COSTANZO PREVE. MEMORIA. Una nota di Enrico Peyretti

martedì 26 novembre 2013.

Memoria. Costanzo Preve

di Enrico Peyretti (“il Foglio” - mensile di alcuni cristiani torinesi - n. 407 del dicembre 2013)

Ricordo con simpatia Costanzo Preve, morto il 23 novembre, perché siamo stati colleghi nel Liceo Volta, ci siamo stimati a vicenda, siamo stati in colloquio serio, sia pure da posizioni diverse non solo come idea della vita, ma per la mia inferiorità rispetto alla sua ampia cultura acuta e critica.

La sua vasta produzione libraria, la sua originalità, rigore e indipendenza, non sono state riconosciute ed egli è rimasto per trent’anni un docente liceale di valore superiore a tanti accademici. Aveva studiato, con importanti contatti (Althusser, Garaudy), a Parigi, Berlino, Atene. Dalla militanza di sinistra, della quale denunciò la decadenza culturale e umana, era passato alla pura riflessione costruttiva.

Marxista libero e critico, è stato soprattutto un appassionato pensatore delle sorti della qualità umana nella storia. Come ha scritto Eros Barone “era un filosofo nel senso socratico e illuminista del termine e nutriva, come chiunque lo abbia conosciuto di persona può testimoniare, un amore vero per la ragione, per il dialogo e per la chiarezza, che lo rendeva del tutto alieno da qualsiasi forma di boria o di disprezzo verso chi non ne condivideva le idee”.

Un suo giovane allievo, Diego Fusaro, ha scritto: “Non era un professore, era un filosofo. (...) Nella verità filosofica Costanzo credeva profondamente: per lui, la filosofia era una pratica veritativa legata alla dimensione storica e sociale”. Negli ultimi anni ha impegnato le sue energie teoriche sul “comunitarismo”, come correzione democratica del comunismo, e all’internazionalismo.

In un’ampia intervista del 2005 sul suo pensiero, Preve diceva: “La grande menzogna del nostro tempo credo che si possa riassumere cosi: da un lato viviamo in una insopportabile ed illusoria retorica sulle "nuove opportunità offerte dal mercato globale", dall’altro (...) in realtà viviamo in un mondo di "aspettative decrescenti", i giovani vivono sempre più con le pensioni dei genitori, e rispetto ai cosiddetti "trenta anni gloriosi" (1945-1975) di Hobsbawm le cose andranno sempre peggio, e non sempre meglio”. “Ciò che caratterizza la grande filosofia è proprio il fatto di non arrestarsi di fronte ai dubbi iperbolici. Solo chi ha superato la tentazione del Nulla potrà parlare dell’Essere con un minimo di senso”.

“Bisogna opporre al capitalismo non un semplice rifiuto dell’antropologia del riconoscimento e della reciprocità [dello scambio], ma una concezione alternativa di questa antropologia, e cioè (forse) dono reciproco anziché scambio reciproco”.

“La centralità dell’Uomo (scritto in maiuscolo), che caratterizza filosoficamente la riscoperta rinascimentale del pensiero greco, viene per cosi dire "decentrata" a partire dall’ottocento nel singolo "uomo" (scritto in minuscolo), il quale è costretto a pensare la propria natura al di fuori ormai di un Universale qualsiasi, sia esso il vecchio Dio o il nuovo Uomo (con la maiuscola)”.

“Questo passaggio dalla maiuscola (metafisica) alla minuscola (esistenzialistica e post-metafisica) deve essere cercato al di fuori della logica interna della storia della filosofia occidentale vera e propria, dentro la quale non si potrebbe mai risolvere questo enigma”.

“Il capitalismo, infatti, ponendosi di fatto come Monoteismo del Mercato, unica e sola Sostanza Relazionale dei rapporti umani e sociali, eccetera, non permette nessun’altra fondazione religiosa o filosofica alternativa scritta con la maiuscola, sia essa Dio oppure l’Uomo”.

“Mettere al centro l’anima (psyché) significa mettere al centro non la semplice nuda "vita" (bios) ma la buona vita, la vita felice, la vita sensata, e quindi una vita dotata di fondamento filosofico. Oggi invece la vita è ridotta a semplice "capitale umano" (...), ed in quanto capitale umano astratto da valorizzare non dà più luogo ad una vera e propria "politica", ma solo a una "biopolitica". Tutte le riforme scolastiche della nostra epoca sciagurata (non importa se di Berlinguer o della Moratti) non mirano più alla educazione per la buona vita (paideia, eu zen, eccetera), ma alla semplice valorizzazione mercantile del capitale umano giovanile”


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