La lettera che ’non conta nulla’ e il ... "non capire niente"!!!

LA QUESTIONE DELLA "H": IL NON CAPIRE UN’ ACCA E LA SCIATTERIA NAZIONALE. Una nota di Piero Ottone e una di Giulio Nascimbeni - a cura di Federico La Sala

lunedì 18 maggio 2009.
 


L’insostenibile leggerezza della lettera «h»

di PIERO OTTONE *

La h è di tutte le lettere dell’alfabeto, notoriamente la più capricciosa. Non ha un suo suono autonomo, o lo ha scarsamente percettibile: una semplice aspirazione di cui si può fare a meno. Ma agisce su altre lettere dell’alfabeto: in modo cervellotico, secondo la latitudine. Alla nostra, conferisce alla c un suono gutturale: che si pronuncia come se fosse ke. Ma a una latitudine superiore (Inghilterra) conferisce alla stessa consonante, c, un suono palatale: chester diventa alla pronuncia cester.

Come se non bastasse, a una latitudine intermedia ch è l’equivalente del nostro sc: in francese, chef corrisponde all’italiano scef. Alla latitudine tedesca la h fa poco: si limita a imporre, distrattamente, una certa aspirazione. Chemie corrisponde a hhemie, e so che la mia trascrizione è imperfetta. Quanto ai russi, meglio non parlarne: li la lettera h non esiste, siamo in un mondo tutto diverso, e Hitler diventa Ghitler. Sappiamo, poi, come è andata a finire. Vi sono parole internazionali di uso comune che contengono una h muta. Sarebbe di buon gusto trascriverle, quando le adoperiamo, in modo corretto. Una delle più frequenti è yacht, coi suoi derivati: yachting, yachtsman... E qui cominciano i guai. Perché tanti miei cari colleghi, quando si occupano di chi naviga per diporto, usano il vocabolo acconcio: ma nella trascrizione si trovano di fronte al problema della h, e non sanno dove piazzarla. Yachtsman? O yahctsman? 0 yacthsman? Quella h ballerina finisce dove finisce. Eppure, eppure... Non sarebbe difficile, per una persona dotata di media intelligenza, imparare a memoria dove si colloca il segno puramente simbolico, h, e scrivere come si deve il vocabolo di cui fa parte.

Non lo si fa perché non si dà importanza all’esattezza. Si procede per approssimazione: con sciatteria (quella che i tedeschi, ricordate?, chiamano Schlampigkeit). La stessa sciatteria per cui in tv si pronuncia qualsiasi nome straniero come capita. Vlàdimir? Vladìmir? Vladimìr? Come viene viene.

Addirittura ho constatato che, nella lettura di un testo sulla famiglia imperiale russa, che durava un’ora, colui che leggeva non si era preso la briga di scoprire se stesse parlando dei Ròmanov, dei Romànov, o dei Romanòv, e pronunciava il nome, costantemente, nel modo sbagliato. Che importa? Come viene viene. Ma quanti guai derivano, per tutti noi, dalla sciatteria nazionale.

* Il Venerdì di Repubblica, 15.05.2009, p. 19.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

IN VATICANO NON CAPISCONO UN’ACCA ("H"). La "Caritas in Veritate" esce in ritardo, colpa del latino (e del greco). Una nota di Orazio La Rocca

A FRANCESCO E CHIARA DI ASSISI. A DANTE E ALL’ ITALIA. "Deus charitas est: et qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo" (1 Gv., 4.16).
-  SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO.


MODI DI DIRE

-  La lettera che non conta nulla
-  Il piccolo regno di una cicca

-  Come «acca», molte altre parole significano «niente», tra cui fico secco

NON CAPIRE UN’ACCA - Il significato di questo modo di dire è «non capire niente». Eppure «h» è l’ ottava lettera dell’ alfabeto, però è priva di suono proprio. In italiano «h» è presente nelle voci verbali «ho, hai, ha, hanno» che testimoniano la derivazione dal latino (habeo, habes, habet, habent) e nelle esclamazioni «ah!, ahi!, deh!, ehi!», ma non ha alcun valore agli effetti della pronuncia e quindi corrisponde a «niente, nulla». Come «acca», molte altre parole significano «niente, nulla», soprattutto se accompagnate al verbo «valere»: non valere una cicca, un fico secco, uno zero, un soldo, un accidente. Quanto all’ espressione «non valere un ette», il riferimento è al latino «et» come parte del discorso di importanza minima, trascurabile.

Nascimbeni Giulio

* Corriere della Sera, 5 agosto 2004, Pagina 33



Rispondere all'articolo

Forum