Una Gioconda di colore per protestare contro il razzismo in Italia *
Mancano pochi giorni al primo "sciopero degli immigrati", che scatterà il prossimo 1 marzo in Italia, Francia, Spagna e Grecia. E in queste ore è stato anche pubblicato un manifesto dedicato ai rom schedati, agli africani di Rosarno perseguitati e a tutte le vittime anonime del razzismo: è l’iniziativa "Non toccare il mio amico" (www.nontoccareilmioamico.net) lanciata dall’ONG SOS Razzismo, che ha diffuso il Manifesto contro il razzismo in Italia, sottoscritto da Oliviero e Lola Toscani, autori dell’immagine della campagna, una Gioconda di colore.
Il Manifesto chiede che non siano assimilati il problema del razzismo alla questione dell’immigrazione, perché è un modo di giustificare tutte le violenze commesse impunemente contro gli stranieri e gli immigrati, denuncia con decisione le leggi relative all’immigrazione in Italia, uniche in Europa per il loro carattere xenofobo, che fanno di persone integrate nella società italiana dei veri paria. E poi: richiama tutti i cittadini, le associazioni, i sindacati e gli uomini politici alla vigilanza contro i discorsi razzisti, fa appello a tutti i partiti rispettosi dei Diritti dell’Uomo perché respingano per principio ogni alleanza con la Lega Nord e con qualsiasi altra formazione razzista e xenofoba, e alla società civile e allo Stato perché lottino contro il razzismo e l’antisemitismo mobilitando l’educazione, il diritto e la cultura.
Il manifesto è stato già sottoscritto da moltissimi firmatari tra cui Dario Fo, Moni Ovadia, Gino Strada, Beppe Grillo, Roberto Saviano e molti altri.
* l’Unità, 27 febbraio 2010
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Le piazze unite: “Nessun uomo è illegale”
Sessanta città e migliaia di persone per lo sciopero dei lavoratori stranieri
di Caterina Perniconi (il Fatto, 02.03.2010)
L’Europa, ieri, è stata unita da un filo giallo. Dalla Spagna alla Grecia, passando per sessanta città italiane, migliaia di immigrati hanno proclamato il loro primo sciopero e manifestato contro il razzismo, sventolando lacci e palloncini gialli.
L’iniziativa “Primo marzo, 24 ore senza di noi”, nata spontaneamente su Facebook e ispirata all’omonima “journée sans immigrés” francese, ha voluto rendere visibili gli stranieri che vivono e lavorano in Italia per dimostrare che, senza di loro, il paese si ferma.
“Protestiamo contro l’esecutivo e i provvedimenti razzisti che ha emanato - spiega Shukri Said, portavoce dell’associazione Migrare - perché il pacchetto sicurezza ha reso reato una condizione umana, quella della clandestinità. E questa cosa è inaccettabile, soprattutto se si decide di fare una regolarizzazione a metà, solo di colf e badanti. E tutti gli altri? Diventano automaticamente delinquenti? É davvero inammissibile”.
La manifestazione è nata in maniera spontanea, “perché abbiamo deciso di organizzarci da soli - dice Shukri Said - quando abbiamo capito che opposizione e sindacati non avrebbero alzato le barricate in Parlamento”. In seguito la protesta “Primo Marzo” ha ricevuto l’adesione di una serie di organizzazioni, tra le quali Emergency e Legambiente, dei partiti politici dell’opposizione e dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, che pur dando il loro sostegno, non hanno proclamato lo sciopero generale a livello nazionale.
A Napoli hanno sfilato più di 20 mila persone in un corteo partito da piazza Garibaldi fino al Plebiscito, sotto lo striscione Nessun uomo è illegale. “Qui in Campania - spiega il presidente dell’associazione senegalesi, Pape Seck - noi stranieri non abbiamo diritti e non veniamo rispettati. In passato in questa città c’era rispetto e dignità per lo straniero ma le cose sono cambiate con la legge Bossi-Fini”. Una legge che il presidente della Camera si è detto pronto a “rifirmare domani”.
A Milano il presidio è partito da pizza della Scala fino a piazza Cordusio: “Ho raggiunto i miei genitori che lavorano qui - racconta Eder Herrera, studente peruviano dell’Università Statale - e non dimenticherò mai quel giorno che mi hanno fermato i controllori dell’Atm. Avevo dimenticato il portafoglio con l’abbonamento e mi hanno trattato come un criminale”.
A Roma si sono svolte molte iniziative corredate da striscioni gialli. Ieri mattina, in collaborazione con Legambiente, centinaia di rifugiati e richiedenti asilo hanno pulito il parco di Colle Oppio. Un presidio si è svolto davanti alla sede dell’Inps di San Giovanni, dove gli immigrati hanno chiesto a gran voce il riconoscimento del proprio lavoro e dei propri contributi, e di riaverli indietro quando lasciano il paese. “Il beneficio dato dai lavoratori stranieri non si ferma al 10 per cento del Pil - spiega Shukri Said - ma va oltre. Perché non si considerano mai, per esempio, tutte le donne italiane che possono lavorare anche se a casa hanno un bambino o un anziano ammalato. E poi se gli egiziani hanno inventato la matematica, vuol dire che non sanno solo mungere le mucche: perché questo paese non se ne accorge e non accetta anche lavoratori stranieri ad alti livelli? L’America è diventata grande perché ha messo insieme tutte le forze immigrate che hanno dato il meglio”. La giornata romana si è conclusa con una grande manifestazione a piazza Vittorio, cuore della città multietnica.
La Lega nord ha definito lo sciopero di ieri “senza senso”, per questo motivo ha indetto una contromanifestazione oggi, a Sesto Giovanni, nel milanese, a favore dei lavoratori italiani, perché “chi viene nei nostri paesi, prima di rivendicare diritti, dovrebbe avere e rispettare dei doveri”. Alla Lega sfugge che gli immigrati lo fanno, pagano i contributi e aumentano il nostro benessere.
Un giorno di marzo per capire cosa siamo diventati noi
Una occasione per riflettere sulle notti della Repubblica popolate da ominicchi, mafiosi, gente disposta a tutto Mentre dall’altra parte brillano come fari i palloncini gialli
di Giuseppe Provenzano (l’Unità, 02.03.2010)
Sì, «loro», gli immigrati... Ma ieri, Primo Marzo - scriviamolo così, d’ora in poi - è stata l’occasione buona per capire come siamo diventati «noi». Sì, gli italiani.
Ieri, a Palermo i funerali di un uomo, avvocato penalista e politico, che viene massacrato per strada. Non ucciso, finito a colpi di mazza. Ammazzato. Efferatezza ed etimologia. Della decina d’uomini che hanno visto, solo tre hanno parlato. Gli altri, sono andati via. Tre su dieci, ecco i numeri della nazione. La procura, ancor prima del colpevole, cerca i testimoni, e dice: dalla mafia alla vendetta personale, nessuna pista è esclusa. Ecco, tutte le piste, tutte le strade della notte della Repubblica. Sempre più buie, buone a massacrare o tacere. Tutte le strade che portano a Roma.
Siedevano in Parlamento, ancora ieri, sui banchi del Senato, un uomo condannato per aver favorito Cosa Nostra e un altro che risulta schiavo della ‘ndrangheta. Totò Cuffaro e Nicola Di Girolamo. Uno dei due, almeno, ha avuto la decenza (anche fosse semplice tempismo) di dimettersi. L’altro, rappresenta ancora la nazione. Sarà la suggestione, ma mi è sembrata di trovarla nei racconti sulla vita di Gennaro Mokbel l’autobiografia della nazione al tempo delle «cricche»: delle «logge», delle «cosche»... Gli «uomini soli al comando» non esistono, neanche quando fanno di tutto per darlo a vedere. C’è sempre una «cricca» da servire, nell’Italia dei cortigiani.
Il momento più temibile della fine di Berlusconi - e di ogni Berlusconi mascherato - sarà proprio la reazione e la sorte della corte di ominicchi che si raccoglie intorno al corpo del Potere: a raccogliere briciole sottobanco, poltrone di talkshow, affidamenti diretti.
C’è una frase memorabile, che salta fuori da queste settimane italiane di intercettazioni: «Quanti cognati»! Eccoli, gli italiani del 28 febbraio e del 2 marzo: quelli soliti di Flaiano, «un popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti, di cognati». L’Italia delle “Famiglie” mafiose, massoniche, affaristiche, politiche non «meridionalizzata» (come vorrebbe, con un filo insospettabile e forse inconsapevole di razzismo, l’ultimo libro di Aldo Cazzullo) ma fin troppo uguale a se stessa, immutata.
E ora, qualcuno vuole farci venire la paura dello straniero, delle etnie. Davvero, fanno paura i disperati che tornano a Rosarno, per un’altra stagione all’Inferno. Fa paura che a poche decine di chilometri, il boss di Isola di Capo Rizzuto organizzava la raccolta di voti per Di Girolamo in un quartiere turco di Stoccarda. C’è una prossimità inquietante nelle nostre infamie. Ci sono infamie che sconfinano: italiani all’estero. S’è annullata ogni distanza tra tutte le piste della notte d’Italia: Rosarno e Capo Rizzuto, il quartiere turco e il Parlamento.
Ieri, Primo Marzo 2010, guardandosi allo specchio, alcuni italiani sono scesi in piazza. Qualcuno a dire «grazie«. Qualcuno a chiedere «aiuto». Qualcuno semplicemente a liberare un palloncino giallo. Splendeva, in mezzo a tutto questo nero.
Da Milano a Napoli, le piazze degli «invisibili» sono gialle
di Giuseppe Vespo (l’Unità, 02.03.2010)
La giornata di sciopero è nata quasi spontaneamente, in rete, su Facebook, sulla scia del tam-tam che dalla Francia è passato all’Italia, alla Spagna, alla Grecia. Obiettivo raggiunto, manifestazione riuscita.
Anà laistu ‘ansaria: «Io non sono razzista», ripete la signora Bruna Canova, una dei tanti italiani arrivati in piazza Duomo a Milano per partecipare alla manifestazione conclusiva della prima giornata di sciopero degli stranieri. Lei, che non è più una ragazzina, si fa dare una mano da Rita, mantovana trasferita qui per studiare mediazione linguistica. Seguono insieme la lezione di arabo organizzata dai manifestanti con i ragazzi del centro sociale «Il Cantiere».
SENZA DI NOI
È una delle tante iniziative di questo «Primo marzo: un giorno senza di noi», lo sciopero degli stranieri che ha portato a sfilare in sessanta città migliaia di persone di tutte le nazionalità. Insieme contro il razzismo e la xenofobia, e per far pesare il valore, anche economico, del contributo dei migranti all’Italia.
Alle 18,30 a Milano, come in tutte le piazze, centinaia di palloncini gialli colore simbolo di questa giornata si levano al cielo. Davanti al Duomo un enorme striscione chiarisce: «Migrare non è un reato», mentre un gruppo di africani balla al ritmo di «Bouniou Mêro, Bouniou Djapanté, Lou Yale Toudoul, Doumana Amtèye», che più o meno vuol dire: «Non litighiamo, stiamo uniti insieme», traduce Joshep, trent’anni, senegalese, metalmeccanico a Rozzano. Lui è uno dei tanti che oggi non sono andati al lavoro, uno dei 4 milioni di immigrati che contribuiscono al dieci per cento del pil italiano e a sostenere le pensioni, che pagano sei miliardi l’anno di tasse e sette di contributi.
Anche questo vuol dire Italia senza migranti: fonderie e cantieri svuotati della metà, campi privi di manodopera dice Coldiretti scuole e università private di intelligenze. Come quelle di Edith, Larissa e Raoul, tre fratelli del Burundi che studiano qui Biotecnologie industriali ed economia. Pagano la retta delle università private Cattolica e Bocconi con borse di studio e lavoretti.
OBIETTIVI
La giornata di sciopero è nata quasi spontaneamente, in rete, su Facebook, sulla scia del tam-tam che dalla Francia è passato all’Italia, alla Spagna, alla Grecia. Obiettivo raggiunto, manifestazione riuscita. Ora viene il tempo della politica, dice Stefania Ragusa, che insieme a Nelly Diop, imprenditrice senegalese a Milano e Daimarely Quintero, sindacalista Cisl cubana, ha organizzato l’evento. «È presto per i bilanci racconta la presidente del comitato Primo marzo Tuttavia l’iniziativa è riuscita. Siamo riusciti a creare un sacco di contatti. Adesso si apre la parte politica, si tratterà di scegliere dei contenuti e di lavorare su quelli».
Tante le associazioni che hanno partecipato. Da Amnesty all’Arci, da Legambiente alle Acli, a Emergency. E poi i partiti, il Pd, l’Idv, il Pdci, Prc. Uno sciopero «interessante», anche per il Pdl. Il corteo più nutrito a Napoli, ventimila i manifestanti. Qui c’è stata anche qualche tensione, dopo che un disoccupato ha dato uno schiaffo all’assessore alle Politiche sociali del Comune Giulio Riccio. Per il resto, manifestazioni pacifiche in tutte le piazze. A Brescia erano in diecimila, fuori dalle fabbriche per iniziativa della Fiom-Cgil. Mentre a Sesto San Giovanni la Lega ha organizzato una contromanifestazione.
A Roma in cinquemila hanno sfilato fino a piazza dell’Esquilino, passando per la multietnica piazza Vittorio. Il corteo è stato aperto da una delegazione di stranieri di Rosarno, con lo striscione: «Troppa intolleranza, nessun diritto».
«Il successo della mobilitazione è una sfida alla politica perché faccia la sua parte per governare in modo lungimirante il cambiamento», ha commentato Rosi Bindi, presidente dell’assemblea nazionale del Partito democratico. «L’Italia ha aggiunto è un paese fatto di tanti colori e tante lingue. I limiti della Bossi-Fini sono del tutto evidenti e le norme del pacchetto sicurezza hanno aggravato la situazione».
Tutelati dall’art. 3 della Costituzione ma non dalle leggi (l’Unità, 02.03.2010)
Dall’intervento di Ernesto Ruffini nel corso della manifestazione viola di sabato 27 febbraio, a Roma. «Siamo qui per ricordare la nostra Costituzione a tutti quelli che pensano di poterla cancellare senza che nessuno di noi se ne accorga, ma noi non faremo finta di non vedere. I nostri Costituenti ci hanno consegnato quelle che avrebbero dovuto essere le ragioni del nostro vivere insieme.
I primi articoli della Carta rappresentano il nostro comune biglietto da visita e l’art. 3, quello che riconosce che le persone sono tutte uguali davanti alla legge, è certamente la più bella presentazione per un moderno Stato democratico. Uguali senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È un principio che è stato scritto per i più deboli, per le minoranze,
per tutelare i pochi e non i molti.
Vuol dire che gli stranieri hanno i nostri stessi diritti fondamentali, mentre viviamo in un Paese in cui è stato introdotto il reato di immigrazione clandestina. Un Paese dove certi pifferai magici vorrebbero farci credere che i principi di uno stato occidentale si difendono regredendo pericolosamente verso forme primordiali di razzismo. (...)
L’art. 3 della nostra Costituzione
vuol dire questo e molto altro ancora e noi abbiamo il preciso dovere di riappropriarci del nostro futuro e dei nostri sogni perché, come diceva Gramsci, «Quello che accade, accade non tanto perché una minoranza vuole che accada, quanto piuttosto perché la gran parte dei cittadini ha rinunciato alle sue responsabilità e ha lasciato che le cose accadessero». Non facciamolo noi e riappropriamoci finalmente della parte migliore del nostro passato.
Immigrati, il giorno dello sciopero
"Senza di noi l’Italia si ferma"
Cortei in 60 città, 300 mila in piazza. Tensioni a Torino
di Vladimiro Polchi (la Repubblica, 02.03.2010)
ROMA - L’Onda Gialla parte dal centro di Milano, rimbalza a Roma, arriva fino a Palermo. «Non siamo criminali, non siamo clandestini, ecco a voi i nuovi cittadini». Lo slogan viaggia sul tam tam dei tamburi delle tante manifestazioni: è il "Primo marzo. Una giornata senza di noi", lo sciopero degli immigrati. Sessanta città italiane coinvolte, 50mila membri su Facebook, «trecentomila» cittadini italiani e stranieri in piazza, tutti col colore giallo. L’obiettivo? Dire stop al razzismo e reclamare più diritti per i 4,8 milioni di immigrati che lavorano in Italia.
Astensioni dal lavoro, sciopero dei consumi, cortei, sit-in si sono susseguiti in tutta Italia, in contemporanea con Spagna, Grecia e Francia, dove è nato il movimento "24 ore senza di noi" e dove al ritmo di «rispetto e dignità per gli immigrati» si è scesi in piazza da Parigi a Tolosa. In Italia, la giornata auto-organizzata su Internet (www.primomarzo2010.it) ha visto l’adesione del Partito democratico, Idv, Prc e Socialisti e di Amnesty, Arci, Acli, Legambiente, Emergency, Amref, Cobas, Fiom. I sindacati hanno partecipato in ordine sparso e non hanno proclamato uno sciopero nazionale. Solo la Cisl ha formalizzato la sua contrarietà alla manifestazione.
Le astensioni dal lavoro sono state dunque a macchia di leopardo: a Brescia, secondo Fiom-Cgil 10mila persone sono scese in piazza e in 50 aziende hanno scioperato. «Il tam tam ha funzionato - sostiene Cristina Sebastiani, una delle organizzatrici italiane - in tutta Italia hanno manifestato in trecentomila». Non sono mancati momenti di tensione: a Torino un irregolare è stato arrestato dalla polizia mentre andava al corteo, scatenando la rabbia dei suoi compagni.
Il corteo più grande è stato a Napoli dove a sfilare sono scesi (secondo gli organizzatori) in 20mila. In piazza le maggiori comunità straniere, dal Bangladesh al Burkina Faso, dal Marocco al Senegal. A Bologna hanno sfilato in 10mila. Uno striscione giallo con la scritta "Migrare non è reato" ha aperto il corteo a Milano, con duemila partecipanti. Emanuel, 34 anni del Camerun, dipendente di un grande albergo, ha raccontato di essere a Milano da sei anni, ma «in metropolitana vengo ancora guardato con disprezzo: il punto è che non veniamo considerati cittadini».
A Roma, centinaia di rifugiati e richiedenti asilo, insieme ai volontari di Legambiente, hanno ripulito il parco del Colle Oppio. Un gruppo di immigrati ha manifestato sotto la sede dell’Inps, chiedendo la restituzione dei contributi versati in Italia a quei lavoratori che decidono di tornare in patria. In testa al corteo del pomeriggio, per le via della Capitale hanno sfilato gli immigrati di Rosarno. A Trieste, i manifestanti hanno cancellato le scritte razziste dai muri della città.
Il vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, parla di «una manifestazione significativa, perché mostra quella indispensabile integrazione e convivenza che semina il futuro della nostra società». Mentre la Lega Nord annuncia per oggi, a Sesto San Giovanni, una contro-manifestazione in risposta allo sciopero degli immigrati.
LO SCIOPERO
Gli immigrati incrociano le braccia Mobilitazione "in giallo", coinvolgerà mezza Europa. «Una giornata senza di noi, così finalmente saremo visibili» *
ROMA L’Italia degli immigrati si è fermata per un giorno. Con il simbolico lancio di palloncini gialli nei cieli di oltre 60 città si è tenuto il primo sciopero dei migranti in Italia: "Primo Marzo. Un giorno senza di noi-lo sciopero degli stranieri". Centinaia le iniziative e i cortei contro il razzismo e la xenofobia organizzati dalle associazioni della società civile e dalle comunità di migranti. Una popolazione di quasi cinque milioni di persone, senza il cui contributo determinante nel settore del lavoro, ammonisce Coldiretti, non sarebbe possibile la produzione di numerose eccellenze del ’Made in Italy’ alimentare. E sempre Coldiretti sottolinea come nelle campagne italiane più di un lavoratore su dieci sia extracomunitario, con circa 30mila aziende agricole italiane che assumono lavoratori provenienti da fuori dell’Europa. In occasione della giornata la Cia ha chiesto «subito» la pubblicazione del decreto sugli 80mila stagionali e ribadito l’impegno contro «lo sfruttamento, il lavoro nero e il razzismo».
Tra le numerose organizzazioni coinvolte, Legambiente ha messo l’accento sull’immagine «anacronistica e grottesca» di un’Italia senza immigrati e torna a condannare «i fatti di Rosarno, gli scandali sulla gestione dei centri di accoglienza, la cultura razzista che si sta diffondendo» e a chiedere «una nuova cultura dell’accoglienza e della condivisione che superi i limiti delle politiche sull’immigrazione adottate negli ultimi anni». «È presto per i bilanci. Tuttavia, l’iniziativa è riuscita perchè la fase di attivazione e mobilitazione delle reti antirazziste è stata raggiunta. Siamo riusciti a creare un sacco di contatti. Siamo riusciti a far parlare dell’evento», ha detto Stefania Ragusa, Presidente del Comitato Primo Marzo 2010.«Adesso- ha spiegato- si apre la fase delle proposte, la parte politica» e sarà molto impegnativa perchè si tratterà di scegliere dei contenuti e di lavorare su quelli. La forza di questo movimento è nell’essere «meticcio», ovvero, fatto da italiani e non italiani insieme. Unanime il sostegno all’iniziativa da parte del Pdl e dell’opposizione. Se il Partito democratico ha preso parte compatto alle iniziative di piazza della giornata, molti esponenti del principale partito di governo hanno sostenuto l’iniziativa.
Così, il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl) appoggia le motivazioni dello sciopero: «Gli immigrati vogliono dimostrare non solo di esistere - spiega in una nota - ma di essere indispensabili con il loro lavoro alle attività economiche e sociali del Paese: circostanza assolutamente vera». Della stessa lunghezza d’onda il deputato Pdl Benedetto Della Vedova. Adesioni anche dalla candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio, Emma Bonino (che parla di «vera integrazione») e dal portavoce dell’Italia dei valori, Leoluca Orlando. A Napoli, un lungo corteo colorato e pacifico si è snodato da piazza Garibaldi a piazza Plebiscito all’insegna della manifestazione «Nessun uomo è illegale» e oltre mille fra immigrati, aderenti ad associazioni e comuni cittadini hanno sfilato nel centro di Perugia. In tanti in piazza a Firenze, circa 500 persone che hanno sfilato per il centro della città. In testa al corteo i bimbi che hanno lasciato andare i tanti palloncini gialli.
* Corriere della Sera, 1/3/2010 (19:40)
’Primo Marzo 2010’, immigrati in sciopero per diritti e contro razzismo
La prima iniziativa nazionale in Italia nata su Facebook e aperta agli italiani. Oltre 60 comitatispontanei e manifetazioni in tutta Italia. Adesioni da associazioni, sindacati e partiti. *
Roma, 1 mar. (Labitalia) - Far capire all’opinione pubblica italiana quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della società. E dire basta a razzismo e xenofobia. Con questi obiettivi di fondo, il movimento ’Primo Marzo 2010, una giornata senza di noi’, nato dalla società civile, e su Facebook, appena due mesi fa, ha promosso per oggi, 1° marzo, il primo sciopero nazionale dei migranti in Italia. Il movimento, come spiegano gli organizzatori, "nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli". "Si collega e si ispira - aggiungono - a ’La journée sans immigrés: 24h sans nous’, il movimento che in Francia sta organizzando uno sciopero degli immigrati per il 1° marzo 2010".
"Il nostro obiettivo - dice a LABITALIA Stefania Ragusa, giornalista e presidente del Coordinamento del movimento che conta più di 60 comitati in tutta Italia - è stato fin dall’inizio quello di mobilitare e sensibilizzare, con tutti i mezzi possibili, sul rispetto dei diritti dei migranti, un tema che riguarda tutti, anche noi italiani. E fino a questo momento il nostro obiettivo l’abbiamo raggiunto, perché abbiamo creato dibattito su questi temi e poi abbiamo ricevuto l’adesione del coordinamento ’Migranti’, la realtà più importante in Italia, e di tantissimi tra associazioni, partiti, comuni ed enti".
Da Legambiente all’Arci, da Amnstey International a Emergency, saranno, quindi, diverse le realtà che oggi contribuiranno a tingere di giallo, il colore ’ufficiale’ dell’iniziativa, le oltre 60 città in cui sono previste manifestazioni. Alle 18,30, infatti, è in programma il lancio in aria di palloncini gialli biodegradabili. Gli organizzatori hanno scelto il giallo "perché è considerato il colore del cambiamento e per la sua neutralità politica: il giallo non rimanda infatti ad alcuno schieramento in particolare".
Nella Capitale, la manifestazione prevede alle 17 il corteo delle reti antirazziste che si snoderà da Porta Maggiore, passando da piazza Vittorio Emanuele, Santa Maria Maggiore e piazza Esquilino. A questo punto il comitato migranti si unirà al corteo e tutti confluiranno in piazza Vittorio Emanuele, dove alle 18 si aprirà la manifestazione indetta dal comitato ’Primo marzo’. Sono previsti concerti, con l’esibizione dell’Orchestra multietnica di Piazza Vittorio e una serie di interventi.
A Milano il ritrovo è fissato alle 9,30 fuori da Palazzo Marino; il corteo farà un giro attorno al municipio milanese: momento di dibattito con al centro i temi e i problemi del lavoro. Alle 13 verranno esposti tre grandi striscioni gialli in altrettanti luoghi significativi per la vita degli immigrati a Milano: la questura (’Permesso di soggiorno per tutti. Tempi di rinnovo più rapidi’), il tribunale (’Migrare non è reato’) e via Corelli (’Basta silenzi. Chiudiamo i centri di identificazione ed espulsione’). Nel pomeriggio, raduno in piazza Duomo dalle 17,30, dove si terranno lezioni di lingue straniere in italiano e per gli italiani, seguito dal lancio dei palloncini alle 18,30. Poi, partenza del corteo in direzione di piazza Castello, alle 19: microfono aperto con una serie di interventi e chiusura con musica da vivo.
Manifestazioni sono previste, tra le altre città, anche a Palermo, Genova, Brescia, Napoli, Siracusa, Catania, Perugia, Bologna, Bergamo, Trento, Bari, Bolzano, Oristano, Venezia, Trieste, Taranto e Reggio Calabria. E l’impegno del xoordinamento del ’Primo Marzo 2010’ non si concluderà con la giornata di domani. "Noi - annuncia Ragusa - andremo avanti anche nei prossimi mesi cercando di raggiungere obiettivi più concreti, più politici, per portare avanti i diritti dei migranti".
L’Italia e gli immigrati
Il Paese del Primo Marzo
di Jean-Léonard Touadi (l’Unità, 1.3.2010)
C’era una volta un paese di emigrati. Gli italiani che lasciavano le loro terre alla ricerca di pane e dignità. A quegli italiani il paese deve molto perché hanno assicurato per decenni, per se stessi e per i familiari rimasti in patria, una vita dignitosa. La memoria di questi cittadini tra due mondi, spesso maltrattati e soggetti a continue discriminazioni, è un monito a non fare agli altri, agli immigrati di oggi, ciò che è stato fatto a noi quando “gli albanesi eravamo noi” secondo il bellissimo libro di Gian Antonio Stella dal titolo assai rivelatore, «L’Orda».
Ed eccola qui, l’orda: l’ “invasione” evocata strumentalmente pochi giorni fa dal presidente del Consiglio Berlusconi; l’ondata nera dei criminali stigmatizzati con un’equazione tra immigrazione e clandestinità che ha profondamente indignato, oltre a migliaia d’italiani, anche la Caritas e il quotidiano L’Avvenire; l’orda di coloro che rubano il lavoro agli italiani quando tutti sanno che il lavoro immigrato per ora è complementare e non competitivo rispetto a quello degli italiani; la marea dei bambini stranieri che andrebbero separati dai loro coetanei italiani. E la lista potrebbe continuare.
Ma l’Italia dovrà rendersi conto che l’immigrazione è un fenomeno strutturale. L’immigrazione rappresenta la cifra precipua delle profonde trasformazioni che il paese deve affrontare da qui ai prossimi decenni, dove la capacità di confrontarci con le sfide della contemporaneità si misurerà con il nostro modo di gestire con responsabilità e innovazione normativa e programmatica la questione dell’immigrazione. Attraverso l’irrompere dell’immigrazione nel nostro tessuto produttivo e socio-culturale, dentro i processi di mutamenti urbani e all’interno dei meccanismi formativi delle nuove generazioni, l’Italia dovrà dimostrare la sua propensione a traghettarsi dentro la globalizzazione con mappe concettuali e strategie operative all’altezza della complessità contemporanea. È la grande novità dell’innesto che “pro-voca”, chiama a sé, e che stimola con la promessa della ricchezza data dalla diversità.
Il 1° marzo assume così il valore di un passaggio simbolico importante. Possiamo dire che costituisce un evento-avvento per la società italiana. Essa è chiamata a interiorizzare ciò che viene quotidianamente rimosso.
Il 1° marzo potrebbe assumere per la coscienza civile più intima di questo paese le caratteristiche di un momento iniziatico, di passaggio verso una definitiva consapevolezza di essere diventato altro grazie all’irrompere degli altri. È un invito alla responsabilità, nel senso letterale di misurare il peso (res/pondus) della presenza e dell’agire dei nuovi cittadini per, insieme, costruire un futuro comune.
Identità negate
di Luigi Manconi (l’Unità, 1.3.2010)
Nel deserto della città terremotata scavalcando le transenne e invadendo le strade segnate dalle macerie, gli aquilani hanno “ripreso” le loro case. O meglio: ciò che ne resta. Come il fondale di un teatro o come le facciate di legno sul set di un film western, l’improvvisa animazione di una folla di abitanti ha dato vita a un’assenza e ha riempito i vuoti di un centro storico che ricorda un paesaggio post-bellico. Gli assenti, gli aquilani dispersi nelle “casette” e negli alberghi, o in alloggi di fortuna sono tornati sulla scena con la “manifestazione delle carriole”. Manifestazione, cioè l’atto del manifestare. Quando si manifesta, in gene’re, è una buona cosa. Significa, farsi vedere e far vedere, rendere pubblico, dare visibilità a ciò che è occultato o negato.
Oggi manifesteranno altri assenti: finora occultati o negati. Lo sciopero degli immigrati è propriamente questo: è la manifestazione - fatta di molte manifestazioni - di un popolo che semplicemente non si vede. O che, peggio, si vede (viene visto) solo come un fattore di allarme sociale, e di angoscia collettiva. E che richiama immagini di invasione o - in chi ha “un cuore grande così” - un sentimento di rimorso, che può avere effetti negativi non minori di quelli prodotti dalla paura sociale. Perciò è così importante, al di là del numero di quanti oggi vi parteciperanno, che il “primo marzo degli immigrati” abbia successo e dia vita ad altre giornate come questa. Ed è assai significativo che, a promuoverlo, siano state, tra gli altri, le comunità straniere: perché qui sta la sfida più ardua, che non si esaurisce certo in ventiquattro ore ma che, al contrario, da questo primo marzo può prendere le mosse.
In gioco c’è, infatti, ciò che chiamiamo soggettività: l’identità individuale e collettiva, le biografie e le memorie, le culture e i vissuti e le aspettative. Gli immigrati sono da tempo nella società italiana, profondamente inseriti nelle sue sfere di vita e nei suoi gangli economici: accudiscono i nostri bambini e i nostri vecchi e reggono settori come l’agroalimentare e l’allevamento, l’edilizia, la ristorazione, la siderurgia, la pesca e altri ancora. Sostengono in misura rilevante il nostro sistema di welfare, surrogandolo attraverso il “lavoro di cura” e incrementandolo attraverso la contribuzione previdenziale. Sono lì, nelle case e negli uffici, nei mezzi di trasporto e nelle pizzerie, ma semplicemente non li vediamo. Ovvero non li “pensiamo”.
Non è questione di buoni sentimenti e nemmeno di buone intenzioni. Fino a quando gli immigrati rimarranno una folla anonima e indistinta, senza nome e senza volto, senza personalità e senza passato, ci appariranno molesti e minacciosi e la loro distanza da noi tenderà a crescere: e a renderci ancora più insicuri.
Sapete perché in Italia non si è mai sviluppato un movimento come SoS Racisme in Francia? Molti i motivi, ma uno in particolare va considerato oggi. Lo slogan del movimento francese era: non toccare il mio amico. Ma in Italia quanti possono dire di avere e non in senso ideologico o solidaristico un amico immigrato?
«24h sans nous»: sui diritti la Francia fa da apripista
In Francia è nata l’idea della mobilitazione.
«24 ore senza di noi». Un giorno di astensione dal
lavoro e dal consumo. Solidali i sindacati. Inviata una -richiesta di adesione a Sarkozy, in quanto
figlio di immigrati ungheresi.
di Luca Sebastiani (l’Unità, 1.3.2010)
Più che di uno sciopero vero e proprio, si tratta di un’azione simbolica. L’iniziativa «24 ore senza noi, una giornata senza immigrati», chiama infatti alla mobilitazione oggi tutti gli «immigrati, i figli di immigrati e i cittadini coscienti» attraverso un giorno d’astensione dal lavoro e/o dal consumo, per rendere manifesto da una parte che l’apporto dei nuovi «francesi» è determinante all’economia d’Oltralpe, e dall’altra che gli immigrati e i loro figli non ne possono più di essere utilizzati strumentalmente dalla politica.
L’idea dello «sciopero», che oggi dovrebbe vedere la partecipazione di diverse migliaia di persone in tutto il paese, è infatti nata su iniziativa di un collettivo che lo scorso autunno ha deciso di reagire alla politica dell’immigrazione del governo, che con il cosiddetto dibattito sull’identità nazionale ha spesso usato l’immigrato come capro espiatorio di tutti i mali francesi.
Secondo Nadia Lamarkbi, presidente di 24 heures sans nous, l’idea di dimostrare quanto pesi nei fatti l’apporto economico dell’immigrazione (11% della forza lavoro), è nata quando lo scorso settembre il ministro dell’Interno Brice Hortefeux, braccio destro del presidente Sarkozy, mentre faceva una foto in compagnia di un giovane militante sarkozista di origine magrebina ha detto che «quando ce n’è uno va bene, il problema è quando ce ne sono tanti». Non è stata l’unica gaffe. Sono diversi i membri della maggioranza che hanno rilasciato dichiarazioni più o meno razziste, tanto che gli immigrati si sono sempre più sentiti stigmatizzati e Sarkozy è dovuto intervenire per calmare le acque. Ciò che non ha impedito al collettivo 24 heures sans nous di crescere e raccogliere sostegno e adesioni principalmente su internet.
Oggi gli organizzatori sperano di ripetere il successo di un’esperienza statunitense simile, quella del 2006, quando migliaia di immigrati ispanici bloccarono le città americane per protestare contro una legge sul lavoro clandestino voluta da George Bush. Allora gli immigrati riuscirono a far ritirare il testo, ma il problema della giornata senza immigrati à la française, che oggi si terrà anche in Italia e Grecia, e che non ha nessuna finalità rivendicativa e dunque faticherà a mobilitare i grandi numeri, soprattutto tenuto conto delle condizioni di debolezza lavorativa cui sono costretti i lavoratori immigrati.
SOLIDARIETÀ DEI SINDACATI
Gli organizzatori hanno incassato però la solidarietà delle sigle sindacali e delle forze della gauche d’opposizione, pur rifiutando qualsiasi strumentalizzazione. A questo fine hanno anche inviato una lettera al presidente Sarkozy invitandolo a partecipare in quanto figlio di immigrati ungheresi, ma non hanno contestato nessuna delle leggi sarkoziste e neanche chiesto la chiusura del ministero dell’Immigrazione e dell’Identità nazionale che i socialisti considerano una vergogna.
Oggi i partecipanti alla giornata senza immigrati si ritroveranno davanti ai municipi di Lione, Parigi, Bordeaux, Marsiglia e tante altre città, ma nessuna manifestazione unitaria è stata prevista per lasciare che il movimento si sviluppi orizzontalmente. Intanto a Parigi è arrivato al quarto mese lo sciopero coordinato dalla Cgt dei lavoratori sans papiers. Secondo il sindacato sono circa seimila i partecipanti che chiedono la regolarizzazione.
Palloncini gialli, ma anche musica e cucina etnica
La protesta in mille piazze
Alle 18, 30 in punto il cielo di colorerà di giallo in
sessanta città d’Italia: verranno lanciati in aria
palloncini gialli (in lattice biodegradabile).
Il giallo è infatti il colore scelto per la manifestazione di oggi.
di Marzio Cecioni (l’Unità, 1.3.2010)
Nata in maniera spontanea sul web (grazie anche ad gruppo su Facebook) la protesta del Primo Marzo ha ricevuto in Italia una lunga serie di l’adesione, tra cui Emergency, Amnesty, i missionari del Pime e Legambiente, di partiti politici (Pd, Verdi, Sel e Rifondazione Comunista) e di sindacati Cgil, Cisl, Uil e Cobas, che pur dando il loro sostegno, non hanno proclamato lo sciopero generale a livello nazionale. Ogni città si mobiliterà in modo diverso.
A Roma alle 17, il corteo da da Porta Maggiore a piazza Vittorio, dove alle 18. Qui sono previsti concerti, con l’esibizione dell’Orchestra multietnica di Piazza Vittorio e una serie di interventi.
A Milano, ritrovo alle 9,30 fuori da Palazzo Marino, il corteo farà giro attorno al municipio milanese. Alle 17,30 raduno in piazza Duomo. Qui, lezioni di lingue straniere; verranno offerte spremute d’arancio da bere per «Rosarno chiama Italia: l’unica cosa che vogliamo spremere sono le arance»; partenza del corteo in direzione di piazza Castello alle 19, poi interventi e musica dal vivo.
A Genova, alle 18 (commenda di Prè) la partenza del corteo, arrivo piazza Matteotti, qui festa e concerto.
A Brescia, giornata di mobilitazione in piazza della Loggia, con presidio dalle 10 alle 14. Presidi in vari mercati della provincia (ad esempio a Rovato dove confluiranno le donne), davanti scuole e fabbriche.
A Napoli, partenza del corteo alle 11 da piazza Garibaldi.
Siracusa e Catania: alle sei del mattino pellegrinaggio in pulmino nei luoghi del caporalato nella campagna attorno a Cassibile.
A Catania presidio nella zona in cui si concentrano i venditori senegalesi (piazza Stesicoro). Alle 18 cortei, festa, musica e cucina etnica.
Perugia: in programma, a partire dalle 14.30, raduno in piazza Italia, da qui corteo in direzione di corso Vannucci che confluirà a piazza IV novembre. Poi, musica fino alle 18.30.
A Bologna, appuntamento alle 16 in piazza del Nettuno: qui mostra fotografica con i volti dei nuovi cittadini italiani.
A Bari, alle 18.30, in piazza del Ferrarese, lettura di testi sui temi della giornata, testimonianze e racconti delle comunità migranti di Bari.
Forlì Cesena: alle 16,30 in piazza Saffi gazebo e tavoli: animazione per bambini e musica.
Trieste: alle 15 ritrovo in piazza Sant’Antonio e partenza di una “squadra” che andrà a cancellare le scritte razziste dai muri delle città. Alel 17 da piazza Ponterosso, corteo.
Reggio Emilia: dalle ore 10 alle 18, in piazza Casotti e alla prefettura. Ancona: corteo da corso Carlo Alberto a piazza Roma, partenza alle 9.30.
Firenze: presidio in piazza SS Anunziata, dalle 16.
Rimini: alle 17, alla stazione la partenza del corteo che sfilerà per le vie del centro. Alle 19, alla Vecchia Pescheria “Sound meticcio” aperitivo tematico.
A Torino, il mercato della Crocetta verrà «ricoperto» di giallo; palloncini saranno distribuiti nelle scuole con più del 30% di immigrati; corteo alle 17 dalla stazione di Porta Nuova.