DONNE, UOMINI, E POTERE. "I SOGGETTI SONO DUE, E TUTTO E’ DA RIPENSARE" (LAURA LILLI, 1993) - A TUTTI I LIVELLI DALLA BIOLOGIA ALLA TEOLOGIA.

PADRI, FIGLI, E "VINCERE": DAL DIO CRONO, AL PAPA’ DUCE, AL PAPA’ "PAPI", E AL PAPA. Il "Mussolini" di Bellocchio apre un pò gli occhi a Giulia Galeotti, ma li chiude del tutto a Lucetta Scaraffia - a cura di Federico La Sala

LA QUESTIONE "CATTOLICA" E LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico
mercoledì 27 maggio 2009.
 


Il Mussolini di Marco Bellocchio

Da Crono al padre duce

di Giulia Galeotti *

Per molti versi, Vincere di Marco Bellocchio è anche l’emblema di ciò che per secoli è stata la paternità fuori dal matrimonio. Una paternità spietata che poteva disporre a suo completo piacimento dei figli (e, quindi, di riflesso delle loro madri), in nome di un potere maschile che, come un sofisticato Crono, era l’arbitro assoluto delle loro esistenze, autentico signore della vita e della morte.

Nonostante alcune imprecisioni storiche, la bella pellicola di Bellocchio riesce bene a comunicare questo lato oscuro della paternità, che fino all’utilizzo in aula del Dna - negli anni Ottanta del xx secolo - è stata inscindibilmente legata alla volontà maschile: o un uomo si riconosceva volontariamente come padre oppure non vi era modo alcuno (salvo rarissime eccezioni) di ancorarlo alle proprie responsabilità. In questo senso la vicenda di Mussolini che Vincere racconta è assolutamente paradigmatica. Tutto il film è profondamente cupo e buio. L’unico punto di luce sono gli occhi sgranati di Ida Dalser, per la passione travolgente prima e per la follia poi (personaggio ben interpretato da Giovanna Mezzogiorno), e quelli di Benitino, ossessionato sin da piccolo dalla figura del padre sino alla folle chiusura del film (anche Filippo Timi dà un’ottima prova di sé).

Contrariamente alla prassi più in voga, il futuro Duce non si limita a concepire un figlio dalla bella amante per poi abbandonare l’uno e l’altra, ma - come emerge dai documenti d’archivio - l’11 gennaio 1916 si reca nello studio dell’avvocato Guido Gatti e, dinnanzi al notaio Vittorio Buffoni e a due testimoni (Carlo Olivini di Brescia e Irma Marcosanti di Viareggio), sottoscrive una dichiarazione con la quale riconosce, "per ogni conseguente fatto di legge", che il bimbo "chiamato attualmente Benito Dalser, nato a Milano all’Istituto della maternità l’11 novembre 1915" è suo figlio. In questo senso colpisce la scelta di Bellocchio di concentrarsi sul presunto matrimonio tra i due amanti - del quale non v’è traccia storica - piuttosto che soffermarsi su questo aspetto di cui invece ci è giunta ampia documentazione, e cioè il riconoscimento formale di Benito Albino da parte di suo padre (la pellicola lo accenna solo tardi e di sfuggita).

Siamo del resto in un’epoca in cui tale volontaria attestazione dava all’uomo un potere esclusivo anche in caso di nascita fuori dal matrimonio. Come molte donne hanno vissuto drammaticamente sulla loro pelle (Maria Montessori in testa), dinnanzi al riconoscimento maschile la donna - anche se era stata lei concretamente ad occuparsi per anni del nato - si trovava del tutto priva di poteri sulla prole. È proprio il comportamento di Mussolini verso il bambino che per molti versi legittima la spirale di follia da cui Ida, che resterà sempre follemente innamorata di lui, verrà travolta. Se il tribunale di Milano condannerà il futuro Duce a versare 200 lire mensili per il mantenimento del bimbo, ecco che - sebbene solo molto tardi e disordinatamente - Mussolini effettivamente pagherà; nel 1920, quando ormai la relazione tra i due è finita, la Dalser riesce a braccare Mussolini a Napoli, convincendolo a battezzare il figlio; poco dopo, il fratello di Mussolini e Riccardo Paicher, cognato di Ida, che momentaneamente riuscì ad assumere la tutela del nipote, troveranno un nuovo accordo economico; ancora nell’anno scolastico 1924-1925 i documenti parlano chiaro: leggiamo dell’alunno Benito Albino Mussolini "figlio di Benito Presidente del Consiglio dei Ministri e di Ida Dalser".

Bellocchio ben descrive la situazione paradossale in cui la donna si trova: se tutti sanno che la paternità che ella non smette mai di rivendicare è vera, la sua pazzia è nel non voler vedere la crudeltà del comportamento di Mussolini, imputandola a una sorta di prova d’amore a cui l’uomo la starebbe sottoponendo, onde sincerarsi dei suoi veri sentimenti.

Il film è sapientemente diviso in due parti. Nella prima il giovane Mussolini - arrogante, brutale e violento - domina la scena in prima persona, mentre nella seconda, quando ormai la sua carriera politica è decollata, lo vediamo e ascoltiamo solo attraverso i filmati dell’istituto Luce. Difficilmente Bellocchio avrebbe potuto scegliere un modo migliore per segnare il cambiamento nella vita di Ida (e di Benitino): l’ottica dalla quale la vicenda si muove è proprio quella dei loro occhi, sgranati e impotenti dinnanzi al potere di un uomo che, da lontano e passo dopo passo, li schiaccia fino a ridurli entrambi al silenzio. È il padre inutilmente rincorso, atteso e desiderato per tutta la vita.

In questi giorni nelle sale v’è un altro film italiano che parla di paternità: questa volta però è protagonista la paternità del nuovo millennio. Ci riferiamo a La casa sulle nuvole in cui v’è il padre adolescente che (inutilmente) rincorre un’età ormai superata anagraficamente, venendo prima odiato, poi perdonato e infine accudito dai figli ben più maturi di lui.

In Vincere, del resto, Bellocchio inserisce - involontariamente? - una scena che anticipa la tappa successiva della storia della paternità: mentre è detenuta in manicomio, Ida si commuove dinnanzi a Il Monello di Charlie Chaplin. È la storia nella storia: il celebre attore-regista ha svolto infatti un ruolo chiave nella vicenda della paternità occidentale. Ma questo capitolo lo lasciamo al prossimo film.

* ©L’Osservatore Romano - 28 maggio 2009


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-  DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA


Perché fa ancora scandalo il Duce seduttore?

Benito Mussolini aveva carisma. È ora di accettarlo

Le critiche di Natalia Aspesi al film di Bellocchio derivano dall’impossibilità di ammettere la capacità di seduzione del Duce. Basta con la favola degli italiani stupidi e accecati, ieri con lui e oggi con Berlusconi

di Lucetta Scaraffia (il Riformista, 21.05.2009)

In Italia, quando si parla di Mussolini, tutti si agitano ancora, e molto. Come sta avvenendo per il film di Bellocchio presentato a Cannes Vincere, che, come ormai ben si sa, riprende una storia d’amore della sua gioventù con Ida Dansen, dalla quale nacque un figlio, Benito. Il giorno dopo l’anteprima, Natalia Aspesi sgridava il regista su Repubblica, dicendo che era sbagliata la rappresentazione di Benito Mussolini, secondo lei macchiettistico. Peccato però avesse detto, appena qualche riga prima, che nei cinegiornali dell’epoca, che inframezzano la finzione cinematografica, il dittatore vero appariva macchiettistico.

Forse la Aspesi non possiede una collezione di fotografie di famiglia, in cui gli uomini di quell’epoca si mostrano con colletti duri e facce feroci in mezzo a donne e bambini, in una rappresentazione esasperata e guerriera della mascolinità che certo poco si addiceva magari a tranquilli borghesi ma che era tipica e ampiamente diffusa.

Il mio nonno, che aveva fatto il bersagliere nella prima guerra mondiale, e che era l’uomo più buono che io ricordi di avere conosciuto, nelle foto ha una faccia da cattivo che avrebbe dovuto terrorizzare noi nipoti, che invece lo adoravamo.

Anche l’idea di fascino maschile è molto cambiata: ai nostri occhi appare buffo il grande seduttore Rodolfo Valentino, per cui si sono addirittura suicidate delle donne, mentre troviamo affascinante l’eleganza spiegazzata di un Jeremy Irons e l’autoironia di Sean Connery, tanto per citare solo due seduttori di lungo corso.

Quindi è chiaro questo primo punto: macchiettistico è un comportamento, un modo di proporsi di altri tempi, che oggi ci infastidisce perché non corrisponde per nulla alla nostra concezione della vita, ma che può essere perfettamente autorizzato in un film storico, o meglio addirittura richiesto dal soggetto. Ma quello che disturba la Aspesi, mi viene il dubbio, non è questo, ma piuttosto il fatto che Mussolini viene rappresentato come affascinante sciupafemmine di sinistra invece che il dittatore rigido e imbolsito quale ormai siamo abituati a vedere. Certo, è un mascalzone, ma come ben si sa i mascalzoni sono sempre piaciuti, come ben prova il fatto - verità storica - che la povera Ida Dalsen, se pure non richiesta, vende il suo istituto di bellezza e tutti i suoi averi per fornirgli i soldi necessari a iniziare la pubblicazione del nuovo giornale nazionalista, Il Popolo d’Italia.

Mussolini, quindi, è un seduttore dei primi decennidel 900, con una vita sentimentale complicata e confusa, in cui si barcamena a fatica: l’unica cosa ben chiara è che il suo interesse principale non sono le donne - che pure gli piacciono molto - ma il suo destino futuro, la sua ambizione smisurata di figlio del popolo che vuole disperatamente arrivare in alto, il più alto possibile.

In questo senso agli sceneggiatori del film si può imputare un’assenza importante, quella di Margherita Sarfatti, in quegli stessi anni certo la donna più influente nella vita di Mussolini, non tanto per amore, ma perché estremamente utile alla sua scalata sociale. A differenza di Ida e di Rachele, Margherita era una donna colta e ricca, di alta classe sociale, moglie di un avvocato socialista che era stato parlamentare, e soprattutto molto intelligente: non solo è lei che insegna a Mussolini a vestirsi e a mangiare in modo decente, dirozzandolo dal punto di vista sociale, ma è anche una utilissima ed esperta consigliera culturale. È lei che lo mette in contatto con i futuristi - che compaiono nel film - e con vari intellettuali, che gli suggerisce di utilizzare il mito di Roma imperiale e che scrive la biografia Dux, tradotta in molte lingue, che contribuirà in modo decisivo a creare consenso e approvazione intorno al dittatore non solo in Italia. E fu Margherita a suggerirgli di sposare Rachele, e non Ida, perché pensava che una povera contadina le avrebbe dato meno ombra: si sbagliava, però, e le leggi razziali avrebbero dato il colpo definitivo ad una influenza già declinata.

Invece nel film è molto ben ricostruita la figura di Ida, certo vittima di una situazione sbagliata e di un uomo di potere senza cuore, ma anche artefice essa stessa, con la sua fissazione amorosa, della sua fine tragica.

Mussolini non fa certo bella figura, ma neppure risulta un mostro di cattiveria: è un uomo ambivalente ed egoista, e anche un po’ vigliacco con le donne, come spesso i seduttori, ma si capisce, almeno, quale fascino abbia potuto esercitare sulle donne, e in generale sugli italiani. Perché non si può continuare a dire che gli italiani che hanno favorito e accettato l’ascesa di Mussolini erano solo stupidi e accecati, esattamente come oggi si dice di chi vota Berlusconi: nella vita politica moderna il fascino carismatico occupa un posto importante, e bisogna farsene una ragione.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

MUSSOLINI, IDA DALSER, E BENITO ALBINO MUSSOLINI: UNA TRAGEDIA ITALIANA.

"I SOGGETTI SONO DUE, E TUTTO E’ DA RIPENSARE" (LAURA LILLI, 1993). A PARTIRE DALLA TESTA E DAI TESTICOLI DELLE DONNE E DEGLI UOMINI .... DONNE, UOMINI, E POTERE.

ARITMETICA E ANTROPOLOGIA. UNA DOMANDA AI MATEMATICI: COME MAI "UN UOMO PIU’ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO" (Franca Ongaro Basaglia)? Non è il caso di ripensare i fondamenti?!

-  "TEBE": IN VATICANO NON C’E’ SOLO LA "SFINGE" - C’E’ LA "PESTE"!!! Caro Benedetto XVI ... DIFENDIAMO LA FAMIGLIA!? MA QUALE FAMIGLIA - QUELLA DI GESU’ (Maria - e Giuseppe!!!) O QUELLA DI EDIPO (Laio e Giocasta)?!

-  EV-ANGELO, COSTITUZIONE... E L’UNTO DEL SIGNORE: L’ITALIA COME VOLONTA’ E RAPPRESENTAZIONE DI UN SOLO PARTITO: "FORZA ITALIA"!!!
-  L’IDEOLOGIA CATTOLICO-FASCISTA DEL MAESTRO UNICO E L’ART. 7 DELLA COSTITUZIONE, UN BUCO NERO CHE DISTRUGGE L’ITALIA E LA STESSA CHIESA CATTOLICA. Per un ri-orientamento teologico-politico.

-  LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

-  MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.

-  DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA

«Art & Savonnerie». A SAVONA, LO SCENOGRAFO CRAXIANO, FILIPPO PANSECA, CELEBRA I FASTI DELL’EGO-TRIP DI BERLUSCONI E LA MISERIA DELL’EGO-STRIP DELL’ITALICO "POPOLO DELLA LIBERTA’".


LA STORIA DI UNA PAROLA: COME PAPA’ DIVENNE PAPI. LA VOCE "ABATE" DAL "DIZIONARIO FILOSOFICO" DI VOLTAIRE:

ABATE (Abbé)

di VOLTAIRE *

«Dove andate, Signor abate?» ecc. (1). Vi rendete conto che abate significa padre? Se voi lo diverrete, renderete un servizio allo Stato; e senza dubbio compirete l’opera più alta che possa compiere un uomo: nascerà da voi un essere che pensa. C’è qualcosa di divino in quest’azione.

Ma se siete il signor abate solo per il fatto che avete la chierica e portate un collarino e una mantellina, e ve ne state lì alla posta di qualche beneficio, il nome d’abate non lo meritate.

Gli antichi monaci chiamarono così il superiore che essi eleggevano. L’abate era il loro padre spirituale. Quanti significati diversi assumono, col passare del tempo, gli stessi nomi! L’abate spirituale era un povero a capo di tanti altri poveri; ma i poveri padri spirituali giunsero poi ad avere duecento, quattrocentomila franchi di rendita; e ci sono, oggi, in Germania, dei poveri padri spirituali che posseggono un reggimento di guardie.

Un povero che ha fatto giuramento d’essere povero e che, di conseguenza, diventa sovrano! Già lo si è detto; e va ridetto mille volte: questo è intollerabile. Le leggi protestano contro questo abuso, la religione se ne indigna, e i veri poveri, nudi e affamati, assordano il cielo di lamenti davanti alla porta del signor abate.

Li sento rispondere, i signori abati d’Italia, di Germania, delle Fiandre, della Borgogna: «E perché non dovremmo accumulare anche noi ricchezze ed onori? Perché non dovremmo essere principi? I vescovi lo sono. Una volta erano poveri come noi, e poi si sono arricchiti, si sono innalzati; uno di loro è ora più in alto dei re; lasciate che li imitiamo per quel che ci è possibile.»

Avete ragione, signori; invadete la terra; essa appartiene ai forti e ai furbi che se ne impossessano. Avete approfittato dei tempi dell’ignoranza, della superstizione, della demenza per spogliarci delle nostre eredità e calpestarci; per ingrassarvi con le sostanze degli sventurati: tremate, chissà che non arrivi il giorno della ragione.

* VOLTAIRE, Dizionario filosofico

(1) Accenno a una canzoncina dell’epoca in cui un abate cammina furtivamente al buio, correndo il rischio di rompersi il collo, "pou voir les demoiselles" (Voltaire, Dizionario filosofico, Bur, Milano 1979, p. 47).


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