Cultura

Manifesto degli studenti e dei docenti. La rivoluzione della secondaria superiore

lunedì 10 gennaio 2005.
 

Ci sono dei libri che fanno ritornare d’attualità alcuni episodi internati nei profondi abissi della Storia; ne esistono altri invece che, a mò di guida spirituale, accompagnano l’uomo alla comprensione della realtà circostante, che sappiamo tanto comprensibile non è. Romolo Perrotta, docente di Epistemologia delle scienze umane all’università della Calabria, ha consacrato la sua esperienza professionale di educatore e attivista nonviolento al fine di raggiungere questo scopo, cioè affinché la realtà che si presenta ai nostri occhi non sia stravolta e soppesata da giudizi di convenienza; e proprio da tale progetto nasce il “ Manifesto degli studenti e dei docenti. La rivoluzione della secondaria superiore “ edito da Armando, Roma. Questo “Manifesto” può essere considerato come strumento mediatico di riferimento per tutti coloro i quali, giovani e non, vogliono ribellarsi alla riforma lesiva messa in atto dal ministro Moratti, un progetto, drammaticamente “sui generis”, come si suol dire, che trasforma la scuola in una azienda, gli studenti in dipendenti e i docenti in spietati imprenditori, in pratica il significato stesso della scuola viene travisato, come suggerisce Mario Capanna nella bella prefazione al libro di Perrotta. La scuola quindi perde molto della sua missione, del suo esistere, diventa una mera trasposizione di concezioni, allusioni e quant’altro che ritroviamo facilmente leggendo Giovanni Papini o Arnaldo Fucinato. Proprio questi, tanto per fare un esempio, ne “ Lo studente di Padova”, definiva lo studente come “...un tal che non istudia niente”, e quel che è peggio è che sempre più studenti preferiscono una tal definizione, sentendosi forse alienati da una struttura educativa che, già solo per ragioni di etimo, dovrebbe “ generare” un qualche stimolo negli allievi. Certo è che se la strada che la scuola ha intrapreso è questa, potrebbe sembrarci non lontano il suo funerale. Ma sorprendentemente non è cosi. Difatti la scuola, asserisce l’autore, “ reclamerà ed esigerà sempre di più. Ma senza morire”. Infatti, se cosi fosse, il messaggio stesso di questo libro risulterebbe senza senso, la nostra lotta, i nostri ideali, i nostri sogni, tutto non avrebbe più senso. Cerchiamo al contrario di concretizzare questi obiettivi, che non sono solo dell’autore, ma anche nostri. Ma le problematiche analizzate da Perrotta non sono solo queste, infatti egli pone l’accento su alcune questioni che rappresentano un vero e proprio tabù dell’istituzione scuola, vale a dire il rapporto docente-studente, le metodologie di insegnamento, i contenuti disciplinari e altro ancora, e le svela con occhi nuovi, quelli del docente che ha ben chiara la missione alla quale egli è e deve essere consacrato da un lato, quelli dello studente che in casi non isolati ricopre il ruolo dell’inquisito, dall’altro. In conclusione ritengo, e forse peccando di presunzione penso che l’opinione sia da molti condivisa, che il “ Manifesto “ di Perrotta rappresenti uno di quei libri sui quali ogni studente dovrebbe basarsi per dare spazio alle proprie riflessioni e quindi per poter essere in grado di costruire validi sistemi di denuncie e proposte verso “ questa scuola “. Inoltre da un’attenta lettura del libro scopriamo che esistono troppe verità e troppe voci, fino ad ora ignorate e taciute da chi governa e da chi ha governato, perché si continui a farne oblìo. Perciò auguro una piena diffusione di questo libro tra i giovani in particolare, i quali, tra l’altro, acquistandolo, non solo darebbero spazio alle loro riflessioni e proposte, ma aiuterebbero anche il “ Kariobangi women project”, una scuola per le ragazze delle baraccopoli di Korogocho, in Kenya, e il movimento “ nonviolento” di Aldo Capitini, tutti progetti che possono trovare una loro piena concretizzazione grazie alla vendita di questo libro.

BIAGIO MERANDI


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