Al di là dello specchio...

LEGGERE NELLA MENTE DEGLI ALTRI. Le cose non sono così semplici. Ammonendo il suo interlocutore Sherlock Holmes affermava: «I risultati migliori, ispettore, li avrà mettendosi sempre nei panni dell’altro, pensando a ciò che avrebbe fatto se fosse stato in lui. Occorre un po’ di fantasia, ma ne vale la pena» - a cura di pfls.

mercoledì 21 febbraio 2007.
 

simulazioni

L’illusione di leggere nella mente altrui

Sulla rivista «Current Biology» un gruppo di scienziati del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia afferma di avere scoperto il sistema per identificare le intenzioni nascoste nei pensieri dell’altro. Ma, ancora una volta, vanagloria dei ricercatori e inattendibilità dei media hanno collaborato a un bluff. Penetrare le intenzioni degli altri implica sia l’interpretazione del comportamento altrui, sia il ricorso alle emozioni

di Pietro Perconti *

Sapere cosa passa per la testa delle altre persone è una delle conoscenze più preziose che possiamo sperare di acquisire. Regoliamo una parte consistente delle nostre azioni sulla base di conoscenze che presumiamo di possedere circa le intenzioni altrui. Spesso, però, sperimentiamo come le nostre supposizioni siano mal fondate. Per esempio, facciamo qualcosa convinti che un altro individuo abbia un certo desiderio e poi ci accorgiamo che la sua vita interiore era articolata in modo differente da come avevamo presunto. Nelle Affinità elettive Goethe immagina gli effetti che avrebbe sulle relazioni sociali il potere osservare, attraverso una finestrella posta sulla fronte delle persone, i loro pensieri. La vita ordinaria sarebbe molto diversa da quella a cui siamo abituati, anche se non necessariamente migliore. Molte relazioni interpersonali, come quelle informate dalla competitività, sono possibili proprio grazie al fatto che le intenzioni altrui sono parzialmente opache. Inoltre, certe volte la mancata trasparenza delle altre menti ci protegge da pensieri di cui volentieri rimaniamo all’oscuro. Ma altre volte saremmo disposti a pagare molto per scoprire cosa anima il comportamento altrui: sembrebbe, stando alla divulgazione scientifica di une recente scoperta, che questo si renderà, tra non molto, possibile.

Come la finestrella di Goethe

Un gruppo di scienziati, capitanati da John-Dylan Haynes del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia, afferma infatti di avere scoperto un surrogato ipertecnologico della finestrella di Goethe. In un articolo pubblicato sulla rivista Current Biology, Haynes e i suoi colleghi mostrano come avrebbero scoperto il sistema per leggere le intenzioni nascoste nelle menti dei nostri simili. Ma le cose non sono così semplici come vengono annunciate. Il desiderio di popolarità dei ricercatori e l’inclinazione dei media a rendere spettacolari i loro risultati scientifici finiscono per distorcere completamente la realtà.

Lo scanner, innanzi tutto: nonostante numerosi giornali nazionali e internazionali abbiano millantato una macchina per la lettura dei pensieri, in realtà ciò che i ricercatori hanno usato è semplicemente una apparecchiatura per la risonanza magnetica funzionale.Si tratta di un dispositivo abbastanza comune nella ricerca e nella diagnostica medica dei paesi più sviluppati. I neuroscienziati l’hanno però usata congegnando un esperimento molto ambizioso. Hanno chiesto a otto persone inserite nello scanner di decidere liberamente se sottrarre o addizionare due numeri che venivano mostrati su uno schermo. Una volta assunta la decisione, i soggetti venivano invitati a concentrarsi su di essa.. Dopo un ritardo che andava da due a dieci secondi, sullo schermo di fronte ai volontari comparivano altre quattro cifre, due delle quali erano risposte corrette alla somma e all’addizione dei numeri precedenti mentre le rimanenti erano risposte scorrette. A questo punto i soggetti dovevano indicare una cifra in modo che i ricercatori potessero stabilire se avevano scelto di sommare o sottrarre i primi due numeri. La cosa sorprendente è che sembrava che lo scanner conoscesse la decisione prima che venisse esibita.

La risonanza magnetica funzionale è un dispositivo in grado di registrare i mutamenti del metabolismo del cervello e di indicare se una certa regione cerebrale è stata interessata da un incremento del flusso sanguigno. Il flusso ematico cresce in ragione del lavoro che le cellule del cervello stanno svolgendo, per cui il suo incremento indica che una certa parte del cervello è impegnata in un compito. Con questo genere di tecniche negli ultimi anni i neuroscienziati hanno prodotto una mappa abbastanza dettagliata delle regioni del cervello coinvolte nelle varie funzioni cognitive. Utilizzando le tecniche di visualizzazione cerebrale con sofisticati metodi di analisi dei dati, il gruppo di Haynes è stato in grado di stabilire, con un miglior grado di approssimazione rispetto al passato, quali aree del cervello erano attive quando i soggetti decidevano per la somma e quali aree erano attive quando invece decidevano di sottrarre. In questo modo hanno ritenuto di potere individuare la decisione prima che questa si manifestasse in un comportamento palese e di potere così leggere i pensieri dei volontari quando erano ancora nascosti nella loro testa.

Uno scenario illusorio

Sembra che ci sia di che entusiasmarsi. Se siamo in grado di fare il primo passo nella lettura automatica delle intenzioni altrui, davanti a noi si apre uno scenario nello stesso tempo attraente e sconcertante. Ma a riflettere meglio su ciò che è stato davvero scoperto, quel che stringeremo in mano non va al di là di una correlazione stabile, in un piccolo gruppo di persone e per una sola sessione sperimentale, tra una attivazione neuronale in una regione della corteccia mediale prefrontale e l’indicazione di una cifra su uno schermo. Supponiamo che quell’attivazione neuronale consista nella decisione di sottrarre due numeri. Potremmo scoprire se il soggetto sta mentendo? Se, cioè, invitato a fare la sua scelta, il soggetto prendesse sistematicamente la decisione di addizionare i numeri e poi però indicare il risultato della loro sottrazione (o viceversa), saremmo noi in grado di smascherare la sua manovra con l’aiuto dello scanner? La risposta è negativa. Il dispositivo è in grado di rilevare una correlazione stabile tra due fatti, ma è incapace di assegnare un contenuto alla decisione.

Se il sistema escogitato dal gruppo di Haynes non fa che evidenziare alcune regolarità tra aree cerebrali attivate e determinati comportamenti, quella della lettura automatica delle menti non è che una illusione. Inoltre, le decisioni comportamentali non sono che una parte, ancorchè significativa, dei pensieri. Ci sono un mucchio di altri pensieri che non consistono affatto in decisioni, come le convinzioni politiche, le emozioni e le opinioni sulla moda. In tutti questi casi lo scanner non ha nulla da dirci.

Il fatto è che non abbiamo ancora abbastanza conoscenze sui processi che mediano la lettura della mente per poter produrre la tecnologia capace di riconoscere e simulare una simile attività. Per giungere, eventualmente, a questo punto occorrerebbero sia informazioni molto più sofisticate sulla localizzazione cerebrale di tale funzione sia, soprattutto, modelli teorici sufficientemente avanzati. Il dibattito su cosa è e su come funziona la lettura delle menti vede tre principali alternative: il simulazionismo, la «teoria della mente» e la «teoria della razionalità».

Le tre alternative

Secondo i sostenitori del simulazionismo, ciò che facciamo quando attribuiamo agli altri individui stati mentali nel tentativo di predire il loro comportamento è metterci nei loro panni e immaginare cosa penseremmo e proveremmo noi se fossimo nelle circostanze controfattuali. Supponiamo che Maria abbia ricevuto in regalo un oggetto di un tono di verde che le piace molto. Chi glielo ha donato potrebbe averlo fatto proprio simulando le emozioni che avrebbe avuto lui nel caso in cui fosse stato oggetto dello stesso genere di attenzione. Questo modo di ragionare sembra convincente. Eppure non è esente da difetti. Quello principale consiste nel fatto che talvolta l’introspezione è inaffidabile e che in certi casi gli altri non hanno le reazioni che avremmo noi se fossimo al loro posto. Secondo l’orientamento simulazionista, la capacità predittiva del comportamento altrui cresce in ragione dell’abilità di autoproiezione posseduta dall’individuo. Man mano che si ha una maggiore confidenza con se stessi dovrebbe nella stessa misura crescere la possibilità di fare previsioni accurate sulle altre persone. Ma questo non è sempre vero: può benissimo darsi il caso di una divaricazione tra la capacità di fare previsoni che riguardano gli altri e la trasparenza verso se stessi. Inoltre, mentre è chiaro che le altre persone possono essere più ottuse o acute di noi, non è altrettanto chiaro come rendere conto delle situazioni in cui questo scarto è determinante se ci basiamo su noi stessi come modelli di riferimento.

Nella grammatica della mente

Una alternativa a questo modo di vedere le cose consiste nel ritenere che ciò che facciamo quando attribuiamo uno stato mentale a un altro individuo è consultare una sorta di teoria sulle menti altrui. Non si tratta, ovviamente, di una teoria scientifica che le persone conoscono in modo esplicito, quanto piuttosto di un insieme sistematico di conoscenze che usiamo implicitamente. Analogamente a quanto succede con il linguaggio e con le operazioni che facciamo quando parliamo ricorrendo implicitamente a una serie di conoscenze di tipo grammaticale, anche quando prevediamo il comportamento degli altri individui attribuendo loro determinati stati mentali, stiamo consultando una sorta di «grammatica» delle menti in grado di guidarci. Secondo i sostenitori di questa tesi, il ricorso a una teoria implicita sulle altre menti è una operazione che avviene in modo veloce e automatico.

La terza alternativa è la «teoria della razionalità», una dottrina normativa secondo cui la lettura delle altre menti si basa essenzialmente sulla considerazione dei nostri simili come agenti razionali. Si assume che le persone di cui siamo interessati a prevedere il comporamento condividono il nostro genere di razionalità e si attribuiscono loro i pensieri che dovrebbero avere nelle circostanze in questione. La teoria della razionalità fornisce il quadro di riferimento normativo in cui ciascuna spiegazione di come funzionano i processi di attribuzione psicologica dovrebbe esercitarsi.

La disputa su quale ipotesi sia la più adatta a rendere conto di come funziona la lettura delle menti è aspra e va nutrendosi continuamente di riflessioni e di evidenze sperimentali con cui misurarsi. Anche se il gruppo di Heynes mette l’accento sul ruolo della corteccia prefrontale mediale, in realtà molte altre evidenze mostrano il contributo di aree differenti del cervello impegnate nell’esecuzione dei compiti legati all’attribuzione di stati psicologici agli altri. Complessivamente, sembra che la lettura della mente dipenda dal concorso di almeno tre aree distinte del cervello: un’area posteriore (il solco temporale superiore), un’area limbica e paralimbica (con un significativo ruolo dell’amigdala) e l’area della corteccia prefrontale, su cui l’équipe di Heynes ha concentrato la propria attenzione. Le evidenze sulla localizzazione cerebrale spingono a ritenere che i processi di attribuzione mentale rivolti verso gli altri siano diversi da quelli che riguardano se stessi, dato che questi ultimi non coinvolgono le medesime regioni del cervello.

Esse, inoltre, suggeriscono che la lettura delle menti è una operazione complessa, che richiede sia l’interpretazione degli indizi comportamentali altrui sia il ricorso alle emozioni sia, infine, la capacità di elaborare congetture e proiettarle nel futuro.

Una ablità sofisticata

Le evidenze accumulate fino a questo momento non sono ancora conclusive e non consentono quindi di preferire in modo definitivo una ipotesi teorica a scapito di un’altra. Ci aiutano però a penetrare in una materia eccezionalmente complessa. Quando conosceremo in modo preciso il funzionamento della lettura della mente e della cognizione sociale disporremo delle basi scientifiche per l’interpretazione delle relazioni sociali. Ne va anche della possibilità di misurare le opinioni che ciascuno di noi ha sui rapporti interpersonali, tenendo conto di un quadro di riferimento empiricamente fondato.

La lettura delle menti altrui è una abilità molto sofisticata e fragile che può andare facilmente perduta, come accade nel caso dell’autismo. D’altronde, gli esseri umani non vengono al mondo in grado di interpretare in modo efficente gli stati mentali delle altre persone, perché questa è, invece, una capacità che i bambini sviluppano lentamente nei primi anni e che è pienamente matura solo intorno ai quattro anni di vita. La maggior parte delle altre specie animali sono incapaci di rappresentarsi le altre creature come esseri dotati di una vita interiore: benchè molte specie provino dolore, abbiano forme elementari di emozioni e siano in grado di rappresentare in modo anche sofisticato lo spazio e gli oggetti che sono in esso contenuti, non sono tuttavia capaci di figurarsi gli altri individui come dotati di stati interiori. Sarà anche per questo che gli altri animali sono abilissimi nell’eseguire molti difficili compiti, ma non riescono a cavarsela nelle situazioni in cui occorre la capacità di simulazione.

La lezione di Sherlock Holmes

Ammonendo il suo interlocutore Sherlock Holmes affermava: «I risultati migliori, ispettore, li avrà mettendosi sempre nei panni dell’altro, pensando a ciò che avrebbe fatto se fosse stato in lui. Occorre un po’ di fantasia, ma ne vale la pena». Sherlock Holmes non disponeva di alcuno scanner, ma era abilissimo nell’interpretare i più piccoli segni nel comportamento dei suoi simili, esattamente come ciascuno di noi ogni giorno nella propria vita. Finchè lo scanner per la lettura delle menti non verrà perfezionato e non disporremo della versione futuribile della finestrella di Goethe, non ci resta che affidarci ai sistemi che abbiamo sempre usato e che, nella maggior parte dei casi, ci permettono di indovinare la sincerità delle altre persone e le loro intenzioni.


Bibliografia

Titoli per orientarsi nel cervello

L’articolo che ha destato scalpore e in cui si trova la notizia dello scanner in grado di leggere le nostre intenzioni riposte è scritto da John-Dylan Haynes, Katsuyuki Sakai, Geraint Rees, Sam Gilbert, Chris Frith e Richard E. Passingham: «Reading Hidden Intentions in the Human Brain». È pubblicato in «Current Biology», Vol. 17, 1-6, 19 Febbraio, 2007.

Si trova anche sul sito internet della rivista: http://www.current-biology.com/misc/page?page=misc2 Due autori dell’articolo, John-Dylan Haynes e Geraint Rees, avevano già annunciato le loro capacità di predire il corso futuro del flusso di coscienza: «Predicting the Stream of Consciousness from Activity in Human Visual Cortex», in «Current Biology», Vol. 15, 1301-1307, 26 luglio 26, 2005.

Sulla lettura delle menti in italiano si possono leggere: «La psicologia ingenua» di Cristina Meini, McGraw-Hill, 2001; «Leggere le menti» di Pietro Perconti, Bruno Mondadori, 2003. In inglese, tra i tanti titoli, converrà leggere almeno: «Mindreading» di Steven Stich e Shaun Nichols, New York, Oxford University Press, 2003; «Simulating Minds: The Philosophy, Psychology, and Neuroscience of Mindreading» di Alvin Goldman, Oxford University Press, 2006.

* il manifesto, 20.02.2007


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