ll 25 novembre 2007 si è tenuto il Convegno nazionale “Manifesto di bioetica laica”, organizzato dalla Consulta Torinese per la laicità delle Istituzioni, in cui i più qualificati esponenti della bioetica laica italiana hanno presentato il NUOVO MANIFESTO DI BIOETICA LAICA.
Invitiamo il mondo accademico, scientifico, culturale, politico, ma anche tutti i cittadini che ritengono sia giunto il momento di difendere lo Stato laico, di sottoscrivere il Manifesto
NUOVO MANIFESTO DI BIOETICA LAICA *
Nella nostra società singoli cittadini e gruppi manifestano sempre più intensamente l’intento di sperimentare forme di vita nuove e si organizzano per ottenerne il riconoscimento, mentre la ricerca scientifica e le tecnologie mediche offrono nuove opzioni nei confronti di aspetti fondamentali dell’esistenza.
Profondamente coinvolta in questi processi, la bioetica suscita grande interesse nell’opinione pubblica e assume un rilevante peso politico. Talvolta essa è intesa come uno strumento di difesa dalle innovazioni scientifiche e tecniche, capace di riportare la medicina sotto il controllo di credenze consolidate da tradizioni.
Chi si muove in una prospettiva laica, intende invece promuovere le nuove libertà, proponendo, ovunque sia possibile, regole tali da permettere la coesistenza di persone che seguono orientamenti diversi senza danni o sopraffazioni reciproche.
Oggi sono in atto, da più versanti, pesanti tentativi di soffocare o di limitare gravemente gli sforzi innovativi in tal senso, in modo particolare da parte di quelle organizzazioni religiose che, piuttosto di esprimersi ed operare liberamente e pubblicamente, lasciando ad altri la libertà di comportarsi secondo le proprie convinzioni profonde non dannose a terzi, per ottenere il consenso dei propri fedeli e dei singoli cittadini (come è perfettamente legittimo nel pieno rispetto del principio della libertà religiosa), pretendono di imporre i propri orientamenti a tutti i cittadini, credenti e non credenti, in forza di leggi dello Stato.
Il rispetto per la libertà altrui ci porta ad affermare che l’etica laica, pur assumendo forme assai variegate, costituisce un orientamento diffuso, cui informa i propri comportamenti un numero ampio e crescente di cittadini. Essa non rappresenta un corpus monolitico basato su un sistema di dogmi, bensì una linea di tendenza che riesce ad individuare un ampio fascio di sensibilità morali (comprese quelle di ispirazione religiosa che rispettino l’autonomia individuale), che pongono al centro dell’esistenza alcuni valori chiave, quali il rispetto della libertà individuale e dell’autodeterminazione, l’attenzione alla qualità della vita ed alla diminuzione delle sofferenze.
In questa prospettiva rifiutiamo l’imposizione alla ricerca biomedica di limiti e barriere che non siano motivati da possibili danni, realmente e chiaramente provati, arrecati direttamente o indirettamente ad altri.
Limiti alla ricerca di conoscenze e all’adozione di pratiche non possono essere imposti con il ricorso a etiche di un tipo piuttosto che di un altro o a convinzioni filosofiche personali, come quelle che asseriscono l’esistenza di un ordine naturale intrinsecamente benefico, perché così si rischia di impedire lo sviluppo di tecniche capaci di correggere i danni naturali prevedibili, ampliare il ventaglio delle scelte umane e rendere possibili nuovi stili di vita. Riteniamo che la bioetica laica debba anche prevenire il rischio che al tradizionale paternalismo medico si affianchino o si sostituiscano altre forme di paternalismo, quali ad esempio quello che assegna valore intrinseco alla natura.
Convinti che ogni nuova scoperta conoscitiva o tecnica possa generare conseguenze tanto positive quanto negative, riteniamo che si debba vigilare per rilevare tempestivamente i danni che ne possono derivare, ma che sia ingiustificato porre alla ricerca scientifica limiti pregiudiziali in nome di un generico e difficilmente quantificabile principio di precauzione, o trattarla come un’attività puramente strumentale . Alla ricerca scientifica riconosciamo il valore intrinseco che deriva dal suo contributo al miglioramento delle condizioni della vita umana.
In particolare le conoscenze e le tecniche mediche hanno reso possibile affrontare la nascita e la morte secondo prospettive nuove, trasformando in un campo di scelte possibili quelle che un tempo si presentavano come un destino ineluttabile.
Riteniamo che la procreazione debba essere intesa come un atto responsabile, nel quale i genitori debbano tenere conto del proprio patrimonio genetico per tutelare la salute del nascituro, che la gravidanza possa essere interrotta per tutelare la libertà riproduttiva della donna e la salute del nascituro, che sessualità e procreazione possano essere distinte e che alla procreazione possano provvedere singoli e coppie nei diversi modi messi a disposizione dalla pratica medica.
Riteniamo che ci debba essere il più largo accesso alle diverse forme di controllo delle nascite, a partire dalla contraccezione e sterilizzazione volontaria per arrivare alle nuove forme con le quali si riesce a bloccare il processo riproduttivo, dalla contraccezione d’emergenza alle nuove modalità di aborto. Indichiamo negli ostacoli frapposti alla contraccezione d’emergenza ("pillola del giorno dopo"), dei veri e propri attentati al diritto all’autodeterminazione delle donne e un danno per il paese. Denunciamo una situazione analoga circa il ritardo applicativo delle nuove modalità di aborto medico (pillola RU486).
Respingiamo il tentativo di imporre pubblicamente la protezione di materiali biologici, come sangue o cellule, con riferimento a regole etiche non condivise. Il divieto imposto alla ricerca sulle cellule staminali embrionali rischia di isolare il nostro paese dalla ricerca scientifica internazionale e di rendere più difficile o oneroso accedere alle risorse terapeutiche che ne possono derivare (ad esempio attraverso la cosiddetta "clonazione terapeutica" o quella finalizzata alla produzione di organi per i trapianti). Riteniamo che gli embrioni umani debbano essere trattati con grande attenzione, anche perché nella loro produzione sono sempre coinvolte le donne. Ma proprio per questo respingiamo le posizioni ideologiche o dogmatiche che vorrebbero considerarli intoccabili fin dal concepimento ed indipendentemente dal motivo per cui sono stati creati, così come respingiamo la pretesa di imporre per legge l’equiparazione degli embrioni ai cittadini. Il tabù dell’embrione, protetto fin dal concepimento, incorporato nella legge 40/2004 sulla procreazione assistita, impedisce il libero accesso a questa pratica procreativa, costringendo chi ha possibilità economiche ad andare all’estero e vietando di salvaguardare la salute del nascituro con la diagnosi preimpianto.
Anche modi e tempi della morte sono diventati oggetti possibili di scelta. Rivendichiamo la possibilità di scegliere, per mezzo di strumenti come il testamento biologico, i modi nei quali morire, esercitando il diritto di accettare, di rifiutare o di interrompere le terapie anche se iniziate, il diritto di respingere tutti gli interventi medici non voluti, fossero anche il prolungamento di respirazione, idratazione e alimentazione artificiali, anche qualora non fossero futili. Respingiamo inoltre le sofferenze inflitte senza bisogno, la sublimazione del dolore come esperienza di per sé significativa, il prolungamento della mera vita biologica, quando sia venuta meno ogni prospettiva di guarigione o di ritorno alla vita cosciente. Ma rivendichiamo anche il diritto all’eutanasia volontaria, cioè alla richiesta che si ponga termine alla propria vita, per evitare forme di esistenza dolorose o ritenute per sé non dignitose.
Rifiutando un’idea sacrale della natura, ribadiamo l’impegno a riconoscere nuovi modi di intendere la sessualità e la famiglia. Le differenze di genere e l’evoluzione della loro percezione non sono più così rigide come in passato, e si deve prendere atto che l’orientamento sessuale può assumere varie direzioni. Riteniamo che l’orientamento sessuale, qualsivoglia esso sia, rappresenti un modo per realizzare la propria personalità e che esso possa essere liberamente vissuto, finché non reca danno a nessuno, anche perché una società libera e laica favorisce la sviluppo delle differenze tra i suoi membri.
La famiglia è per noi soprattutto il luogo degli affetti, che possono essere manifestati anche in forme diverse da quelle tradizionali, quali le unioni civili delle coppie di fatto etero ed omosessuali ed ulteriori possibili forme giuridiche di unione fra persone dello stesso sesso, che vanno a collocarsi accanto alla famiglia tradizionale basata sul matrimonio fra uomo e donna. La filiazione e l’adozione stanno assumendo una fisionomia nuova, perché la relazione parentale è connessa alla assunzione di responsabilità nei confronti del nuovo nato. Le responsabilità parentali, che impongono ai genitori l’obbligo di provvedere alla salute e al benessere dei figli, non devono dar loro il diritto di condizionarne rigidamente l’educazione: per questo auspichiamo una società che sappia offrire forme plurali di educazione, capaci di superare le chiusure rappresentate da certe tradizioni familiari e comunitarie.
La bioetica laica è parte di un impegno per una società in cui, oltre allo sviluppo dell’accesso alla conoscenza (ed in particolare a quella scientifica) inteso come uno dei nuovi diritti di cittadinanza, cresca lo spettro dei modi di vita possibili e diminuiscano le sofferenze dovute all’imposizione di un certo atteggiamento di pensiero, piuttosto che di un altro, soprattutto per una società in cui nessuno possa imporre divieti ed obblighi in nome di un’autorità priva del consenso delle persone sulle quali pretende di esercitarsi.
Torino, 25 novembre 2007
I PROMOTORI del NUOVO MANIFESTO DI BIOETICA LAICA
Maurizio Mori
Giovanni Boniolo
Patrizia Borsellino
Gilberto Corbellini
Emilio D’Orazio
Aldo Fasolo
Carlo Flamigni
Mariella Immacolato
Eugenio Lecaldano
Claudia Mancina
Tullio Monti
Demetrio Neri
Alberto Piazza
Mario Riccio
Sergio Rostagno
Gianni Vattimo
Carlo Augusto Viano
FIRMATARI:
Massimo L. Salvadori
Gian Enrico Rusconi
Chiara Saraceno
Edoardo Tortarolo
Lucia Caneva Airaudo
Dario Allamano
Laura Andrini
Piero Arlorio
Marilla Baccassino
Silvio Basile
Maria Rosa Benso
Mariella Berra
Mirella Bert
Mario Bertelli
Cesare Bianco
Paolo Bonetti
Amalia Bosia
Paolo Briziobello
Flavio Brugnoli
Rosanna Butticiliero
Paolo Silvio Bruni
Anna Maria Byron
Marisa Caccia
Susanna Camusso
Andrea Guarnieri Calò Carducci
Christel Guarnieri Calò Carducci
Michela Casella
Francesco Casile
Raffaele Casoli
Camen Milani Cavallaro
Dimana Cavallaro
Salvatore Cavallaro
Maria Chiarenzi
Sergio Chiarloni
Gaetano Chirico
Paola Cirio
Massimo Clara
M.Rutilia Coccetta
Giuseppe Costa
Franca Culasso
Filippo D’Ambrogi
Marisa D’Amico
Ines Damilano
Laura Degiorgis
Patrizia Delpiano
Fulvia De Luise
Luciano Deodato
Flavia De Rossi
Antonietta Dessolis
Gaetana Maria Di Fini
Roberto Escobar
Giuseppe Farinetti
Roberta Fassiano
Nicoletta Pipitone Federico
Marco Forni
Lidia Fubini
Mario Garassino
Mariangela Genovese
Gianfranco Ghiberti
Franco Giampiccoli
Alaide Gianara
Maurizio Giancola
Annarita Gili
Salvador Giner
Alda Guastalla
Andrea Iperoni
Gianluca Incerti
Giunio Luzzatto
Piercarlo Mamino
Salvatore Manunza
Renzo Malvano
Maria Mantello
Salvatore Manunza
Cristiana Marchese
Dora Marucco
Enzo Marzo
Giorgio Micheli
Giuliana Michelini
Simonetta Michelotti
Sergio Montalbano
Paola Mora
Eduardo Moribondo
Valter Morizio
Milena Mosci
Palmira Naydenova
Luigi Negrinotti
Maria Immacolata Neri
Gian Andrea Nicolai
Mauro Palitto
Nicola Pantaleo
Germana Pareti
Filippo Parigi
Enrico Pasini
Roberto Pauletta
Francesca Pennacchietti
Massimiliano Piazza
Davide Pinardi
Maria Teresa Pizzulli
Laura Poli
Giovanni Pons
Giovanna Pratis
Luigi Ranzani
Silvana Ronco
Salvatore Romagnolo
Edda Saccomani
Elisa Santini
Roberto Saracco
Mirella Sartori
Luca Savarino
Riccardo Simbula
Andrea Stroscio
Magda Talamo
Carlo Talenti
Annie-Frannçoise Tognan
Selene Broccolo Tommasi
Salvatore Tonti
Willem Tousijn
Marisa Vaccaneo
Merendino Venaria
Silvio Viale
Renzo Vigna
Stefano Vitale
Agnese Volonté
Aldo Volpi
Alessandro Zan
Liliana Zappi
Antonio Zappia
Per firmare il Manifesto, basta inviare una mail con la
parola "sottoscrivo" a
Associazioni Firmatarie del Manifesto:
Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni
Libera uscita, Associazione per la depenalizzazione dell’eutanasia e la legalizzazione del testamento biologico
Circolo Liberalsocialista "Carlo Rosselli"
Associazione Ippocrate - La cultura della salute
Comitato Provinciale Arcigay di Torino "Ottavio May"
Anziché Anziano
Italialaica
* CONSULTA TORINESE PER LA LAICITA’ DELLE ISTITUZIONI
Sul tema, nel sito, si cfr.:
La Costituzione e la Repubblica che è in noi
"ERODE" E LE GERARCHIE CATTOLICO-ROMANE CONTRO CRISTO E "CONTRO CESARE. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi".
FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA.
Federico La Sala
Vaticano.
Il Papa: serve una nuova bioetica «globale» nell’era della robotica
Il rilancio dell’umanesimo cristiano per un’antropologia all’altezza delle sfide globali su scienza e nuove tecnologie applicate all’uomo. È la consegna del Papa alla Pontificia Accademia per la Vita
di Francesco Ognibene (Avvenire, martedì 15 gennaio 2019)
Una «nuova prospettiva etica universale, attenta ai temi del creato e della vita umana», con l’obiettivo di «rilanciare con forza l’umanesimo della vita che erompe dalla passione di Dio per la creatura umana»: è l’impegno culturale al quale papa Francesco chiama la Pontificia Accademia per la Vita, a 25 anni dalla sua fondazione per opera di san Giovanni Paolo II su impulso del grande genetista Jerome Lejeune, del quale è in corso il processo di canonizzazione.
In una lettera al presidente dell’Accademia monsignor Vincenzo Paglia, il Santo Padre indica tre fondamentali obiettivi ai quali l’istituzione deve puntare nel suo futuro per animare il dibattito bioetico, sapendo «elaborare argomentazioni e linguaggi che siano spendibili in un dialogo interculturale e interreligioso, oltre che interdisciplinare».
1. La bioetica globale
Il criterio di riferimento per la tutela e la promozione della vita umana, secondo il Pontefice, è oggi la ricostruzione di un umanesimo, che «in tanti decenni» è stato invece logorato e confuso «con una qualsiasi ideologia della volontà di potenza», ideologia che oggi «si avvale dell’appoggio convinto del mercato e della tecnica» e che è da «contrastare». La «differenza della vita umana - spiega Francesco - è un bene assoluto, degno di essere eticamente presidiato, prezioso per la cura di tutta la creazione». Questo nuovo «orizzonte umanistico», da «riaprire» anche «in seno alla Chiesa» e fondato sulla visione cristiana dell’uomo come creatura a immagine del Padre, è in grado di produrre una «sintesi antropologica all’altezza di questa sfida epocale». Si tratta infatti di «rendere la riflessione su questi temi sempre più attenta al contesto contemporaneo, in cui il ritmo crescente dell’innovazione tecnoscientifica e la globalizzazione moltiplicano le interazioni, da una parte, tra culture, religioni e saperi diversi, dall’altra, tra le molteplici dimensioni della famiglia umana e della casa comune che essa abita». La risposta a questo scenario è la «bioetica globale, con la sua visione ampia e l’attenzione all’impatto dell’ambiente sulla vita e sulla salute».
2. Le manipolazioni dell’umano.
La riflessione bioetica della Chiesa deve puntare sulle «nuove tecnologie oggi definite "emergenti e convergenti". Esse - spiega il Papa - includono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le biotecnologie, le nanotecnologie, la robotica». Evidente la preoccupazione di Francesco: «Avvalendosi dei risultati ottenuti dalla fisica, dalla genetica e dalle neuroscienze, come pure della capacità di calcolo di macchine sempre più potenti, è oggi possibile intervenire molto profondamente nella materia vivente. Anche il corpo umano è suscettibile di interventi tali che possono modificare non solo le sue funzioni e prestazioni, ma anche le sue modalità di relazione, sul piano personale e sociale, esponendolo sempre più alle logiche del mercato. Occorre quindi anzitutto comprendere le trasformazioni epocali che si annunciano su queste nuove frontiere, per individuare come orientarle al servizio della persona umana, rispettando e promuovendo la sua intrinseca dignità».
3. Diritti umani e fraternità
La bioetica come riflessione sulla vita umana a partire da una riconoscibile visione dell’uomo non può prescindere secondo il Papa da una chiara visione della «giustizia che mostri il ruolo irrinunciabile della responsabilità nel discorso sui diritti umani e la loro stretta correlazione con i doveri, a partire dalla solidarietà con chi è maggiormente ferito e sofferente». Questa premessa rende possibile affermare che «la medicina e l’economia, la tecnologia e la politica che vengono elaborate al centro della moderna città dell’uomo, devono rimanere esposte anche e soprattutto al giudizio che viene pronunciato dalle periferie della terra». Giustizia e diritti umani parlano la lingua degli esclusi, anche dal progresso: «Di fatto, le molte e straordinarie risorse messe a disposizione della creatura umana dalla ricerca scientifica e tecnologica - spiega il Papa - rischiano di oscurare la gioia della condivisione fraterna e la bellezza delle imprese comuni, dal cui servizio ricavano in realtà il loro autentico significato. Dobbiamo riconoscere che la fraternità rimane la promessa mancata della modernità. Il respiro universale della fraternità che cresce nel reciproco affidamento - all’interno della cittadinanza moderna, come fra i popoli e le nazioni - appare molto indebolito. La forza della fraternità, che l’adorazione di Dio in spirito e verità genera fra gli umani, è la nuova frontiera del cristianesimo».
Il Papa ricorda anche il grande impegno dell’Accademia lungo un quarto di secolo «per la promozione e la tutela della vita umana in tutto l’arco del suo svolgersi, la denuncia dell’aborto e della soppressione del malato come mali gravissimi, che contraddicono lo Spirito della vita e ci fanno sprofondare nell’anti-cultura della morte. Su questa linea - aggiunge - occorre certamente continuare, con attenzione ad altre provocazioni che la congiuntura contemporanea offre per la maturazione della fede, per una sua più profonda comprensione e per più adeguata comunicazione agli uomini di oggi». Francesco chiede però anche di presare attenzione alla «distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa», che «sembra allargarsi» sino «a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma». Uno sguardo umanistico ed esistenziale che allarga l’orizzonte dell’Accademia e la stessa frontiera della bioetica senza negare nulla di ciò che ha segnato il suo percorso storico ma espandendo a tutto campo l’energia della passione per l’uomo figlio di Dio.