Cultura

Emiliano Morrone: «Sono cristiano e credo al dialogo con la Chiesa»

La proposta di un dibattito sul rapporto fra un cristianesimo inteso come rinuncia e povertà e il potere e l’autorità della Chiesa
venerdì 9 marzo 2007.
 

Dell’otto marzo u.s., riproposto in h.p. il 9 marzo, anche per meglio comprendere la lettera del prof. Giovanni Martini.

Felice che, dopo le ultime, inspiegabili e immotivate minacce del Nilop, l’amico professor Federico La Sala ha ripreso la sua attività editoriale, intendo partecipare al dibattito sulla Chiesa in queste pagine.

Parto dall’articolo di Cosmo de La Fuente sul sesso anale. Molti lettori hanno notato i cambiamenti del giornale, diventato recentemente più ironico e curioso. Ciò è dovuto anche all’ingresso di Cosmo, conosciuto via web. Chi legge abitualmente la Voce di Fiore può convenire sul fatto che qui c’è buona libertà di opinione. E non ci sono certe restrizioni tecnico-burocratiche vigenti altrove. Non si risponde a un padrone né si vuole catechizzare una fetta o una parte dell’opinione pubblica. Per quello basta la tv.

Il giornale è partito, nel lontano (?) 2004, come organo d’un gruppo culturale di San Giovanni in Fiore alternativo al potere radicato, reo, a mio avviso, d’una organizzazione e azione in loco di tipo mafioso. E non alludo tanto a un potere politico istituzionalizzato. Fortuna che gli inquirenti dello Stato sono impegnati altrove.

Poi, con l’arrivo di La Sala, che ha seguito l’intera campagna elettorale di questo gruppo, capitanato dal filosofo omosessuale Gianni Vattimo, la Voce si è allargata a questioni via via più ampie, arrivando a un numero spropositato e inatteso di visite giornaliere. Ritengo, perciò, che si tratti, ormai, d’una testata molto accreditata, anche perché i suoi contenuti sono riconducibili a un principio universale, la garanzia del pluralismo contemporaneo.

Per questo, tornando alle provocazioni fallico-anali del nostro Cosmo de La Fuente nel suo articolo in materia, mi permetto di sviluppare alcune considerazioni, dissentendo da lui e da La Sala. Io sono cristiano, benché di ciò non ne faccia un vanto distintivo e nonostante la mia irregolarità quotidiana davanti al Decalogo. Tuttavia, penso che il cristianesimo ha, rispetto alle altre religioni, che stimo profondamente, un valore unico: l’incarnazione di Dio, prima ancora della sua morte e risurrezione.

Probabilmente, pur non essendo robusto sul piano teologico, sono rimasto sempre affascinato dal Vangelo di Giovanni. Anche se, a vedere il film di Pasolini sul testo di Matteo, fedelmente trasposto, si resta paralizzati di fronte alla grandezza di Cristo e del suo messaggio concentrati proprio in quel libro.

Il Vangelo di Giovanni inizia, appunto, con l’incarnazione del Verbo. Rileggere la descrizione giovannea e meditarla significa, a mio modesto avviso, iniziare a riflettere sul significato storico di quella incarnazione e sul suo significato storico-salvifico.

Sono persuaso che c’è bisogno di riappropriarsi del messaggio cristiano, che è, intanto, sempre a mio modestissimo avviso, un invito a vivere poveramente e ad allontanarsi dal male, cioè dal sogno imperialistico e dal desiderio individualistico di compiere, da uomini, il processo contrario all’incarnazione divina.

Per un approfondimento, invito a leggere Gioacchino da Fiore, teologo della «terza Età», il tempo terreno della giustizia e della vita in Cristo e secondo Cristo.

Può essere che nessuno abbia interpretato il gioachimismo meglio di Francesco d’Assisi, che si spogliò dei propri beni e visse in funzione dell’altro.

Per questa via, la mia visione del cristianesimo è lontana dall’applicazione di alcune procedure morali che ci assolverebbero e santificherebbero - pur riconoscendo, io, l’esistenza di una sola etica cristiana, che si riassume nel comandamento «amerai il prossimo tuo come te stesso». In altri termini, non serve la delimitazione d’un perimetro entro cui confinare gli zoppi, ma, come sostiene lo stesso La Sala, occorre star zitti e sollevare chi è in terra.

Ciò che mi separa da Cosmo de La Fuente e da Federico La Sala è, però, il loro atteggiamento, specie del secondo, di sola lotta (mediatica) alla Chiesa. A dire il vero, Cosmo si limita a degli accenni, tocca tangenzialmente certi problemi e ironizza, invece, sulla sessuofobia propria di alcuni vizi attuali in Occidente. Federico, invece, è anzitutto contro il papa, di cui avversa la pastorale e la politica.

Pur avendo diverse ragioni circa la non contemporaneità, sul piano culturale, di alcune posizioni di Benedetto XVI, La Sala ha avviato uno scontro destinato, a mio modesto avviso, a non fruttare molto. Conosco bene quali sono i princìpi e i codici linguistici del nostro Professore, so qual è lo spirito che lo anima e ho sperimentato direttamente la sua alta dimensione cristiana.

Penso, però, che con la Chiesa cattolica si debba dialogare e ci si debba sforzare di farlo ad ogni livello.

L’amico Melchiorre Gerbino ha inventato il Vafusex, che è un manifesto/movimento di feroce contestazione del Vaticano. Gerbino, oltre a essere il fondatore della rivista "Mondo Beat", è noto per il suo linguaggio e le sue ideazioni contro sistemi di potere. Nonostante la creatività di Gerbino, con cui ogni tanto corrispondo stimandone l’intelligenza, penso che i suoi metodi non siano troppo efficaci a produrre delle trasformazioni metodologiche e sostanziali nell’ambito della Chiesa.

La mia idea, invece, è di incominciare a parlare con la Chiesa partendo dall’opera di Gioacchino da Fiore, di cui si occupò lo stesso Benedetto XVI in tesi, e dalla sua apertura al futuro, per cui si usa l’espressione «utopia».

Fu proprio un’utopia a ispirare la nascita del movimento politico "Vattimo per la città", lo stesso che denunciò precisi episodi di mafia a San Giovanni in Fiore, arrivando alle colonne del Corriere della Sera.

Mi auguro che questo piccolo mio scritto faccia nascere un dibattito, qui, sul cristianesimo - inteso come rinuncia all’avere e come povertà ordinaria - e il potere e l’autorità della Chiesa di Roma.

Emiliano Morrone


Rispondere all'articolo

Forum