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RINASCIMENTO: POLITICA, DIPLOMAZIA, SCIENZA E TECNOLOGIA. I GIGLI, LA VOLPE, E IL LEONE ROBOT DI LEONARDO. 1515: da Firenze a Lione, un omaggio a Francesco I, nuovo re di Francia. Un articolo di Carlo Pedretti - a cura di pfls

domenica 18 novembre 2007.
 
[...] Il leone semovente sarebbe stato da lui programmato per camminare verso il re, arrestarsi al suo cospetto, e quindi sollevarsi sulle zampe posteriori per poi aprirsi il petto con quelle anteriori mostrando che al posto del cuore recava i gigli di Francia, gli stessi che Luigi XI aveva concesso nel ’400 alla Repubblica Fiorentina [...]

Così rinasce il leone-robot di Leonardo

L’«automa programmabile» fu costruito a Firenze nel 1515

Così rinasce il leone-robot di Leonardo

Portato a Lione come dono per Francesco I, è scomparso come i disegni originali. I Codici «tradotti» dal computer

L’invenzione scomparsa: guarda

L’invenzione di Leonardo più ammirata dai suoi contemporanei è quella di cui non è rimasta alcuna traccia, nemmeno un accenno nei suoi manoscritti: il leone meccanico. Con mie pubblicazioni del 1962, 1973 e 1975 si era potuto accertare che l’automa programmabile fu costruito a Firenze nel 1515 e inviato a Lione per accogliere il nuovo re di Francia, Francesco I, al suo ingresso trionfale in quella città il 12 luglio di quell’anno. Le feste a Lione furono organizzate dalla locale colonia fiorentina di mercanti e banchieri, per cui si spiegherebbe il motivo del leone, il Marzocco di Donatello, come riferimento simbolico alla patria adottiva (leone = Lione). Ma ci sarebbe pure un doppio senso: l’omaggio simbolico rivolto al potente monarca che il papa mediceo Leone X - altro leone! - s’industria a farsi amico. Riuscirà infatti a imparentarselo facendo sposare la zia del re, Filiberta di Savoia, al fratello Giuliano, protettore di Leonardo.

Il governatore di Firenze che affida a Leonardo l’eccezionale incarico è il nipote del papa, Lorenzo di Piero de’ Medici, per il quale Leonardo aveva progettato un maestoso palazzo che sarebbe dovuto sorgere a Firenze accanto a quello di Cosimo il Vecchio. Il leone semovente sarebbe stato da lui programmato per camminare verso il re, arrestarsi al suo cospetto, e quindi sollevarsi sulle zampe posteriori per poi aprirsi il petto con quelle anteriori mostrando che al posto del cuore recava i gigli di Francia, gli stessi che Luigi XI aveva concesso nel ’400 alla Repubblica Fiorentina.

Di questo automa parla il milanese Giovan Paolo Lomazzo nel 1584 come «mirabile artificio », precisando che Leonardo seppe insegnare il modo di fare «andar i leoni per forza di ruote». È quindi verosimile che i particolari costruttivi fossero descritti e illustrati in suoi manoscritti oggi perduti ma ben conosciuti in Francia. Infatti una replica di quel leone fu realizzata nel 1600 in occasione delle festività per le nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV, tema di una grandiosa serie di pitture del Rubens al Louvre. Nella relazione a stampa di quell’evento si parla appunto del precedente leonardesco, spiegandone la circostanza storica. Questo all’inizio di un opuscolo di Michelangelo Buonarroti il Giovane, pubblicato a Firenze nel 1600: «Nella testa della tavola di mezzo di quelle gentildonne, per colmare la maraviglia, in aspetto fiero un Leone ebbe, che posando su quattro piedi, allora che a tavola elle si misero, prendendo moto, e sollevandosi in due, aprirsi il seno si vide, e pieno di gigli mostrarlo: concetto simile a quello, il quale Lionardo da Vinci nella Città di Lione nella venuta del Re Francesco, mise in opera per la nazion’ fiorentina».

Una sistematica ricerca d’archivio potrebbe confermare il sospetto che Leonardo stesso fosse stato inviato a Lione in missione diplomatica per assicurare il perfetto funzionamento dell’automa. Un indizio in questo senso è fornito proprio da Leonardo con una nota del tempo accanto a studi per la serie dei disegni del Diluvio a Windsor: “bombarde da Lione a Venezia col modo ch’io detti a Gradisca nel Friuli e a Udine”, un promemoria che si spiegherebbe col fatto che durante il soggiorno a Lione nel 1515 Francesco I avrebbe predisposto la spedizione nel milanese dell’armata francese compreso «una gran quantità di artiglieria». Questo affermano i suoi cronisti precisando inoltre che “i veneziani e gli italiani aspettano il re con tutta l’armata di Francia in appoggio alle truppe del re di Spagna e dell’imperatore per sopraffare gli svizzeri che proteggono Massimiliano, figlio del deposto duca Ludovico il Moro”. E infatti nell’estate del 1515 Francesco I riacquista quel ducato con una grande manovra non solo militare ma anche politica su piano europeo, cui allude Thomas More nella sua Utopia, pubblicata l’anno dopo. Col poco che si sa dell’ultima attività di Leonardo come architetto, pittore e “meschanischien d’estat” del re di Francia ad Amboise, una ricostruzione del suo capolavoro tecnologico potrebbe realizzarsi attenendosi ad analoghi meccanismi che si sarebbero realizzati in Francia nei secoli successivi sulla base di una accertabile conoscenza dei suoi studi di anatomia e meccanica.

Di qui il modello presentato come ipotesi di lavoro alla grande mostra su La mente di Leonardo di due anni fa agli Uffizi a Firenze. Di qui addirittura due libri, quello di un giovane ingegnere della NASA, Mark Rosheim, Leonardo’s Lost Robots del 2006 e quindi quello appena pubblicato di Mario Taddei, I robot di Leonardo da Vinci, un’ampia e ricca rassegna che si presenta come la realizzazione virtuale di un grandioso museo degli aspetti più innovativi della tecnologia vinciana.

Carlo Pedretti

* Corriere della Sera, 17 novembre 2007


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