Sull’analisi fatta da Emiliano Morrone e “puntualizzata” da Domenico Barberio vorrei considerare quanto segue. Il primo dei due riconduce il degrado politico, sociale, economico a un sistema mafioso ben definito, il secondo in opposizione alla responsabilità (meglio irresponsabilità) individuale e politica dei sangiovannesi. Premettendo che le due visioni non sono affatto disgiunte - il sodalizio mafioso suppone l’irresponsabilità di cui parla Barberio - ritengo che occorra precisare il significato da dare al fenomeno mafioso. Se si assume il punto di vista strettamente giuridico-penale, per poter affermare l’esistenza della “mafia”, occorre dimostrare la presenza di associazioni di tipo mafioso e finora, se non erro, nessuno a San Giovanni è stato mai condannato per tale delitto. Prescindendo da tale aspetto, si può tentare di definire la mafia in termini sociologici. Morrone in questa accezione credo abbia parlato di mafia, quale “aggregato di persone avente scopo illecito o immorale”: prendo a prestito parole dell’Antolisei (Manuale di diritto penale. Parte speciale, II vol, Milano, 1966, 599); o in senso antropologico “un modo di sentire atavico” (Ingroia, L’associazione di tipo mafioso, Milano, 1993, 45). Così ragionando credo che nessuno abbia il coraggio di negare che a San Giovanni in Fiore la politica è quanto mai avulsa dalla moralità (evito di portare esempi perché fin troppo noti) e che la legalità istituzionale è sovente ignorata. Dal punto di vista delle espressioni (ma la sostanza forse non cambia), mi trovo più vicino alla posizione di Barberio: il degrado a San Giovanni in Fiore ha raggiunto livelli estremi e di certo non serve, come ha sapientemente rilevato Pierluigi Talarico, il tentativo di taluni di far passare la nostra città come un posto idilliaco dove le notti sono innevate anche d’estate, a meno che con la parola neve non si intenda la cosiddetta sostanza stupefacente. L’attività produttiva è quasi nulla se togliamo la produzione di bare e qualche prodotto tipico. I giovani non si occupano di politica e in genere la partecipazione è assente. Sarebbe interessante vedere quanti ragazzi militano in partiti. Eccetto quelli di “Azione giovani”, l’impressione che si ha è che i partiti siano frequentati da persone di mezza età e anziani. Il partito dei Ds quanti tesserati tra i 18 e i 30 anni registra? E gli altri partiti? Non sarà che i partiti sono troppo chiusi, reazionari, oltremodo devoti ai capi e impossibilitati di favorire opposizione e alternativa? I giovani, la maggior parte, studiano fuori e non condividono l’operato dei politici locali. Non manca chi vissuto sempre in loco ci si è abituato o chi figlio di Tizio non può parlare male di Caio o chi aspetta un tornaconto personale. A San Giovanni si è utilizzata e si utilizza l’emigrazione come esilio politico, talché chi intendeva e intende rimanere al potere non incontra alcun ostacolo. Personalmente, più che di mafia preferisco parlare di “dittatura”, sempre nel linguaggio figurato - il medesimo che forse utilizza Morrone parlando di mafia. Bologna, Roma, Milano, città universitarie, sono le isole del confino, le "feste della pacchiana" e "le miss estate florense" le adunanze della propaganda e del controllo sociale, le "notti bianche" le ostentazioni di grandezza per nascondere la miseria, i sorrisi e le strette di mano del sindaco la rassicurazione del capo carismatico, la cerchia dei professionisti la burocrazia accondiscendente, qualche giornalista il cronista di guerra. Ciò che manca è il terrore: certo non ci sono le squadre dei picchiatori, ma c’è un mezzo subdolo, il ricatto psicologico di non ricevere favori. Sulla mancanza di responsabilità sono d’accordo con Barberio. Datemi il nome di un politico-amministratore che ha mai pagato dal punto di vista politico per cattive scelte o dal punto di vista giuridico per lo sperpero di danaro pubblico. Nessuno: come in dittatura il potere non è assoggettato al controllo sociale e al diritto, è absolutus cioè sciolto. Alle prossime elezioni riscendiamo in piazza: la rivoluzione è necessitata e noi la conduciamo con le regole della democrazia. Vediamo chi ci appoggerà, prescindendo dagli aspetti personali e ideologici, e chi di nuovo salirà sul carro dei conservatori con rinnovata ipocrisia.
Vincenzo Tiano
Ho letto l’articolo di Emiliano Morrone, di Domenico Barberio, di Vincenzo Tiano. L’argomento in rubrica è la mafia ma ho trovato una forte piegatura politicista in tutti e tre fino al punto da non centrare il tema, voglio dire che si parla di politica non di mafia. Questo significherà pure qualcosa. Forse, che questa parola "mafia" è l’altro vocabolo di politica?
antonio bitonti
Perché trova irresponsabile (...)? Che cosa c’entra Berlusconi? Lei che parla di Franco Provenzale, mi dica chi, eventualmente per gli stessi demeriti che gli addebita, ha pagato nello stesso modo. Quali risultati ha prodotto il polo politico oggi al governo comunale? Le pare diverso da quello di ieri, in quanto a identità genetica e orgoglio? Non è ciò che Tiano, Barberio e il sottoscritto stiamo facendo un invito alla responsabilità e a uscire fuori del silenzio, in merito alle sorti della nostra, spero, città? In attesa d’una sua risposta, la saluto cordialmente.
Emiliano Morrone
P.S.: metta anche il cognome quando firma. Sembra potersi configurare come regola.
La ringrazio molto per avermi precisato d’aver fatto della sana e robusta ironia, caro Mele. Come suolsi dire, c’è sempre bisogno di conferme empiriche. Di poi, ho solo chiesto, nella mia risposta al suo commento, quale fosse la logica (amorosa, cfr. Bencivenga) del suo riferimento all’onorevole Berlusconi. Non crede che retorica (della satira) possa trovarsi anche nell’insistenza corale a sinistra, ormai logora, sui modini del proprietario di Mediaset e di 4/5 dell’editoria nazionale? E non crede che la sua sinistra non abbia inteso un fico secco nel procedere, come d’altronde lei fa, spesso solo per battute e battutine verso l’ex presidente del consiglio? Non è ora di dotarsi di nuovi strumenti e, anzitutto, di proposte concrete? Circa i primi, le consiglio una lettura rapida di "La società trasparente", scritto da quel candidato sindaco, della città di entrambi, che ha tentato di opporsi elettoralmente e analiticamente al suo. Un superamento degli errori di Adorno e della sua sinistra, "mi consenta", caro Mele. Riguardo alla pratica, lei spera di persuadermi, imputandomi retorica, che il Psu sarà la base d’un mondo nuovo per la città di Gioacchino. Non sono nato ieri, caro Mele. Parli con Giuseppe De Luca, che è il reponsabile del Psu, e gli chieda come vanno le cose, in fase attuativa, e quanto ci si può attendere dalla realizzazione del suo bel progetto. Ora la saluto, scusandomi per la fretta. Mi attende una lectio magistralis dell’onorevole Adamo sugli stadi dello sviluppo della moralità secondo Kohlberg. Con grande cordialità.
Emiliano Morrone
Caro Mele,
leggendo m’accorgo che lei è fluido come il miele. Il suo dinamismo è doppio: da un lato lei è lesto a rispondermi, dall’altro, nel suo ragionamento, rispolvera sempre la storia del tradimento di Vattimo, mostrando chiara predilezione per l’antico e l’antiquariato. Ebbene, le farò un sunto. Gianteresio Vattimo, detto Gianni, fece un patto colgi elettori florensi, sottoscrivendo regolare contratto in tv, siglato dal notabile notaio Gabriele Piluso. Notabile nel senso che si poteva notare la sua presenza. Al che, dopo, per ordine dell’onorabile onorevole Mario Oliverio, onorabile nel senso che si può onorare in quanto ex deputato, mollò il determinante incarico di consigliere comunale preferendo la calma piatta dell’Università di Torino alle agitazioni e tumulti del popolo del reddito minimo. Il quale, noti bene, caro Mele, ha, seguendo Marx, la coscienza di rappresentare la classe operanda, su cui, cioè, si debbono dispiegare delle operazioni di carattere amministrativo con finalità assistenzialistico-clientelari. Innanzi a un simile atto di viltà, Vattimo deve essere ancor più mentovato di Celestino V, magari in una nuova e più esilarante Commedia dei Vanzina, e destinato non all’oblio ma alla memoria perpetua e punitiva della sagacia politicamente produttiva. Io, mio caro Mele, sono una sorta di menestrello postmoderno e postmodernista, munito d’una minima oratoria retorica. Compito personale è quello di far credere ai lettori che San Giovanni in Fiore va male quando, in vero, come lei acutamente sottolinea, tante e innumerevoli opere s’accingono a essere inaugurate, a significare degli ariostei onori dei nostri governanti. Pensi che una di queste opere venne lodata sulla stampa, parlo della cd. Piramide, senza che mai qualcuno c’abbia capito sul perché delle infiltrazioni d’acqua che ancora la rendono inagibile. Progetto dell’ing. Barberio (Ds) e controllo, in qualità d’assessore, dello stesso. In barba, o se vuole con costanziano baffo, al conflitto di interesse. Io intendo ch’ella non gironzola per le sezioni dei Ds. Proprio per questo la invito a scrutare, a scandagliare e addentrarsi. Il Psu è coordinato dal prof. Giuseppe De Luca, al quale dovrebbe domandare perché, fuori della logica del suo progetto, si costruì un meraviglioso teatro all’aperto dietro l’Abbazia florense. E poi, data la sua passione ispettiva, chieda al dottore Luigi Andrea Loria se la sua presenza nella Commissione regionale per i Beni culturali ha una qualche connessione col Palazzo in cui dormirono i Bandiera, di sua proprietà.
Assai infattamente.
Emiliano Morrone
Noto che ogni qualvolta si parla del tradimento vattimiano lei si infervora e cerca spiegazione una volta di qua e una volta di la.... Io decisi di dare il mio supporto al vostro progetto ("VATTIMO PER LA CITTA’") convinto, aih me, che anche se il Prof. Gianteresio Vattimo non fosse riuscito a vincere le elezioni (com’era abbastanza probabile, e non dica di no...) e quindi a diventare Sindaco, sarebbe comunque rimasto a tutelarci dall’interno del consiglio comunale. E invece l’illustre filosofo ha pensato bene, notate le difficoltà, che però credo sapesse già prima di candidarsi almeno voglio sperare..., dicevamo ha pensato bene di ritornare nella noiosa Torino e di fregarsene delle migliaia di persone e soprattutto giovani lo avevano sostenuto. Mi creda sono così incazzato e deluso perchè mi sento preso in giro e non mi va di essere preso per il culo neanche da un gran filosofo.
P.S. Per favore non mi risponda, come fece circa 6 mesi fa, che siamo rappresentati dal Militerno perchè io sto Militerno non l’ho votato. Cordialmente Mele Francesco
Caro Francesco, questa tua delusione per la "dipartita" di Vattimo non a noi la devi manifestare, ma ai tuoi (nostri) cari concittadini che non l’hanno votato, diessini in primo luogo. Noi più che sbatterci perchè Vattimo si candidasse non avevamo che fare. E lui s’era candidato a Sindaco: per caso s’è dimesso da Sindaco? Ora dobbiamo anche prenderci la responsabilità per non essere stato eletto? Poi ti sei mai chiesto perchè s’è dimesso da consigliere? Io personalmente ritengo che non fosse all’altezza per parlare con i vecchi saggi che abitano il monte.
Vincenzo
Caro Mele,
purtroppo lei prosegue sulla via del tradimento, spostando (volutamente?) l’attenzione su un problema, semmai possa definirsi tale, vecchio e superato. Allora, giusto per chiudere, proverò a darle un chiarimento. Vattimo si candidò per diventare sindaco, sapendo che poteva non farcela. Marco Militerno si candidò per diventare consigliere comunale, sapendo che poteva non farcela. Quali sono, mi dica, i poteri (pubblici) d’un sindaco e quali quelli d’un consigliere comunale? Il consiglio comunale si riunisce, più o meno, cinque volte all’anno. Due consigli sono dedicati per legge al bilancio. Gli altri tre, di solito, mi dica se sbaglio, passano fra baccani, proteste e accuse per i torti ai disoccupati. Lo stesso Militerno propose l’istituzione del difensore civico, in uno di questi consigli, senza che la discussione giungesse a compimento, per causa delle perenni agitazioni popolari in loco. Vattimo avrebbe potuto assumersi delle responsabilità come assessore, cosa che avrebbe fatto volentieri e senza prendere quattrini. Non fu chiamato dal primo cittadino, Antonio Nicoletti, che gli preferì Giovanni Spadafora, per dichiarate questioni di coerenza partitico-ontologica. Più avanti, Vattimo partecipò da relatore e in modo fattivo al Primo festival internazionale della Filosofia in Sila, organizzato dal Comune di Serra Pedace. Questo con la convinzione che eventi culturali di grande importanza possono risultare estremamente utili al territorio silano. Oggi, il professor Vattimo è persuaso che l’unica via per l’emancipazione della nostra - e sua, essendo calabrese - terra sia quella della cultura. Mi risponda su questo, per piacere. Poi, mi dica se la situazione locale è così rosea o può lasciarci tranquilli come suggerisce nei suoi commenti. Io le ho posto delle domande. Lei ha deviato. Parliamo dell’ospedale, parliamo partitamente del Psu, mi dica lei. In ultimo, la prego di non usare espressioni come "preso per il culo" e analoghe. Per due ordini di motivi. Lei ha votato Vattimo, se è vero, come sindaco, non come consigliere. Se poi non s’accorge che quel movimento che dice d’aver sostenuto sta esercitando un’azione per la difesa dei diritti e dei più deboli a tutto spiano, cosa che dipende dalla scelta e dal ruolo, anche attuale, di Vattimo, devo concludere che il suo voto era meglio non avercelo. Si vota, infatti, liberamente e aderendo a un programma e a un indirizzo politico. Non me ne abbia, i suoi discorsi sono profondamente contraddittori e non sono caratterizzati dall’eroico furore giovanile. Mi pare, nel caso, che ella sia preso da eroico torpore. Un consiglio. In atropologia ci fu un dibattito importante in seguito alla comparsa del filone interpretativo, di Geertz. Qualcuno scrisse un testo intitolato "Oltre Geertz". Sappia scrivere, con obiettività, un "Oltre Vattimo". Io la vedo così: Vattimo venne da Torino per spronare in primo luogo i giovani, perché si coalizzzassero e attivassero; alcuni proseguono; altri s’avvitano, invece, per pigrizia?
Molto cordialmente.
Emiliano Morrone
Guardi che non sono certo io quello che ha deviato il discorso... Le ricordo poi che in principio io risposi a Vincenzo e non certo a LEI... Voglio concludere dicendo che Sono fiero di essere sangiovannese e la mia lontananza da SGF accresce sempre più il mio amore per la città ma arrivato a questo punto credo proprio che sia stato meglio per il nostro paese che gente come LEI non sia riuscita nell’intento di sedersi in consiglio comunale o addirittura in giunta... Se permette voglio anche io darLe un consiglio. LA SMETTA DI FILOSOFARE E FACCIA COSE CONCRETE NON PAROLE (con tutto il rispetto per la filosofia...)
P.S. L’espressione "preso per il culo" mi permetto di usarla a mio piacimento e non è cero lei che me lo deve proibire... Saluti Francesco
In Calabria s’è molto permalosi, caro Mele. Sono certo, come lei, che è meglio per la nostra amatissima San Giovanni in Fiore che io non sia entrato in consiglio comunale. Almeno su un punto, siamo d’accordo. Può darsi, però, che sia un bene anche per me, lo stesso fatto.
Sulle cose concrete alle quali mi invita, le cito delle sciocchezze: 1) candidatura di Gianni Vattimo a San Giovanni in Fiore; 2) fondazione del movimento politico "Vattimo per la città"; 2) fondazione del giornale "la Voce di Fiore", sul quale lei si esprime liberamente, come fosse una comunità di Internet, e senza censure; 3) battaglia per l’istituzione del difensore civico comunale e battaglia in favore delle categorie più deboli in innumerevoli circostanze, specie attraverso la denuncia firmata sulla stampa; 4) battaglia, di fatto, per l’istituzione del reparto di cardiologia presso l’Ospedale civile di San Giovanni in Fiore; 5) battaglia, di fatto, per la riorganizzazione dell’Ufficio invalidi civili del Distretto sanitario locale; 6) organizzazione, con Grazia Andali, d’una maratona radiofonica su Prl, col Parto delle nuvole pesanti dal vivo e, in collegamento telefonico, Federico Zampaglione, Maria Di Donna, Manlio Sgalambro, Emma Bonino, Sergio Staino, Vittorio Sgarbi e altri (dicembre 2002, San Giovanni in Fiore); 7) ideazione e presentazione della performance "Liberia moci" (7 agosto 2003, San Giovanni in Fiore), con Mimmo Mellace, Roberto Visconti (già in "La passione di Cristo", di Mel Gibson), Fulvio Cauteruccio, Alex Cimino; 7) ideazione e presentazione dello spettacolo "aIds", con Marco Posse dei 99 Posse e Gennaro De Rosa, dei Mandara (16 e 17 dicembre 2003, San Giovanni in Fiore); 8) ideazione e presentazione di "Non ci è apparsa la Madonna", lectura Dantis (Abbazia florense, 16 agosto 2004); 9) organizzazione della lectura Dantis di Fulvio Cauteruccio a San Giovanni in Fiore (21 dicembre 2004); 10) organizzazione del concerto dell’Orchestra mediterranea, diretta dal maestro Filippo Martelli, per il villaggio di Rovale (30 luglio 2005); 11) organizzazione della manifestazione "Jazz sotto le stelle 2" (16 agosto 2005, San Giovanni in Fiore); 12) organizzazione del Laboratorio giornalistico permanente su "la Voce di Fiore".
Scusi tanto, caro Mele, le ho solo citato le prime cose che mi venivano in mente. Faccia lei. E risponda, però, alle domande che le ho già fatto e continuo a farle. Diciamoci del Psu, dell’ospedale, del problema della sicurezza. Sappia che ne ho piacere. Forse perché amo San Giovanni in Fiore almeno quanto lei (ama San Giovanni in Fiore).
Molto cordialmente.
Suo Emiliano Morrone
Caro Mele,
qui non si sta parlando di bontà e qualità del Psu. Si sta dicendo, invece, dell’attuazione. Poiché l’ha studiato, si interessi, data la sua spiccata propensione per la concretezza, della traduzione in pratica. Glielo dico serenamente, senza giugulare polemica. Vigilare sui lavori in corso vuol dire svolgere un compito utile alla società. La questione, o, se vogliamo, l’esortazione, era di chiedere numi al docente Giuseppe De Luca sulla congruenza esistente, nei fatti e non in ambito progettuale, fra la sua strutturazione complessiva e l’edificazione, assai rapida, stranamente, del teatro alle spalle dell’Abbazia florense. Il che, a ben vedere, non inficia il lavoro dell’architetto e accademico calabro-toscano, la cui valenza professionale è molto riconosciuta. Non v’è forse una profonda scollatura, intendo dire, fra l’opera di De Luca e la gestione amministrativa da parte dell’Ufficio tecnico? Mi scriva lei. In ordine, poi, all’ospedale, domandiamoci tutti che cosa si può fare per mantenerlo e cambiarlo, magari rinunciando a certi proclami di matrice sindacale, cosa, questa ultima, non a lei rivolta. Per ultimo, intorno alla sicurezza pubblica, interroghiamoci se, per caso, si possa affermare che esiste ed è ben tutelata nella di entrambi città ovvero se la componente politica non si pone il problema in termini realistici.
Con innata mansuetudine e cordialità di greco, sperando, io, d’averne anche parte di civiltà.
Suo Emiliano Morrone