Omosessualità e mass media. Intervista esclusiva a Tullio De Mauro
Riconoscere gli impliciti nell’informazione e comunicare in modo più efficace
di Pasquale Quaranta (www.p40.it, 13 luglio 2010)
Il 15 giugno, intervenuto nella Sala delle Colonne di Palazzo Marini a Roma in occasione del convegno “Pensiero e parole. Come il linguaggio condiziona la vita delle persone” (promosso da Enzo Marzo della Società Pannunzio), Tullio De Mauro ha parlato del diritto dei lettori a ricevere un’informazione comprensibile.
Al convegno sono stati invitati e hanno partecipato anche attivisti del movimento omosessuale e transessuale, come Sergio Rovasio, Porpora Marcasciano, Franco Grillini. Maria Gigliola Toniollo della CGIL ha proposto di istituire un Osservatorio sui diritti delle persone, che tuttavia per gli argomenti posti sul tavolo del convegno sarebbe meglio chiamare Osservatorio sulla comunicazione e sull’informazione veicolata dai mass media sulle identità di genere e sugli orientamenti sessuali, o qualcosa del genere. Questo il quadro.
Tullio De Mauro, napoletano (è nato a Torre Annunziata nel 1932), è uno dei maggiori studiosi di linguistica italiani. Ha insegnato in diverse università italiane e il suo dizionario della lingua italiana, il cosiddetto “De Mauro” (ora fuori catalogo), è stato per anni un punto di riferimento nell’ambito dei dizionari online, tanto che la versione italiana del browser Mozilla Firefox lo includeva nella casella di ricerca. De Mauro è stato anche impegnato politicamente e durante il Governo Amato II ha assunto l’incarico di Ministro della Pubblica Istruzione.
A margine del convegno, lo abbiamo avvicinato per chiedergli un’intervista su omosessualità e pregiudizi veicolati appunto dai mass media. È sicuramente una delle prime volte che al professore vengono poste domande su questo argomento: a testimoniarlo sono le sue risposte. Risposte che sono interessanti perché ci fanno capire gli impliciti nell’informazione che ci riguarda, la necessità di riconoscerli e di studiarli, l’opportunità di collegarci con le eccellenze del mondo della cultura, del giornalismo, della satira per imparare ad essere più comprensibili e più efficaci nella comunicazione, per imparare a farci ascoltare.
Professore, grazie per aver accettato questa intervista. Come si costruisce, attraverso il linguaggio, un pregiudizio?
Beh, è uscito un bel libro di Anna Ferraris, il titolo è “Chi manipola la tua mente?” (Giunti), che stiamo discutendo in questi giorni. Certamente, uno dei... - non l’unico - ma uno dei mezzi... è adoperare in modo improprio certe formule, persino dire cose esatte ma fuori contesto. Il caso tipico è quello degli stereotipi razzisti. Purtropppo avvengono molti incidenti stradali, nessuno dice: “Italiano investe un bambino... italiano investe una vecchietta... l’italiano è un pirata della strada”. Però se è uno zingaro, se è un rumeno, se è un albanese, subito il titolo rischia di essere “Albanese investe... rumeno investe... albanese colto a rubare...”. Sì, ma... Dopo di che bisogna rimontare quest’ondata razzista, divulgare statistiche complesse, da cui risulta poi che l’indice di criminalità degli oriundi albanesi, per esempio, è nettamente inferiore a quello degli italiani. Però è l’immagine... che rischiamo di avere tutti. Se c’è un lavorante albanese che viene in casa, il buon borghese anche meglio intenzionato, pensa che gli albanesi siano quelli che rubano, che investono, che investono per strada, non che investono i quattrini, di questi ultimi non si parla, anche se ci sono... Ecco lo stereotipo linguistico, o la falsa informazione, deliberatamente falsa.
Oggi si è parlato dell’istituzione di un osservatorio sulla comunicazione e sull’informazione relativa ai temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Cosa ne pensa?
Penso che sarebbe molto importante. Penso che però il lavoro sia così delicato, così ampio da fare, che dovremmo farlo in modo più integrale, andando a cogliere anche quel non detto, quei formulari che coprono fatti accertati, di cui avrebbe dovuto occuparsi un osservatorio promosso dalla Federazione della stampa e che poi invece non ha mai avuto seguito. Io spero molto che questa sia la volta buona e sarebbe veramente importante.
Cosa pensa della rappresentazione delle persone omosessuale nei mass media oggi?
Io credo che bisogna cercare di capire anche retrospettivamente che cosa è successo. Siamo passati dal silenzio, sostanziale, dalla inesistenza... Era meglio o peggio? Io credo che fosse peggio. Dal silenzio, dicevo, all’affioramento della notizia che... esistono! Solo che questa notizia viene data poi in modo scorretto molto spesso. Però bisogna cercare di capire il fenomeno nella sua storia, vedere che ci sono strascichi negativi fortissimi, e isolarli, combatterli... per ottenere il riconoscimento dei diritti, dei pari diritti di tutti.
Professore, conosce il significato dell’acronimo glbt?
Ehm... no. Forse l’ho anche registrato in un dizionario, però non lo conosco. Mi dica.
Vuol dire che stiamo parlando di persone gay, lesbiche, bisessuali o transessuali. Professore, conosce invece la differenza tra outing e coming out?
Mah... outing mi pare una brutta traduzione in inglese di esternazione. Coming out no, non ricordo, non so cosa sia. Mi dica.
Coming out significa rivelare il proprio orientamento sessuale, outing significa rivelare quello altrui.
Beh... però mi pare proprio un cattivo uso dell’inglese.
Cosa potrebbe fare il movimento gay per rendere più comprensibile la richiesta di diritti e la lotta contro l’omofobia?
Cercare di parlare italiano di più, naturalmente, in queste parole-chiave per lo meno. E che altro potrebbe fare... Ricordarsi che c’è l’articolo 3, comma II, della Costituzione della Repubblica italiana che parla di pari partecipazione senza differenze, tra l’altro, di sesso, e quindi di orientamento sessuale, e legarsi a quei pochi - o molti? speriamo molti - che si battono perché quell’articolo sia realizzato in tante sedi in cui deve essere realizzato, dalla scuola al lavoro.
Nei college inglesi e nelle università americane ci sono cattedre di studi gay e lesbici, i cosiddetti gay and lesbian studies. Perché in Italia non si attivano corsi universitari di questo tipo?
Da noi no. Perché è molto faticoso. È molto faticoso persino parlare di genere. E di sesso, in genere. Perché c’è un fondo reazionario. La mia analisi è questa: c’è un fondo reazionario della nostra cultura che si serve del cattolicesimo italiano come una foglia di fico. In realtà sono le classi dirigenti, miscredenti, laiche a modo loro per così dire, che lavorano per rendere la vita difficile a chi vuole costruire un paese più eguale e più democratico. E naturalmente Santa Madre Chiesa nella versione della Conferenza Episcopale delle volte, molto spesso, regge la coda a questo. Ma bisogna stare molto attenti. Perché la prima reazione alla sua domanda sarebbe: «Perché siamo un Paese cattolico». Ma ci sono Paesi cattolici in cui non è così. E non è necessario che la Chiesa sia reazionaria. È usata e si fa usare, ben volentieri magari, per avere quattro soldi in più da qualche parte...
Qual è il suo sogno più grande o per lo meno quello che vorrebbe condividere con noi?
Sono tanti, mah... Io cerco di lavorare intanto per ricordare che esiste l’articolo 3, comma II della Costituzione, come ho detto, che riguarda la partecipazione alla vita sociale e politica di tutte e tutti. E poi cerco di occuparmi di piccoli settori: l’istruzione, il modo di parlare...
È ora di salutarci. Il professore si congeda, ci stringiamo la mano. Guardare quest’uomo che continua a fare ricerca, a divulgarne i risultati, a rilasciare generosamente interviste dopo aver tenuto una relazione complessa sulla libertà di informazione ma soprattuto, lo ripetiamo, sul diritto dei lettori ad accedere a un’informazione corretta, riguarderà anche un “piccolo settore”, come egli dice, ma rappresenta un forte richiamo alla professionalità degli operatori della comunicazione e un impegno più generale di condotta democratica.
Sul tema, in generale, si cfr.:
EUROPA: ITALIA. RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SULL’OMOFOBIA
LA "PROFEZIA" DI MARSHALL MCLUHAN: NARCISO E LA MORTE DELL’ITALIA.
L’OCCUPAZIONE DELLA LEGGE E DELLA LINGUA ITALIANA: L’ITALIA E LA VERGOGNA.
FLS
Omosessualità, lezioni di pastorale
Da qui a settembre un percorso per sacerdoti impegnati nell’accompagnamento delle persone Lgbt. Nei giorni scorsi il primo modulo per un centinaio di partecipanti. Obiettivo, andare oltre l’accoglienza.
di Luciano Moia (Avvenire, 25 febbraio 2021, p.19)
Pastorale e omosessualità. Le indicazioni del magistero al tempo di papa Francesco non potrebbero essere più chiare. Tre esempi, per non lasciare parole nel vago.
Cominciamo dalla ‘Relazione dopo la discussione‘ del Sinodo straordinario del 1914. Al n. 50 si afferma: «Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana».
Secondo esempio, al n.250 di Amoris laetitia (2016), il Papa sollecita i vescovi a fare tutto quanto necessario «affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita».
Terzo esempio, Relazione finale del Sinodo dei giovani (2018). Al n.150 si dice: «Esistono già in molte comunità cristiane cammini di accompagnamento nella fede di persone omosessuali: il Sinodo raccomanda di favorire tali percorsi». Tutto ben spiegato. Ma tracciata la strada, cominciamo i problemi.
Indubitabile l’esigenza di accogliere, accompagnare, discernere e integrare, ma come farlo? Occorre accogliere la persona o anche il suo stile di vita? Per le persone omosessuali credenti occorre immaginare percorsi specifici oppure l’obiettivo dell’integrazione suggerirebbe l’inserimento nella pastorale ordinaria? A queste e tante altre domande cerca di rispondere il primo Corso di formazione per operatori pastorali e accompagnatori spirituali di Persone omosessuali, di cui si è svolto il primo modulo nei giorni scorsi. L’iniziativa si inserisce nella serie degli incontri promossi già nel 2016 ad Ariccia (diocesi di Albano), e nel 2018 a Bologna.
Programmato come corso ‘in presenza‘ un anno fa, al Centro di Spiritualità ‘Villa San Giuseppe’ dei gesuiti di Bologna, è stato rimandato a quest’anno, in versione on line a causa della pandemia. Una modalità che ha permesso padre Pino Piva, gesuita, esperto di ‘pastorale di frontiera’, anima dell’iniziativa, di accogliere tutte le richieste di partecipazione. Oltre un centinaio, in maggior parte operatori pastorali sui temi della famiglia ma anche nell’accompagnamento delle persone lgbt.
Obiettivo del primo modulo quello di sondare il dato antropologico di fondo (filosofico e psicologico) su cui la teologia è chiamata a riflettere alla luce della Rivelazione e del magistero, tema che sarà affrontato nel secondo modulo, a giugno. Obiettivo finale? Offrire l’orizzonte adeguato per le proposte pastorali opportune. E sarà il terzo modulo, a settembre.
Impegnativi, soprattutto perché originali e spiazzanti, gli approfondimenti presentati. Don Stefano Guarinelli, psicologo e psicoterapeuta, docente alla facoltà teologica dell’Italia settentrionale e autore tra l’altro di Omosessualità e sacerdozio. Questioni formative (Ancora) ha spiegato perché occorre intendere l’omosessualità come ‘tratto’ da integrare in una visione globale della personalità.
«Visto che non abbiamo una teoria condivisa che ci spieghi da dove arrivi l’orientamento omosessuale, spesso facciamo fatica a individuare l’approccio pastorale più opportuno».
Così si pensa di risolvere tutto chiedendo semplicemente alla persona omosessuale di tacitare il suo orientamento con una pretesa che suona più o meno così: «Per comportati da cristiano devi diventare ciò che non sei. Ma questa - ha osservato il prete psicologo - è una pretesa anti-cristiana».
Chiara D’Urbano, psicoterapeuta, perita dei Tribunali del Vicariato di Roma, autrice di Percorsi vocazionali e omosessualità (Città Nuova) da anni impegnata nell’accompagnamento psicoterapeutico per il sacerdozio e la vita consacrata, ha spiegato che è giusto parlare di persone omosessuali psicologicamente mature e vocazionalmente compensate. «Anche se - ha ammesso - in ambito vocazionale l’omosessualità continua a costituire un certo imbarazzo». E ha spiegato che, anche in ambito vocazionale esistono persone ‘tipiche e insoddisfatte’ a cui cioè l’orientamento omosessuale non impedisce di comportarsi secondo i parametri della ‘normale’ mascolinità o femminilità.
Damiano Migliorini, docente di filosofia, autore di molti studi sul tema - tra l’altro ha scritto con Beatrice Brogliato L’amore omosessuale. Saggi di psicanalisi, teologia e pastorale (Cittadella Editrice) - partendo da una prospettiva ‘relazionale’, ha proposto una visione antropologica integrata attraverso cui leggere e comprendere la realtà delle persone lgbt.
Infine padre Giovanni Salonia, cappuccino, docente di psicologia e di pastoral counseling nella Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, escludendo in maniera netta la condizione omosessuale dall’ambito della patologia, ha invitato ad una più profonda riflessione teologica e pastorale, che possa promuovere un vissuto più integrato delle persone omosessuali nella società e nella comunità cristiana.
Quindi, ha detto, basta parlare di accoglienza. «Per un omosessuale è un’offesa. È come se gli dicessimo: sei fuoriposto, sei fatto male e quindi ti devo accogliere. La persona che si dice disposta ad accogliere già indica una diversità. La misericordia di Dio è per tutti e non può far sentire le persone sbagliate, tantomeno - ha concluso - le persone omosessuali».
Tra i relatori i cardinali Semeraro e Zuppi
Il percorso di formazione per operatori pastorali che si dedicano alle persone Lgbt credenti, è organizzato dai gesuiti di Bologna.
Il primo modulo ha visto come relatori Damiano Migliorini (docente Filosofia); don Stefano Guarinelli (psicoterapeuta); Chiara D’Urbano (psicoterapeuta); padre Giovanni Salonia (psicologo- psicoterapeuta).
Il secondo modulo a giugno sull’approfondimento teologico. Tra i relatori don Valentino Bulgarelli (preside Facoltà Teologica Emilia Romagna); Cristina Simonelli (presidente Coordinamento Teologhe Italiane); don Basilio Petrà (preside Facoltà Teologica Italia Centrale); don Aristide Fumagalli (Facoltà Teologica Italia Settentrionale).
A settembre il terzo modulo sull’approfondimento pastorale con i cardinali Matteo Zuppi (arcivescovo di Bologna) e Marcello Semeraro (prefetto Congregazione per i Santi), don Gabriele Davalli (direttore Ufficio Famiglia Bologna); padre Victor De Luna (Apostolato Courage); don Gianluca Carrega (pastorale con persone Lgbt diocesi di Torino).