ZEFFIRELLI: QUESTA AIDA RESTERA’ NELLA STORIA *
MILANO - "Attenzione prego: si tratta di una prova di lavoro", avverte l’altoparlante prima dell’inizio della ’generale’ di Aida, e aggiunge che qualunque parte dello spettacolo può essere cambiata in vista della prima del 7 dicembre. Ma al pubblico che stipava la Scala, in gran parte amici e parenti degli artisti, oltre a musicisti, musicologi, critici e cronisti, è piaciuta così e per il maestro Riccardo Chailly, Franco Zeffirelli, cantanti e ballerini è finita in trionfo. Anche se l’ultima parola, però, l’avrà l’inaugurazione ufficiale, giovedì, nella festività di Sant’Ambrogio, patrono di Milano.
Sarà quel pubblico - e in particolare quel loggione - a decretarne il successo o l’insuccesso. Ma l’attesa già si tagliava col coltello e, pur di avere un posto in sala, attempati signori e gentili signore fermavano tutti coloro che uscivano dalla portineria col biglietto in mano. "Ne ha per caso uno in più?", imploravano. Qualcuno addirittura con un cartello sandwich: "Cerco un biglietto per la generale".
Ad assistere alla prova generale c’é, naturalmente, anche l’autore, Franco Zeffirelli, che ha scelto il palco n.16 del primo ordine - il terzo a partire dall’ingresso di platea - per giudicare il suo lavoro. E nei tre intervalli il corridoio retropalco in quel punto è costantemente intasato: amici, conoscenti, semplici curiosi, tenuti a bada da un marcantonio con la faccia da cerbero, che però chiede sempre al maestro se può far entrare qualcuno.
All’ultimo intervallo, fra il terzo e il quarto atto, è lui ad affacciarsi e poi a uscire in corridoio, anche se malfermo sulle gambe. Chi gli presenta la mamma, chi lo ringrazia e gli stampa un bacio sulla guancia, chi gli chiede di apporre il suo autografo sul biglietto di sala. I giornalisti ne approfittano: Che ne dice di questa regia? Le piace?. "Sono contento - risponde lui sorridendo mentre, valutati gli umori del pubblico da vecchio marpione del palcoscenico, già assapora gli applausi finali - di aver fatto qualcosa che resterà nella storia del teatro". Pensa di cambiare qualcosa? E lui indica un blocco lasciato in palco: "Certamente! Ho preso appunti...".
Poi i cacciatori di autografi hanno il sopravvento e davanti al regista si riforma una muraglia umana. Ma all’inizio della prova qualche apprensione c’era stata: già ieri si mormorava che il tenore principale, Roberto Alagna (Radames), non fosse in perfetta forma con la voce, che forse questa sera non avrebbe cantato. Invece era lì al suo posto. Ma nella romanza più celebre (’Celeste Aidà), che arriva subito, a freddo, e con un micidiale si bemolle, non commette errori ma nemmeno incanta. Prolunga però la romanza, ripetendone la fine un’ottava più sotto. Qualche critico mugugna, ma lo stesso Verdi in una lettera al teatro di Parma autorizzò quel finale oggi poco eseguito.
Davanti al palco di Zeffirelli passa anche il sovrintendente Stephane Lissner: "E’ normale che in un’opera come questa, con le prove tirate così nelle ultime due settimane, i cantanti arrivino stanchi alla generale. Poi però le cose sono andate sempre meglio: visto che splendido terzo atto? Il fatto è che abbiamo tre cast per le parti principali. E l’opera è lunga. Per Verdi e per Wagner, la cosa migliore sarebbe fare due prove generali. Ma sono stanchissimi. Per questo ho deciso che ora, per tre giorni, il teatro per i cantanti resterà chiuso. Stop alle prove. Tutti a riposare in vista della prima".
* ANSA » 2006-12-03 20:40
Geopolitica.
I 150 anni di Suez, il canale che ha riaperto la storia del Mediterraneo
di Simone Paliaga (Avvenire, 29 giugno 2018)
Aperto nel 1869, il canale che unisce Mediterraneo e Mar Rosso è uno dei centri dell’economia planetaria. Frutto di strategie e intrighi, da Metternich a Nasser, ha visto l’Italia in primo piano Una nave commerciale attraversa il canale di Suez (WikiCommons)
Tra poco più di un anno il Canale di Suez festeggerà centocinquanta primavere dall’inaugurazione. È il 17 novembre 1869 e, dopo dieci anni di lavori, il taglio della terraferma tra Porto Said e Suez unisce il Mediterraneo al Mar Rosso diventando uno dei gangli vitali dei trasporti e delle comunicazioni del pianeta.
Per farsi un’idea di quanto sia importante, solo alcune cifre. Nei primi due mesi del 2018 le navi ad attraversare il canale, con a bordo quasi centocinquanta milioni di tonnellate di merci, sono 2.724. La sua centralità odierna è ribadita dalla politica egiziana. È stato il presidente egiziano al-Sisi a raddoppiare la capacità del varco di Suez trasformandolo in un’autostrada del mare. Dopo un anno di lavori, il 6 agosto 2015, termina l’escavo di uno nuovo corso d’acqua, lungo 35 chilometri e parallelo al canale storico, a sua volta approfondito e allargato.
Controllare il passaggio tra Mediterraneo e Oceano Indiano non è di poco conto. Significa porsi nel cuore dei giochi politici del globo. Perciò, durante questo secolo e mezzo, gli intrighi, i complotti, le speculazioni, le guerre per Suez non si contano. Anzi ne scandiscono la vita fin da quando Napoleone Bonaparte, durante la campagna d’Egitto, intuisce che l’apertura di una via per evitare il periplo dell’Africa avrebbe permesso alla Francia di sfidare l’Inghilterra nel controllo delle rotte verso l’India.
Lo racconta con acribia Marco Valle nel libro Suez. Il Canale, l’Egitto e l’Italia finalista al Premio Acqui Storia. A muovere i primi passi è Klemens von Metternich. Lungi dall’essere un retrogrado reazionario, propone la fondazione, nel 1846 a Parigi, della “Société d’études du Canal de Suez” per progettare il varco tra Porto Said e Suez. Avrebbe potuto essere l’occasione per il sofferente Impero asburgico di uscire dalla crisi che lo ghermiva da tempo. Proprio per questo nascerà un Adriatico conteso, come recita il titolo del recente lavoro di Giulio Mellinato (Franco Angeli), con al centro il porto di Trieste per cui, tra il 1882 e il 1914, Italia e Austria-Ungheria avvieranno una competizione economica che «il 24 maggio del 1915 l’Italia - scrive Mellinato - deciderà di fare diventare militare».
Roma e Vienna provano però a entrare in una partita da medie potenze con poche chance davanti alle grandi. La grossa partita è tra Francia e Inghilterra ed è iniziata da tempo con Napoleone III al tempo del Secondo Impero. È l’esordio del Great Game per il controllo delle rotte del Mare Nostrum destinato a culminare, dopo l’inaugurazione del 1869, nel condominio franco-inglese (ma più inglese) della “Compagnia del Canale” e nell’estromissione di egiziani e austriaci dalla gestione dell’idrovia.
Eppure il Regno d’Italia, per quanto nato da appena sette anni, non è rimasto sempre alla finestra. Già Camillo Benso conte di Cavour, promotore dell’ammodernamento infrastrutturale del Piemonte, non aveva disdegnato di appoggiare l’apertura dell’istmo tanto da inviare a Parigi, nel 1855, Pietro Paleocapa in qualità di presidente della commissione scientifica preposta allo scavo. A volere l’ex suddito asburgico e poi ministro dei governi Cavour a capo della commissione era stato lo stesso Ferdinand de Lesseps, figura ambigua e seguace di molte bandiere, passato però alla storia come l’ideatore del progetto. Al fianco di Paleocapa lavora Luigi Negrelli, uno degli artefici del potenziamento infrastrutturale delle terra d’Asburgo e vero progettista del tracciato del canale.
Cavour intuisce l’importanza del canale per consentire al Regno di Sardegna e poi all’Italia di giocare sulla scacchiera internazionale. Per decenni però i governi del nuovo regno tentennano. Anzi faticano a rimodernare una flotta navale prevalentemente a vela quando il vapore la fa già da padrone sul Mediterraneo e sull’Adriatico.
Per portare Suez al centro della politica estera italiana passeranno anni. Se con il fascismo il sogno del Mare Nostrum si infranse sotto le ma- cerie della guerra, l’attenzione a Suez riemerse dopo il 1945. «Per quanto dolorosa - scrive Valle - la perdita dei possedimenti d’oltremare si rivela provvidenziale per un’Italia decisa a ritrovare, come annunciato da Alcide De Gasperi, “una funzione da protagonista” in seno al mondo arabo e nel Mediterraneo». Tocca poi al presidente Giovanni Gronchi e all’ala dossettiana della Dc, rappresentata in particolare da Amintore Fanfani e da Giorgio La Pira, e soprattutto Enrico Mattei, far volgere lo sguardo dell’Italia repubblicana verso Levante soprattutto negli anni della nazionalizzazione del canale del 1956 per opera del colonnello Gamal Abdel Nasser.
Oggi Suez è ancora lì. Vi transitano più del 10% dei traffici mondiali anche se lo scioglimento della banchisa artica apre nuove vie verso Oriente: a nord est lungo la costa siberiana e a nord ovest attraverso gli arcipelaghi canadesi. Fa forse capolino l’inizio di una nuova marginalità del Mediterraneo e di Suez a mezzo secolo dalle esplorazioni atlantiche? È dunque storicamente accertato che economia, energia, alimentazione, sicurezza, grandi snodi della globalizzazione, passino per le rotte marittime: un tema che riguarda direttamente la vita dell’Italia, dell’Europa e degli altri continenti.
Per approfondire l’argomento è da poco disponibile, seppure focalizzato sul futuro navale dello Stivale, il volume Geopolitica del mare (Mursia). Gli autori Matteo Bressan, Germano Dottori, Pier Paolo Ramoino, Ferdinando Sanfelice di Monteforte, Daniele Scalea e altri esperti di geopolitica, trasporti, strategia, propongono «una serie di analisi sui persistenti mutamenti dello scenario geopolitico mondiale » per cogliere in maniera disincantata e realista la posta in gioco delle relazioni marittime delle diverse potenze e in particolare del-l’Italia «che deve al mare e alle attività a esso legate gran parte della sua prosperità e del suo benessere».
Marco Valle
SUEZ. IL CANALE, L’EGITTO E L’ITALIA
Historica Edizioni. Pagine 334. Euro 22,00
Giulio Mellinato
ADRIATICO CONTESO
Franco Angeli. Pagine 284. Euro 35,00
Aa.Vv.
GEOPOLITICA DEL MARE
Mursia. Pagine 210. Euro 25,00
Un canale al centro del mondo, storia e leggenda di Suez
L’esposizione all’Institut du Monde Arabe di Parigi fino al 5 agosto. Storia, economia e cultura sono passati per l’opera che ha unito tre continenti
di Anna Maria Merlo (il manifesto, 13.04.2018)
È un’opera umana che, 150 anni fa, ha realizzato un sogno che durava da quattromila anni e che ha permesso di unire tre continenti, Asia, Africa e Europa. Un punto nevralgico del commercio mondiale, che collega nord e sud, est e ovest. E che ha il suo rovescio della medaglia: «lei ha indicato il luogo delle grandi battaglie del futuro», disse lo storico Ernest Renan ricevendo Ferdinand de Lesseps, il creatore del canale di Suez, all’Accadémie française il 23 aprile 1885.
A L’epopea del canale di Suez - dai faraoni al XXI secolo, l’Institut du Monde Arabe dedica una mostra (fino al 5 agosto, poi sarà a Marsiglia e nel 2019 al Cairo, al nuovo Museo delle civiltà), che si apre con il ricordo dell’inaugurazione dell’opera, una grande festa internazionale durata più giorni nel novembre del 1869, duemila invitati, teste coronate, con ospite d’onore l’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III. L’Aida commissionata a Verdi non è ancora pronta e l’Opera del Cairo inaugura con il Rigoletto il 1° novembre 1869.
Nel 2015, il canale di Suez è stato raddoppiato su 72 km. Da qui passano ventimila navi l’anno, che trasportano un miliardo di tonnellate di merci, il 14% del trasporto mondiale, l’8% del commercio internazionale. Le innovazioni tecniche, la filosofia (i Sansimoniani), la geopolitica, le guerre, la nazionalizzazione e la guerra coloniale del ’56, la chiusura dopo la guerra dei Sei giorni fino al ’75, due anni dopo la guerra del Kippur e la fine della presenza delle forze dell’Onu: la storia del canale di Suez è un concentrato di quella dell’ultimo secolo e mezzo.
L’IDEA DI COLLEGARE il Mediterraneo e il Mar Rosso è antichiss ma. Il faraone Sesostris III (1878-1762 aC) aveva fatto scavare un passaggio che collegava il Mar Rosso al delta del Nilo, una stele attesta che l’opera venne conclusa più di mille anni dopo da Dario, imperatore persiano. Poi il canale si insabbiava più volte, venne riaperto, distrutto, ricostruito. Fino alla chiusura definitiva per ragioni politiche nel 755 - il califfo Al-Mansur voleva soffocare economicamente Medina. Sono i veneziani a ripensare il progetto nel XVI secolo, per contrattaccare la concorrenza dei portoghesi nel commercio con l’oriente, dopo la nuova rotta aperta nel 1498 da Vasco de Gama attraverso il capo di Buona Speranza.
IL PROGETTO di Venezia non va in porto. Dopo la sconfitta ottomana a Lepanto, la Francia sembra essere interessata. A Richelieu viene sottoposto un piano. La storia accelera con Napoleone, che nel 1798 sbarca in Egitto. Napoleone gioca tutte le carte, cerca anche di convincere lo zar Paolo I, ma la Gran Bretagna reagisce: gli inglesi sbarcano a Alessandria e Suez (e poco dopo lo zar è sgozzato a San Pietroburgo).
IL «LETTO NUZIALE» destinato a «conciliare» oriente e occidente, caro ai Sansimoniani, prende corpo nel 1854. Il viceré Said Pacha ne decide la realizzazione e la affida al diplomatico e uomo d’affari francese di fede sansimoniana, Ferdinand de Lesseps, contro la Gran Bretagna e l’Impero ottomano. Inizia la grande saga finanziaria della Compagnie universelle du Canal maritime de Suez di Lesseps: 21mila azionisti francesi, il 44% del capitale all’Egitto. Dieci anni di lavori, dal 1859 al 1869, migliaia di egiziani obbligati ai lavori forzati, molte morti che solleveranno l’indignazione internazionale. Dal 1864, il cantiere è così forzato a modernizzarsi, con macchine a vapore, draghe, enormi innovazioni tecniche che rivoluzionano per sempre i lavori pubblici.
LO SCULTORE Auguste Bartholdi nel 1867 propone un faro, con una gigantesca figura di egiziana che tiene in mano una torcia, l’idea non viene accettata e Bartholdi la riciclerà per il centenario dell’indipendenza degli Stati uniti: è la Statua della Libertà, regalo della Francia agli Usa, che ancora oggi è al largo di New York.
Per l’Egitto è un disastro finanziario: gli inglesi ne approfittano, nel 1875 sono già i primi azionisti della Compagnia, obbligano Ismail a vendere (cento milioni di franchi, che in trent’anni saranno rivalutati a ottocento milioni) e nel 1882 Londra prende il controllo del canale. Nel 1888, la convezione di Costantinopoli, ne stabilisce però la neutralità: «libero e aperto, in tempo di guerra come in tempo di pace».
LE GUERRE, PERÒ, interferiscono: dal 1940 al ’45, il canale è chiuso per i non alleati della Gran Bretagna. La tutela britannica finisce nel ’56, quando Nasser lo nazionalizza. La risposta di Gran Bretagna, Francia e Israele è un fiasco diplomatico e militare (ma non finanziario per Londra, che fa rimborsare la Compagnia dall’Egitto per l’interruzione anticipata della concessione, che avrebbe dovuto durare fino al ’68). Il canale verrà chiuso per 8 anni dopo la guerra del Sei giorni (’67) e quella del Kippur (’73). Oggi, rappresenta il 20% del budget dello stato egiziano.
Tredici minuti di applausi, grande successo per l’opera diretta da Chailly .
Ovazione per l’«Aida» kolossal di Zeffirelli
Parata di politici e star, nel palco reale Prodi, Rutelli e la Merkel. Il premier: «È la perfezione». Il regista: «Dobbiamo essere fieri»
MILANO - «Aida» ha toccato il cuore di Milano: tredici minuti di applausi hanno salutato l’opera di Giuseppe Verdi nella versione di Franco Zeffirelli e diretta da Riccardo Chailly. Una vera ovazione, che ha accompagnato le diverse uscite del regista sul palcoscenico. «Dobbiamo essere molto fieri - ha detto Zeffirelli -. Questa serata porta l’opera in primo piano, cerchiamo di fare della Scala la capitale mondiale dell’opera». Entusiasta anche il premier Romano Prodi, che ha seguito lo spettacolo dal palco reale insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel: «Se si dovesse cercare la perfezione, questa Aida è la perfezione». Accanto a loro, il vicepremier Francesco Rutelli, il ministro della Cultura francese Renaud Domedieu de Vabres, il sindaco di Milano Letizia Moratti, il governatore Formigoni e il presidente della Provincia Penati.
L’INNO DI MAMELI - La serata si è aperta con l’esecuzione dell’Inno di Mameli, un momento emozionante che ha fatto alzare in piedi il pubblico del prestigioso teatro. Quindi si sono spente le luci. Da giorni la città si preparava all’evento dell’anno. Nuove luci, più soffuse, nella piazza antistante il teatro, tappeto rosso davanti a Palazzo Reale per accogliere i 750 invitati alla cena di gala del dopo spettacolo (tutta rigorosamente in tema egizio con papiri, statue dorate e una tettoia con bracieri accesi all’ingresso dello scalone). Al Teatro dal Verme e agli Arcimboldi è stata organizzata la visione su maxischermo, allestito anche in Galleria Vittorio Emanuele, al Teatro Ponchielli di Cremona e al Pedretti di Sondrio. Impresa impossibile comprare un biglietto «last minute»: già da tempo era tutto esaurito e per i 140 posti in loggione la fila, durata giorni, si è conclusa solo due ore prima l’inizio dello spettacolo. [...]
Corriere della Sera, 07.12.2006
Tanti i megaschermi per chi non assiste all’opera in teatro
L’«Aida» apre la Scala, con Prodi e la Merkel
Parata di politici e star per la «prima», ci sono anche Fanny Ardant e Valeria Marini. Poi cena di gala a tema «egizio» per 750 invitati *
MILANO - L’«Aida» tocca il cuore di Milano: alle 18 si è alzato il sipario sull’opera di Giuseppe Verdi che inaugura la stagione scaligera. La serata si è aperta con l’esecuzione dell’Inno di Mameli, il pubblico si è alzato in piedi. Quindi si sono spente le luci. Da giorni la città era in attesa per l’evento dell’anno. Nuove luci, più soffuse, nella piazza antistante il teatro, tappeto rosso davanti a Palazzo Reale per accogliere i 750 invitati alla cena di gala del dopo spettacolo (tutta rigorosamente in tema egizio con papiri, statue dorate e una tettoia con bracieri accesi all’ingresso dello scalone). Al Teatro dal Verme e agli Arcimboldi è organizzata la visione su megaschermo, allestito anche in Galleria Vittorio Emanuele, al Teatro Ponchielli di Cremona e al Pedretti di Sondrio. Impresa impossibile comprare un biglietto «last minute»: è tutto esaurito in ogni sede e per i 140 posti in loggione la fila, durata giorni, si è conclusa alle 16 di oggi. Per chi stasera non può vedere il grandioso allestimento di Franco Zeffirelli, che per la Scala cura la sua quinta «Aida», e ascoltare Roberto Alagna e Violeta Urmana che si struggono d’amore sotto la direzione del maestro Riccardo Chailly, c’è però la possibilità di acquistare il dvd che la Decca registrerà come ha già fatto per l’ultima inaugurazione scaligera con l’«Aida», nel 1985.
PRODI E LA MERKEL - Romano Prodi, accopagnato dalla moglie, è stato accolto all’ingresso del teatro dal sovrintendente alla Scala Stephan Lissner. Il premier, dopo l’incontro in prefettura, ha ritrovato il cancelliere tedesco Angela Merkel nel palco reale. In abito scuro e stola verde, la Merkel è stata accolta al suo ingresso in teatro dal sindaco Moratti (che si è detta «emozionata come una cittadina milanese che vive questo momento»), e insieme si sono avviate verso il palco reale, dove siedono anche il vicepremier Francesco Rutelli, il ministro della Cultura francese Renaud Domedieu de Vabres, il governatore Roberto Formigoni e il presidente della Provincia Filippo Penati. Mai come quest’anno è alto il numero di politici e diplomatici che assistono alla «prima»: il guardasigilli Clemente Mastella, il presidente della Repubblica ellenica Karolos Papoulias, il primo ministro croato Ivo Sanader e il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai. Ma non sono restati delusi gli amanti della moda e del cinema: nella lista degli invitati compaiono Rupert Everett, Donatella Versace, Fanny Ardant e Valeria Marini. Presente anche Daniel Barenboim, in attesa di dirigere l’inaugurazione del 2007, quando Milano si emozionerà alle note di «Tristano e Isotta». Inaspettato, si è presentato anche il figlio di Gheddafi, Saif al Islam, che in giornata ha incontrato il responsabile dell’ Eni Paolo Scaroni. «Non conosco l’opera - ha ammesso Gheddafi junior - ed è la prima volta che vengo alla Scala». Tra gli ultimi ad arrivare l’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, la Marini, il calciatore Marco Materazzi e Gianni Letta.
«TRIBUTO A ZEFFIRELLI» - «È una grande serata per Zeffirelli, un tributo a questo grande maestro, insieme a Verdi, dentro questo gioiello di cultura e di stile italiano che è la Scala» ha detto Rutelli entrando nel teatro del Piermarini. «Sono qui con entusiasmo, sono venuto anche alle prove» ha aggiunto il ministro sottolineando che «la Scala ha uno dei migliori bilanci che credo che Lissner migliorerà ulteriormente».
PROTESTE - Ogni «prima» che si rispetti deve avere la sua protesta in piazza. E anche quest’anno il «rito» si consuma, al grido di «Oggi alla Scala si celebrano i poteri forti e i ricchi». Il presidio della Cub e dei lavoratori auto-organizzati della Scala si è piazzato davanti al teatro sin dal pomeriggio e lancia slogan contro la precarietà dei lavoratori, per l’abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu. Un grande striscione, proprio sotto Palazzo Marino, recita «Ridistribuire davvero i redditi ai lavori precari e pensionati. Basta guerre e spese militari. No alla finanziaria di Confindustria, governo e Cgil-Cisl-Uil». Sono circa 200 gli aderenti al sindacato di base che sulle note di musiche di Fabrizio De André distribuiscono volantini: quello dei lavoratori auto-organizzati del teatro denuncia lo sfruttamento dell’arte e fa riferimento ai 400 lavoratori precari impiegati alla Scala. Durante la distribuzione dei biglietti per il loggione anche il sindacato Snaal ha distribuito un volantino contro «gli sprechi» per questa prima della Scala, accusando in particolare Zeffirelli e Lissner: «La scenografia di questa Aida, con i suoi enormi sprechi, mette in pericolo il finanziamento della prossima stagione teatrale» ha detto il segretario dello Snaal, Giuseppe Zecchillo.
Corriere della Sera, 07 dicembre 2006
Giovedì alle 18 si alza il sipario su un successo annunciato
L’«Aida delle Aide», kolossal e mondanità
Il capolavoro verdiano con la regia di Zeffirelli e diretto da Chailly apre la stagione scaligera. Attesi Prodi, la Merkel, la Ardant e Everett *
È un successo annunciato, ma per avere la certezza che la quinta «Aida» firmata da Franco Zeffirelli alla Scala sarà un trionfo bisognerà aspettare giovedì alle 18, quando il sipario del teatro milanese si alzerà per la 366ma volta sul capolavoro di Giuseppe Verdi. Ma si può già parlare di un’«Aida» da record (non a caso il regista l’ha chiamata l’«Aida delle Aide»): nessuna opera è stata tanto rappresentata a Milano, nessuna opera ha inaugurato tante volte (otto) la stagione lirica, e nessuna opera ha avuto scene così sfarzose, tanto che sono stati usati 2 quintali di polvere d’oro. Senza contare le 310 persone in scena al momento del trionfo, inclusi quattro personaggi alati e otto suonatori di tromba calati dall’alto mentre in scena l’etoile Roberto Bolle e Myrna Kamara (ma prima sul palco ci sarà anche Luciana Savignano) danzano un ballo sensuale e tribale. Sarà una rappresentazione fatta «con orgoglio italiano», nelle intenzioni del regista, che ricalca la grande tradizione del melodramma alla faccia delle modernizzazioni.
Saranno abbinati, in un kolossal «hollywoodiano», la dimensione eroica di Radames (il tenore Roberto Alagna) che torna vincitore dalla battaglia contro il padre di Aida, Amonasro (il baritono Carlo Guelfi) e la dimensione intima del triangolo amoroso fra il condottiero, la figlia del faraone Amneris (il mezzosoprano ungherese Ildiko Komlosi), invano innamorata di lui, e la schiava Aida, figlia del suo nemico (la lituana Violeta Urmana), che è anche il suo grande amore. Un amore che li porterà alla fine a morire insieme, sepolti vivi. Unica variazione nel cast, rispetto a quanto è stato annunciato, è il basso Giorgio Giuseppini che sostituisce Orlin Anastassov nel ruolo di Ramfis. Il resto è tutto confermato, come pure la direzione affidata a Riccardo Chailly, per la prima volta chiamato a inaugurare la stagione scaligera. Dopo il debutto al Cairo nel 1871, Aida - ha spiegato il maestro - «è nata a Milano, con la rappresentazione del 1872. E oggi manca da 21 anni».
Non mancherà la mondanità, con attori come Fanny Ardant e Rupert Everett, scrittori come Erica Jong, capi di Stato (il presidente della repubblica ellenica Karolos Papoulias), ministri di Francia, Egitto, Arabia Saudita, Congo, Nigeria, il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai. E i premier: la tedesca Angela Merkel, il croato Ivo Sanader, senza contare i ministri italiani (fra cui Francesco Rutelli e Clemente Mastella) e il presidente del Consiglio, Romano Prodi. Questi siederà nel palco centrale insieme con il presidente della Provincia Penati, il governatore Formigoni e il sindaco Moratti, che è presidente della Fondazione Scala.
* Corriere dela Sera/Vivimilano, 06.12.2006
Cena di gala per 750 invitati
In fila dai bagarini, un biglietto 5 mila euro
Due siti sequestrati dalle Fiamme Gialle. Task force di agenti alla prima di Aida. I premier Prodi e Merkel tra gli ospiti *
Scala blindata domani per l’apertura della stagione con l’«Aida» di Zeffirelli e Chailly, che andrà in scena al teatro del Piermarini dalle 18 alle 21.45. Ma già dalla mattinata la Scala sarà vigilata da forze dell’ordine e vigili urbani, che raggiungeranno un totale di circa trecento uomini. Altrettanti saranno in zona Sant’Ambrogio per la tradizionale festa degli Oh bej Oh bej. La caccia all’ultimo biglietto può costare, confida sotto i portici lo storico bagarino scaligero, sino a 5mila euro per un posto in platea (prezzo iniziale 2000). Il bagarino russo ha dei posti in prima galleria (costo iniziale 100 euro) che cede a 300-400 euro. Ma per i bagarini non è un buon momento. La Scala fa loro guerra e ieri ha ottenuto anche l’oscuramento di due siti Internet dedicati al bagarinaggio. Il sequestro è il risultato di un’azione avviata dalla Sovrintendenza del teatro che, avuta notizia dell’esistenza di due siti che disponevano di biglietti senza essere in alcun modo canali ufficiali di vendita, ha sporto denuncia. La Guardia di Finanza ha mosso i suoi passi e il magistrato ha emesso il provvedimento.
Grossi passi avanti, invece, ha fatto ieri il rinnovamento della piazza. In poche ore i quattro lampioni di ghisa posti sulla balaustrata del teatro sono stati rimossi. L’idea di toglierli perché «posticci e deturpano la facciata» è venuta all’assessore Vittorio Sgarbi, che ha suggerito di «abbatterli come birilli». Facevano una luce inadatta, ma avevano comunque alcune decine d’anni. Al loro posto luci che illuminano in maniera più forte la facciata. Dalla piazza sono state bandite tutte le luci al neon e completamente rinnovate le fioriere intorno ai lampioni verdi di ghisa, ora decorati con fronde di pino e nastri rossi. Stessa decorazione per il balcone del sindaco di Palazzo Marino. All’interno gli addobbi sono firmati da Anna Paghera: un regale ventaglio di piume e oro è il leitmotiv della decorazione. Liste ormai chiuse durante la notte anche per i loggionisti per assicurarsi i 140 posti last-minute. Oggi alle 8 la società «L’accordo» farà il primo appello; ne seguiranno altri nel pomeriggio e poi domani. Ieri pomeriggio si sono svolte in teatro alcune messe a punto delle luci e una prova con il secondo cast. Intorno alle 18.30 Zeffirelli ha lasciato il teatro.
Per questa magniloquente scenografia di «Aida» sono serviti 7mila metri lineari di tubi, 1.200 chili di colla, 5 quintali di vetroresina, 40 metri cubi di legname. Gli ospiti d’onore del sindaco Moratti e del sovrintendente Lissner saranno i primi ministro Prodi e Merkel, il presidente della Repubblica greca Karolos Papoulias, il figlio di Gheddafi e, tra i vip dello spettacolo, Fanny Ardant, Rupert Everett e Valeria Marini. Una anteprima per gli ospiti, molti americani, cinesi e giapponesi si avrà oggi pomeriggio alle 17 e 30 quando il vicesindaco, Riccardo De Corato, accompagnerà il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai a visitare la Scala, per mostrare la nuova immagine del teatro a seguito dei lavori di ristrutturazione. Finita l’opera, intorno alle 22, 750 invitati lasceranno la Scala alla volta di Palazzo Reale, dove sarà servita la cena di gala predisposta dallo chef Sergio Mei del Four Seasons a base di crema di riso allo zafferano e vitello piemontese alla Rossini. Da una inchiesta tra i critici musicali, che premia qualità, rigore e inventiva dei teatri lirici italiani (pubblicata dal mensile «Classic Voice») la Scala risulta al primo posto, seguita dal Teatro Comunale di Firenze e dalla Fenice di Venezia.
di Pierluigi Panza
* Corriere della Sera/Vivimilano, 06.12.2006
Scala, tredici minuti di applausi. Trionfo per l’Aida di Zeffirelli
22:02 Tredici minuti di applausi
Tredici minuti di applausi per l’ Aida diretta da Riccardo Chailly, che ha aperto la stagione alla Scala. E’ stato un trionfo per il regista Franco Zeffirelli, la cui apparizione è stata salutata da ripetute ovazioni.
21:54 Un lunghissimo applauso chiude l’Aida
Si è conclusa con un lunghissimo applauso la prima rappresentazione alla Scala dell’Aida diretta dal maestro Riccardo Chailly, per la regia di Franco Zeffirelli.
21:00 Prodi: "Per lirica problema di risorse"
La serata della Scala è "perfetta" secondo il premier Romano Prodi. Ed è una perfezione che si riflette anche nel bilancio che ha permesso alla Scala di ottenere dei ricavi oltre il milione di euro. "Questo però - ha sottolineato Prodi - non toglie che l’ opera lirica viva delle difficoltà". "Il problema della lirica - ha detto - resta lo stesso, è un problema di risorse pubbliche. Il costo è sempre eccedente i biglietti".
20:42 Bolle: "Spiazzati dagli applausi"
"Siamo stati quasi spiazzati dagli applausi di un pubblico calorosissimo" ha confessato l’etoile della Scala Roberto Bolle, al termine della prima parte dell’opera che l’ha visto impegnato sul palco.
20:37 Prodi: "Senza la Lombardia non si muove nulla"
"Senza la Lombardia non si muove nulla". Lo ha detto il presidente del Consiglio Romano Prodi, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se oggi abbia ricevuto richieste da Letizia Moratti o da Roberto Formigoni, che sono seduti con lui nel palco centrale della scala alla prima di Aida. "Non mi hanno chiesto niente di niente", ha detto Prodi, aggiungendo che "qui si produce più di un quarto del Pil nazionale. Senza la Lombardia non si muove nulla".
20:34 Prodi: "Questa Aida è la perfezione"
"Se si dovesse cercare la perfezione, questa Aida è la perfezione": lo ha detto il premier Romano Prodi alla fine del primo atto della rappresentazione. "Questo - ha aggiunto - non è solo uno spettacolo di opera lirica, è l’ evento lirico dell’ anno".
20:32 Bazoli: "Trionfo della tradizione"
La prima dell’ Aida diretta da Franco Zeffirelli che apre questa stagione scaligera "è un trionfo della tradizione". A definirla in questo modo è il presidente di Banca Intesa, Giovanni Bazoli.
20:28 Moratti: "Opera tendente al grandioso"
Al primo intervallo di Aida il presidente dell’Inter e patron della Saras, Massimo Moratti, definisce l’opera "bellissima, tendente al grandioso".
20:21 De Benedetti: "Aida? Il miglior volare"
"Siamo qui a sentire questa stupenda Aida, mi sembra il miglior volare". Così l’ ingegner Carlo De Benedetti ha risposto, nel foyer della Scala a margine della prima dell’ Aida diretta da Franco Zeffirelli a chi gli chiedeva un commento sulla vicenda Alitalia e in particolare sull’ ipotesi di un suo interessamento per la compagnia aerea.
20:05 Zeffirelli: "Dobbiamo essere fieri"
"Dobbiamo essere molto fieri. Questa serata porta l’opera in primo piano, cerchiamo di fare della Scala la capitale mondiale dell’opera". E’ quanto ha detto il regista di Aida, Franco Zeffirelli, durante il primo intervallo dell’opera.
19:26 Folla a Milano davanti al maxischermo
Folla in Galleria Vittorio Emanuele a Milano davanti al maxi schermo installato dal Comune per proiettare in diretta l’Aida in scena al teatro alla Scala. Alcune migliaia di persone affollano il ’salotto’ del capoluogo lombardo per seguire la rappresentazione dell’opera verdiana.
18:46 Albertini lascia il posto al sindaco di Tel Aviv
L’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini non partecipa alla prima della Scala perchè ha preferito lasciare il posto a lui riservato a uno dei numerosissimi aspiranti spettatori. E la sua poltrona è toccata al sindaco di Tel Aviv.
18:06 Al via con l’inno di Mameli
Si è aperta con l’esecuzione dell’ Inno di Mameli, con tutto il pubblico in piedi, la serata inaugurale della stagione della Scala. Quindi si sono spente le luci per dare inizio ad Aida di Giuseppe Verdi, nella versione di Franco Zeffirelli e sotto la direzione di Riccardo Chailly.
18:00 Mastella: l’importante è non perdere mai la sedia
Clemente Mastella arriva al Teatro alla Scala per la prima dell’Aida e alla domanda se avrà posto vicino al premier Romano Prodi, se la cava con una battuta: "Non so dove capito. Può darsi pure in quarta fila. L’importante è sedersi. Non perdere mai la sedia".
17:51 E’ arrivato il vicepremier Rutelli
E’ arrivato da pochi minuti al Piermarini, per assistere alla prima dell’Aida, il vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli.
17:50 Davanti al teatro la protesta dei Cub
"Oggi alla Scala si celebrano i poteri forti e i ricchi". Il presidio della Cub e dei lavoratori auto-organizzati della Scala da questo pomeriggio lancia slogan davanti al Teatro contro la precarietà dei lavoratori per l’abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu. Un grande striscione, proprio sotto a Palazzo Marino, recita "Ridistribuire davvero i redditi ai lavori precari e pensionati. Basta guerre e spese militari. No alla finanziaria di Confindustria, governo e Cgil-Cisl-Uil".
17:50 Primi arrivi, c’è Lucio Dalla
E’ cominciata la passerella degli ingressi davanti al Teatro alla Scala. Tra le personalita’ gia’ entrate il cantante Lucio Dalla, il presidente della Consob Lamberto Cardia e il presidente della Lombardia Roberto Formigoni.
17:47 Prodi e la Merkel nel palco d’onore
Molti gli ospiti illustri attesi alla Scala a cominciare dal presidente del Consiglio Romano Prodi che sarà accompagnato dal cancelliere tedesco Angela Merkel, i due si rivedranno nel palco reale dove siederanno anche Letizia Moratti (alla prima inaugurazione nel ruolo di sindaco), il vicepremier Francesco Rutelli, il ministro della Cultura francese Renaud Domedieu de Vabres, il governatore Roberto Formigoni e il presidente della Provincia Filippo Penati. In platea anche il guardasigilli Clemente Mastella, il presidente della Repubblica ellenica Karolos Papoulias, con il primo ministro croato Ivo Sanader e anche con il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai. Tra i personaggi di moda e spettacolo sono segnalati Rupert Everett, Donatella Versace, Fanny Ardant e Valeria Marini. Ci sarà anche Daniel Barenboim. In attesa di dirigere l’inaugurazione del 2007, quando Milano aspetterà Tristano e Isotta.
17:44 Dirige Chailly, regia di Franco Zeffirelli
L’ultima inaugurazione scaligera con Aida risale al 1985. Questa sera l’allestimento è di Franco Zeffirelli, che per la Scala cura la sua quinta Aida. Protagonisti assoluti Roberto Alagna (Radames) e Violeta Urmana (Aida) che canteranno sotto la direzione del maestro Riccardo Chailly.
17:41 Biglietti esauriti anche per i loggioni
Inutile cercare i biglietti: è tutto esaurito in ogni sede e per i 140 posti in loggione la fila (civile e con pochi appelli di controllo), è iniziata da giorni e si è conclusa alle 16.
17:41 Maxischermi, anche a Cremona e Sondrio
Al Teatro dal Verme e agli Arcimboldi si sta preparando la visione sul megaschermo, che sarà allestito anche in Galleria Vittorio Emanuele, al Teatro Ponchielli di Cremona e al Pedretti di Sondrio.
17:40 750 invitati alla cena di gala
Davanti a Palazzo Reale è già stato steso il tappeto rosso che accoglierà i 750 invitati alla cena di gala del dopo teatro (tutta rigorosamente in tema egizio con papiri, imponenti statue dorate e anche una tettoia con bracieri accesi all’ingresso dello scalone).
17:39 Milano attende l’Aida, alle 18 su il sipario
Milano aspetta Aida: alle 18 il sipario si alzerà sull’opera di Giuseppe Verdi che quest’anno inaugura la stagione scaligera, ma la città è già in attesa per l’evento più importante dell’anno.
* la Repubblica, 07.12.2006
Verdi: Aida (trama) *
Aida
Commissionata a Giuseppe Verdi dal chedivè d’Egitto Ismail Pascià per celebrare l’apertura del canale di Suez, l’Aida fu rappresentata per la prima volta al Teatro d’Opera del Cairo il 24 dicembre 1871. L’opera, che si distingue per la coloritura melodica e armonica e per la sottile delineazione dei personaggi, è una delle composizioni più importanti della maturità di Verdi.
Atto primo
Sala del palazzo reale di Menfi, nell’antico Egitto. Radames apprende dal sommo sacerdote Ramfis che l’Etiopia muoverà presto guerra contro l’Egitto. Il giovane ufficiale spera di essere scelto come comandante dell’esercito: sogna infatti di tornare dalla guerra vincitore e di ottenere così la libertà per l’amata Aida, la schiava etiope al servizio della superba principessa Amneris. Amneris, anch’essa innamorata di Radames, durante un incontro cui sono presenti sia Aida sia l’amato comprende quali sono i sentimenti che l’ufficiale nutre per la sua schiava. Una processione guidata dal re giunge ad annunciare che gli etiopi stanno marciando su Tebe. Il re nomina Radames a capo dell’esercito egizio, mentre nell’aria risuonano grida che inneggiano alla futura vittoria. Rimasta sola, Aida è combattuta tra l’amore per Radames e quello per la sua terra natia: sebbene ora sia ridotta in schiavitù, Aida è infatti figlia di Amonasro, re d’Etiopia. La giovane invoca il soccorso degli dei. Nel tempio, mentre le sacerdotesse intonano gli inni di Ptah, i sacerdoti consacrano la spada di Radames con una cerimonia sacra.
Atto secondo
L’Etiopia è stata sconfitta. Amneris, circondata dai suoi schiavi, prepara l’ingresso trionfale di Radames a Tebe. Quando Aida si avvicina, la principessa congeda gli altri servitori e cerca di scoprire i veri sentimenti della schiava per Radames, dapprima fingendo che l’ufficiale sia morto, poi rivelandole che è ancora vivo. Avuta conferma dalla reazione di Aida - dapprima lo sgomento, poi il sollievo alla notizia che Radames è vivo - che anche la schiava ama Radames, Amneris parte per i festeggiamenti della vittoria. Aida rinnova le sue preghiere e i suoi voti agli dei. Presso le porte della città, la vittoria viene festeggiata con parate e danze; alla cerimonia assistono il re e la principessa Amneris. Radames viene condotto al loro cospetto e riceve la corona del vincitore. Dietro di lui seguono i prigionieri etiopi, tra i quali Amonasro, padre di Aida, che con un cenno ordina alla figlia di non rivelare la sua identità di re. Colpito dall’eloquente supplica di Amonasro in favore del suo popolo, Radames chiede quale premio per la propria vittoria che la sentenza di morte pronunciata dai sacerdoti contro i prigionieri sia cancellata e che essi vengano liberati. Il re acconsente e concede a Radames la mano di Amneris, ma decide di trattenere Amonasro prigioniero presso la reggia.
Atto terzo
Amneris viene condotta dal sacerdote supremo Ramfis al tempio di Iside per la preparazione rituale che precede le nozze. Lì vicino, in attesa di Radames, Aida è sopraffatta dalla nostalgia per la sua terra natale. All’improvviso compare Amonasro, che chiede alla figlia di farsi rivelare da Radames i piani degli egizi per invadere l’Etiopia. Aida non vuole tradire Radames; ma Amonasro le impone il sacrificio per il bene del suo paese straziato. Quando finalmente giunge Radames, Aida gli propone di fuggire insieme. Radames accetta e le rivela qual è l’unica strada sulla quale essi non rischieranno di incontrare i soldati del re. Radames ha così involontariamente svelato il segreto militare che Amonasro bramava conoscere. Questi esce dal nascondiglio dove si celava e rivela la propria identità. Ramfis e Amneris accorrono dal tempio e gridano al tradimento. Aida fugge col padre, mentre Radames si consegna prigioniero ai sacerdoti.
Atto quarto
In una sala del palazzo reale, mentre attende il processo, Radames non si lascia smuovere dalle profferte di Amneris, che è disposta a salvarlo purché il giovane rinneghi il proprio amore per Aida e accetti di unirsi in matrimonio con lei. Quando Radames viene condannato a morte e condotto via, l’orgoglio di Amneris cede il passo alla disperazione. Sconvolta, la principessa maledice i giudici. Sepolto vivo al di sotto del tempio di Vulcano, Radames viene raggiunto da Aida, che si è nascosta nella cripta per condividere la sorte dell’uomo che ama. I due innamorati innalzano il loro canto d’amore e di addio alla terra, mentre Amneris si prostra sulla lapide che chiude il sepolcro implorando la pace.
* Fonte: ENCARTA. Enciclopedia.
Lei sfogliava i suoi ricordi
le sue istantanee
i suoi tabu’
le sue madonne i suoi rosari
e mille mari e
alala’
i suoi vestiti di lino e seta
le calze a rete
Marlene e Charlot
e dopo giugno il gran conflitto
e poi l’Egitto
e un’altra eta’
marce e svastiche e federali
sotto i fanali
l’oscurita’
e poi il ritorno
in un paese diviso
piu’ nero nel viso
piu’ rosso d’amore
Aida come sei bella
Aida le sue battaglie
i compromessi
la poverta’
i salari bassi la fame bussa
il terrore russo
Cristo e Stalin
Aida la costituente
la democrazia
e chi ce l’ha
e poi trent’anni di safari
tra antilopi e giaguari
sciacalli e lapin
Aida come sei bella
come sei bella.
come sei bella.
Aida di Rino Gaetano
L’Aida di Zeffirelli apre la Stagione scaligera
di Annalisa Serpilli (Il Sole-24 Ore, 30 novembre 2006)
MILANO - Inaugura la stagione operistica al Teatro alla Scala, uno degli eventi più attesi dei melomani di tutto il mondo. Come da tradizione la prima è prevista il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio patrono della città meneghina. Quest’anno si va in scena con una nuova produzione dell’Aida di Verdi diretta, per la regia, da Franco Zeffirelli. Un’opera monumentale, alla quale si lavora da giorni nei grandi laboratori scenici dell’Ansaldo. Sul podio sale Riccardo Chailly, direttore di un fiammeggiante “Rigoletto” nella scorsa stagione.
Dopo la prima del Cairo, nel febbraio 1872 Aida debutta a Milano e in Italia con un regista “autentico”: Giuseppe Verdi. Da allora, l’opera è entrata trentasette volte nei cartelloni della Scala. E’del 22 aprile 1963, l’opera prodotta in modo magistrale grazie alla regia del maestro Zeffirelli, scene e costumi di Lila De Nobili. Dirigeva Gianandrea Gavazzeni, sul podio anche nelle riprese del ’65 e del ’66, sempre in aprile, in cui si giocavano sublimi varianti di cast stellari: Leyla Gencer, Leontyne Price e Gabriella Tucci come Aida; Bergonzi e Cecchele come Radames; Grace Bumbry e Fiorenza Cossotto come Amneris; Giangiacomo Guelfi accanto a Meliciani, Dondi e Cappuccilli come Amonasro; Antonio Zerbini sempre confermato Re. Dopo un triennio di regia di De Lullo, (‘72,’73,’74), scene e costumi di Pier Luigi Pizzi (Abbado, Verchi e ancora Abbado sul podio), l’ Aida di Zeffirelli torna in scena nel 1976, sotto la direzione del maestro Schippers. L’ultima versione vista alla Scala, nel 1985, è quella firmata da Luca Ronconi, con le scene di Mauro Pagano e i costumi di Vera Marzot.
Zeffirelli torna dunque per la quinta volta con Aida alla Scala, pronto a rileggere un’opera affrontata spesso in carriera, fino alla versione “da camera” creata per il minuscolo teatro di Busseto: vero palcoscenico tascabile con una scena corale senza masse, in cui l’occhio dello spettatore poteva inseguire un corteo che riusciva solo a intravedere, insieme ad Aida, immaginandone lo splendore. Nel cast di questa quinta Aida, spiccano: Violeta Urmana nel ruolo della protagonista, il Radames di Roberto Alagna, la Amneris di Irina Makarova, l’Amonasro di Carlo Guelfi; nel cast poi étoiles scaligere del calibro di Luciana Savignano e Roberto Bolle coreografate da Vladimir Vassiliev.
Ma qual è la storia di quest’opera tanto visitata?
Ismail pascià, kedivè d’Egitto, desiderava inaugurare nel modo più degno l’impresa ciclopica del taglio dell’istmo di Suez. Al Cairo aveva appena costruito un teatro d’opera, aperto nel 1869 con Rigoletto; ora desiderava farvi rappresentare un’opera su un soggetto “nazionale”, una storia ambientata nell’antico Egitto da affidare alle cure di uno fra i massimi compositori europei dell’epoca. Il kedivè incaricò perciò Auguste Mariette, l’egittologo al suo servizio responsabile degli scavi archeologici nell’intero Egitto, di contattare Verdi per sondarne la disponibilità a collaborare al progetto. Mariette manda uno schema di libretto a Camille Du Locle, librettista e direttore dell’Opéra-Comique a Parigi, e questi lo sottopose a Verdi, che trova la storia interessante e ricca di situazioni teatrali.
Chi fosse l’autore di questo intreccio, che denota l’esperienza di un uomo di teatro, non s’è mai saputo con esattezza (Du Locle sostenne che era opera del viceré e di Mariette); fatto sta che Verdi accetta di utilizzarlo per scrivere un’opera nuova, che sarebbe andata in scena al Cairo nella stagione invernale successiva Verdi si mette rapidamente al lavoro; ma a partitura praticamente ultimata interviene a complicare le cose, inaspettata, la guerra franco-prussiana.
Le scene e i costumi, preparati a Parigi, non potevano uscire da una città isolata e sotto assedio; fu così che le scadenze per l’allestimento al Cairo, previsto per il gennaio 1871, non poterono essere rispettate. Verdi ne approfitta per rivedere e perfezionare il libretto e la partitura, oltre che per programmare con cura un allestimento dell’opera alla Scala di Milano, che avrebbe seguito la rappresentazione egiziana. La “prima” ha luogo, finalmente, al Teatro dell’Opera del Cairo il 24 dicembre 1871, con Giovanni Bottesini alla direzione d’orchestra, in una cornice fastosa e mondana, alla presenza di ambasciatori e teste coronate. Poco dopo, l’8 febbraio 1872, Franco Faccio dirige con altrettanto successo la “prima” italiana dell’opera al Teatro alla Scala. Da quell’epoca, il successo internazionale toccato ad Aida è sempre vivo.
Fino al 12 gennaio
Gli eccessi di Aida
Questa è l’Aida non del direttore Chailly o del cantante Tizio o Caio (non voglio dire di Verdi) ma di Franco Zeffirelli *
(...) Mentre Aida e Radames muoiono, al piano superiore Amneris è sola, disperatamente sola, perché il suo destino è di rimanere prigioniera della sua solitudine invocando «Pace». Nel IV atto della Scala c’è tanta gente e tutta così affaccendata, con una ballerina che evoluisce, bruciatori d’incenso, che è addirittura difficile riconoscere Amneris. (...)
Un avvertimento ovvio ma utile dal momento che nell’attuale epoca ciò ch’è accaduto 24 ore fa è accaduto in un’altra era. Le presenti righe non sono l’articolo di recensione sull’Aida alla Scala: sono anticipazione d’un giudizio motivato che non può esser pubblicato oggi per questione di tempi tecnici, il divario tra la fine dello spettacolo e la cosiddetta chiusura delle pagine essendo troppo stretto. Ciò si leggerà domani.
Principiamo col rilevare un’impressione sgradevole: con una profluvie di articoli prodromici, interviste, servizi fotografici, etc., tutti i giornali, nessuno escluso, hanno creato attorno a tale Aida non un legittimo interesse, un vero e proprio clima intimidatorio, come se il suo esito trionfale fosse già avvenuto e pertanto negarne la causa, esser cioè questa, com’è già stato scritto, «l’Aida dei miracoli» (!), equivalga a dire che Cristo non è Cristo. Eppure: questa è l’Aida non del direttore Chailly o del cantante Tizio o Caio (non voglio dire di Verdi) ma di Franco Zeffirelli, scenografo qui assai prima che regista, tanto ossessivamente il tutto è incentrato intorno all’elemento spettacolare. Il che è già un errore in punto di principio. Per quanta simpatia si debba provare per un gran veterano come Zeffirelli, occorre ammettere che il suo spettacolo è così sovraccarico, così colorato (certe colonne laminate di oro zecchino!), così affollato, da sfiorare certe volte il comico, da toccare quasi sempre il cattivo gusto, da giungere addirittura a stravolgere il finale dell’Opera. Mentre Aida e Radames muoiono, al piano superiore Amneris è sola, disperatamente sola, perché il suo destino è di rimanere prigioniera della sua solitudine invocando «Pace». Nel IV atto della Scala c’è tanta gente e tutta così affaccendata, con una ballerina che evoluisce, bruciatori d’incenso, che è addirittura difficile riconoscere Amneris.
Quattro Horus (il dio sparviero) vengono a chiudere, calando dall’alto, questa specie di esequia celebrata a cadavere vivo. Oltre che di Zeffirelli, questa è, però con piena legittimità, l’Aida del maestro Casoni e del Coro della Scala, tanto virtuosismo nelle varie sfumature di piano esso raggiunge, specie all’inizio del II atto. Le coreografie sono ridicole, specie quelle infantili. Nella compagnia, sotto la corretta guida del direttore Riccardo Chailly, campeggia l’appassionata Amneris di Ildiko Komlosi, che a noi pare soprano drammatico e non mezzosoprano.
Aida è la cara Violeta Urmana, interprete di sensibile lirismo alla quale, ora che canta da soprano, chiederemmo maggior cura della fonazione articolata affinché la sua dizione sia più chiara. Degli altri, davvero degno di menzione è Antonello Ceron, ch’ esplica con voce e chiarezza la piccola ma importante parte del messaggero, di solito retaggio di pensionati o pensionandi.
Paolo Isotta
* Corriere della Sera, 08 dicembre 2006
Sant’Ambrogio fa il miracolo. Tra le note tutti in pace: Prodi, la Moratti, ministri e petrolieri *
Finisce male per Aida e Radames, ma anche la morte si può sopportare con gioia, se poi, quando si rialza il sipario, tanto fragore di applausi riaccoglie nel mondo dei vivi i due sfortunati amanti, la schiava etiope e il guerriero egizio. Il teatro è in festa, di fronte a tanto balenar di ori e scintillar di voci, all’ascolto di una musica tanto bella, fascinosa e suggestiva, così italiana nel senso di popolare, che ti fa dimenticare il riconteggio delle schede bianche e nulle e sembrare persino il voto di fiducia sulla finanziaria una marcia trionfale con i balletti in coda e i battimani a scena aperta. Tutto a causa di Giuseppe Verdi, il primo colpevole di questo Sant’Ambrogio in gloria, per Milano e per l’Italia, per Romano Prodi che si gode il successo e il riposo nel palco reale accanto alla signora Angela Merkel, sorridente, radiosa collega tedesca, accanto naturalmente a Letizia Moratti, il sindaco che tesse la tela della candidatura milanese all’esposizione internazionale del 2015, per gli altri ministri in campo, Rutelli, Barbara Pollastrini, Clemente Mastella che lontano dall’Udeur pare ritrovare la gioia di un bambino nel giorno della sagra del paese e che regala la battuta migliore a ingresso in sala: «L’importante è non perdere la sedia». La scena ovviamente è complessa. Bisognerebbe cominciare dall’albero di Natale in piazza del Duomo, continuare traversando la Galleria, zeppa da shopping euforico (solo virtuale?), incocciando in un altro albero di Natale, questo offerto da Swaroski, finalmente giungere alla vista del Teatro alla Scala, vista in parte occultata da una fitta folla in attesa, da una fitta schiera di carabinieri, da otto cavalli bianchi, dal monumento a Leonardo, e dal drappello sparuto degli irriducibili, dei comitati unitari di base, che alzano i cartelli che sono «no alla finanziaria di Confindustria, governo, Cigl Cisl Uil», «no allo scippo del tfr» e gridano a Prodi: «Vieni in mezzo al popolo», come non avrebbero mai osato gridare a Berlusconi.
Prodi, che qualcuno tra quelli che sanno tutto, aveva annunciato all’ultimo minuto e di corsa per "evitare contestazioni», s’è presentato invece calmissimo con mezz’ora d’anticipo, tanto per salutare questo e quello e per dare il benvenuto alla signora Merkel, sopraggiunta un quarto d’ora dopo, al presidente greco, al capo del governo croato, ai ministri del petrolio, agli ormai famigerati "signori del petrolio" in conto Eni, ai nostri manager, Scaroni in prima fila per dovere d’ufficio, ai nostri finanzieri come Antoine Bernheim o Tarak Ben Ammar, al professor Monti, ai nostri banchieri, Guzzetti, Bazoli e Profumo, new entry nel consiglio d’amministrazione della Scala insieme con il presidente della provincia Penati. Insomma la «prima» della Scala s’è presentata sotto la specie dell’armonia, ben al di là dello spartito verdiano. Messi fuori gioco i destri più accesi, da Ignazio La Russa a Giulio Tremonti, la trama s’è intessuta di buone maniere e di complimenti reciprochi. Così Romano Prodi ha potuto riconoscere a cuor leggero: «Serata perfetta». Ha insistito: «Se c’è una perfezione, questa è la perfezione». Ovviamente la lirica soffre di qualche problema, ma per questo ci sono gli sponsor. Che per la Scala non si tirano mai indietro. Ovviamente, gli ha ricordato Rutelli, si dovrebbero aumentare le risorse. E Prodi non s’è negato: aumenteranno. Ma attenzione, ci ha ricordato: «Questo non è uno spettacolo di opera lirica. Questo, a Milano, è l’ evento lirico dell’ anno». Anche la Merkel lo ha capito, tanto è vero... «L’ ho invitata molto sommessamente alla prima - ha rivelato il presidente del consiglio - e lei mi ha detto subito di sì. Non c’è stata alcuna incertezza. Questo vuol dire che l’ Italia, bella di arte e spettacolo, attrae spontaneamente e immediatamente. Questo vuol dire che bisognerebbe sfruttarla di più». Ma, trovandosi a Milano, stretto tra la Moratti e Formigoni, ha dovuto dimenticare momentamente le piramidi per rinverdire la metafora della locomotiva che traina l’Italia. Infatti ha spiegato: «Senza la Lombardia non si muove nulla. Qui si produce più di un quarto del Pil nazionale». E siccome qualcuno, ricordando che Aida è un’opera nata per celebrare una "grande opera" quale il canale di Suez, gli ha chiesto quale "grande opera" andrà a celebrare il centrosinistra, Prodi ha risposto con sicurezza: «L’alta velocità». E siccome qualcuno gli ha obiettato: «E il Ponte sullo stretto?», Prodi saggiamente ha chiuso: «Prima dovremo fare le strade che conducono al Ponte». Prima ancora gli capitano altri problemi, ad esempio Alitalia. L’ingegner Carlo De Benedetti, supposto scalatore di Alitalia, ha schivato i cronisti: «Ascoltare Aida è il miglior modo per volare».
L’intervallo (35 minuti, tra il terzo e il quarto atto) s’usa ovviamente per parlare di tante cose. A Giovanni Bazoli è toccato persino di dire che non sa ancora nulla del patto di sindacato che gopvernerà la nuova Banca Intesa- SanPaolo. A Ben Ammar di assicurare che Generali non cadrà in mani nemiche e proprio Tarak Ben Ammar, con quel nome, libanese e socio in Mediaset di Berlusconi, s’è trovato a difendere l’italianità e l’idea di D’Alema di difesa dell’italianità. Ascoltato da Profumo, che l’italianità aveva considerato una settimana fa una sorta di cappio al collo dell’impresa. Tutto questo non c’entra nulla con Verdi, ma è per far capire che tribuna sia la Scala non solo per Zeffirelli, il regista e lo scenografo, e per Chailly, il direttore d’orchestra, che ha strappato gli applausi (a scena aperta) per la sua «marcia trionfale», ma anche per l’Inno di Mameli, che ha aperto con impeto la serata. «Mai - hanno commentato - s’era sentito così bello».
Calato il sipario, per una conclusione all’altezza dei tempi Prodi s’è ritirato negli uffici della Scala in riservatissima conversazione con i ministri del petrolio presenti (Arabia, Egitto, Nigeria, Congo, più il competente figlio di Gheddafi). Forse anche per questo, a sentire aroma di greggio, Letizia Moratti, sempre così polemica, s’è lasciata prendere dall’entusiasmo: «Credo che questa serata abbia tanti significati. È una rappresentazione che consente di avere in scena tutta la Scala che si mostra nella sua bellezza, nella straordinaria capacità dei tecnici. Ma ha anche una valenza internazionale con la presenza del presidente del Consiglio e di tanti ministri, ministri anche stranieri. Ci prepariamo anche così all’Expo 2015». E alla fine lo ha ammesso: «Questa è la prova della collaborazione fra la città di Milano e il governo». Sant’Ambrogio ha fatto il miracolo. Spalleggiato da Formigoni: «È il momento di partire».
* www.unita.it. Pubblicato il: 08.12.06. Modificato il: 08.12.06 alle ore 18.19
Già nei giorni scorsi si era parlato di problemi alla voce per il cantante.
Il tenore lascia la scena, fischi alla Scala
Roberto Alagna dà forfait subito dopo l’aria «Celeste Aida». Alla ripresa dello spettacolo entra il suo sostituto in pantaloni e camicia *
MILANO - Dopo aver terminato l’aria «Celeste Aida», fra gli applausi e qualche fischio, il tenore Roberto Alagna è uscito dal palcoscenico del Teatro alla Scala ed è stato sostituito nella seconda rappresentazione dell’opera di Verdi. Al suo posto in scena è entrato Antonello Palombi non in costume, con un paio di pantaloni e una camicia nera, fra le grida di parte del loggione «vergogna, vergogna» e «questa è la Scala». Nonostante l’inatteso «cambio in corsa» di Ramades, una delle figure principali dell’opera, la fine del primo atto è stata segnata dagli applausi Già nei giorni scorsi si era parlato di qualche problema alla voce per il tenore che, peraltro con successo, ha interpretato Radames all’apertura del 7 dicembre. La rappresentazione continua per il resto normalmente, anche se nelle pause si sentono i mormorii del pubblico perplesso per quanto è accaduto.
LISSNER: «DISPIACIUTI PER INCIDENTE» - «Desidero manifestare il nostro rincrescimento per l’incidente che si è verificato durante il primo atto»: il sovrintendente Stephane Lissner è salito sul palco poco prima dell’inizio del terzo atto, alla fine dell’intervallo, per fare questa breve dichiarazione. «La Scala ringrazia Antonello Palombi - ha aggiunto Lissner - che è generosamente entrato in scena per permettere all’opera di continuare senza interruzione». Una considerazione a cui il pubblico ha risposto con applausi scroscianti prima che il sovrintendente terminasse. «La Scala - ha concluso Lissner - vi ringrazia per la vostra comprensione». Fino a quel momento era stata palpabile la perplessità del pubblico per quanto era successo.
QUEL TENORE IN BORGHESE - Qualcuno durante l’intervallo ha anche chiesto alla maschere come mai Radames cantasse in «borghese», altri più semplicemente avevano chiesto il nome del tenore. «Ci siamo divertiti di certo più che alla prima», ha scherzato il sottosegretario alle Comunicazioni, Luigi Vimercati, che ha scelto la seconda rappresentazione per evitare la confusione dell’inaugurazione di Sant’Ambrogio. Diverso il motivo per cui Marta Marzotto, accompagnata dal figlio, ha preferito questa rappresentazione: «semplicemente per il 7 dicembre non mi sentivo molto bene». Nel loggione si cercano intanto i motivi del gesto stizzito di Alagna. «A fischiarlo è stato un gruppetto organizzato - dice Maurizio, che da 25 anni frequenta il Loggione -. Era da tre giorni che lo stavano preparando per le sue ultime dichiarazioni ai giornali». «Alagna è bravino ma non ha spinta - aggiunge Davide -. Certo a 120 euro al biglietto con una performance così di Alagna non sarei stato contento, ma non avrei fischiato». E c’è anche chi è arrivato a dire che forse sarebbe stato meglio mettere Palombi fin dall’inizio. Appena Alagna ha abbandonato il palcoscenico, Lissner ha lasciato il palco in cui si trovava con il vice presidente del consiglio di amministrazione della Scala, Bruno Ermolli, per andare dietro le quinte e ha anche parlato con Alagna. Prima di rilasciare la dichiarazione letta in sala, durante l’intervallo, il sovrintendente aveva parlato anche con il direttore d’orchestra Riccardo Chailly.
Corriere della Sera, 11 dicembre 2006
Il sovrintendente Stephane Lissner contro il tenore che ha lasciato a metà l’Aida. "Una evidente mancanza di rispetto nei confronti del pubblico e del teatro"
Fuga dal palco, guai in vista per Alagna la Scala sta valutando azioni legali
Per la prossima recita il ruolo di Radames affidato al cantante Walter Fraccaro. Anche il cantante minaccia di ricorrere agli avvocati e si prepara ad andare a Sanremo *
MILANO - Potrebbe avere strascichi giudiziari la clamorosa uscita di scena del tenore Roberto Alagna durante la seconda rappresentazione dell’Aida alla Scala. Lo ha lasciato capire il sovrintendente del teatro milanese Stephane Lissner criticando duramente il comportamento tenuto ieri dal cantante che ha abbandonando il palcoscenico perché innervosito dai fischi del pubblico.
E lo ha detto chiaramente lo stesso tenore incontrando oggi la stampa: "Il 14 Alagna ritorna vincitor", ha affermato, aggiungendo che se il Teatro alla Scala non lo fa cantare, lui lo denuncia per inadempienza contrattuale. E ai giornalisti interdetti, il tenore dice di voler fare come il suo personaggio: "A Radames i sacerdoti dicono ’discolpati’. Lui preferisce andare nella tomba. Io non ho nessuna ragione per discolparmi".
Ma neanche il sovrintendente indietreggia. Alagna, ha sostenuto Lissner, ha avuto "una evidente mancanza di rispetto nei confronti del pubblico e del teatro". Rispetto, ha aggiunto, che "deve ispirare il comportamento di tutti". Ora la Scala sta valutando eventuali provvedimenti o azioni risarcitorie nei confronti del tenore. Il nome di Alagna figura infatti in cartellone nell’Aida per tutte le prossime recite (ne sono previste ancora cinque a dicembre e quattro a gennaio), ma per la replica di domani sera è stato chiamato Walter Fraccaro, che ha già ricoperto il ruolo di Radames in altre occasioni.
Intanto Antonello Palombi, il tenore che ha sostituito Alagna in scena in fretta e furia, ha rievocato oggi l’emozione dello strana situazione che lo ha visto protagonista involontario. Il cantante ha spiegato di aver provato un misto di "emozione innegabile" e "attimi di sconcerto". "Per un attimo - ha raccontato - è passata l’idea di cantare da dietro le quinte ma sarebbe stato peggio per lo spettacolo quindi, quando il direttore di scena mi ha detto di andare, io sono andato. Non ho potuto riscaldare neanche la voce, sono andato in scena così come sono venuto da casa, con i bigodini in testa".
Ma Alagna ha una sua versione. "Prima della recita trovo un giovane nel mio camerino che faceva vocalizzi. ’Chi sei?’, gli chiedo, e lui ’sono il sostituto’. Capite? era già pronto. Poi comincio a scaldare la voce, come d’abitudine, per i corridoi del teatro. Normalmente mi salutano tutti, ma ieri sera ero come un appestato, nessuno intorno a me. Entro in scena e, prima ancora di aprire bocca, sento qualcuno che parte col ’buu’ subito zittito".
Insomma, secondo la ricostruzione del tenore, era stato organizzato un complotto contro di lui, già prima che arrivasse a Milano. "Appena arrivato, qualcuno mi ha telefonato, dicendomi che al mio ’...un esercito di prodi...’, qualcuno in sala avrebbe gridato ’ce ne basta solo uno!’. Già questo mi aveva sconvolto, perché non conosco la politica italiana, che poi mi è stata spiegata".
Alagna racconta che insieme al maestro Chailly, avevano deciso di eseguire la romanza ’Celeste Aida’, "come a me non piace", ma piace di più al pubblico della Scala, cioè con ritmo più veloce (un critico aveva parlato di ’ninna nanna’) e conclusa col si bemolle tenuto a lungo, in modo tradizionale", mentre alla prima aveva ripetuto il finale un’ottava più in basso. "Finisco, senza il minimo errore - dice - e dal loggione parte un ’bravo!’ e subito dopo ’buu’ e fischi. Nessuno li ha zittiti quei fischi. Pensavo che il pubblico mi avrebbe difeso. Invece no. Allora ho obbedito al pubblico che aveva dimostrato di non volermi".
"L’importante è aver salvato la recita, soprattutto per il pubblico", sottolinea il mezzosoprano Ildiko Komlosi, interprete di Amneris. "Quando ho visto Radames andare via - ha ricordato - mi sono detta: ora il maestro mi farà cenno di smettere e invece la musica è andata avanti e così ho continuato a cantare anche io. Poi ho visto entrare Antonello Palombi e tutto è andato bene". "Non mi era mai capitata una cosa del genere, certo non è stato facile - ha aggiunto - Ma l’importante è aver salvato la recita. Io credo di aver dato tutto quello che avevo, ma la mia pressione in un momento è schizzata a 200".
Intanto Alagna incassa la solidarietà da Pippo Baudo e si prepara ad andare a Sanremo. Il tenore rivela che canterà un canzone intitolata ’Schiavo d’amore’: "Baudo mi voleva come ospite d’onore. Io gli ho risposto che non sono tanto conosciuto per fare l’ospite, ma avrei volentieri gareggiato. E ha accettato".
* (la Repubblica, 11 dicembre 2006)
Nelle pieghe della musica con Muti
di Benedetta Saglietti *
Frequentare un’accademia per studiare un’opera lirica (Aida) guidati da un grande maestro, Riccardo Muti, al Teatro Alighieri di Ravenna: quest’anno si tiene la terza edizione. In precedenza, l’accademia ha affrontato le letture di Falstaff (2015) e Traviata (2016). Un’esperienza da specialisti, riservata a pochi eletti? Falso.
Si penserà che anzitutto sia riservata a chi conosce già bene la musica e a chi sa leggerla. Bisogna per prima cosa sfatare il pretesto (“non capisco la musica perché non so leggerla”) che comprenda la musica solo chi è in grado di leggere una partitura. Come in una qualsiasi altra lingua, davvero essenziale per muoversi agevolmente all’interno di un’opera è conoscerne l’impalcatura. Sapersi muovere dentro una struttura musicale s’impara solo e soltanto con l’ascolto attivo: con le guide all’ascolto disponibili ormai ovunque, in radio, su internet, a volte, nei teatri, nelle università e nei conservatori (e, ultimo, ma non in ordine d’importanza, Muti stesso tiene da qualche anno cicli di lezioni intitolate “prove d’orchestra”, su Berlioz, Cimarosa, Dvořák, Mozart, Paisiello, Schubert e Verdi, amatissime e seguitissime, recentemente di nuovo in onda su Rai5 e racchiuse anche in otto dvd).
Dal primo al 14 settembre nel magnifico teatro ravennate si tiene l’Italian Opera Academy, le prove a cadenza giornaliera: il 10 la generale, il 12 Muti ha diretto una selezione di brani da Aida, questa sera sarà la volta dei giovani direttori.
I fruttuosi insegnamenti che si possono trarre dall’Italian Opera Academy non sono confinati all’ambito musicale. Cinque i fortunati direttori d’orchestra selezionati: Marco Bellasi, 35 anni, Italia; Gevorg Gharabekyan, 35, Svizzera; Kaapo Johannes Ijas, 29 anni, Finlandia; Hossein Pishkar, 29 anni, Iran; Katharina Wincor, 22 anni, Austria (e quattro i maestri collaboratori: Maddalena Altieri, 26 anni, Italia; Emmanuelle Bizien, 30 anni, Francia; Wei Jiang, 28 anni, Cina; e Alice Lapasin Zorzit, 22 anni, Italia). L’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, fondata quattordici anni fa dallo stesso Muti, è lo strumento del lavoro dell’Accademia. Oltre ai "Cherubini", e i cinque allievi direttori, il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, e il cast vocale: il soprano Vittoria Yeo nel ruolo di Aida (che ha interpretato, sempre con Muti, al Festival di Salisburgo 2017), il basso Luca Dall’Amico (il Re d’Egitto), Anna Malavasi mezzosoprano (Amneris) e il tenore Diego Cavazzin (Radamès). Completano il cast il basso Cristian Saitta (Ramfis), il baritono Federico Longhi che dà voce a Amonasro, mentre il messaggero è il tenore Andrea Bianchi .
L’Aida di Giuseppe Verdi è stata spartita tra i quattro direttori: ognuno è responsabile di un atto. Avendo assistito all’accademia in fase inoltrata (siamo quasi a metà), ormai Muti ha ceduto il palcoscenico ai suoi allievi; se ne sta discosto, tra le quinte, a sorvegliare con sguardo attento i giovani direttori sul podio. Vedere un direttore d’orchestra del calibro di Muti cedere la bacchetta ai giovani non solo fa una certa impressione, ma è denso di significato come fatto simbolico. "Trasmettere ciò che ho imparato alle nuove generazioni quanto ho avuto la fortuna di imparare" è il motto dell’accademia. Quanti grandi maestri oggi, hanno il coraggio e l’umiltà di farlo?
Nella lezione del 9 settembre, ogni direttore ha avuto a sua disposizione sedici minuti di tempo per rivedere con i musicisti passi scelti della partitura, esattamente come si fa durante una prova d’orchestra. Cos’è nascosto nelle pieghe della musica, difficilissimo da spiegare a parole senza banalizzarlo, è sempre stupefacente, anche a orecchie esperte: in pochi hanno poi la possibilità di smontare un’opera soffermandosi sul singolo dettaglio (si pensi all’invocazione “Pietà, pietà” nel terzo atto, dove Aida è sola, e intona queste parole senza il supporto della musica, che fa una pausa, e letteralmente le fa il vuoto attorno, su queste parole). Ma qui, come in pochi altri posti al mondo, in platea e nei palchi, quasi tutto il pubblico segue l’accademia, in silenzio e con attenzione, partitura e matita alla mano.
Ogni partecipante si misura dunque con specificità musicali diverse, ad esempio il Preludio iniziale, da far tremare i polsi a direttori anche più esperti, o la celebre Marcia trionfale. In questa fase i cantanti non sono in scena, quindi ci è regalata la possibilità, quanto mai rara, di apprezzare in tutta la sua potente bellezza la sola musica strumentale di Verdi, senza le voci, senza il coro, e soprattutto senza la scena, che a volte distrae le orecchie. Una partitura raffinatissima, che probabilmente in Italia abbiamo un po’ maltrattato o, forse, non studiato abbastanza. (Nel nostro paese la tendenza, per incuria o per lassismo, è quella di nascondersi dietro una scusa e tradizioni esecutive assodate: "Si è sempre fatto così, quindi Verdi è così"). Se si dovesse cercare uno slogan per quest’accademia potrebbe essere questo: dimenticate gli elefanti. Perché questa Aida non è quella che vi hanno sempre fatto vedere/ascoltare: anche se credevi di conoscerla. Ogni piccolo dettaglio, di ogni singolo direttore, dice qualcosa: un attacco poco preciso, un gesto delle braccia, il semplice saper stare in piedi su un podio, il tono della voce, la capacità di saper cantare con voce ferma. Domare una compagine da parte di un maestro ricorda, a volta, la tenuta della classe di un maestro elementare (e, forse non a caso, sempre di maestri di tratta). Gli esperti di team building avrebbero da imparare, eccome, da queste lezioni.
Non è la perizia o l’imperizia musicale che colpisce per prima - pur con le loro specifiche differenze, questi direttori hanno già “un mestiere in mano”, altrimenti non avrebbero passato le selezioni - ma come reagisce l’orchestra a ognuno di loro, come se, in questo lasso di tempo, sino a ora dieci giorni, entrambe le parti si fossero studiate reciprocamente e avessero instaurato una relazione specifica, diversa con ciascuno di loro. Una sorta di chimica interpersonale, più che musicale.
Oltre all’entrare tra le pieghe più riposte della musica, grazie a questo grande puzzle che è prima analizzato per singolo pezzo, e poi ricomposto, si capisce che tutto il corpo fa la musica: il gomito, le dita, l’espressione del viso. Le fasi delle prove sono varie: dapprima si discute in dettaglio, poi per sezioni più grandi, con i cantanti o senza, sino a che si smette di parlare e si suona tutto di fila, o quasi.
La personalità musicale è fatta di gesti, sembra lampante, se non fosse che mai come in situazioni del genere dove si avvicendano molteplici personalità sul podio, spiccano i tratti individuali. Questi gesti creano la musica e, di conseguenza, il corpo del direttore e il suo carisma è fondamentale, soprattutto in quella fase in cui non è più alla parola che si affida l’intesa fra musicisti e podio: perché il direttore d’orchestra col suo corpo impersonifica letteralmente la musica e un direttore con un corpo diverso, par creare una musica diversa. Il dominio della musica è un fatto intellettuale che si estrinseca nel corpo: se la comprensione è fatta con la testa e non si traduce nel corpo è fallace e viceversa se si afferra la musica con il corpo ma non con la mente non si traduce in musica “ricca”, gustosa.
Prima dell’antegenerale, Muti sale sul palcoscenico e tira le fila: “Attenti a non guastare mai il suono”, consiglia. “Ci tengo molto alla rotondità nel suono, anche nei fortissimo. Chi aggredisce l’orchestra dirigendo, genera di ritorno un’aggressività in chi suona. Ogni direttore che passa di qui crea un suono (che lo voglia o no) che cambia: questo è uno dei grandi misteri della musica”.
* Alfabeta2, 14 settembre 2017
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.ç
VIVA VERDI, VIVA PUCCINI: NESSUN DORMA!!! CONTRO LA POLITICA DI UNA MAGGIORANZA CHE INFANGA IL NOME DELL’ITALIA, NEL NOSTRO PAESE E NEL MONDO, LA PROTESTA DEI MUSICISTI E DEGLI ARTISTI DEI TEATRI E DELLE COMPAGNIE STABILI.