Economia: Life out of Balance ...

"SQUILIBRI GLOBALI". WILLY IL COYOTE, O IL DECLINO DEL DOLLARO. Una nota di Luigi Spaventa.

venerdì 1 dicembre 2006.
 
[...] Le ragioni, note, che da tempo inducono a prevedere l’inevitabile collasso sono riassunte dall’etichetta "squilibri globali": un quindicennio di disavanzi crescenti nel saldo della bilancia dei pagamenti correnti degli Stati Uniti, con l’accumulo di un debito estero che supera il 30% del prodotto; in contropartita, saldi di segno opposto, con accumulo di crediti dei paesi emergenti, soprattutto asiatici, e del Giappone [...]

IL DECLINO DEL DOLLARO

Resta da capire se la valuta americana si schianterà o planerà con un deprezzamento graduale verso un livello più ragionevole

di LUIGI SPAVENTA (la Repubblica, 30 NOVEMBRE 2006)

Wile (Willy, Vil) il coyote, nel solito frenetico inseguimento del suo storico nemico Beep Beep (personaggi noti di cartoni animati), varca l’orlo di un precipizio; continua per un po’ a correre in aria, fin quando si accorge di trovarsi nel vuoto e si schianta per terra. Così il dollaro, nella vivida immagine di Paul Krugman, eccellente economista americano: solo che la corsa nel vuoto del dollaro, in sfida alla legge di gravità, dura da anni.

Il deprezzamento, graduale nei mesi scorsi e acceleratosi negli ultimi giorni (sull’euro da circa 1,19 a inizio anno a 1,26 a giugno a circa 1,32) segna l’inizio della caduta in verticale del coyote?

Le ragioni, note, che da tempo inducono a prevedere l’inevitabile collasso sono riassunte dall’etichetta "squilibri globali": un quindicennio di disavanzi crescenti nel saldo della bilancia dei pagamenti correnti degli Stati Uniti, con l’accumulo di un debito estero che supera il 30% del prodotto; in contropartita, saldi di segno opposto, con accumulo di crediti dei paesi emergenti, soprattutto asiatici, e del Giappone.

Le cause apparenti di questi squilibri sono parimenti note (anche se non sempre coerenti): eccesso di spesa, e basso risparmio, negli Stati Uniti; nelle economie emergenti bassa spesa rispetto ai risparmi e spinta prepotente, grazie ai minori costi, delle loro esportazioni. Tutti concordano comunque che squilibri siffatti non sono alla lunga sostenibili.

È meno ovvio quali forze abbiano bilanciato sinora la legge di gravità, consentendo al coyote-dollaro di mantenersi in aria, con oscillazioni tutto sommato moderate. La contabilità torna: l’eccesso di pagamenti verso l’estero degli Stati Uniti è stato compensato da flussi di capitali in entrata (circa 6.300 miliardi di dollari fra il 2000 e il 2005).

Ma perché investire in dollari - una moneta di cui, almeno alla lunga, si ritiene inevitabile una svalutazione? Nessuna delle tante spiegazioni è di per sé sufficiente, anche se ciascuna contiene un pezzo di verità: interventi delle banche centrali asiatiche (soprattutto di quella cinese), che acquistano dollari per impedire un apprezzamento delle loro valute; eccesso mondiale di risparmio; attrazione esercitata sui capitali dalla crescita vigorosa dell’economia americana e da mercati finanziari ampi e liquidi; miopia degli investitori, convinti che il destino del dollaro fosse inevitabile ma non prossimo.

Di qui una prima domanda: è cambiato qualcosa negli ultimi tempi che attenua la contro-spinta alla forza di gravità? Forse sì. La crescita americana si è indebolita e quella europea si è rafforzata; si sono esaurite alcune cause del divario nella dinamica della produttività (la ristrutturazione negli Stati Uniti del commercio e di alcuni servizi); in prospettiva, i tassi d’interesse aumenteranno in Europa, rimarranno stabili o diminuiranno negli Stati Uniti. Si avvertono segni di una diversificazione (più euro e meno dollari) delle riserve delle banche centrali dei paesi emergenti.

Segue una seconda domanda. Il deprezzamento degli ultimi mesi e degli ultimi giorni è un fenomeno temporaneo, destinato a rientrare, come è avvenuto in episodi precedenti? Probabilmente no. Forse l’incanto si è rotto, proprio perché sono venute meno alcune ragioni che lo favorivano.

Terza domanda, e più delicata: il dollaro si schianterà come il coyote o planerà con un deprezzamento graduale verso un più ragionevole livello? Azzardo, pur consapevole della quasi inevitabile fallacia di ogni previsione sul cambio non banale (del tipo "presto o tardi il dollaro cadrà": solo un orologio fermo segna l’ora esatta due volte al giorno). Forse esistono condizioni perché si avveri il secondo esito. L’economia americana, pur rallentando, è ancora in buona salute. Le banche centrali asiatiche nella desiderata riduzione delle posizioni in dollari devono procedere con cautela per non evitare le perdite ingenti di una caduta rovinosa. Le condizioni finanziarie sono più solide che in altre occasioni; anche grazie alle innovazioni della finanza, la gestione di un declino graduale è più agevole.

Speriamo che sia così: il primo esito, quello dello schianto, provocherebbe condizioni destabilizzanti di disordine valutario. La saggezza dei governi e delle banche centrali deve aiutare. Opporsi a un declino del dollaro per salvaguardare le proprie esportazioni (posizione francese) sarebbe vacuo. Aumentare ancora i tassi d’interesse europei, al di là dei rialzi già scontati, sarebbe dannoso: la rivalutazione dell’euro già esercita effetti restrittivi. Aiutiamo il coyote a compiere un atterraggio morbido.


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