I DUE DINO
LA CHIESA DELLA SOLIDARIETA’ E LA CHIESA DELL’INDIFFERENZA E DEL SILENZIO
Dino Boffo riceve la solidarietà di tutta la CEI e del Vaticano al completo, l’altro Dino, il gay accoltellato a Roma, solo indifferenza e silenzio
di + Giovanni Climaco Mapelli Arcivescovo
Una breve riflessione mi ha suscitato tutto il baillame accaduto in questi giorni di fine vacanze in Italia intorno al cosiddetto "caso Boffo":
il Direttore di Avvenire, il quotidiano dei Vescovi italiani, si è dimesso dopo le accuse mossegli dal Giornale di Feltri (di proprietà casa Berlusconi) di essere un omosessuale, che nel 2002 aveva molestato pesantemente la moglie di un uomo col quale lui intratteneva una relazione omofila e di essere stato per ciò stesso condannato dal Tribunale di Terni.
Ebbene, più di tutto il can can mediatico e politico che si è sollevato, con prese di posizione altisonanti, da politica di bettola italiana come di fatto è da tempo, mi ha colpito l’attestato unanime di tutta la Chiesa cattolica romana ai suoi vertici verso un gay tra l’altro processato per un reato di carattere passionale collegato ad una relazione omosessuale o omofila. Non può non balzare anche all’occhio del più distratto tra gli spettatori di questa kermesse della solidarietà cattolica una totale disparità di trattamento, un assoluto diverso e ingiusto modo di trattare le persone da parte dei Vescovi e Cardinali.
Da una parte le solidarietà si sprecavano per Boffo, dall’altra nessuna parola, neanche una, neanche la più timida e semplice per i gay che in questi giorni stessi sono stati presi di mira da una escalation di omofobia e di violenza inaudita.
A Roma un altro Dino, che non si chiamava Boffo, è stato aggredito e accoltellato e giaceva da giorni in un ospedale della capitale, quasi in fin di vita.
Era un ragazzo gay che ha pagato un gesto di affetto, un bacio o un abbraccio, al suo compagno, con una coltellata in pancia, perchè non doveva esprimere in pubblico quell’amore, quel suo sentimento di amicizia e amore ad un altro ragazzo, ad un altro uomo. Era per difendere la purezza e illibatezza dei sentimenti di due ragazzini quattordicenni presenti alla scena di affetto tra gay, che quell’energumeno gli ha sferrato in pancia la lama di un coltello, dicendo poi di essere stato provocato.
Oggi leggiamo però di minorenni che in gruppo, o in branco stuprano una ragazzina di sedici anni: le due cose sembrano distanti in realtà hanno qualche collegamento.
I paladini dell’omofobia, dell’odio verso il gay perchè ama "diversamente", sono gli stessi che disprezzano la donna, la sua dignità femminile, fino al punto da violentarla in tanti, a turno.
E’ l’idea maschilista della società e dei rapporti umani: l’altro viene usato e abusato,l’altro non ha una dignità propria, è solo un oggetto che deve soddisfare i miei desideri o le mie pulsioni.
Nel caso del gay è una persona indegna di vivere, perchè disorienta la mia pulsione eterosessuale di maschio pronto a dominare e a violentare e mette in crisi la mia idea di virilità, dall’altra la donna è l’oggetto da sfruttare e da dominare poichè è lei che suscita gli impulsi che non so dominare, ed è lei che deve pagare per ciò che mi provoca dentro.
La donna che non si concede, colpevole di provocare le mie pulsioni, è la donna che merita di essere stuprata, poichè è solo col possesso e il soddisfacimento brutale dei miei istinti che io metto a tacere la debolezza che lei stessa mi fa’ provare quando sento il bisogno del suo corpo. E’ chiaro che non vi è educazione sentimentale e sessuale qui.
A qualcuno poi forse potrà sembrare strano o addirittura sconvolgente, ma questo modo di pensare è il modo stesso di una cultura e di una teologia cattolica arcaica. Quella che metteva nella pulsione sessuale stessa un’idea originaria di male, una specie di peccato oiginale,e che poi trovava nella sublimazione della castità il bene supremo: è ovvio che una tale soluzione del problema sessuale non trovava molti adepti e che di fronte a pochi asceti, lunga era anche nella Chiesa la scia di coloro che vivevano nel compromesso.
Ora, l’idea del sesso come demone da dominare ha prodotto menti giovanili demoniache,poichè di fatto del sesso non conoscono nulla (e non devono conoscere nulla! questo era l’imperativo moralista), e soprattutto non hanno neppure un’idea relazionale e interpersonale della sessualità, come scelta e libertà della persona, abituati come sono da famiglie e genitori sostanzialmente arcaicamente cattolici quand’anche nemmeno più praticanti, a trattare il sesso con disprezzo o sotto l’interdetto del silenzio (il classico tabù ) e come mero impulso: lo stesso impianto arcaico della dottrina sessuale della Chiesa cattolica romana mai del tutto venuto meno.
E’ per questo che dilagano questi delinquentelli del sesso e dello stupro, poichè a fronte di una dottrina sessuale oppressiva, sono cadute tutte le remore e tutti i divieti antichi, e non si è costituita un’idea e una cultura nuova della sessualità a partire dalla positività della sessualità stessa e del valore della persona che la esprime.
Si è caduti, nell’assenza di ogni riferimento valoriale, in un mero gioco animale, e si è passati all’istintualità fine a se stessa.
La televisione e i media con le loro associazioni tra sesso droga e violenza (che sono gli ingredienti orma soliti di ogni fiction ) hanno fatto il resto. Oggi scindere il sesso dalla violenza e dall’abuso è ben difficile.
Tornando - dopo questa digressione sui giovani e il sesso - al ragazzo gay accoltellato a Roma, dobbiamo dire che proprio i gay subiscono doppiamente questa cultura del peccato e della violenza, cioè sono attaccati quasi quotidianamente dalle gerarchie cattoliche perchè ritenuti colpevoli di introdurre un vulnus e un disordine in quella sessualità santa e giusta della famiglia, quella dell’uomo e della donna, (non fa’ nulla se anch’essa inficiata dalla violenza domestica e dal sopruso) e dall’altra vengono aggrediti da quella cultura generazionale giovanile omofoba che vede nel gay il debole e un affronto al proprio sessismo, che va soppresso.
Omofobia sociale giovanile e condanna della Chiesa vanno di pari passo.
Sesso unito a violenza sono gli ingredienti stessi anche della dottrina cattolica sulla sessualità, infatti i religiosi e i preti fanno una violenza su se stessi per dominare gli impulsi del sesso (quelli impersonali, in una visione del sesso impersonale e a-personale) mentre gli altri, i giovani non religiosi, non li dominano affatto e anzi li rovesciano violentente sui corpi delle loro vittime. Sulla donna con lo stupro e sul gay o la lesbica con le botte.
Di fatto però è lo stesso impianto strutturale e la stessa visione del sesso che determina l’una e l’altra cosa.
E il silenzio del cardinal Bagnasco e dei Vescovi, come del Vaticano, di Bertone o del Papa stesso, di fronte ai gay pestati e accoltellati, è il silenzio di coloro che -mentre a Boffo ignaro gay cattolico della moralità e della trasparenza si profondono in solidarietà di maniera più o meno sentite - ai gay che invece stanno nelle strade omofobe di Roma, incarnatori della sessualità non dominata, e colpevoli di essere il corpo stesso del desiderio loro inconscio mai sopito, non degna neanche una parola, neppure quando rischiano di morire o muoiono uccisi, perchè sono l’emblema stesso incarnato del peccato.
Accadde così anche per gli Ebrei quando morivano deportati e uccisi dai nazisti: era l’antisemitismo arcaico e la percezione dell’ebreo come peccatore irriducibile (che rifiutava la salvezza di Cristo ) come il gay che non si pente oggi, che paralizzava la condanna del Vaticano e della Chiesa dell’antisemitismo stesso di allora, come dell’omofobia oggi!
DINO BOFFO E DINO di ROMA NON SONO DUE PERSONE UGUALI PER LA CHIESA CATTOLICA ROMANA: UNO E’ DEGNO DI QUALCHE COSA, L’ALTRO NO!
+ Giovanni Climaco Mapelli Arcivescovo (04.09.2009)
Caso Boffo, la Santa Sede
"Diffamazioni contro il Papa" *
CITTA’ DEL VATICANO - E’ in corso "una campagna diffamatoria contro la Santa Sede, che coinvolge lo stesso Romano Pontefice". Lo afferma la Segreteria di Stato vaticana in una nota in cui smentisce le ricostruzioni di stampa sul coinvolgimento del direttore dell’Osservatore Romano nel caso Boffo. Le "notizie e ricostruzioni" apparse sulla stampa a proposito del coinvolgimento del direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian nel caso dell’ex direttore di Avvenire Dino Boffo "non hanno alcun fondamento", dice la sala stampa vaticana che aggiunge: "E’ falso che la velina contro l’ex direttore dell’Avvenire venisse dall’Osservatore Romano". "Il Papa - fa sapere la Santa Sede - che è sempre stato informato, deplora questi attacchi ingiusti e ingiuriosi, rinnova piena fiducia ai suoi collaboratori e prega perché chi ha veramente a cuore il bene della Chiesa operi con ogni mezzo perché si affermino la verità e la giustizia".
* la Repubblica, 09 febbraio 2010
Veleni, falsi, sospetti sui "manovratori", presunte guerre tra vescovi
Il dossier sul caso del direttore dell’Avvenire è al vaglio di Benedetto XVI
Caso Boffo, nuovi dossier in Vaticano
Il Papa "informato sulla realtà"
di ORAZIO LA ROCCA *
CITTA’ DEL VATICANO - Lettere anonime, falsi documenti, "voci" incontrollate su presunte guerre tra vescovi, cardinali, alti esponenti della gerarchia ecclesiale; ma anche notizie riservatissime a "luci rosse" su feeling clandestini per i quali da qualche tempo alcuni autorevoli sospettati occupano importanti incarichi Oltretevere. E’ ricco, complicato, e per alcuni aspetti piuttosto sconvolgente il dossier sul caso Boffo-Feltri da qualche giorno al vaglio di Benedetto XVI. E’ stato il portavoce papale, padre Federico Lombardi, a confermarlo ieri indirettamente specificando che "è ovvio che il Papa sa quel che succede ed è informato della realtà". Una frase significativa in risposta alle domande dei giornalisti della Sala stampa vaticana su quanto anticipato da Repubblica su una nota esplicativa della Segreteria di Stato relativa agli ultimi sviluppi del caso Boffo.
Una vicenda culminata in modo traumatico - il 28 agosto scorso - con le dimissioni di Dino Boffo, direttore di Avvenire, il giornale della Cei (Conferenza episcopale italiana) per la pubblicazione su Il Giornale, il quotidiano di casa Berlusconi diretto da Vittorio Feltri di un falso documento relativo ad una condanna di Boffo per presunte molestie omosessuali. Ma a inquietare il Papa sono le notizie che stanno circolando sui giornali, che sostengono che il falso dossier sarebbe stato fornito a Feltri da esponenti del Vaticano. Qualcuno parla persino di oculati "manovratori" pontifici, gettando ombre sul direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian e persino sul cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone nell’ambito di una supposta guerra tra quest’ultimo e i cardinali Bagnasco e Ruini.
Accuse, veleni e sospetti a cui finora le autorità pontificie non hanno dato nessuna risposta. Nemmeno una smentita dal Vaticano e dalla Cei. Un atteggiamento che dentro le mura vaticane molti incominciano a non capire. "Se queste voci sono false perché questo silenzio? Perché non smentirle ufficialmente?", si chiedono oltretevere alti prelati e semplici monsignori. Ma da ieri, grazie all’intervento del portavoce papale, qualcosa si è mossa: Benedetto XVI "sa tutto", "segue quel che succede" ed "è informato della realtà". Un modo diplomatico per far capire che, in fondo, Ratzinger avrebbe avocato a sé qualsiasi decisione futura sul caso, magari senza il supporto della stessa Segreteria di Stato.
Novità, dunque, in vista? E qualche testa potrebbe saltare anche a causa di infedeltà coniugali? "Il Papa è coraggioso perché guarda anche i problemi che ci sono dentro la Chiesa che è fatta di uomini e di donne che hanno il peccato originale come tutti gli altri", commenta il vescovo di Ivrea Arrigo Miglio, responsabile Cei per i problemi sociali e del lavoro.
© la Repubblica, 06 febbraio 2010
Il Papa il potere e il veleno dei cardinali
di Vito Mancuso (la Repubblica, 4 febbraio 2010)
Sarà vero che il documento calunnioso sul direttore di Avvenire è stato consegnato al direttore del Giornale niente di meno che da Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, dietro esplicito mandato del Segretario di Stato vaticano cardinale Bertone, numero due della gerarchia cattolica a livello mondiale? E che l’insigne porporato si è servito di Vian e di Feltri per colpire il direttore di Avvenire in quanto espressione di una Conferenza Episcopale Italiana a suo avviso troppo indipendente e troppo politicamente equidistante? E che quindi il vero bersaglio del cardinal Bertone era il collega e confratello cardinal Bagnasco? Sarà vera la notizia di questo complotto intraecclesiale degno di papa Borgia e di sua figlia Lucrezia?
Come cattolico spero di no, ma come conoscitore di un po’ di storia e di cronaca della Chiesa temo di sì. Del resto fu l’allora cardinal Ratzinger, poco prima di essere eletto papa, a parlare di "sporcizia" all’interno della Chiesa (25 marzo 2005). Qualcuno in questi cinque anni l’ha visto fare pulizia? Direi di no, e forse non a caso proprio ieri egli ha parlato di «tentazione della carriera, del potere, da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di governo nella Chiesa». Quindi è lecito pensare che la sporcizia denunciata dal Papa abbia potuto produrre l’abbondante dose di spazzatura morale di cui ora forse veniamo a conoscenza.
Naturalmente come siano andate davvero le cose è dovere morale dei diretti interessati chiarirlo. Con una precisa consapevolezza: che gli storici un giorno indagheranno e ricostruiranno la verità, la quale alla fine emerge sempre, chiara e splendente, perché non c’è nulla di più forte della verità. Le bugie hanno le gambe corte, dice il proverbio, e questo per fortuna vale anche per il foro ecclesiastico. Siamo in un mondo che è preda di una devastante crisi morale. Le anime dei giovani sono aggredite dalla nebbia del nichilismo. Parole come bene, verità, giustizia, amore, fedeltà, appaiono a un numero crescente di persone solo ingenue illusioni.
La missione morale e spirituale della Chiesa è più urgente che mai. E invece che cosa succede? Succede che la gerarchia della Chiesa pensa solo a se stessa come una qualunque altra lobby di potere, e come una qualunque altra lobby è dilaniata da lotte fratricide all’interno. Certo, nulla di nuovo alla luce dei duemila anni di storia e di certo nessun cattolico sta svenendo disilluso. Rimane però il problema principale, e cioè che oggi, molto più di ieri, il criterio decisivo per fare carriera all’interno della Chiesa non è la spiritualità e la nobiltà d’animo ma il servilismo, e che la dote principale richiesta al futuro dirigente ecclesiastico non è lo spirito di profezia e l’ardore della carità, ma l’obbedienza all’autorità sempre e comunque.
Eccoci dunque al tipo umano che emerge dalle cronache di questi giorni: il cosiddetto "uomo di Chiesa". È la presenza sempre più massiccia di persone così ai vertici della Chiesa che mi rende propenso a credere che le accuse alla coppia Bertone-Vian siano fondate. Impossibile però non vedere che nella storia ecclesiastica misfatti di questo genere contro gli elementari principi della morale ne sono avvenuti in quantità. Anzi, che cosa sarà mai un foglietto calunnioso passato al direttore di un giornale laico per far fuori il direttore del giornale cattolico, rispetto alle torture e ai morti dell’Inquisizione? È noto che il potere temporale dei papi si è basato per secoli su un documento falso quale la Donazione di Costantino, attribuito all’imperatore romano e invece redatto qualche secolo dopo dalla cancelleria papale.
Che cosa concludere allora? Che è tutto un imbroglio? No, il messaggio dell’amore universale per il quale Gesù ha dato la vita non è un imbroglio. L’imbroglio e gli imbroglioni sono coloro che lo sfruttano per la loro sete di potere, per la quale hanno costruito una teologia secondo cui credere in Gesù significa obbedire sempre e comunque alla Chiesa. Secondo l’impostazione cattolico-romana venutasi a creare soprattutto a partire dal concilio di Trento la mediazione della struttura ecclesiastica è il criterio decisivo del credere. Lo esemplificano al meglio queste parole di Ignazio di Loyola rivolte a chi «vuole essere un buon figlio della Chiesa»: «Per essere certi in tutto, dobbiamo sempre tenere questo criterio: quello che io vedo bianco lo credo nero, se lo stabilisce la Chiesa gerarchica». Ne viene che il baricentro spirituale dell’uomo di Chiesa non è nella propria coscienza, ma fuori di sé, nella gerarchia. I "principi non negoziabili" non sono dentro di lui ma nel volere dei superiori, e se gli si ordina di scrivere la falsa donazione di Costantino egli lo fa, e se gli si ordina di torturare gli eretici egli lo fa, e se gli si ordina di appiccare il fuoco alle fascine per il rogo egli lo fa, e se gli si ordina di passare un documento falso egli lo fa. Ecco l’uomo di Chiesa voluto e utilizzato da una certa gerarchia.
È questa la sporcizia a cui si riferiva il cardinal Ratzinger nel venerdì santo del 2005? È questo il carrierismo denunciato ieri da Benedetto XVI? Il messaggio di Gesù però è troppo importante per farselo rovinare da qualche personaggio assetato di potere della nomenklatura vaticana. Una fede matura sa distaccarsi dall’obbedienza incondizionata alla gerarchia e se vede bianco dirà sempre che è bianco, anche se è stato stabilito che è nero. Né si presterà mai a intrighi di sorta "per il bene della Chiesa". La vera Chiesa infatti è molto più grande del Vaticano e dei suoi dirigenti, è l’Ecclesia ab Abel, cioè esistente a partire da Abele in quanto comunità dei giusti. In questa Chiesa quello che conta è la purezza del cuore, mentre non serve a nulla portare sulla testa curiosi copricapo tondeggianti, viola, rossi o bianchi che siano.
I "mormorii" dei Sacri Palazzi del Vaticano, da Marcinkus a Wojtyla malato
Il caso Boffo ha alzato il velo. Ma denigrazioni e malignità sono pratica antica
Quel vento della Santa Maldicenza
tra fogli anonimi e falsi moralisti
di FILIPPO CECCARELLI *
Ci guardi Iddio, li guardi Iddio - e li liberi - dalla Santa Maldicenza che ha preso a soffiare dentro la Chiesa: mai così forte come dice questo turbine di allusioni, insinuazioni, delazioni a lingua biforcuta con annesso transito di dossier all’esterno. Perché si capisce che ai danni di Dino Boffo è andato a segno il più violento degli outing.
Ma chi voglia farsi un’idea più precisa dell’ambientino in cui è maturata l’esecuzione resta sgomento nell’apprendere che le lettere anonime con la notizia del processo per molestie e la fangosa nota d’accompagnamento spacciata come un atto giudiziario non solo erano state stampate, affrancate e inviate ai vescovi e a eminenti personalità del mondo cattolico in 200 copie, ma altrettante riguarderebbero tanto un insigne professore che un manager della sanità, insomma due ulteriori poveracci messi nel mirino - con il che i mefitici testi e i perfidi allegati salirebbero a quota 600: e allora serve davvero una squadretta di devoti sicofanti, e forse pure una tipografia.
Mica tanto normale, tutto questo. Mica scontato che da qualche tempo non ci sia personaggio, o situazione, o vicenda, da Pio XII e gli ebrei alla canonizzazione di Giovanni Paolo II passando per la sua confidente polacca, che non si trascini regolarmente appresso un’adeguata dose di veleni, per giunta postumi. Che a loro volta generano significativi titoli e anche successi editoriali. Per restare agli ultimi: "I peccati del Vaticano" di Rendina (Newton Compton) e "Vaticano spa" di Nuzzi (Chiarelettere), quest’ultimo costruito sulla base di un archivio di un defunto monsignore dello Ior e pieno zeppo di magagne, anche recenti, e di denigrazioni, malignità, impicci un tempo destinati a restare in camera caritatis, come il rimarchevole resoconto, da parte del banchiere apostolico Caloia, di una riunione in cui il cardinal Castillo Lara si comporta in modo non proprio specchiato.
E insomma. Premesso che dal peccato di maldicenza pochissimi sono immuni, e i giornalisti meno che meno, sulla base delle faide, degli intrecci, delle invidie, delle spiate che stanno venendo fuori: non sarà questo irresistibile impulso, questo permanente taglia e cuci, uno dei princìpi divenuti irrinunciabili al di là del portone di bronzo, alla Cei, nelle redazioni dell’Avvenire e dell’Osservatore romano, alla Cattolica e in altri luoghi che dovrebbero propagare il messaggio cristiano?
Dice: è sempre successo. Vero, qualsiasi autentico romano sa che la Curia, in palazzi delle congregazioni battono qualsiasi altra centrale di pettegolezzo della Città Eterna, in primis la Rai e il Transatlantico di Montecitorio. Ma adesso, caso Boffo e dintorni, è come se il vento impetuoso che scompigliava le vesti dei cardinali a piazza San Pietro il giorno dei funerali di Karol Wojtyla si fosse tramutato in un alito malsano, un fiatone di potere che disprezza le umane debolezze, un soffiare di giudizi senza più cuore né misericordia.
Quello è furente perché non conta più nulla; quell’altro si sente il padrone e non guarda in faccia nessuno; quell’altro ancora fa il pavone ed è in grande confidenza con la moglie di un quarto, beh, lasciamo perdere..., ecco rispetto agli accenni e ai sospiri di sospensione, rispetto a ciò che si legge tra le righe, si sente da chi sa, e soprattutto si intuisce, sembra divenuto quasi da educande l’adagio curiale che il cardinal Marchetti Selvaggiani dispensò al giovane Andreotti: "A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca sempre". Ecco, adesso l’impressione è il male non ci si limita a pensarlo, ma lo dice, lo si fa scrivere e lo si spedisce, se occorre.
Così come rischia di suonare addirittura stantio il consiglio, pure piuttosto efferato, che Gianni Gennari si sentì rivolgere da qualche eminente prelato appena messo piede nei sacri palazzi: "Qui per campare bene bisogna fare il morto". Ma quale morto! Ci sono monsignori che per le loro cosette, tramano, telefonano, civettano, si agitano come tarantolati tirandosi addosso brani delle Scritture; e se gli va bene si "fregano le mani", come per ben due volte ha scritto Boffo nella sua lettera di dimissioni.
E sarà pure l’attacco laicista, ché quello non manca mai - anche se non è che dall’esterno riesca tanto a compattare le fazioni, le tribù, le cordate di potere che si fanno la guerra. E avrà anche ragione il cardinal Kasper secondo il quale "per i media l’armonia è noiosa". E tuttavia, dando per scontata una certa dissonanza, tutto lascia pensare che si tratta per lo più di spifferi "intra-cattolici", voci "di dentro"; e per dirla tutta fa impressione leggere che calcoli, sospetti, bisbigli, occhi al cielo e scotimenti di capo si sarebbero registrati addirittura dinanzi al povero corpo di Eluana Englaro.
Ha scritto Philip Roth che la maldicenza è "quel misto di potere e di impotenza che per alcuni particolari soggetti rasenta il piacere sessuale". E anche qui c’è una vasta libellistica. Ma senza riandare al Sodalitium pianum o ai libri di Peyrefitte, che negli anni ’70 evocò l’omosessualità di Paolo VI; e anche tralasciando i crack finanziari, e Sindona, Calvi, Marcinkus, il presunto avvelenamento di Giovanni Paolo I ed Emanuela Orlandi, ecco, per restare sugli orientamenti sessuali e i lavoretti che comportano nel favorire o nel distruggere le carriere si segnala che nell’ultimo decennio la produzione di testi più o meno ad hoc si è fatta massiva; e tra "Millenari" e "Discepoli di verità", che sono gli pseudonimi utilizzati da prelati o gruppi di prelati in fregola di moralizzazione da attuarsi attraverso volumi della Kaos, grazie anche a vicende come la strage di guardie svizzere, a proposito di peccati della carne e "lobby di velluto" ce n’è davvero per tutti.
Al punto da chiedersi se l’inflazione della Santa Maldicenza non trascenda ormai le singole volontà, e magari non abbia a che fare con il rapporto che la Santa Sede ha o non ha con il mondo. Se per caso il tramonto del riserbo e della prudenza non sia inesorabile perché tutto nel frattempo si è fatto più veloce e più aperto, gli antichi codici non reggono più, né la Curia riesce più a trattenere i miasmi. E sarebbe un esito anche prevedibile - così come in fondo è anche naturale chiedere perdono al fratello offeso, pregare un po’ di più e sforzarsi di tenere la lingua a posto.
* la Repubblica, 05.02.2010
Triste ma distante
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 5 febbraio 2010)
Benedetto XVI è amareggiato. Segue infastidito il verminaio del caso Feltri-Osservatore e lavora al suo libro su Gesù. Ma Ferrara sul Foglio minaccia: la decapitazione di Vian è questione di giorni. Intanto la Curia vive un clima di disorientamento totale, nave senza nocchiero in una mefitica bonaccia. Sembra far parte del destino tragico di questo pontificato il susseguirsi di tempeste continue: errori, sviste, conflitti con le grandi religioni, violente polemiche interne, miserabili risse dietro le quinte.
Nell’ultimo affaire nessuno si assume le sue responsabilità. Il direttore dell’Osservatore Romano (e se non lui la Santa Sede) non smentisce accuse gravissime. Feltri non porta nessuna prova a sostegno della sua denuncia. L’ex direttore dell’Avvenire Boffo continua a non chiarire il perché della condanna per molestie, lasciando che improvvisati portavoce diffondano la versione che tace per proteggere una terza persona. Il vero molestatore? I magistrati di Terni hanno già escluso pubblicamente che le telefonate di molestie partite dal cellulare di Boffo siano state fatte da qualcun altro.
In questo groviglio si inserisce pure il brontolio malmostoso dei ciellini per non essere riusciti ad approdare sulla poltrona della direzione di Avvenire, che il cardinale Bagnasco ha poi attribuito al vice di Boffo, Marco Tarquinio. Non per caso lo scrittore ciellino Antonio Socci è in prima fila nell’esigere aggressivamente da Vian di chiarire il suo ruolo nelle manovre anti-Boffo: “Il giornale del Papa - scandisce Socci - è al tappeto, nella persona del suo direttore, e le autorità vaticane, in testa la Segreteria di Stato, non possono più tirare avanti come se nulla fosse”. Di fatto, pochi escludono che Feltri una telefonata imprudente da Oltretevere abbia potuto riceverla.
Il Papa, ammettono i monsignori di Curia, “è triste e amareggiato”. Il suo atteggiamento è ambivalente. Si lascia informare degli sviluppi dello scandalo, perché non può fare diversamente, e al tempo stesso se ne allontana psicologicamente. Quasi non fossero queste le cose che realmente contano. C’è nel suo approccio il realismo del confessore (che conosce le miserie degli uomini) e il distacco del monaco che guarda all’orizzonte dell’eternità. Nel palazzo apostolico ricordano la sua preghiera-invettiva nella Via Crucis del 2005, mentre Wojtyla stava morendo: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che nel sacerdozio dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Signore, salvaci”.
Ma questo mistico realismo fa sì che Benedetto XVI guardi anche con una certa distanza alla macchina della Chiesa, agli apparati di Curia, ai conflitti che si svolgono nelle strutture ecclesiastiche. “E’ come se tutta questa struttura materiale per lui fosse in fondo secondaria”, spiega un vescovo che lo conosce bene.
A cosa pensa, dunque Papa Ratzinger? Si concentra sui suoi libri, sulle sue encicliche, su tutto ciò che è pensiero e parola del Romano Pontefice. “Sente come suo compito - dice chi gli è vicino - quello di ribadire la retta dottrina e annunciare i valori essenziali del cristianesimo”. Rivolge il suo impegno alla lotta contro la secolarizzazione in Europa, al confronto con la scienza, al dialogo tra fede e ragione, tra credenti e non-credenti. In ultima analisi il suo focus consiste nel ribadire al mondo contemporaneo la necessità di aprirsi alla Trascendenza.
Se il suo sguardo è rivolto a questi ampi orizzonti, la gestione della Curia e degli “affari interni” della Chiesa rischia di rimanere affidata a se stessa. Ratzinger ne conosce bene i peccati. Ancora mercoledì ha ricordato all’udienza che le ambizioni di “carriera e potere” sono tentazioni, da cui “non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa”.
Monito verace. Ma poi, nella gestione complessa della struttura imperiale cattolica, manca il polso della guida quotidiana. “C’è come uno spappolamento in Curia - commenta un veterano dei sacri palazzi - e in tante vicende, non solo nell’affare Boffo-Feltri, si avverta la mancanza di diplomazia, di cautela e di un agire senza strafare, che ha sempre caratterizzatogli uomini di Chiesa”.
Incalza un altro esponente della gerarchia ecclesiastica: “Non si intravvede il filo logico delle azioni. Manca la ratio gubernandi, l’arte del governo. Magari ci fosse un regista occulto, che regge le fila di questo scandalo, come si immagina certa stampa! Il guaio è che non c’è, e nessuno sa cosa sta accadendo”. La realtà odierna negli organismi centrali della Chiesa, conclude un monsignore di Curia, appare piuttosto come un “arcipelago di interessi e visioni differenti”.
Grande è il disordine sotto la Cupola di san Pietro, ma non è segno di vitalità. Alla fine forse ha ragione Ratzinger: il futuro della buona novella non verrà dalle strutture, bensì dalle minoranze creatrici.
Lotte vaticane e il caso Boffo
di Giancarlo Zizola (la Repubblica, 5 febbraio 2010)
«Nessuno ricorderà più questo episodio entro sei mesi» assicurava un dirigente della Segreteria di Stato vaticana a un ambasciatore, all’indomani della bufera mediatica su Dino Boffo. L’impressione del diplomatico era che la sottovalutazione del trauma non fosse tanto il prodotto di una sapienza vaticana che «pensa in secoli» e sdrammatizza naturalmente gli incidenti di giornata, con lo sguardo lungo sull’Eterno. Ed è probabile che nel rapporto al suo governo alla fine di quella torrida giornata di fine agosto egli sollevasse il dubbio se la diplomazia vaticana sotto Ratzinger mantenesse un sufficiente grado di realismo nelle analisi delle complicate vicende nelle quali dovevano avvolgersi e a volte contorcersi le relazioni tra la Chiesa e gli Stati nella nuova situazione mondiale.
La trasformazione delle dimissioni del direttore di Avvenire per l’attacco proditorio del giornale della famiglia Berlusconi in una «bomba a orologeria» sotto l’establishment vaticano era l’ultima cosa che i principali collaboratori di Benedetto XVI potevano attendersi. L’immagine che il mondo vaticano ha offerto di sé, nella congiuntura della nuova bufera, è stata di un organismo in difficoltà a reagire prontamente, forse per difetto di una percezione accurata dei vari fattori in gioco, in parte rimasti oscuri, o per la mancanza di un organismo direttivo che coordini i diversi «castelli» in cui si frammenta la curia. Può aver giocato anche, secondo alcuni, il timore di un altro attacco, che lambisca tonache alte.
In gran parte delle narrazioni, ricorre il riferimento al fianco paradossale dell’affare: un papato che si spende nella moralizzazione degli apparati gerarchici, che non arretra dalla linea dura nella repressione della pedofilia del clero e cala sui vescovi il prepensionamento per «gravi cause», si vede obbligato a misurarsi con conflitti non precisamente edificanti nel cortile di casa, la Chiesa in Italia, e nello stesso apparato centrale.
Disfunzioni istituzionali da tempo deplorate, anche in sede di Sinodi episcopali. Chiuso nella sua biblioteca, concentrato sui suoi scritti teologici, blindato dalla sua segreteria personale, il Papa non potrebbe essere chiamato a rispondere direttamente di alcune inadeguatezze osservate nella sua cabina di regia in Segreteria di Stato, a cui compete il controllo della curia. Il tasso di infortunistica del governo ecclesiale è del resto diminuito rispetto ai tempi di Regensburg, anche se le risorse intellettuali e politiche dei collaboratori del Papa non potrebbero colmare, per quanto generose, il vuoto di un sistema collegiale quale il Concilio Vaticano II aveva prefigurato, con i rappresentanti dei vescovi a coadiuvare il pontefice nella guida della Chiesa universale. Una delle riforme rimaste inevase, forse la più combattuta dal nucleo duro della curia romana.
La conseguenza è visibile, una centralizzazione senz’anima, che si autoconsuma in spartizioni di potere, carrierismo e rimozione del principio di realtà. Le opzioni personali di Papa Ratzinger hanno fatto affluire nei ranghi centrali nuovi leader. È normale che ogni Papa cerchi di avere mano libera rispetto al sistema di comando formato dal predecessore. Ma non sembra che le nuove risorse installate riescano a influenzare la struttura in modo da acquisirne l’adattamento culturale complessivo o almeno una sufficiente coerenza interna.
Sull’insieme ha fatto irruzione la tensione fra il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e l’ex vicario cardinale Camillo Ruini. Il «caso Boffo» si va definendo sempre più precisamente come derivata di una divergenza politica che ha nei due leader della Chiesa romana i suoi principali terminali. Bertone è salesiano di spicco, un pastore più che un politico, e non teme di gloriarsene: la sua politica è oratoriale, la sua diplomazia alla salesiana, all’insegna dell’embrassons nous. È alle sue doti di «humanitas» che Benedetto XVI ha rivolto ogni elogio nella lettera con cui lo ha recentemente confermato in carica. Ma Bertone ha in comune con Ratzinger anzitutto la solitudine istituzionale. È uno scudo per la sua libertà di azione e la sua indipendenza, ma anche un limite.
Per quanto i suoi interventi pubblici siano giudicati meno soddisfacenti di quelli inarrivabili del suo Superiore, pure egli continua ad appoggiare la direttiva della prima enciclica di papa Benedetto «Deus caritas est»: «La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato». Questo non significa - aggiungeva a scanso di equivoci - disinteresse della Chiesa al risveglio della cultura sociale in un cattolicesimo inquinato dall’individualismo liberista, come deplorato dalla successiva enciclica sociale «Caritas in veritate».
L’opzione scartava le pretese integralistiche di un certo cattolicesimo, con l’appello a non strumentalizzare l’appartenenza cristiana per occupare pezzi di potere politico. È muovendosi in questa prospettiva che Bertone si è trovato in rotta di collisione con il protagonista della Chiesa della visibilità pubblica in Italia, Ruini, l’uomo che Wojtyla spalleggiato da CL aveva investito del compito di assicurare alla Chiesa «un ruolo trainante» nella società italiana in termini di influsso socio-politico.
Nel 2007,una volta insediato alla testa della Cei il cardinale Angelo Bagnasco, Bertone non tardò a raggiungerlo con una lettera programmatica, articolata in due punti: 1.Priorità all’impegno della Chiesa nell’evangelizzazione di un paese in via di scristianizzazione; 2. Le relazioni con partiti e istituzioni politiche, gestite dalla Cei, venivano avocate alla Segreteria di Stato.
Alla fine della torrida estate 2009, Bertone seppe dai giornali che Ruini aveva aperto le porte del suo appartamento al premier Berlusconi, appena alluvionato dalla bufera sul porno di Stato, e al suo fido Gianni Letta. Era il segnale di una dicotomia al vertice, allo stesso tempo la rivendicazione di autonomia di Ruini. Egli mostrava di voler continuare a tessere come d’abitudine la sua rete politica, pur sapendo di porre in essere azioni difformi dalla prospettiva astensionista definita dalla direttiva Bertone. Che non si trattasse di un episodio lo confermava l’ulteriore incontro del cardinale con Fini, poi con Berlusconi e Letta, a pochi giorni dall’udienza del Papa l’8 gennaio. Una volta innervata nel cuore del governo ecclesiale, questa contraddizione si traduceva in un indebolimento oggettivo per la linea del duo Ratzinger-Bertone. Ma aveva anche ricadute sulla nuova leadership della Cei, per la riduzione dei margini di mediazione disponibili al cardinale Bagnasco alle prese con la transizione del dopo-Ruini. Anche se la linea più pastorale del nuovo presidente sembrava riscuotere consensi fra un elevato numero di vescovi, convinti che restare fermi sulla figura di Chiesa politica significherebbe scavarsi la fossa.
Bisognava dunque fare i conti ancora con il disegno di Ruini, deciso a ripristinare a Roma i tratti salienti di una Chiesa neo-costantiniana, per la quale le coscienze da formare sarebbero tanto meglio raggiungibili dall’etica cattolica quanto più soddisfacente fosse l’esito della raccolta dell’8 per mille concordatario, più sicuro l’organico dei professori di nomina e dottrina cattolica nelle scuole pubbliche, più votate in Parlamento leggi conformi ai principi cattolici, col favore della maggioranza di centro-destra.
Una tensione alta. Che comportava scelte concrete, ad esempio nel rinnovo del Rettore della Cattolica, finora sotto controllo ciellino o sulla questione dell’appoggio al «nuovo centro» di Casini e dell’orientamento del voto cattolico alle prossime regionali, se necessario anche intimando alle parrocchie di evitare di ospitare dibattiti con i candidati governatori. «Civiltà Cattolica»notava nel quaderno del 3 gennaio che si rafforza tra i cattolici la tendenza al rifiuto di un partito semplicemente identitario, l’opinione che «una forza organizzata di cattolici non serva, perché non bisogna confondere religione e politica». Ma il nuovo capitolo della storia Boffo provava la consistenza di un’opposizione interna potente e pronta a tutto, anche a mettere in minoranza il primato dello Spirituale sostenuto dal Papa e a mobilitare le schiere dei movimenti identitari sul terreno politico dove meno facile è il discernimento del confine tra la difesa dei «valori non negoziabili» e gli interessi concreti della destra .
Fonti vaticane hanno fatto osservare che questo "Boffo bis" era costruito su una ipotesi "disperata", quella che il semaforo verde dell’operazione fosse stato acceso da chissà chi ai piani alti del Vaticano. Ma non si esita ad ammettere che se l’obiettivo apparente dei registi dell’affare era l’indebolimento della figura di Bertone e la messa in moto di una resa dei conti nei Sacri Palazzi, la reale posta in gioco era di intercettare il tentativo di decontaminare la Chiesa dalla pretesa di farsi ancora arbitra delle sorti politiche. Le prossime elezioni regionali sono una sfida anche per la Chiesa, chiamata a verificare la sua disponibilità a rispettare più che in passato il diritto dei cattolici alla libera determinazione negli affari del corpo politico, pur riservandosi integra la missione propria sulle anime e sulle coscienze.
Del resto quando Bertone venne informato, - era in corso l’assemblea della Cei di maggio 2009,tre mesi prima dell’attacco di Feltri - che tra i vescovi girava la malsana «informativa» su Boffo, ebbe la reazione che ci si aspettava da lui: era una vecchia storia, nota in Segreteria di Stato da tempo. Si era già deciso che, per cumulo di mandati, non per altro, Boffo si sarebbe dimesso da Avvenire e si stava preparando per lui una importante carica nella Chiesa. Dunque, quella famosa storia, rimestata nella menzogna politica, non solo non era ritenuta degna di considerazione, ma nemmeno costituiva agli occhi dei massimi dirigenti della Chiesa un intralcio al futuro pubblico dell’ex direttore del giornale cattolico italiano. Parola del cardinale Bertone, oggi tirato in causa maldestramente come ispiratore della dannazione politica di Boffo.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
EQUIVOCATO O EQUIVOCO? BENEDETTO XVI O BERLUSCONI, NESSUNO COMPRERA’ LE NOSTRE PAROLE.
Crisi sociale e manovre di palazzo
Cristiani di tutto il mondo unitevi e fate sentire la vostra voce.
di Giovanni Sarubbi *
Boffo dunque alla fine si è dimesso. Si è dimesso lo stesso giorno della pubblicazione su Avvenire di un elenco di ben 10 falsità che il direttore de “il giornale”, secondo Boffo, ha scagliato contro di lui. Tutto falso, dieci volte falso, ma si è dimesso lo stesso. Perché dimettersi se le accuse di Feltri sono tutte false? Io mi sarei aspettato una immediata citazione per danni nei confronti di Feltri. Invece no, ci sono le dimissioni che non hanno un senso logico.
Di li a poche ore c’è stato l’incontro fra il cardinale Bagnasco e la Lega Nord nelle persone di Bossi e Calderoli. Gli autori delle “leggi porcate”, i promotori della xenofobia e islamofobia, coloro che si sono sposati con riti celtici e che hanno promosso riti pagani sulle sponde del fiume Po, sono stati ricevuti come i più genuini difensori delle “radici cristiane dell’Italia e dell’Europa”, tanto che Bossi ha potuto dichiarare di “aver scoperto che la Chiesa cattolica non ce l’ha con la Lega”. Tutto nello stesso giorno, quasi a dimostrare come si tratta di fatti strettamente legati fra di loro.
Sia chiaro noi non ci stracceremo le vesti per le dimissioni di Boffo anche rispetto a quello che abbiamo scritto l’altro ieri. Egli non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo. Si è limitato a pubblicare parzialmente su Avvenire un articolo del giornalista Nicotri, con tanto di link al suo sito contenente attacchi durissimi contro Bertone e Benedetto XVI, dicendo così implicitamente di sapere bene da dove veniva l’attacco nei suoi confronti e quale ne era lo scopo.
L’omosessualità di Boffo, presunta o reale che sia, è il pretesto che è stato usato contro di lui per affermare il rigido allineamento che tutte le strutture della Chiesa Cattolica Romana devono avere con ciò che si pensa in Vaticano. Nessuno può sgarrare, come fra l’altro dimostra l’avvio da parte della “Congregazione per la dottrina della fede” di un processo inquisitorio contro i 41 preti che all’inizio del 2009 firmarono un appello “per la libertà sul fine-vita” promosso dalla rivista MicroMega dopo la morte di Eluana Englaro. La polizia segreta vaticana è all’opera e ha sguinzagliato i suoi agenti.
Siamo oramai al “Papa Re”, ad un nuovo e più devastante potere temporale del Vaticano nei confronti dell’Italia. Altro che “vicario di Cristo” o di Dio che dir si voglia. Quello che si intravede all’orizzonte fa venire la pelle d’oca.
Non sappiamo ovviamente se siano veri tutti gli scenari e le ipotesi che circolano in questi giorni sulla stampa ma, come si dice, la dove c’è fumo c’è pure un po’ di arrosto o per lo meno un fuoco che brucia. E comunque la si metta nulla di buono c’è all’orizzonte per i semplici cittadini dell’Italia, per quelli che non posseggono un patrimonio di svariati miliardi di euro e che vivono con la pensione o lo stipendio da operaio o impiegato, peggio se precari.
Bagnasco ed il duo Bossi-Calderoli avranno trovato l’intesa sulla questione degli immigrati? E su che cosa si sono messi d’accordo? Perché la CEI ha voluto dare una patente di credibilità e di cattolicità alla Lega Nord, un partito che da quando è nato ha fomentato gli odi per gli immigrati, per i meridionali, per gli islamici, per i rom? Che necessità ne aveva? Le tante comunità cristiane che in Italia si stanno opponendo concretamente all’obbrobrio del “pacchetto sicurezza”, accogliendo e proteggendo gli immigrati senza permesso di soggiorno, potranno continuare a farlo o saranno denunciate dagli stessi vescovi o direttamente dal Vaticano? Purtroppo non si tratta di una domanda tendenziosa: è già successo in America Centrale e in Sud America, nel periodo della lotta cruenta contro la “Teologia della liberazione” che ha prodotto migliaia di martiri, fra cui Oscar Romero. E cosa farà il Vaticano contro quelle chiese, come per esempio la Chiesa Valdese, che si sono espresse contro il “pacchetto sicurezza”? E sulle condizioni di vita e di lavoro degli operai, degli impiegati, dei tantissimi cassintegrati, dei precari della scuola o di quelli prodotti dalle leggi che hanno legalizzato il caporalato e il supersfruttamento, che posizioni assumerà la gerarchia cattolica? Penserà solo alle sue finanze e ai suoi tanti privilegi?
Oramai in tutta Italia ci sono centinaia di situazioni di crisi aziendali che stanno portando i lavoratori a praticare forme di lotta spettacolari: ci si incatena sui tetti, sui carri ponte, davanti ai provveditorati, o si fanno manifestazioni in mutande per dire che la situazione è drammatica e che chi non ha nulla da perdere è disposto a tutto per difendere il proprio diritto alla vita. Stanno praticando l’evangelico “se qualcuno ti vuole depredare del tuo mantello tu denudati completamente, denuncia platealmente la sua ingordigia”.
Ma lo scenario politico che si intravede nelle manovre in corso e di cui il “caso Boffo” fa parte, ci dicono che il Vaticano non ha in mente il bene del popolo italiano, non ha interesse a sostenere un blocco sociale imperniato su chi suda e lavora, su chi difende l’ambiente, su chi si oppone all’arricchimento di pochi individui ai danni dell’intera collettività nazionale. Il blocco sociale che si intravede nelle manovre in corso è sempre imperniato sul grande capitale industriale e finanziario, lo stesso che è responsabile della pesante crisi economica che stiamo vivendo. Quello a cui sta lavorando il Vaticano è un blocco sociale guidato magari da un premier più presentabile, meno screditato e pericoloso per gli stessi capitalisti nostrani come è Berlusconi. I giornali fanno il nome di Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente di Confindustria e Presidente della Fiat, e di Pierferdinando Casini, leader UDC. Cosa cambierebbe per la povera gente? Questo è il contributo che la gerarchia cattolica vuole dare al superamento della più grave crisi economica, politica, morale e sociale della nostra collettività nazionale? E sulla guerra, nella quale il nostro paese è impegnato in varie parti del monto con circa diecimila soldati italiani dislocati nei punti più caldi, cosa vuole fare il Vaticano? E sulla immane questione dei rifiuti che sta per distruggere definitivamente l’ambiente della regione Campania e su cui tanti cristiani si sono impegnati? E sul riscaldamento globale, la morte per fame di alcuni miliardi di esseri umani? Come si concilia il termine “cattolico”, cioè universale, con manovre di palazzo, con imboscate scandalistiche, con la mancanza di misericordia nei confronti di chi soffre, a fronte di una sporcizia, di cui lo stesso Ratzinger parlò prima della sua elezione, che permea gran parte della gerarchia cattolica?
Per la gerarchia della chiesa cattolica valgono le parole scritte dal profeta Ezechiele: «Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, predici e riferisci ai pastori: Dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza.» (Ez 34,2-4 )
Cristiani di tutto il mondo unitevi e fate sentire la vostra voce.
* Il Dialogo, Sabato 05 Settembre,2009
BOFFO: ’CASO’ RESTA APERTO, PD-PDL ANCORA AI FERRI CORTI
(di Alessandra Chini)
ROMA - Da giorni il centrodestra predica un ’disarmo bilaterale’ e la ripresa del dialogo con l’opposizione a patto che vengano archiviate le vicende riguardanti la vita privata del presidente del Consiglio e il ’Boffo-gate’. Ma, nonostante anche ieri, nell’incontro al Quirinale con Silvio Berlusconi, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sia tornato per l’ennesima volta a chiedere di abbassare i toni, lo scontro tra maggioranza e opposizione non accenna a placarsi. Sul caso del direttore di Avvenire, infatti, le polveri non sembrano essere ancora scese.
In un’intervista al Corriere della sera, l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema parla, partendo da questa vicenda, di una "barbarie che colpisce la democrazia". Insomma, per D’Alema, si tratta di "un caso che desta grande preoccupazione. Come desta preoccupazione il degrado impressionante della vita pubblica di cui il presidente del Consiglio è il principale responsabile". Una presa di posizione che gli guadagna le reazioni stizzite del centrodestra. "Non c’é un solo giudizio - attacca il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi - nell’ampia intervista di D’Alema che sia minimamente rispondente alla realtà, equilibrato, costruttivo e aperto al confronto". Confronto che invece, almeno sulla carta, il centrodestra continua a invocare a gran voce. "Penso che con le dimissioni di Boffo - suggerisce l’altro coordinatore del Pdl Denis Verdini - si possa chiudere questa situazione e ritornare a parlare di politica". E ancora: "Al di là delle dichiarazioni dell’onorevole D’Alema - dice il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto - se il centrosinistra la smette con gli attacchi alla vita privata di Berlusconi, in Parlamento è possibile sempre riprendere il filo di un ragionamento sulle riforme riportando evidentemente lo scontro politico nel nostro Paese a un livello di civiltà".
Troppo semplice, rispondono dall’opposizione: è il centrodestra ad avere avvelenato i pozzi. "Il difetto - sottolinea il candidato alla segreteria del Pd Pier Luigi Bersani - sta nel manico: abbiamo un governo e un presidente del Consiglio che non sono in grado di dare un tratto di sobrietà, di serietà e di civismo alle conduzioni delle cose del Paese". In ogni caso, sottolinea anche la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro, l’opposizione è sempre disponibile al confronto "ma tutti devono sapere che il primo diritto che c’é in democrazia è il diritto di criticare il potere, in secondo luogo la libertà di stampa è fondamentale" e dunque, "a partire da qui ragioneremo". E, in effetti, appare difficile che almeno prima del 19 settembre, data per la quale è stata convocata la manifestazione sul diritto di informazione, il ’caso Boffo’ venga chiuso e dunque il clima si rassereni e riparta il confronto. Tanto più che per quella data il segretario del Pd Dario Franceschini avverte: il suo partito sarà in piazza "con tutta la forza".
BOFFO, BERLUSCONI: CON CHIESA RAPPORTI ECCELLENTI *
ROMA - I rapporti del governo, e miei personali, con la Chiesta e con chi la guida, con prestigio, sono "sempre eccellenti", sono rapporti che consolideremo nei prossimi mesi su questioni importanti come il testamento biologico. Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi parlando a ’Mattino5’. Il presidente del Consiglio ha quindi precisato che un incontro con il cardinal Bertone "non è in agenda". "Non ne vedo la necessità, non ho mai chiesto incontri. Il sottosegretario Gianni Letta mantiene questi rapporti quasi quotidianamente", ha aggiunto.
Il rapporto tra il governo e la Chiesa si "consoliderà nei prossimi mesi anche su questioni molto importanti, come il testamento biologico". "La difesa che il nostro governo ha compiuto di alcuni principi basilari di civiltà, che sono alla base della dottrina cattolica, principi come la difesa della vita umana e la difesa della famiglia - ha sottolineato il premier - sono lì a dimostrare questa eccellenza di rapporti tra il nostro governo e la Chiesa".
"Il 15 settembre consegnerò personalmente le prime villette ed i primi appartamenti ai cittadini", in Abruzzo. "E’ un miracolo assoluto internazionale ed epocale". Ha affermato il premier.
"Sono orgoglioso di questi primi 14 mesi di governo, di cui è già stato dato un bilancio dagli elettori con i loro voti". Ha detto il presidente del Consiglio. A conferma del giudizio positivo degli italiani Berlusconi ha fatto riferimento a sondaggi secondo i quali, ha detto, "veleggiamo verso il 70% dei consensi". Rispondendo a una domanda di Maurizio Belpietro sulle ragioni del consenso di cui gode, ha poi detto: "La maggior parte degli italiani vorrebbe essere come me e condivide i miei comportamenti". Poi ha aggiunto: gli italiani sanno "che Silvio Berlusconi non ruba", e che "li difendo da coloro che vorrebbero trasformare l’Italia in uno Stato di polizia tributaria". "Gli italiani non sono stupidi come pensa la sinistra e quindi privilegiano il mio governo", ha concluso il premier.
"Una barzelletta di questa minoranza comunista e cattocomunista, che detiene la proprietà del 90% dei giornali". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha definito le proteste seguite alle sue azioni giudiziarie contro La Repubblica e L’Unità. A chi denuncia l’assenza di libertà di stampa Berlusconi ha risposto: "Loro intendono la libertà di stampa come libertà di mistificare, di insultare e di calunniare e quindi sono stato costretto a rivolgermi alla magistratura per difendere il principio importante della libertà di stampa". "Se c’é un pericolo - ha sottolineato il premier - è quello degli attacchi alla riservatezza delle persone".
E’ in atto "una campagna eversiva", una "feroce campagna" che punta alle dimissioni del governo e del presidente del Consiglio. Il premier ha auspicato che si interrompa "qualsiasi campagna che attacca chiunque su basi false e calunniose". "Per quanto mi riguarda - ha sottolineato Berlusconi - oltre alla feroce campagna per chiedere di fatto le mie dimissioni contro la volontà del popolo (e oggi ’feroce campagna’ lo scrive il Corriere della Sera in un articolo di fondo), mi vedo attribuire quotidianamente delle cose che non ho mai detto e neppure pensato. L’ho detto e lo ripeto con forza - ha aggiunto -: con questa informazione, povera Italia".
"Aumenteremo la difesa dei cittadini contro la criminalità singola e anche contro la criminalità organizzata, impiegando altri militari". E’ uno degli impegni assunti per il prosieguo dell’attività governativa dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Nel corso dell’intervista a Mattino Cinque, il premier ha enumerato le iniziative che saranno prese dall’esecutivo.
L’apertura di "molti cantieri per le opere pubbliche sia al Nord sia al Sud", che erano stati accantonati dalla sinistra; il tentativo di "ridurre le spese dello Stato per tagliare le imposte"; la "immediata" messa a punto in Parlamento della riforma del processo penale, "di cui c’é enorme bisogno"; la garanzia del "rispetto della privacy di tutti"; la messa a punto del piano per il Sud, "per il quale pensiamo a infrastrutture, alla fiscalità di vantaggio, a misure di sostegno al turismo e naturalmente alla sconfitta definitiva della criminalità organizzata". Il premier ha sottolineato "che nessun altro governo ha fatto quel che noi abbiamo fatto contro la mafia: abbiamo arrestato un numero impressionante di mafiosi, abbiamo sequestrato e confiscato ingenti quantità di denaro e ingenti quantità di beni". Berlusconi si è detto convinto che "mai nella storia italiana un governo possa pensare di iniziare a paragonarsi con tutto quello che abbiamo fatto noi". Un punto importante per il governo, ha sottolineato il premier, è "far sentire agli italiani di non vivere in uno Stato tiranno, che opprime i cittadini, come vorrebbero i comunisti e i catto-comunisti, ma in uno Stato non solo libero ma anche amico".
"Devo ancora fare una riunione con gli esponenti del Pdl per mettere a posto la strategia". Così il premier ha risposto al direttore di Libero, Maurizio Belpietro, che gli ha chiesto se stia già lavorando con l’alleato Umberto Bossi per definire le candidature alle regionali del 2010. "Cominceremo a discuterne", ha detto Berlusconi, che ha sottolineato di essere in contatto con Bossi "praticamente ogni giorno". Ma quanto alle candidature, il premier dice che è prematuro parlarne, almeno prima della fine di settembre, perché il Popolo della libertà deve ancora definire una strategia e decidere i nomi.
I retroscena del "caso Boffo" scuotono la Chiesa. E svelano le divisioni nelle gerarchie
Indignazione, e la segreteria di Stato ostenta tranquillità. Ma gli esiti sono imprevedibili
Il veleno dei cardinali
Il caso Boffo scuote la Chiesa
di ORAZIO LA ROCCA e MARCO ANSALDO *
CITTA’ DEL VATICANO - "Fratelli che si mordono e si divorano a vicenda". Il Papa lo aveva detto, nel marzo scorso. Anzi, lo aveva addirittura scritto a chiare lettere in un messaggio ai vescovi, citando San Paolo e il suo avvertimento alla comunità dei Galati, uno dei nuclei cristiani più turbolenti. "Badate almeno - ammoniva l’apostolo di Tarso - a non distruggervi del tutto gli uni con gli altri". Quell’invito di Benedetto XVI sembrava quasi presagire il clima di scontro che si respira ora all’interno della Chiesa con il caso Boffo, il direttore dell’Avvenire dimessosi dopo una violenta campagna di accuse su presunte molestie avviata da Il Giornale di Vittorio Feltri, accuse rivelatesi poi inconsistenti. Un maremoto pian piano salito, e adesso penetrato fin dentro i Sacri Palazzi, coinvolgendo i porporati più in vista, subito sotto il Papa.
"Stanno tentando in tutti i modi di farci entrare in dispute che non ci appartengono tirandoci per la tonaca", è la frase che si coglie nelle stanze della Segreteria di Stato, dove tra i più dispiaciuti per lo sconquasso che si è sollevato sembra - a chi gli sta vicino - proprio il cardinale Tarcisio Bertone. Sua Eminenza - primo collaboratore di Benedetto XVI - accusato indirettamente da Feltri di essere stato l’occulto ispiratore del complotto, è appena stato riconfermato al vertice con una lettera affettuosa scritta a mano dal Pontefice, in tedesco. Controlla in pieno il potere vaticano. E tuttavia è al centro di un caso che non ha precedenti nelle sacre stanze, e mescola potere e politica, veleni e gerarchia, porpore e giornali. Una battaglia di cardinali: questa volta però tutta giocata all’esterno del mondo protetto del Vaticano.
Ufficialmente, la Segreteria e i suoi uomini non danno peso "alle chiacchiere". Eppure nel Palazzo Apostolico si ha la netta sensazione di vivere in trincea. Con vescovi, cardinali e monsignori pronti a fronteggiare una sorta di guerra invisibile, mentre Papa Ratzinger sembra - in apparenza - non esserne sfiorato, impegnato com’è in udienze e catechesi pubbliche. Ieri, in effetti, ha presieduto come tutti i mercoledì alla tradizionale udienza generale, lanciando un severo monito contro i "tentativi di carrierismo che si possono annidare anche tra gli uomini di Chiesa". Dietro le quinte, però, Benedetto XVI si sta dando da fare per cercare di capire quello che sta veramente succedendo e se le accuse rivolte a Bertone e ai suoi più stretti collaboratori siano in qualche modo fondate.
Anche monsignore Angelo Bagnasco è molto colpito da questa vicenda. Ma il presidente della Conferenza episcopale italiana resta defilato. Il che - precisano i suoi collaboratori - non significa certo avere gli occhi chiusi su quel che accade. La Cei ha definito infatti Boffo "un galantuomo". Pure il cardinale Dionigi Tettamanzi, dal suo osservatorio di Milano, non prende parte allo scontro in corso. Oggetto anch’egli di attacchi diretti in passato, guarda molto preoccupato quel che scrivono i giornali, e pensa che questi scontri non giovino alla Chiesa. Quando gli chiedono se sta con la Cei, nello scontro in atto, o con la Segreteria di Stato, risponde ai suoi sacerdoti così: "La Chiesa è una e una sola, io sto con il Vangelo e vado avanti". Monsignor Achille Silvestrini, il più stretto collaboratore all’epoca di Agostino Casaroli segretario di Stato, commenta: "Non conosco la vicenda, ho solo letto. Ma è sbagliato dire che questa cosa provenga dal Vaticano. Forse da "qualcuno" del Vaticano, il che è ben diverso. Siamo nell’età dei misteri. Ma posso dire che negli anni di Casaroli cose del genere non sono mai successe".
"Di quali accuse si sta parlando? Qui si tratta solo di fango gratuito lanciato contro uomini di Chiesa e istituzioni ecclesiali", commenta con fermezza il cardinale Josè Saraiva Martins. E un altro cardinale, Renato Raffaele Martino, è dell’opinione che "la Chiesa da sempre venga attaccata perché difende l’uomo, specialmente il più debole e indifeso. E gli attacchi di questi giorni non rappresentano, purtroppo, un’eccezione: si sta cercando in tutti i modi di far pagare alla Chiesa colpe che non ha. Parlare di guerre e scontri è impensabile. Fa bene quindi la Santa Sede a non replicare a simili fandonie". Fuori dal Vaticano non tutti i prelati la pensano così. "Sarebbe invece opportuno che dalla Santa Sede arrivasse una parola di chiarimento tramite, magari, il portavoce papale padre Federico Lombardi, persona seria, competente e puntuale", replica il vescovo Loris Francesco Capovilla, emerito di Loreto, storico segretario personale del beato Giovanni XXIII, un prelato dunque che conosce bene la Curia e l’appartamento papale. Di "attacco alla Chiesa" parla il vescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti, più volte nel mirino dei partiti di governo, Lega in testa, per le sue prese di posizione in difesa degli immigrati. "Il vero problema - dice - è legato al fatto che troppa gente vede la Chiesa come un soggetto politico e per questo la attacca quando dice delle cose che possono dare fastidio".
Gli esperti di cose vaticane guardano tutto con estrema attenzione. Mario Agnes, oggi direttore emerito dell’Osservatore Romano, afferma: "Non voglio dire niente. Sono amareggiato, molto amareggiato. Nei miei 23 anni da direttore non ho mai visto niente di simile. Ho sempre deciso di stare zitto perché per me parlava il giornale". "Il caso è nato dentro la Chiesa - afferma Sandro Magister, vaticanista di lungo corso e autore del blog Settimo cielo - e è mirato a colpire persone e gruppi interni alla Chiesa stessa. Quello a cui abbiamo assistito è stato un attacco personale a Boffo, per cosa lui rappresentava, cioè Avvenire, e per la linea che esprimeva, quella della Cei diretta dal cardinale Camillo Ruini. Questo era il bersaglio".
Una lotta diretta fra i due maggiori quotidiani cattolici? Anche. Fra Avvenire e Osservatore Romano la battaglia dura da tempo, un braccio di ferro che ha avuto momenti di scontro evidenti, come nella vicenda di Luana Englaro, dove il giornale della Cei è stato protagonista di una campagna molto energica, mentre il foglio della Santa Sede si è rivelato estremamente riservato, elusivo, cauto. "La domanda - continua Magister - è come Feltri sia stato indotto a presentare le carte su Boffo, e lui in pratica ha confessato: la figura di cui ha parlato sembra il ritratto di Giovanni Maria Vian, il direttore dell’Osservatore Romano. Ma il bersaglio vero, cioè Ruini, non è stato raggiunto. Boffo è stato sostituito da Marco Tarquinio, il suo vice. E la linea di Avvenire non è cambiata".
Chi ci sarebbe dietro Vian? Molti sanno del rapporto stretto fra lui e il segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Chi però ha sentito il direttore dell’Osservatore Romano spiega così la sua difesa: "É tutto falso. Le accuse non tengono nemmeno sul piano della logica. Non siamo così gonzi. Presto si vedrà che è tutta una bolla di sapone". Luigi Amicone, direttore del settimanale Tempi, esclude "che Bertone e Ruini possano essere direttamente coinvolti in questa vicenda. Credo invece che si tratti di un gioco degli specchi e che gli uni e gli altri, le vittime e i carnefici, trascinino dentro le autorità della Chiesa. Perché è illogico che questi si mettano a brigare in ruoli di bassa cucina quando incarnano poteri d’altro tipo, e potrebbero tranquillamente tagliare la testa a Boffo senza passaggi bizantini".
La Segreteria di Stato ieri ha valutato l’ipotesi di smentire le ricostruzioni giornalistiche. Poi ha optato per la prudenza. Meglio il silenzio. Ma dal mondo in sofferenza della Chiesa italiana un uomo di vertice commenta così: "In questo modo è peggio. In Vaticano tireranno avanti proprio così: come se nulla fosse accaduto. Ma non è un silenzio di rispetto: semmai di confusione, di paura. Tutti i giornali parlano di un delitto politico e mediatico ordito addirittura dalla Segreteria di Stato e dal giornale della Santa Sede, e di fronte a questo inferno tacciono incredibilmente il portavoce, l’Osservatore Romano, Avvenire e la Radio Vaticana. Un silenzio nel quale risuonano ancor più i sospetti che oggi corrono liberamente nei sacri Palazzi".
© la Repubblica, 04 febbraio 2010
visto che Mapelli è arcivescovo di una chiesa privata e personale, che gliene frega di quello che fa la chiesa cattolica?
Da gay convivo da 15 anni, e le scelte politiche non incidono nella mia vita.
Non so questo mapelli arcivescovo da dove esca, ma non ho mai sentito che le sue parole fossero di evangelizzazione, ma passa il suo tempo a parlare su Chiesa cattolica e cattolici.
Che strano arcivescovo !
Egregio Signore,
la Chiesa non è "privata e personale", come Lei afferma con faciloneria e approssimazione dato che è stata fondata da un Sinodo ortodosso della Grecia che risale all’anno 1924 (si legga la storia della Diocesi cliccando su GOOGLE il nome ECCLESIA APOSTOLICA e troverà tutti i documenti relativi alla fondazione stessa). Da parte Vostra vi è sempre la mania di crederVi l’unica Chiesa, la sola,la vera, quella di Cristo... la solita visione cattolico romano-centrica (tanto cara a Ratzinger ma tanto anacronistica.... e patetica!) In ogni caso se Lei dice : "Da gay convivo da 15 anni, e le scelte politiche non incidono nella mia vita."....vuol dire che Lei di diritti umani e civili non ci capisce un’acca! Si vede bene che difende la "sua" Chiesa cattolica romana che le ha insegnato molto bene a mimetizzarsi e ad essere un sepolto vivo, lei e il suo partner. Si esponga un po’ e poi vedrà se non farà anche Lei la fine di quel ragazzo accoltellato a Roma...oppure si presenti da convivente in una Chiesa cattolica romana col compagno e vedrà se daranno a Lei e al suo compagno l’eucaristia! Provi! prima di elogiare la sua vita di fantasma cattolico e magari pretendendo di erigerla a modello per tutti i credenti cristiani oggi.
Contento Lei!.... NOI NO! Poi non usi in merito nostro il termine "evangelizzazione" che è un termine tipicamente cattolico romano dell’era Ruini. Semmai si deve annunciare l’evangelo, andando con lieto cuore e animo aperto, non indottrinare evangelizzazioni di sorta! Non c’è nessuno da "evangelizzare" (un termine odioso e brutto!)
un saluto cordiale.
P. Mario Metodio Segreteria dell’Arcivescovo Giovanni Climaco Mapelli Milano, 7 settembre 2009
Lettera
LA TESTA DI BOFFO A BERLUSCONI
di Pietro Ancona *
Dopo aver ricevuto la solidarietà della Cei e financo quella del Papa, il direttore dell’Avvenire è stato indotto alle dimissioni. Esce di scena lasciando una lettera piena di amarezza per la violenza che è stata esercitata su di lui e la sua famiglia. Nello stesso giorno in cui matura questa drammatica decisione che non sarà respinta, il Cardinale Bagnasco incontra il capo della Lega Bossi ed il Ministro Calderoli e discutono per almeno un’ora si dice di emigrazione ma sicuramente di diritti civili che la Chiesa non gradisce a cominciare dal testamento biologico e di tutto il contenzioso aperto su vari fronte tra laici e clericali. Il recupero di buoni rapporti tra governo e chiesa sarà pagato in sostanziale perdita di laicità a favore di nuove ondate di clericalizzazione della legislazione e della società civile.
La testa di Boffo è stata consegnata. La Chiesa non aveva alcuna convenienza a difenderlo ad oltranza dal momento che è diventato un impedimento, una zeppa, nei ben oliati rapporti tra la destra italiana ed il Vaticano. Difendere Boffo significa tenere aperto il fronte di guerra non solo con Feltri ma con lo stesso Berlusconi che certamente non ha gradito di non essere stato ricevuto per la perdonanza e di essere criticato da molti ambienti cattolici (ma mai dall’Osservatore Romano, organo della Chiesa globale che si è vantato di non avere mai riprovato i festini di villa certosa).
Se mai c’è stata una corrente dentro le gerarchie favorevole alla difesa ad oltranza di Boffo questa è stata sconfitta dalla realpolitick e dal calcolo di alto opportunismo sugli interessi generali e permanenti della Chiesa in Italia che non possono perdere o incrinare una sponda servizievole ed adesiva al massimo come il Partito ed il Governo di Berlusconi.
Il Governo si accinge a licenziare quarantamila insegnanti ma tra questi nessuno dei venticinquemila insegnanti di religione scelti dalle Curie Vescovili e pagati dallo Stato. Il Tar del Lazio sentenzia sulla illegittimità del credito all’insegnante di religione ed il Ministro Gelmini violando la legge accondiscende alle pretese della Chiesa e concede l’ingiusto che la magistratura amministrativa aveva negato.L’Aifa ammette l’uso della pillola RU 484 con limitazioni che, dopo le proteste di Greccia, Sacconi si affretta ad appesantire per negare in via burocratica quanto deve ammettere in linea di diritto.Il Parlamento dovrà presto esitare la legge sul testamento biologico e questa sarà quella che vorrà il Vaticano "mai più un caso englaro" cioè il divieto assoluto al morituro di tutelare la propria dignità. Di quelli che una volta si chiamavano PACS non se ne parla più e sempre più forte è la pressione su medici e farmacisti per rendere più difficile la possibilità di abortire e di accedere a farmaci malvisti dalla Chiesa. A questo bisogna aggiungere gli enormi interessi economici per diversi miliardi di euro che la Chiesa ricava dall’Italia a cominciare dalla esenzione dell’Ici fino al calcolo truffaldino e telescopico dell’otto per mille che estende alla intera massa dei contribuenti la percentuale di quanti dichiarano la loro preferenza.
Inoltre ha giocato anche l’imbarazzo della Chiesa per la denunziata omosessualità del Direttore dell’Avvenire. Fino a quando la cosa non era conclamata e risaputa come è stato dopo l’attacco di Feltri tutti sapevano e tutti facevano finta di niente. La Chiesa è ancora omofoba anche se mostra qualche apertura. Il catechismo è chiaro: 2357 "Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, 238 la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». 239 Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati." 2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. 2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. " Insomma, si può essere omosessuali ma si deve essere casti. Rispetto, compassione, delicatezza ma non debbono esprimere la loro natura. Specialmente se sono sposati ed hanno figli.
La Chiesa di Papa Ratzinger con la sua ossessione di lotta al relativismo è in sintonia con la destra italiana così come a livello internazionale pur comiziando contro la guerra ritiene giusta la presenta dell’Occidente in Afghanistan ed in Irak. Il Cardinale primate dell’Honduras non sostiene forse i golpisti quando ingiunge al Presidente deposto di non tornare alla sua patria?
Aspettiamoci quindi nelle prossime settimane un pieno recupero di Berlusconi con la Chiesa. Non escludiamo financo che possa essere ricevuto presto magari dopo il varo di alcune significative quanto oscurantiste leggi gradite oltretevere.
pietroancona@tin.it
http://www.corriere.it/
* Il Dialogo, * Venerdì 04 Settembre,2009 Ore: 14:46
IL COMMENTO * la Repubblica, 04.09.2009
Il delitto è compiuto
di GIUSEPPE D’AVANZO *
DINO BOFFO, direttore dell’Avvenire, si è dimesso e non tiene conto discutere del sicario. È stato pagato per fare il suo sporco lavoro, se l’è sbrigata in fretta. Ora se ne vanta e si stropiccia le mani, lo sciagurato. Appare oggi più rilevante ricordare come è stato compiuto il delitto; chi lo ha commissionato e perché; quali sono le conseguenze per noi tutti: per noi che viviamo in questa democrazia; per voi che leggete i giornali; per noi che li facciamo.
Dino Boffo è stato ucciso sulla pubblica piazza con una menzogna che non ha nulla a che fare - né di diritto né di rovescio - con il giornalismo, ma con una tecnica sovietica di disinformazione che altera il giornalismo in calunnia. Il mondo anglosassone ha un’espressione per definire quel che è accaduto al direttore dell’Avvenire, character assassination, assassinio mediatico. Il potere che ci governa ha messo in mano a chi dirige il Giornale del capo del governo - una sorta di autoalimentazione dell’alambicco venefico a uso politico - un foglio anonimo, redatto nel retrobottega di qualche burocrazia della sicurezza da un infedele servitore dello Stato. C’era scritto di Boffo come di "un noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato". L’assassino presenta quella diceria poliziesca come un fatto, addirittura come un documento giudiziario.
È un imbroglio, è un inganno. Non c’è alcuna "nota informativa". È soltanto una ciancia utile al rito di degradazione. L’assassino la usa come un bastone chiodato e, nel silenzio degli osservatori, spacca la testa all’errante. L’errore di Boffo? Ha criticato, con i toni prudentissimi che gli sono propri e propri della Chiesa, lo stile di vita di Silvio Berlusconi. Ha lasciato che comparissero sulle pagine del quotidiano della Conferenza episcopale l’amarezza delle parrocchie e dei parroci, il disagio dei credenti e del mondo cattolico più popolare dinanzi all’esempio di vita di Quello-Che-Comanda-Tutto.
Ora che c’è un morto, viene il freddo alle ossa pensare che anche una prudente critica, una sorvegliata disapprovazione può valere, nell’infelice Paese di Berlusconi, il prezzo più alto: la distruzione morale e professionale. Ma soltanto le prefiche e gli ipocriti se ne possono meravigliare. Da mesi, il presidente del Consiglio ha rinunciato ad affermare la legittimità del suo governo per mostrare, senza alcuna finzione ideologica, come la natura più nascosta del suo potere sia la violenza pura. Con l’assassinio di Dino Boffo, prima vittima della "campagna d’autunno" pianificata con lucidità da Berlusconi (ha lavorato a questo programma in agosto dimenticando la promessa di andare all’Aquila a controllare i cantieri della ricostruzione), questa tecnica di dominio politico si libera di ogni impaccio, di ogni decenza o scrupolo democratico.
Berlusconi decide di muovere contro i suoi avversari, autentici e presunti, tutte intere le articolazioni del multiforme potere che si è assicurato con un maestoso conflitto d’interesse. Stila una lista di nemici. Vuole demolirli. Licenzia quelli tra i suoi che gli appaiono pirla, fessi, cacaminuzzoli. Vuole sicari pronti a sporcarsi le mani. È il padrone di quell’industria di notizie di carta e di immagini. Muove come vuole. È anche il presidente del Consiglio e governa le burocrazie della sicurezza (già abbiamo visto in un’altra stagione i suoi servizi segreti pianificare la demolizione dei "nemici in toga").
Il potere che ci governa chiede e raccoglie nelle sue mani le informazioni - vere, false, mezze vere, mezze false, sudicie, fresche o ammuffite - che possano tornare utili per il programma di vendetta e punizione che ha preparato. Quelle informazioni, opportunamente manipolate, sono rilanciate dai giornali del premier nel silenzio dei telegiornali del servizio pubblico che controlla, nell’acquiescenza di gruppi editoriali docili o intimiditi. È questo il palcoscenico che ha visto il sacrificio di Dino Boffo ordinato da Quello-Che-Comanda-Tutto.
È la scena dove ora salmodiano il coro soi-disant neutrale, le anime fioche e prudenti in cerca di un alibi per la loro arrendevolezza, gli ipocriti in malafede che, riscoprendo fuori tempo e oltre ogni logica la teoria degli "opposti estremismi" mediatici, accomunano senza pudore le domande di Repubblica alle calunnie del Giornale; un’inchiesta giornalistica a un rito di degradazione sovietico; la vita privata di un libero cittadino alla vita di un capo di governo che liberamente ha deciso di rendere pubblica la sua; la ricerca della verità all’uso deliberato della menzogna.
È questa la scena che dentro le istituzioni e nel Paese dovrebbe preoccupare chiunque. Per punirlo delle sue opinioni, un uomo è stato disseccato, nella sua stessa identità, da una mano micidiale che ha raccolto contro di lui il potere della politica, dello Stato, dell’informazione, dei giornali di proprietà del premier usati come arma politica impropria. Nei cromosomi della democrazia c’è la libertà di stampa e, come si legge nell’articolo 21 della Costituzione, "il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero". È questa libertà che è stata umiliata e schiacciata con l’assassinio di Dino Boffo. Lo si vede a occhio nudo, anche da lontano. "Un giornalista è l’ultima vittima di Berlusconi", scrive il New York Times. Chi, in Italia, non lo vuole vedere e preferisce chiudere gli occhi è un complice degli uccisori e di chi ha commissionato quel character assassination.
Stamattina sul quotidiano dei vescovi la difesa dalle "Dieci falsità"
Poi la lettera di dimissioni: "Violentata la mia famiglia. Basta guerra sul mio nome"
Dino Boffo si è dimesso
La Cei: "Attacco inqualificabile"
Il cardinal Bagnasco: "Le accettiamo con rammarico, profonda gratitudine e stima" *
ROMA - Dino Boffo si è dimesso da direttore dell’Avvenire con una lettera inviata al cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana: "Non posso più accettare una guerra sul mio nome". Immediata la replica della Cei che ha accettato la scelta "con profondo rammarico". Le dimissioni, a cui sono seguite le reazioni del mondo politico e della stampa, sono state rassegnate nello stesso giorno in cui sul quotidiano dei vescovi italiani è uscita l’autodifesa di Boffo dal titolo "Dieci falsità: le deformazioni del Giornale e la realtà dei fatti". Un testo che aveva lo scopo di chiarire definitivamente la vicenda giudiziaria del 2002 tirata fuori dal quotidiano diretto da Vittorio Feltri.
Le dimissioni: "Violentata la mia famiglia". Nella sua lettera di dimissioni, Dino Boffo spiega di volere lasciare la direzione dell’Avvenire perchè si sente al centro di una "bufera gigantesca" frutto di una campagna di stampa che ha "violentato me e la mia famiglia". E che per tanto intende allontanare il più possibile la sua persona, oggetto dell’attacco di Vittorio Feltri, dal giornale dei vescovi italiani . "Non posso accettare che sul mio nome si sviluppi ancora per giorni e giorni una guerra di parole che sconvolge la mia famiglia e soprattutto trova sempre più attoniti gli italiani".
Bagnasco: "Attacco mediatico inqualificabile". "Il presidente della Conferenza episcopale Italiana, cardinale Angelo Bagnasco, prende atto con rammarico delle dimissioni irrevocabili del dottor Dino Boffo dalla direzione di Avvenire, TV2000 e RadioInblu’’. Lo comunica l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei. "Nel confermargli, personalmente e a nome dell’intero episcopato, profonda gratitudine per l’impegno profuso in molti anni con competenza, rigore e passione, nel compimento di un incarico tanto prezioso per la vita della chiesa e della società italiana - afferma la nota della Cei - esprime l’inalterata stima per la sua persona, oggetto di un inqualificabile attacco mediatico. Apprezzando l’alta sensibilità umana ed ecclesiale che lo ha sempre ispirato gli manifesta vicinanza e sostegno nella prova, certo che il suo servizio alla Chiesa e alla comunità civile non verrà meno". La nota viene pubblicata integralmente e senza alcun commento anche dall’Osservatore Romano.
Direzione ad interim. Il presidente del consiglio d’amministrazione di Avvenire - nuova editoriale italiana, monsignor Marcello Semeraro, a seguito delle dimissioni irrevocabili di Boffo ha incaricato il vicedirettore Marco Tarquinio di firmare ad interim la testata. Che promette: "Continueremo a fare il giornale che abbiamo sempre fatto, continueremo a raccontare l’Italia, come abbiamo fatto anche in questi giorni di attacchi".
Avvenire: "Bassa macelleria giornalistica". "Abbiamo assistito in questi giorni a un’aggressione mediatica senza precedenti con l’obiettivo di colpire una persona, Dino Boffo, e attraverso lui la voce autorevole e libera dei cattolici italiani e del loro quotidiano, minacciando la libertà di informazione. Si è trattato di un’operazione di bassa macelleria giornalistica". Lo scrivono i giornalisti di Avvenire in un documento al termine della loro assemblea. "Il direttore de Il Giornale - e gli altri che via via si sono accodati - nascondendosi dietro al diritto di cronaca ha frantumato la deontologia del nostro mestiere, ha calpestato i sentimenti e l’onore di Boffo e della sua famiglia nonchè degli altri protagonisti - loro malgrado - della vicenda, dimostrando un grande disprezzo per le notizie che contraddicevano le sue presunte verità". Ringraziando Boffo per i suoi quindici anni alla direzione del loro quotidiano, parlano di un "plateale e ripugnante attacco" e promettono di continuare il loro lavoro al servizio "della democrazia e della Chiesa".
L’autodifesa. Sul numero dell’Avvenire di oggi Dino Boffo ha pubblicato la sua autodifesa. L’articolo dal titolo "Dieci falsità: le deformazioni del Giornale e la realtà dei fatti" parte dalla "nota informativa" di matrice giudiziaria in cui si definisce Boffo "un noto omosessuale" protagonista di "una relazione con un uomo sposato": "Solo una lettera anonima diffamatoria", da cui proviene anche la notizia che Boffo sarebbe stato "attenzionato dalla Polizia di Stato per le sue frequentazioni". Nulla di tutto ciò, "è contenuto in un documento giudiziario. La schedatura è stata anche smentita, dopo una verifica, dal ministro dell’Interno".
Le telefonate. La "querela" sporta da una signora di Terni, ha spiegato l’Avvenire, è un altro falso: la denuncia fu sporta contro ignoti e fu rimessa dopo che venne ipotizzato il coinvolgimento del cellulare in uso al suo ufficio. Anche perché lui conosceva la donna vittima delle molestie, e lo ha ammesso (mentre Il Giornale scrive che Boffo avrebbe dichiarato di "non aver mai conosciuto la donna"). Per quanto riguarda le intercettazioni, il gip di Terni ha confermato: agli atti ci sono semplicemente i tabulati dai quali emergono telefonate partite da uno dei telefoni cellulari dell’ufficio di Boffo.
L’omosessualità. Secondo l’Avvenire il dettaglio sarebbe stato "pruriginosamente tirato in ballo dall’estensore della famigerata "informativa anonima" e dal Giornale che ha coagulato l’attacco diffamatorio proprio su questo punto". E per quanto riguarda pedinamenti e molestie, agli atti c’è solo un riferimento a "rapporti sessuali": ma, come ha specificato il gip di Terni "tra la donna e suo marito".
Il patteggiamento. E se Il Giornale afferma che Boffo in qualche modo ammise di essere colpevole e diede incarico al suo legale di "patteggiare" la pena, il diretto interessato ha precisato che "non ha patteggiato alcunchè e ha sempre rigettato l’accusa di essere stato autore di telefonate moleste". Boffo inoltre non avrebbe mai, come invece sostiene il quotidiano diretto da Feltri, reso pubbliche ricostruzioni della vicenda. Il testo pubblicato dall’Avvenire ha concluso ribadendo, all’ultimo dei dieci punti, la falsità della cosiddetta "nota informativa": "La campagna diffamatoria incredibilmente ingaggiata dal Giornale si basa sin dall’inizio sulle gravissime affermazioni e deformazioni contenute in quel testo anonimo".