La Voce di Fiore è diventata popolare, frequentata, visibile. Non è più quella testata glocale, con la preoccupazione di vigilare anzitutto sull’operato politico a San Giovanni in Fiore.
Nel tempo, le iniziative di singoli redattori o dei vicedirettori hanno creato legami, contatti e attenzione su larga scala. Si sono aggiunti, in cammino, docenti universitari, sacerdoti, gruppi politici, associazioni, organi di stampa e forze sociali di varia estrazione.
Il professor Vattimo ha sicuramente avuto un ruolo centrale, avendoci guidato con l’esempio pratico e un indirizzo autenticamente pluralistico e aperto.
Ciononostante, l’originario carattere di denuncia sociale della Voce e di critica politica su scala più ridotta s’è mantenuto, non avendo mai abbandonato, i miei e io, la speranza d’un futuro migliore per San Giovanni in Fiore.
In questa nota, intendo brevemente fare il punto su ciò che ultimamente sta accadendo nella città di Gioacchino. Mi pare doveroso, specie dopo alcuni scambi con giovani del luogo, che hanno ripreso questioni politiche di recente tralasciate.
Nel panorama dell’informazione riguardante San Giovanni in Fiore, si registrano almeno due importanti novità, grosso modo concomitanti:
1) la nascita del sito Ebeteinfiore (www.ebeteinfiore.it) e il suo consolidamento attraverso una struttura, una linea e un pubblico propri;
2) l’allargamento della Voce a tematiche di interesse globale, a opera, in primo luogo, di Federico La Sala.
Tale scelta editoriale ha indubbiamente prodotto dei vantaggi, in termini di contenuti e visite. Nel contempo, può darsi che, in certa misura, abbia sacrificato il capitolo su San Giovanni in Fiore, aggiornato più di rado.
Ebeteinfiore, al contrario, segue quotidianamente, con impronta di cronaca ed evidente parzialità politica, ciò che avviene nella città florense.
Banalmente, rilevo che anche noi della Voce siamo di parte. Non siamo, per esempio, per l’accondiscendenza acritica; non siamo per il potere illimitato; non siamo dalla parte dei più forti.
Esprimersi direttamente su alcuni fatti e articolare precise opinioni vuol dire essere di parte, posizionarsi. Non esprimersi affatto su taluni episodi significa esattamente la stessa cosa.
Non intendo, detto per inciso, l’atteggiamento di fastidio mostrato da redattori di Ebeteinfiore quando qualcuno fa loro rilevare che sono partigiani. Sembra quasi che vogliano dimostrare a tutti i costi una neutralità distintiva, che non hanno né possono avere. Montanelli stesso argomentava a iosa contro la neutralità nel giornalismo.
Ciò precisato, la situazione amministrativa e politica di San Giovanni in Fiore è sempre più terribilmente pesante.
Poiché tanti giovani sono paghi di soddisfare i bisogni indotti dal capitalismo organizzato - varrebbe ricuperare Bernays - e il modello di vita florense appare loro estremamente rassicurante - potrei riferirmi agli studi di Iacono sull’uscita dalla minorità -, ciò che li entusiasma è un miglioramento delle proprie condizioni, con l’avanzamento negli studi, in un contesto sociale e culturale che non ammette troppi cambiamenti se non, anche a livello sessuale, sul versante dei consumi.
L’impegno politico è lasciato da parte e, in quei casi in cui esiste, l’autonomia s’accantona, a beneficio della subordinazione (mirata?).
Ad esempio, in loco, a fronte d’una situazione sociale, culturale ed economica drammatica, leggendo alcuni recenti scritti dell’amico Giovanni Iaquinta, segretario della sezione Gramsci dei Ds, dal quale politicamente mi separa un abisso, debbo osservare come suscitino perfino reazioni comiche i suoi sforzi di rappresentare San Giovanni in Fiore come cittadina all’avanguardia, dove accadono cose importanti e indicative d’una civiltà esemplare, addirittura prossima a quella di metropoli quali Londra, Parigi o New York.
L’amico Giovanni Iaquinta mi dice che nel suo agire politico ci sono sogni di sviluppo e progresso. E, fin qui, penso che molti di noi si ritrovano, dal momento che tra giovani è facile attendersi il meglio. Il suo idealismo, o, più precisamente, il suo irrealismo, diventa finanche oggetto d’una certa diffusa derisione, quando si spinge a decantare pregi e virtù che San Giovanni in Fiore non conosce. In tutta onestà, penso che Giovanni Iaquinta crede per davvero a ciò che scrive e ritiene di poter cambiare le cose dall’interno, con diplomazia e francescana obbedienza al partito, unico luogo, a suo avviso, di vera democrazia.
Altri, Annarita Pagliaro e Giovambattista Lopez, ad esempio, fino a poco tempo fa avevano, specie il secondo, una posizione aspramente critica verso il governo locale. Allora, era sindaco Riccardo Succurro. Cambiata giunta, hanno radicalmente modificato le loro opinioni, anzitutto a livello pubblico. Si può dire, senza offendere nessuno, che adesso sono i portavoce dell’esecutivo di Nicoletti, l’attuale sindaco. Questo solo per dire le cose come stanno; il che non significa che siano da mettere all’indice o da punire. Semmai, il discorso va fatto sul piano della critica.
Ebeteinfiore, di cui Annarita e Giovambattista sono fondatori, è un sito formato da molti appartenenti al gruppo del giornale La Testata, che al momento non è più in edicola, come La Voce di Fiore. La Testata sparava a zero su Succurro e i suoi collaboratori, al punto che in numerose circostanze ci furono pressioni psicologiche di adulti contro i giovani ribelli e azioni esterne volte a rimodulare la linea editoriale. Peraltro, non va dimenticato che La Testata ebbe, in brevissimo tempo, tre diversi direttori responsabili, tutti particolarmente attenti a prendere le debite distanze dagli eroici furori dei ragazzi.
Barbara Marrella, ne fui testimone diretto, minacciò, da responsabile in tribunale della Testata, di ritirare il giornale dalle edicole. Era il numero del febbraio 2003. C’era un articolo di Giovambattista Lopez assolutamente regolare e piuttosto critico verso l’onorevole Mario Oliverio.
Quando, in redazione, fu affrontato l’argomento della sfrontatezza mostrata da Giovambattista, la giornalista Marrella disse che «ci sono cose che stanno al di sopra di noi, come la politica e i politici, e di queste cose non ci è lecito parlare».
Più che un ammonimento di rigorosa teologia, mi parve una sorta di prona legittimazione d’un potere contro la democrazia, poiché tale da indurre la richiesta di sopensione d’ogni opinione e la minaccia del sequestro degli stampati.
A ben guardare, questioni del genere non possono che rientrare nel vasto ambito della logica mafiosa, d’un potere, cioè, nella fattispecie, in grado perfino di condizionare e intimorire una persona adulta, attenta e sensibile come la Marrella.
In su, non c’era l’inafferrabilità razionale della divinità: c’era unicamente l’icona irrapresentabile dell’imperio, cioè Mario Oliverio.
E quelle parole della Marrella erano perfettamente sentite e coerenti, perfino sillabate, ma senza alcuna spavalderia.
Allora, Antonio Tiano, editore della Testata, comprese il pericolo d’una rottura col Sommo e, come usa in situazioni del genere, ottenne con la diplomazia che i numeri successivi del giornale si facessero su altri argomenti e non toccassero la sfera intangibile del sacro.
Giovambattista fu, come dire, persuaso dell’errore, della «frettolosità, immediatezza e gratuità» con cui aveva sferrato l’«ingiusto attacco» al Re Sole. Fece outing e chinò il capo: proprio come non avrebbe fatto Peppino Impastato.
Mostrò pentimento: qualche richiamo alla prudenza e alla morigeratezza dovette averlo pure da suo padre, Pierino Lopez, socialista della Rosa nel pugno che Riccardo Succurro definì l’«eminenza grigia della politica sangiovanese».
Incidentalmente devo segnalare che la perpetuazione d’una logica di tipo mafioso nell’ambito della manifestazione del pensiero non mi risulta, a San Giovanni in Fiore, derivare da particolari imposizioni dell’onorevole Oliverio e dal suo (supposto) potere sconfinato.
Piuttosto, in proposito si può dire che esiste solo l’immagine (o l’illusione) d’un potere senza controlli e senza possibilità di sfuggire alle sue articolazioni in capo all’onorevole Oliverio, e che il medesimo politico non abbia avuto in questa costruzione alcun ruolo diretto.
Non è Mario Oliverio ad essersi costruito l’immagine di imperatore ma sono i governati, i quali, autolimitandosi per cultura, ne hanno prodotto il mito (politico) di signore assoluto.
Opporsi a Mario Oliverio significa politicamente perdere ogni possibillità di successo elettorale e riscontro amministrativo e, nella sfera privatistica, bruciarsi i contatti di natura produttiva.
Questo, però, sempre secondo il meccanismo appena descritto, per cui l’uomo florense, educato alla subordinazione da decenni di assistenzialismo, rappresenta individualmente e collettivamente la personificazione del potere.
Con la candidatura al consiglio comunale di Annarita, di cui Giovambattista è stato ed è fervente sostenitore, e la successiva elezione e assegnazione di incarichi, le cose sono molto cambiate. Intanto, il linguaggio. Eppure, entrambi appartengono a un partito, La rosa nel pugno, che ha fatto della sregolatezza comunicativa la sua regola di fondo. Conosco personalmentnte Daniele Capezzone e ho avuto modo di vedere alcune uscite esemplari di Marcuccio Pannella. Però, si sa, l’ambito locale è diverso e si potrebbe tornare ad alcune analisi di De Martino sulla coesistenza di ritualità religiosa e superstizione in Lucania, per spiegare l’attaccamento all’essenza, con Emanuele Severino, del campanile florense.
Chi, come Giovanni Iaquinta, Giovambattista Lopez e Annarita Pagliaro, ha a cuore l’avanzamento culturale, sociale ed economico di San Giovanni in Fiore allo scopo di attuare la potenza dell’essenza florense, ricorre, a ragione, a un linguaggio smussato, accorto, ponderato, pacato, posato, adagiato, pulito, equilibrato, modulato, modellato, politicamente corretto e modulare. Io credo che gli equivoci, a riguardo, vanno definitivamente levati di mezzo.
La storia della politica florense ha mostrato, in modo netto, che la subordinazione da parte di vari esponenti culturalmente attrezzati non giova affatto alla causa dello sviluppo e che, anzi, produce danni profondi e allontanamenti dalla politica attiva. Battista Granato, Franco Provenzale, Riccardo Succurro, Ciccio Alessio e altri sono, con situazioni differenti, vittime della scarsa democrazia in seno al loro partito, ex Pci.
All’inizio del primo mandato da sindaco, Succurro adottò prassi e "metodi fastidiosi", puntando su autorevolezza e autonomia ex lege per rimuovere mentalità e pratiche politiche impedienti e nocive. Fu, quindi, bloccato e isolato, sino al termine del secondo mandato.
Certo, alcuni salti di carriera di dipendenti comunali affiliati alla coalizione di sinistra si ebbero sotto il suo governo e, dati alla mano, incisero molto sui bilanci comunali degli anni successivi.
Oggi, nel merito, occorre domandarsi se tutti i soldi sborsati per i dirigenti comunali, creati senza concorso a eccezione di Pietro Marra, sono serviti a riorganizzare il municipio e a renderlo più efficiente e produttivo. Che esistano problemi, all’interno dei reparti amministrativi, è testimoniato dal trasferimento dell’ex segretario comunale, Pasquale Urso, e del dirigente dell’ufficio legale, Gaetano Pignanelli. Inoltre, non è mistero il rapporto di tensione fra, ad esempio, gli attuali assessori Lopez e Mascaro e il dirigente dell’ufficio tecnico, Pasquale Tiano, all’indirizzo del quale esiste anche il malcontento del sindaco Nicoletti.
Quanto funzionano, anche alla luce di scelte politiche sulla pianta organica con significativi carichi economici per il Comune, l’ufficio tecnico e gli altri reparti municipali? Esistono relazioni pubbliche sulla salute della macchina amministrativa?
Chiamo in causa Antonio Barile (consigliere comunale e leader di Forza Italia in città), con la speranza che, date la sua conoscenza e competenza, voglia fornire alla nostra redazione elementi concreti. Chiamo in causa Riccardo Succurro, con la speranza che, avendo amministrato per anni ed essendo direttamente interessato rispetto ai passaggi sopra riferiti, voglia, come è solito fare, fornire la sua versione. Chiamo in causa Antonio Nicoletti, aspettandomi un chiarimento pubblico, anche su queste pagine, in ordine al fatto che, ad esempio, il dirigente dell’ufficio tecnico non è tollerato in giunta per il suo modus operandi e, comunque, pur destinatario di addebbiti di vario ordine e grado, resta saldamente al suo posto. Perlomeno, ci si spieghi, senza accuse o discrediti a qualcuno, la ragione di queste incongruenze, di queste contraddizioni.
Tornando agli altri ex Pci, alcuni, come Franco Provenzale, hanno rinunciato definitivamente all’azione politica in loco, persuasi che "non c’è niente da fare".
Ora, se il mio discorso ha una logica, il consenso incondizionato al partito di, per esempio, Giovanni Iaquinta, Annarita Pagliaro e Giovambattista Lopez ha perlomeno dei precedenti assolutamente sfavorevoli. Che, in politica, le cose siano andate male a quelle coscienze fornite di alcune basi culturali e appartenenti a forze della sinistra non ci permette di prevedere la stessa tendenza per il futuro, in ordine ai ricordati successori.
Per il resto, le istituzioni sono grosso modo formate di personalità con altri profili culturali, per lo più segnati dall’esperienza pratica e da un approccio divergente col fatto teoretico.
Insomma, rimettendo ordine a queste riflessioni sparse, con l’esistenza di Ebeteinfiore s’è creato un gruppo coeso di persone che tende ad assecondare le scelte della maggioranza di governo, di sinistra, e a corroborarne l’operato con la costruzione d’una immagine particolare e l’adozione d’un linguaggio specifico?
In sintesi, non c’è un’opposizione tenace, da parte della società civile, rispetto all’azione dell’attuale esecutivo di San Giovanni in Fiore.
La costante crisi della maggioranza e i bisticci per la sostituzione di Franco Laratta, ex assessore alla salute, non determinano che sterili chiacchiere da marciapiede, col caratteristico piangersi addosso di molti sangiovanesi.
La maggioranza di Nicoletti è sempre stata in crisi, se è vero che il primo delegato alla salute e alle politiche sociali, Antonio Perri, mollò l’incarico dopo poco e l’assessore Lammirato manifesta, fonte il Corriere della Sila, la sua aperta lontananza nei confronti della giunta.
All’indomani della proclamazione degli eletti, due socialisti di Boselli transitarono nel Gruppo misto, l’altro Lammirato se ne andò col partito di Loiero, Candalise fece quello che Battiato chiamerebbe il ballo del potere: si comportò come un limone in acqua: incerto, oscillante. Insomma, tutto a dimostrazione che questi signori non intendono le funzioni pubbliche in senso responsabile ma le considerano mete di potere e fonti di reddito. D’altra parte, per vincere le elezioni occorre comporre grandi coalizioni. Poco importa se non hanno unità politica o programmatica.
Antonio Nicoletti stava all’opposizione fino a qualche giorno prima della presentazione delle liste. Poi, l’improvvisa conversione, dovuta, ha spesso dichiarato, a "motivi di coerenza". Servirebbe Kurt Goedel per illuminarci, nel caso, sul tipo di coerenza e sulla sua formulazione matematica.
Per anni, la mancata riorganizzazione dell’ospedale civile è stata ascritta, dalla sinistra locale, a perverse volontà del centrodestra regionale e nazionale. Ora che tutto è nelle mani del centrosinistra, non ci sono scuse. Eppure, come ha scritto acutamente Biagio Simonetta sul Quotidiano della Calabria, l’ospedale civile di San Giovanni in Fiore sta silenziosamente chiudendo. Quando ciò avverrà, la sinistra nostrana dirà che è colpa del tempo, che non c’è stata la possibilità di programmare, concertare, verificare e validare. Tutti termini e verbi del vocabolario moderato, progressista e democratico adottato dai nuovi essenzialisti Giovanni Iaquinta, Annarita Pagliaro e Giovambattista Lopez - mutuati dall’attuale primo cittadino, Antonio Nicoletti.
I lavori del Psu, concepito dall’architetto Giuseppe De Luca, stanno procedendo con ritardi e intoppi preoccupanti.
Ma ciò che più sorprende è che, a distanza di tempo dall’insediamento della nuova, si fa per dire, giunta comunale, nonostante le sponsorizzazioni di Regione e Stato, il disagio sociale e la disoccupazione sono gravemente aumentati a San Giovanni in Fiore e non si vedono serie politiche sociali, misure sanitarie preventive e provvedimenti a tutela dei diritti. Cose che Antonio Nicoletti aveva ampiamente promesso in campagna elettorale.
Dobbiamo, quindi, chiederci quali risultati ha prodotto, di là dal declassamento e dalla sistemazione di figuri in attesa di ricompensa, questo esecutivo comunale, presentato in un’esagerata veste attiva e propulsiva dai vertici di Ebeteinfiore. Sta fornendo il sito degli ex della Testata un sostegno teorico-politico e in ambito informativo, ostentando equidistanza, ai gruppi che detengono il potere locale?
Dobbiamo chiederci se può dirsi e raccontarsi civile una città in cui non s’è provveduto all’abbattimento delle barriere architettoniche e in cui i lavori pubblici non si eseguono secondo criteri di funzionalità e logica, a motivo di piccoli vantaggi da assicurare ad amici e tesserati.
Ultimamente, poi, ne ho letto una bella, sempre sul Corriere della Sila. Il sindaco Nicoletti ci assicura che fra poco noi emigrati avremo la nostra consulta, che l’apposita commissione consiliare ha quasi pronta la bozza del regolamento e ci dice che nessuno deve prendersi, a riguardo, meriti che non ha.
Su "il Crotonese", giornale diretto da Domenico Napolitano, c’è materiale interessantissimo sulla consulta degli emigrati, che invito a reperire.
Ne seguimmo le sorti in prima persona François Nicoletti e il sottoscritto, denunciandone la cancellazione dallo statuto comunale e pretendendone costantemente il reinserimento.
François fece una battaglia a tutto spiano, sempre coinvolgendo tutta San Giovanni in Fiore, che sembrava non dare troppa importanza alla questione, e, in primo luogo, i tanti emigrati florensi.
Ultimamente, abbiamo preparato un documento firmato da centinaia di concittadini all’estero e consegnato a Teresa Migliarese, membro di Heritage Calabria e corrispondente americana del mensile "il Corriere della Sila". Copia del medesimo è pervenuta al sindaco Nicoletti, a significare la richiesta della consulta da parte di tanti emigrati e un sentimento comune di disappunto per il ritardo accumulato nella restituzione.
Dichiarando che è quasi pronta la bozza del regolamento e che nessuno deve prendere meriti non suoi, che cosa intende dirci il sindaco di San Giovanni in Fiore?
Anche sul punto, gli domando di farci sapere, di scriverci.
Nel mentre, in argomento, quali sono i meriti effettivi del sindaco Nicoletti, di cui si legge su il Cittadino e il Corriere della Sila, circa il suo ruolo a proposito della visita a San Giovanni in Fiore di Joe Manchin, governatore del West Virginia? L’ufficio stampa del consiglio regionale, che, come si sa, si occupò istituzionalmente del soggiorno di Manchin in Calabria, redasse molti comunicati in cui si diceva della mediazione fondamentale, a riguardo, di François Nicoletti, senza il quale il governatore sarebbe rimasto a visitare alcuni luoghi dell’alta Europa.
L’informazione inattendibile è dei mensili locali o dell’ufficio stampa del consiglio regionale? François Nicoletti, che non risulta affatto nei servizi del Cittadino e del Corriere della Sila, fu determinante, in proposito, o si trovò alla serata di gala per puro caso? E, soprattutto, quell’incontro fra Manchin e la sua città d’origine dipese da una paziente corrispondenza condotta dal sindaco Antonio Nicoletti, come i giornali di San Giovanni in Fiore lasciarono intendere?
Se qualcuno vuole mettere in mezzo un eventuale condizionamento politico, osservo semplicemente che la maggioranza in Regione è di centrosinistra, la stessa del Comune. Per quale ragione, dunque, il consiglio regionale, attraverso il suo ufficio stampa, avrebbe dovuto mentire su François Nicoletti e, non essendo descritti, nel merito, compiti precipui del sindaco Antonio Nicoletti, combinarla grossa al primo cittadino di San Giovanni in Fiore?
Io non so rispondere a queste domande. Posso dire che, nella città di Gioacchino, spesso la logica s’annulla totalmente, per effetto di finzioni collettive e apparentemente ben costruite.
Un punto su cui vorrei, poi, che intervenissero i giovani e meno giovani di Ebeteinfiore, è relativo alla salubrità del territorio florense in fatto di mafia.
Noi della Voce crediamo che ci siano pericolose infiltrazioni e presenze mafiose a San Giovanni in Fiore, a fronte delle quali non è stata attuata, da parte della maggioranza e del sindaco in particolare, alcuna politica per la sicurezza.
Crediamo, anzi, che, in proposito, l’atteggiamento morbido e le confusioni volutamente prodotte siano uno dei peccati capitali dell’attuale maggioranza.
I Carabinieri della stazione locale hanno denunciato molte volte l’esiguità numerica delle forze dell’ordine in zona.
Quando vennero incendiati i portoni di alcuni facoltosi della città, si fece un consiglio comunale straordinario che coincise, come periodo, con lo scontro fra maggioranza e movimento dei disoccupati, per causa di imbrogli e raccomandazioni, a giudizio dei secondi, orditi e compiuti dalla maggioranza di centrosinistra circa una graduatoria per un corso di formazione professionale, determinante, forse in futuro, assunzioni nei reparti forestali calabresi.
Da segnalare che la misura in questione fu concepita dal centrodestra calabrese, col diretto interessamento dell’allora ministro per le Politiche agricole, Gianni Alemanno, e modificata e gestita dal centrosinistra, che nel 2005 prese in mano la Regione Calabria.
La presenza della Digos di Cosenza a tutela dell’ordine pubblico a San Giovanni in Fiore, la scorta al sindaco Nicoletti e le accuse, propagandate a mezzo stampa, di violenze subite dalla classe politica dirigente a opera di facinorosi disoccupati servirono al centrosinistra, anche attraverso un largo impiego di manifesti, siti internet e mezzi televisivi, a unificare innanzi al popolo il pericolo degli atti intimidatori, su cui le indagini non hanno ancora dato alcun risultato, con quello delle minacce - dal punto di vista degli amministratori locali - di tumultuosi popolani, ex percettori del reddito minimo.
Si mescolarono fatti assolutamente distinti e separati, veicolando, per San Giovanni in Fiore, la solita immagine di città difficile, segnata, nell’occasione, dall’avanzare dell’illegalità.
Io vorrei che il prefetto di Cosenza leggesse queste mie note e che si persuadesse di come, in verità, stanno le cose. E vorrei che la magistratura facesse finalmente luce.
La protesta finalizzata all’individuazione d’una nuova misura d’assistenzialismo statale originò dalla cessazione del Reddito minimo di inserimento, sulla cui erogazione a macchia d’olio vanno verificate le responsabilità, anche indirette, di politici facenti parte della Commissione preposta. Basta prendere i nomi e interrogare i fruitori, diversi dei quali fecero false attestazioni per ricevere il beneficio di Stato.
La politica potè rimanere giuridicamente a riparo, dato che penalmente risponde chi autocertifica. Resta vero, però, che alcuni esponenti di partito ci fecero campagna elettorale.
Anche certi risultati elettorali di quei tempi possono leggersi, ove sorprendentemente lusinghieri, come probabilmente causati da uno scambio per il reddito minimo.
Sono vivo testimone degli argomenti usati nelle campagne elettorali degli ultimi dieci anni. Da sinistra, centro e destra, tutti pronti a conquistare la massa, nella totale assenza di idee e programmi, con la promessa di sistemazioni e posti. Ho ancora in mente, alle regionali del 2005, le folle di analfabeti in ascolto dell’onorevole Dima (Alleanza nazionale), poi sorridenti ad applaudire personaggi dell’altro polo, l’onorevole Mario Pirillo (Partito democratico meridionale), ad esempio.
Chi ha creato questo sistema? E chi s’è opposto, presentando un programma che non contemplasse la luna in terra e le Bmw a ogni mamma senza il latte in casa per i figli?
Ci dicano, quelli di Ebeteinfiore se, di là dalla provenienza torinese, dall’origine calabrese e da una cultura e uno spessore professionale troppo elevati, il filosofo Gianni Vattimo non s’è nettamente distinto, in quanto a rifiuto dell’assistenzialismo e proposte diametrali, da tutto il resto della politica florense e calabrese.
La mafia non nasce dalla subordinazione creata nel popolo dalla politica, al fine di autoperpetuarsi?
Quante e quali indagini sul caso di San Giovanni in Fiore?
Le investigazioni sulle automobili incendiate in città, più d’una cinquantina fra l’estate del 2003 e la primavera del 2004, non portarono all’arresto né all’individuazione di qualcuno.
In consiglio comunale, e solo in un’occasione, si considerarono manifestazioni vandaliche di giovani deviati, non si capisce su quale base. Fu un luogo comune per giustificare il fallimento della politica e degli inquirenti?
Se la matrice fosse stata davvero quella teatralmente significata in consiglio comunale, perché nessuno ha concluso che occorrono politiche sociali formative e preventive per rispondere a un tale disagio sociale?
La Voce di Fiore denunciò prostituzione minorile all’aria aperta e immobilità dei servizi sociali comunali. Oltretutto, in passato scrivemmo dell’uso capillare di droghe, anche non leggere, fra minorenni. Ci assalirono in molti, prima di ricredersi davanti a casi di riconosciuti effetti chimici.
Che io ricordi, almeno due strani omicidi vennero commessi con modalità analoghe, non troppo in là nel tempo, alle porte di San Giovanni in Fiore, per la strada che arriva a Trepidò.
La Sila florense, poi, sarebbe, secondo molte testimonianze, territorio d’ospitalità di mafiosi, in quanto poco controllata. Ciò è in via di conferma anche a opera di alcuni magistrati.
Alcune persone del luogo, che si presumono innocenti sino a sentenza definitiva, sono coinvolte in una nota operazione antimafia a largo spettro.
Il commercio della cocaina e delle pasticche ha raggiunto proporzioni importanti, a San Giovanni in Fiore. E la domanda di prodotti forti da parte di ragazzini è in crescente aumento. Pare che uno dei periodi di maggiore consumo sia intorno a ferragosto, in campeggi presso la località Germano.
Tutto questo discorso non ha legami con mafia, criminalità, responsabilità della politica e inadeguatezza dell’esecutivo attuale?
Io avrei fatto le medesime considerazioni se, ad esempio, la guida del Comune l’avesse avuta Vattimo, cogli stessi risultati.
Antonio Nicoletti doveva, in primo luogo, dare un segnale forte alla città, rimuovendo situazioni al limite della legalità. Il sindaco è ancora in tempo, ma non potrà dire domani che ciò non è stato rilevato.
Lo scossone sarebbe arrivato a tutti e sarebbe stato significativo, qualora si fosse ad esempio stabilito ordine nell’ufficio tecnico, per una precisa volontà politica della maggioranza e di Antonio Nicoletti anzitutto.
All’interno dell’ufficio permangono gravi anomalie da inchiesta, sempre preservate da tecnicismi afferenti alla discrezionalità amministrativa e a questioni di procedure.
Innanzi a questo quadro, sulla cui attendibilità sono gradite controdeduzioni, invito i giovani, minorenni e maggiorenni, ad assumere un atteggiamento politico attivo, diffidando delle chiacchiere e di eventuali raggiri di politici e ricercando la verità negli atti pubblici e con domande.
Mi pare ovvio, coerentemente col discorso svolto fino ad ora, raccomandare molta attenzione rispetto alle notizie degli organi di stampa locali, che, spesso, con sufficienza non ingenua, alimentano e propagandano la retorica dei più forti.
La proposta della Voce è, dunque, di discutere partitamente di singole questioni e problemi specifici e di radunare le obiezioni e le reazioni della società civile perché San Giovanni in Fiore non prosegua sulla via dello spopolamento, della sfiducia, dell’illegalità, della finzione scenica, dell’immobilismo, della degenerazione e della clonazione di vecchi protagonisti della politica.
Emiliano Morrone
nichilismopuro@libero.it
Appello pro Congiusta *
Mario Congiusta da tre giorni è in sciopero della fame per chiedere in maniera estrema l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e quello delle Istituzioni sul problema della Giustizia e della Legalità in Calabria.
Ecco l’Appello che abbiamo predisposto come Comitato spontaneo di sostegno alla protesta di Mario Congiusta, che da tre giorni è in sciopero della fame per chiedere in maniera estrema l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e quello delle Istituzioni sul problema della Giustizia e della Legalità in Calabria.
Vi invitiamo a dare la Vostra adesione e ad aver la buona volontà di inoltrare la presente e-mail a tutti i Vostri amici che ritenete possano essere interessati a darci una mano.
CORAGGIO! AIUTATECI A FAR DIVENTARE IL "CASO CALABRIA" UN’EMERGENZA DI INTERESSE NAZIONALE.
Uniamoci virtualmente alla protesta estrema e non violenta di Mario Congiusta, dei familiari delle vittime e dei ragazzi di Locri d el movimento "E adesso ammazzateci tutti" per gridare all’Italia intera che "I CALABRESI HANNO FAME SOLO DI GIUSTIZIA"!
Grazie a nome di tutti noi. per il Comitato Spontaneo di sostegno alla protesta di Mario Congiusta
Giovanni Pecora
Le eventuali adesioni possono essere inviate con le seguenti modalità:
1 - rispondendo in reply alla presente e-mail;
2 - inviando un fax al numero 178 227 1483;
3 - trasmettendo un telegramma a:
Mario Congiusta
c/o camper dei diritti negati Piazza del Tribunale 89044 LOCRI (RC)
4 - telefonando o inviando un SMS ai numeri 339 488 6216 oppure 349 366 8216
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APPELLO A SOSTEGNO DELLA PROTESTA ESTREMA DI MARIO CONGIUSTA A LOCRI (RC) Al Sig. Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano. Al Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri On. Romano Prodi. Al Sig. Ministro dell’Interno On. Giuliano Amato. Al Sig. Ministro delle Finanze Dott. Tommaso Padoa Schioppa. Al Sig. Ministro della Difesa On. Arturo Parisi. Al Sig. Ministro della Giustizia On. Clemente Mastella.
LORO SEDI
Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Consiglio, Signori Ministri, il nostro conterraneo calabrese Mario Congiusta, padre del giovane imprenditore Gianluca assassinato a Siderno (RC) poco più di un anno addietro, ha iniziato dal 13 c.m. uno sciopero della fame come estremo e disperato tentativo di porre all’attenzione delle SS.LL. non solo la richiesta di avere giustizia per suo figlio e per tutti i morti ammazzati calabresi per i quali non si hanno ancora esiti certi né di indagini né processuali, ma soprattutto per richiedere con forza il potenziamento dell’organico dei magistrati inquirenti applicati presso la Procura della Repubblica di Locri e per l’invio di contingenti di Forze dell’Ordine e militari specializzati nel controllo del territorio per rafforzare la presenza numericamente assolutamente insufficiente delle forze già presenti sul territorio calabrese.
A parte la straordinarietà della protesta, che vede un padre di famiglia mettere il proprio personale sacrificio a servizio dei diritti negati all’intera collettività dei suoi corregionali e non per rivendicare qualcosa legato alla sua persona o di suoi familiari, e questo a dimostrazione di quanto stia crescendo il senso civico e la coscienza civile nella nostra regione, ci preme evidenziare il fatto che Mario Congiusta è un uomo con gravissimi problemi di salute.
Mario rischierebbe veramente di morire a causa della sua protesta estrema, e a nulla fino ad oggi sono valse le offerte di una "staffetta" simbolica di sostituirlo nello sciopero della fame presentategli dai ragazzi di Locri del movimento "E adesso ammazzateci tutti" e da altri di noi, che comunque hanno iniziato assieme a lui già da ieri lo sciopero della fame.
Per questo motivo presentiamo alla Vostra attenzione questo appello, ad ognuno per le sue competenze istituzionali: il Signor Presidente della Repubblica nella Sua veste innanzi tutto di garante dei diritti costituzionali di tutti i cittadini italiani, nonchè di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; il Signor Presidente del Consiglio nella qualità di primo rappresentante dell’Esecutivo che dovrebbe assumere il ruolo di coordinamento per i diversi provvedimenti urgenti in merito alle legittime richieste di Mario Congiusta; il Signor Ministro dell’Interno per le competenze in merito delle attività delle Prefetture interessate e per la gestione delle forze di Polizia; il Signor Ministro delle Finanze per la realizzazione di un piano straordinario investigativo e di controllo della Guardia di Finanza e degli Uffici delle Entrate; il Signor Ministro della Difesa per le competenze relative non solo all’Arma dei Carabinieri ma anche dei reparti speciali dell’Esercito specializzati nel controllo del territorio; il Ministro della Giustizia per gli opportuni interventi ispettivi sugli uffici giudiziari calabresi e per il raccordo con il CSM.
Mario Congiusta sta mettendo a repentaglio la sua vita come un eroe, e noi non possiamo permettergli questo sacrificio sublime ma assolutamente inutile, perchè a noi calabresi la gente come Mario serve viva e vitale per portare avanti il nostro desiderio di riscatto per la nostra terra.
PER QUESTO MOTIVO
facciamo appello alle SS.LL. affinchè vogliano dare nelle prossime 48 ore, prima che danni irreversibili possano ledere la salute di Mario Congiusta, un segnale chiaro e forte di attenzione ai problemi da lui sollevati.
Lo slogan che accompagna lo sciopero della fame iniziato da Mario Congiusta è "NOI CALABRESI ABBIAMO SOLO FAME DI GIUSTIZIA".
Con queste parole, che nella loro crudezza e semplicità racchiudono tutto il dramma di questa nostra terra, vogliamo concludere questo Appello, nella speranza che per la Vostra sensibilità umana ed Istituzionale non cadrà nel vuoto dell’indifferenza né della retorica.
L’appello di Mario Congiusta e’ l’appello di quei tanti calabresi che da tempo in movimento vogliono risposte definitive e concrete su una presenza reale ed efficace dello stato in Calabria. Come Mario Congiusta abbiamo solo fame di giustizia e di sicurezza sul nostro territorio. non ne possiamo più di dovere sopportare il giogo e la presenza mafiosa che forte ed indisturbata continua ancora ad agire nella nostra regione. Ed allora se lo Stato e le sue Alte Istituzioni hanno veramente a cuore la Calabria, facciano sentire una volta per tutte la loro voce ed affermino concretamente la loro autorità.
LA FORTE PROTESTA PACIFICA E NON VIOLENTA DI MARIO CONGIUSTA E’ ANCHE LA NOSTRA, E’ QUELLA DI TUTTI I CALABRESI ONESTI.
Essa necessita di una risposta vera e non più rinviabile.
Noi calabresi mobilitati e stretti in questo momento attorno a Mario Congiusta chiediamo unitamente a lui ed ai ragazzi che lo stanno affiancando nello sciopero della fame un vero rispetto ed una vera attenzione rivendicando con orgoglio e dignità il diritto di potere operare e convivere liberamente nella nostra terra.
PER IL COMITATO SPONTANEO DI SOSTEGNO ALLA PROTESTA DI MARIO CONGIUSTA A LOCRI Giovanni Pecora
Primi aderenti:
Movimento dei ragazzi di Locri “E adesso ammazzateci tutti”, Calabria Protagonista, Associazione Pic-Asso, Associazione antimafia “Rita Atria”, Associazione Ulixes, Calabrialibre, Calabria-lavoro.it, Calabria Protagonista, Calabria Solidale, Centro Studi Regionale “G. Lazzati”, Governo Civico per la Calabria, Movimento Giovanile Salesiano Calabria, Osservatorio antimafia, Osservatorio “Falcone-Borsellino-Scopelliti”, Pastorale diocesana giovanile Locri, Studenti in Movimento.
www.ildialogo.org, Lunedì, 16 ottobre 2006