa attivamente alla Resistenza come dirigente del neonato Partito d’Azione. Il 2 giugno 1946 viene eletto deputato all’Assemblea Costituente e diventa membro della «Commissione dei 70». Gli art. 39 e 40 della Costituzione, che riguardano la libertà e organizzazione sindacale e il diritto di sciopero, in aperta antitesi con i valori fascisti, sono anche opera sua. Nel 1948 entra nella Cgil con incarichi di direzione dell’ufficio economico. Nel 1953 viene eletto deputato nelle liste del Partito Socialista: sarà confermato a tale carica altre due volte (1958 e 1963). Nel 1955 diventa segretario nazionale della Fiom e nel 1957 entra nella segreteria nazionale della Cgil: sarà un dirigente sindacale di lungo corso e molto ascoltato, sia nelle vesti di «massimalista» che di «riformista».

Nel 1964 partecipa alla prima scissione «da sinistra» del Psi e diventa uno dei principali animatori, con Lelio Basso, del partito che da quella scissione nasce, il Pspiup, che abbandona alla fine degli anni Sessanta per buttarsi nella fondazione di una nuova formazione politica questa volta a sinistra del Pci, il Pdup, ma parteciperà poi anche alla nascita della Nuova sinistra unita. Ambiti diversi e lontani tra loro e una capacità «libertaria» di cambiare punto di vista fuori dalle logiche di partito, stante che l’antifascismo e il socialismo saranno sempre, per Foa, un modo di pensare, agire, vivere. Un itinerario, dunque, che appare ondivago e apparentemente incoerente, ma permette a Foa di essere in prima fila nel cuore della storia recente: dalle lotte operaie del boom economico al 1968, dai movimenti della nuova sinistra post-sessantottina alla condivisione della «svolta» del Pci e alla vicinanza con Pds e Ds prima e con l’Ulivo poi, Foa si schiera sempre con ciò che ha le sembianze dell’innovazione. La curiosità, in lui, diventa metodologia politica e perfino esistenziale. Ma alla fine degli anni Settanta decide di lasciare gli incarichi sindacali e politici per tornare agli studi e alla libertà della ricerca: insegna Storia Contemporanea nelle Università di Modena e di Torino, studiando la storia e le lotte movimento operaio in numerosi volumi. Sono gli «anni del silenzio».

Alla fine degli anni Ottanta Foa torna a partecipare attivamente alle discussioni in atto nella sinistra italiana che sfociano nella «svolta» di Achille Occhetto del 1989 che segna la fine del Pci e la nascita del Pds. Il Pci si divide e Foa, che comunista non è mai stato (anzi: era sempre stato in polemica con il Pci), viene eletto senatore nelle fila del Pci-Pds (1987-1992). Da allora si ritira a vivere a Formia (Latina), con la sua compagna Sesa Tatò, che ha condiviso con lui tutta una vita. Una delle sue ultime immagini pubbliche sono quelle del palco di piazza San Giovanni a Roma il 14 settembre 2002, alla manifestazione dei «girotondi». L’ultranovantenne Foa, con una frase a effetto («Non vi vedo, ma vi sento. Voi mi date speranza») afferma la necessità di «esserci» ancora, nonostante i problemi alla vista. Anche all’ultimo congresso di Pesaro dei Ds (2002) e alla convention di nascita della lista unitaria (2004) i videomessaggi di saluto di Foa commuovono e fanno pensare, oltre a suscitare entusiasmo, non solo in quanto testimone di un secolo e decano della politica ma perché forte di una curiosità laica e intellettuale che gli ha sempre permesso di mettersi in ascolto e cercare di capire il nuovo, non contrapponendovi né la propria formazione politica d’altri tempi né un’ideologia inflessibile.

Da questa versatilità e acutezza derivano le sue originali annotazioni su Internet, sulla modernità della scienza che può arrivare a modificare l’uomo, sul bisogno incessante di comunicare con gli altri per capire e cambiare se stessi. Foa ha pubblicato, tra l’altro, presso Einaudi, Il Cavallo e la Torre. Riflessioni di una vita (1991), Questo Novecento (1996), Lettere della giovinezza (1998), Il tempo del sapere. Domande e risposte sul lavoro che cambia (con A. Ranieri, 2000), Passaggi (2000), Il silenzio dei comunisti (2002). L’ultima sua opera è La memoria è lunga (Einaudi, 2003), libro di 80 pagine e video di 50 minuti. Nei suoi scritti recenti Foa si arrovella sull’interrogativo «Perché la destra ha vinto le elezioni?», ricorda in modo nitido e commosso gli amici Norberto Bobbio, Massimo Mila, Ernesto Rossi e molti altri, spiega perché l’unità in politica deve sempre concepirsi tra diversi e mai come appiattimento, ha lo sguardo costantemente rivolto al futuro e alla contaminazione con diversi punti di vista, oppone il rifiuto etico a una visione della politica ridotta a contrattazione privata, riflette sulla pericolosa irrilevanza del linguaggio che diventa disimpegno etico. In Un dialogo (Feltrinelli), libro-conversazione con lo storico Carlo Ginzburg (2003), s’interroga sui rapporti tra socialisti, militanti del Partito d’azione e Pci evidenziando un eccesso di silenzio benevolo nei confronti dei rapporti tra il partito di Togliatti e l’Unione sovietica. Silenzio che ha riguardato lui stesso, facendo prevalere le ragioni dell’unità sulla necessità della denuncia. Parole che indagano e fanno discutere, le sue, come dimostra questa rassegna tratta da alcuni dei suoi scritti più recenti e autobiografici.

* La Stampa, 20/10/2008 (15:44)


IL PARADIGMA ANTIFASCISTA (Intervista a cura di alisia Poggio, 2001)


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