Ancora rappresaglie israeliane contro il lancio dei razzi Qassam
Civili la metà delle vittime, tra i quali sette bambini
Gaza attaccata, uccisi 43 palestinesi
L’Anp minaccia: "Stop ai negoziati" *
GAZA - Almeno 43 palestinesi morti e oltre 100 feriti nei combattimenti in corso da questa mattina con le forze israeliane nel nord della Striscia di Gaza. Una situazione che ha indotto il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen a minacciare la sospensione dei negoziati di pace.
L’elenco dei morti comprende anche sette bambini e tre donne. Tra loro una madre che stava preparando la colazione ai figli, una ragazza di 12 anni e suo fratello di 11 colpiti dalle raffiche mentre dormivano dentro casa. Caccia israeliani hanno centrato con una bomba un’abitazione nella città di Gaza: i mezzi di soccorso giunti sul posto hanno finora estratto dalle macerie 3 morti. Nel parziale crollo della costruzione sarebbero rimasti feriti anche alcuni bambini. Si tratta del bilancio più pesante dai tempi del ritiro israeliano dalla Striscia, avvenuto nell’estate del 2005. Le vittime sono state 78 negli ultimi quattro giorni.
Dalla Striscia, da mesi controllata da Hamas, oggi sono stati lanciati 44 razzi contro il sud di Israele. Due persone sono rimaste ferite dai Qassam, quattro, che hanno colpito la città di Ashkelon.
L’operazione israeliana è iniziata poco dopo mezzanotte. Carri armati, con la copertura di elicotteri, hanno mosso sul campo profughi di Jalabiya e nella vicina Tufah, nel nord della Striscia di Gaza. A mezzogiorno di oggi, le Forze israeliane di difesa (Idf) si erano inoltrate di tre chilometri nella Striscia. Mentre infuriavano gli scontri tra israeliani e militanti di Hamas e della Jihad islamica, gli abitanti si barricavano in casa e gli imam recitavano versi del Corano dagli altoparlanti dei minareti. "Ci troviamo in mezzo a una guerra totale. Sentiamo sibili di razzi ed esplosioni ovunque", ha raccontato Abu Alaa, 40 anni, contattato telefonicamente dall’agenzia Afp.
Molti fotoreporter si sono trovati nel pieno della battaglia a Jabaliya e un fotografo palestinese è rimasto ferito dalle schegge di un proiettile israeliano. Christopher Gunnes, portavoce dell’agenzia Onu per i Profughi (Unrwa), ha invocato "un immediato cessate il fuoco e l’avvio di trattative politiche che mettano fine ai combattimenti che stanno compromettendo gli interventi umanitari". I responsabili "delle morti di tanti civili devono rendere conto delle loro azioni", ha aggiunto.
Secondo fonti mediche del servizio sanitario di Gaza, la maggior parte delle vittime sarebbero state colpite dal grande numero di razzi lanciati dai velivoli israeliani. Nell’operazione hanno perso la vita almeno 15 militanti di Hamas e della Jihad islamica. Tra loro c’è anche il figlio di un deputato di Hamas, Abdurahman Shihab, membro della brigate Ezzedin al Qassam. Mohammed Shihab era stato eletto parlamentare proprio a Jabaliya nel 2006 come rappresentante di Hamas. Due giorni fa a Gaza era stato ucciso anche il figlio del capogruppo parlamentare di Hamas, anch’egli arruolato nelle milizie Al Qassam.
Da parte israeliana è stato finora reso noto che nei combattimenti sono rimasti feriti in modo non grave cinque soldati. Ma fonti informate riferiscono che due militari sono stati uccisi. Secondo l’emittente araba Al Jazeera i morti tra i soldati israeliani sono cinque.
Si tratta della più sanguinosa operazione israeliana a Gaza dopo molti mesi e giunge dopo un’escalation che nei quattro giorni precedenti aveva causato almeno 66 morti.
Il presidente palestinese Abu Mazen minaccia di sospendere i negoziati di pace con Israele in seguito al deteriorarsi della crisi militare: lo ha riferito a Ramallah il capo dei negoziatori palestinesi Ahmed Qureia. Qureia ha aggiunto che la possibilità di sospendere i colloqui di pace è stata discussa oggi nel corso di un vertice al quale hanno partecipato i leader dell’Autorità nazionale palestinese, ma non ha precisato se sia stata adottata qualche decisione.
Ieri il viceministro israeliano della Difesa, Matan Vilnai, aveva minacciato i palestinesi assicurando che "quanto più aumenta il fuoco dei Qassam e s’allunga la loro gittata, tanto più (i palestinesi) attireranno una shoah più grande, perché useremo tutta la nostra forza per difenderci". L’uso del termine ’shoah’ ha sollevato molte polemiche, e un portavoce del ministro s’è poi affrettato a precisare che il termine era stato usato in senso moderno, di ’disastro’.
* la Repubblica, 1 marzo 2008.
LA CRISI IN MEDIORIENTE
Ancora bombardamenti su Gaza: ucciso un civile, feriti due bimbi. Cortei contro i raid. Pioggia di razzi sul sud del territorio ebraico. Gerusalemme non esclude un’offensiva di terra nella Striscia
Minaccia choc da Israele: «Shoah per i palestinesi»
DI BARBARA UGLIETTI (Avvenire, 01.03.2008, p. 15)
«Gaffe» del viceministro della Difesa Vilnay
Hamas: «Abbiamo a che fare con dei neo-nazisti»
« Più razzi Qassam spareranno, più potente sarà la loro gittata, maggiore sarà la shoah che dovranno subire». Lo ha detto il vice-ministro israeliano della Difesa Matan Vilnay che, in un’intervista alla Radio militare, minacciando una «inevitabile » offensiva in grande stile nella Striscia di Gaza, ha utilizzato proprio il termine «shoah» per indicare le conseguenze cui andrà incontro il popolo palestinese se i miliziani non cesseranno di tirare sullo Stato ebraico.
«Shoah», in ebraico, non significa necessariamente olocausto: indica anche rovina, distruzione, catastrofe. Ed è probabilmente a questo che ha voluto fare riferimento Vilnay. Ma quella parola, difficilmente pronunciata senza riferimenti diretti al genocidio nazista, ha fatto il giro dei media arabi. Gli stessi che da mercoledì mostrano le foto degli otto bambini palestinesi uccisi negli ultimi due giorni dai soldati israeliani (insieme ad altre 23 persone). Vilnay ha cercato di rimediare affidando un «chiarimento» al suo portavoce, Eitan Ginzburg: «L’espressione che il vice-ministro ha scelto viene usata con il significato di “attirare su di sé la catastrofe” », ha spiegato. E pazienza se «catastrofe» rimanda alla «naqba» con la quale i palestinesi indicano il loro esodo da Israele avvenuto nel 1948. A Gaza ormai quelli di Hamas, di fronte a migliaia di palestinesi scesi in piazza per manifestare contro i raid degli ultimi giorni, già dicevano di «avere a che fare con dei neo-nazisti che vogliono ammazzare e distruggere il popolo palestinese ».
Restassero solo sparate inopportune, quelle dell’una e dell’altra parta. Non fosse che ormai si respira un’aria di guerra nella Striscia. Il vice-ministro Vilnay ha detto, insieme a tutto il resto, che l’esercito israeliano «è pronto a fare ricorso a tutta la sua potenza, pur di fermare il lancio di Qassam». E in Israele si fanno sempre più pressanti le richieste dei vari deputati, della destra e della sinistra, per un’operazione militare su larga scala che possa rovesciare i governo di Hamas. Il ministro della Difesa Ehud Barack l’altro ieri l’ha definita «probabile». E il premier Ehud Olmert, che sta cercando di rafforzare la sua credibilità dopo la sconfitta in Libano contro Hezbollah, ci potrebbe pensare. Ne discuterà questo fine settimana con Barack e con il ministro degli Esteri Tzipi Livni. Da Gaza il leader di Hamas, l’ex premier Ismail Haniyeh, ha detto di non temere un’invasione da parte dell’esercito israeliano. «Non hanno forse tenuto sotto occupazione militare la Striscia per 38 anni? », ha chiesto laconicamente. Haniyeh ha anche detto che i razzi «sono solo un pretesto» e che «lo scopo degli israeliani è di costringere i palestinesi a cessare di esigere i propri diritti e a piegarsi alle pretese israeliane».
Di razzi ieri ne sono piovuti ancora molti sul sud di Israele, terrorizzando la popolazione civile. Non solo Qassam, ma anche Katyusha, più potenti, che hanno raggiunto Ashkelon. Nella cittadina di 120mila abitanti sono state predisposte delle sirene di allarme che avviseranno con venti secondi di preavviso dell’arrivo dei missili. Mentre a Sderot, “bersaglio” più facile per i miliziani, un Qassam è caduto vicino alla delegazione dell’ex ministro per le questioni strategiche Avugdor Lieberman, in visita in zona. Nessun ferito.
A Gaza, invece, ancora morti. Un tecnico della compagnia elettrica è rimasto ucciso a Khan Yunis (sud della Striscia) in un attacco aereo israeliano. Altri tre raid, a Jabalyia e Beit Lahya, (nel nord), hanno causato il ferimento di altri quattro civili. Tra questi, due bambini.
Sul tema. nel sito, si cfr.:
ISRAELE E PALESTINA... LA TERRA PROMESSA. UN’INDICAZIONE (1930) DI SIGMUND FREUD.
PENSARE UN ALTRO ABRAMO: GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Una lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla),di Federico La Sala
(...) Ciò che è successo in Sudafrica. Può succedere anche a Gerusalemme... Se l’ho persuasa, e ritiene che nelle cose dette ci sia un granellino di verità, agisca, agisca subito (...)
L’appello:
«Tacciano le armi in Medio Oriente» *
Dopo la strage di Gaza. L’appello urgente contro la violenza in Palestina di un gruppo di personalità della cultura italiana . «Israele oggi assomiglia più a una fortezza che non a una casa», ha detto David Grossman aprendo, tre settimane fa, una cerimonia congiunta di commemorazione delle vittime del conflitto, israeliane e palestinesi, a Tel Aviv, in ebraico e in arabo.
In queste ore a Gaza sangue si aggiunge su sangue. Condividiamo il dolore delle vittime palestinesi. Noi sottoscritti, sostenitori del diritto di Israele ad esistere come stato entro confini legittimi, sicuri e riconosciuti, e ugualmente di quello dei palestinesi ad uno stato indipendente, guardiamo con estrema preoccupazione alle prime conseguenze, letali per le prospettive della pace, dello spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme da parte dell’amministrazione Trump.
Non possiamo tacere di fronte all’uso sproporzionato della forza da parte di Israele. L’uso di armi da fuoco contro civili è ammissibile soltanto se detti civili partecipano direttamente ad azioni ostili, non se varcano o cercano di superare la frontiera con Israele. Vi sono mezzi non letali per contenere e disperdere proteste anche di massa.
Condanniamo la retorica fondamentalista di Hamas che non abbandona il rifiuto di Israele né desiste da una guerra di guerriglia che espone la gente di Gaza alla rappresaglia di Israele.
Chiediamo, soprattutto, che tacciano le armi e si cerchino ora e per il futuro, da parte di tutti, le vie politiche del dialogo, della conoscenza reciproca e della pace in tutta la regione.
Per adesioni: taccianoarmiMO@gmail.com
Assalto israeliano a flotta pro Palestina, 15 morti
Hamas denuncia: è terrorismo di Stato. Portavoce militare di Tel Aviv: fuoco contro noi *
GAZA - Almeno quindici persone della flotta internazionale formata da sei imbarcazioni di attivisti pro-palestinesi che si dirigeva verso Gaza sono rimasti uccisi durante l’assalto di un commando israeliano. Lo ha annunciato la catena televisiva privata israeliana ’10’. La radio pubblica ha riferito che alcuni militari israeliani sono stati feriti. La Cnn turca, invece, parla di due morti e di 30 feriti.
La ’flottiglia’ organizzata da diverse Ong internazionali per portare aiuti umanitari nella striscia di Gaza, sfidando l’embargo imposto da Israele, era partita ieri pomeriggio da Cipro. A bordo delle sei navi con circa 700 attivisti, secondo gli organizzatori, ci sono 10.000 tonnellate di aiuti, tra cui 100 case prefabbricate e attrezzature mediche.
Alcune navi della flottiglia battono bandiera turca e una Ong turca sarebbe uno dei principali organizzatori dell’intera operazione di invio di una flottiglia di aiuti a Gaza sotto assedio. Israele, che nega che a Gaza sia in atto una crisi umanitaria, aveva ripetutamente avvertito che avrebbe impedito alla flottiglia di arrivare a Gaza ma si era offerto di far pervenire a destinazione gli aiuti, dopo ispezione, tramite un valico terrestre. Per Israele, perciò, l’intera operazione è una "provocazione" studiata con l’intento di diffamare la sua immagine agli occhi del mondo.
"Le immagini non sono certo piacevoli. Posso solo esprimere rammarico per tutte le vittime" ha detto il ministro israeliano per il Commercio e l’Industria, Binyamin Ben-Eliezer, alla radio dell’esercito.
ISRAELE CONFERMA MORTI, FUOCO CONTRO DI NOI - Un portavoce militare israeliano ha confermato stamane che un numero non precisato di passeggeri della navi di attivisti filo-palestinesi sono stati uccisi e che altri sono stati feriti nel corso dell’ operazione di abbordaggio delle navi. Ha detto che viaggiatori hanno fatto uso di armi da fuoco e da taglio e opposto resistenza violenta ai soldati. Più di quattro militari sono stati feriti, alcuni in modo grave.
CONVOCATO AMBASCIATORE ISRAELE IN TURCHIA - L’ambasciatore israeliano in Turchia, Gabi Levi, è stato convocato d’urgenza stamani al ministero degli Esteri turco per riferire dell’arrembaggio alla flottiglia di aiuti umanitari e di attivisti filo-palestinesi da parte della marina israeliana. Lo ha annunciato l’emittente privata Ntv dando la notizia di almeno 10 attivisti morti nell’operazione. Intanto, come riferisce la stessa Ntv, decine di persone inferocite si sono già radunate stamani davanti alla residenza dell’ambasciatore israeliano ad Ankara e davanti all’edificio che ospita il consolato di Israele a Istanbul.
FLOTTIGLIA, PER HAMAS ARREMBAGGIO E’ TERRORISMO DI STATO - Hamas ha denunciato stamane a Gaza l’arrembaggio della flottiglia di aiuti umanitari e di attivisti filopalestinesi da parte della marina israeliana, affermando che si tratta di "terrorismo organizzato di stato".
Hamas ha invocato oggi "una intifada (rivolta) dinanzi alle ambasciate israeliane. A parlarne è stato Ahmad Yusef, uno degli esponenti della fazione islamico radicale palestinese a Gaza. Altri portavoce del movimento hanno definito l’accaduto "un crimine internazionale", invitando l’Onu e la comunità mondiale a reagire e ad avviare una inchiesta affinché "i colpevoli siano puniti". A Gaza City, intanto, la gente si sta radunando in strada per una dimostrazione di protesta convocata sia da Hamas sia da altri gruppi radicali come la Jihad Islamica. Fonti locali non escludono un’immediata recrudescenza di attacchi o lanci di razzi verso Israele.
GRECIA ATTIVA UNITA’ DI CRISI - Il ministero degli Esteri greco ha attivato l’Unità di crisi in seguito all’assalto israeliano contro la ’Flottiglia per Gaza’, della quale facevano parte due unità battenti bandiera ellenica, il cargo ’Liberta’ del Mediterraneò e la passeggeri ’Sfendoni’, a bordo delle quali si trovavano cittadini greci e palestinesi. Atene ha indicato di non avere finora notizie ufficiali su quanto accaduto e sulla sorte dei propri concittadini. Secondo attivisti greci a bordo delle unità, citati dalla radio Skai, gli israeliani avrebbero dato l’arrembaggio con elicotteri e gommoni ed avrebbero fatto uso di "proiettili veri". Atene, riferiscono fonti del ministero degli Esteri, ha chiesto al governo israeliano chiarimenti e spiegazioni sull’assalto alla ’Flottiglia’, attraverso l’ambasciata greca. Il ministero degli Esteri ha inoltre contattato l’ambasciatore israeliano ad Atene per chiedergli informazioni dettagliate e assicurazioni sulla salute e la sicurezza dei cittadini greci che si trovavano a bordo della ’Flottiglia’.
TENSIONE FRA ARABI IN ISRAELE - La polizia israeliana ha elevato lo stato di allerta nelle zona del Wadi Ara (60 chilometri a nord di Tel Aviv), dopo che nella città di Um el-Fahem si è sparsa la voce - finora non confermata - che nell’attacco della marina israeliana alla flotta di attivisti filo-palestinesi diretti a Gaza sia stato ferito dai militari lo sceicco Raed Sallah, leader del Movimento islamico nel Nord di Israele, che vive a Um el-Fahem. La radio militare aggiunge che i vertici della polizia israeliana hanno condotto stamane una seduta di emergenza e che continuano a seguire da vicino l’evolversi della situazione nella popolazione araba.
La polizia israeliana ha deciso di chiudere al traffico, per motivi prudenziali, alcune arterie in Israele che passano attraverso zone popolate da arabi, fra cui nel Wadi Ara. In questa zona la tensione è molto elevata dopo che si è diffusa la notizia che un leader islamico locale, sceicco Raed Sallah, sarebbe rimasto ferito in modo grave negli incidenti verificatisi nella ’Flottiglia Ong’. La polizia israeliana ha inoltre deciso di isolare la zona della Spianata delle Moschee a Gerusalemme.
L’allarme di Blair: Gaza al collasso, Israele deve salvare la Striscia
di Umberto De Giovannangeli *
Gaza è sull’orlo del collasso. Migliaia di dipendenti pubblici resteranno senza stipendio, e a prosperare sarà l’«economia criminale», quella legata al traffico delle armi, al mercato nero e al riciclaggio del denaro. Un quadro inquietante, tanto più significativo perché a dipingerlo non sono personalità internazionali, come l’ex presidente Usa Jimmy Carter o il premio Nobel per la Pace sudafricano Desmond Tutu, considerate da Israele apertamente schierate con i palestinesi. Stavolta, a lanciare il grido d’allarme, è una personalità considerata amica dello Stato ebraico: l’ex premier britannico Tony Blair, inviato speciale del Quartetto (Usa, Russia, Onu e Ue) in Medio Oriente. La Striscia di Gaza si trova sull’orlo del collasso, afferma l’ex premier britannico.
In una lettera inviata al ministero della Difesa israeliano, della quale l’Unità ha potuto prendere visione, l’ufficio di Blair sollecita il governo israeliano a stanziare 28 milioni di dollari ogni mese per fronteggiare la grave crisi economica in cui versa il territorio palestinese, controllato dal giugno 2007 da Hamas. Senza questi soldi - rimarca la lettera - l’Autorità palestinese non potrà pagare gli stipendi a migliaia di dipendenti pubblici e le attività illegali - come il commercio sul mercato nero e il riciclaggio di denaro, così come il contrabbando di armi - si espanderanno a Gaza, afferma la lettera. Israele teme però che i soldi inviati per Gaza possano finire nelle mani di Hamas.
La lettera di Blair apre un nuovo squarcio di luce sulla tragedia di Gaza. Gaza, dove il 79% delle famiglie vive da tempo sotto la soglia di povertà (2 dollari al giorno) e non è in grado di provvedere al proprio sostentamento alimentare senza una qualsivoglia forma di aiuto esterno. Gaza, ovvero un territorio ostaggio dell’embargo, che ha peggiorato la povertà e la disoccupazione, reso inefficiente il sistema educativo, messo in ginocchio quello sanitario, distrutto l’apparato produttivo e reso dipendenti dagli aiuti 1,1 milione di persone, l’80% della popolazione. Gaza, dove il blocco israeliano ha fatto schizzare il prezzo della benzina a 5 euro al litro, come non accade in nessun altro posto al mondo. E le prime vittime sono i soggetti più deboli. I bambini - che rappresentano il 56% della popolazione della Striscia - sono quelli più a rischio.
Recenti dati - rileva in un dettagliato rapporto Save the Children - rivelano un aumento esponenziale delle malattie croniche e della malnutrizione tra i bambini con meno di cinque anni che vivono nella Striscia di Gaza. In crescita anche il numero di quelli che soffrono d’insonnia , ansia e diarrea. La percentuale di bambini con problemi di anemia e diarrea ha subito un aumento rispettivamente del 40% e del 20% rispetto allo scorso anno. Altri dati agghiaccianti sono forniti dall’Oms (l’Organizzazione Mondiale della Sanità): il 40% delle donne di Gaza sono anemiche e 1 bambino su 3 è malnutrito.
Alcuni di questi problemi sono strettamente legati alla qualità e alla quantità dell’acqua: ben il 40% della popolazione del territorio, ad esempio, ha accesso all’acqua solo per poche ore al giorno, anche a causa della mancanza di combustibile e pezzi di ricambio per far funzionare la rete di distribuzione, che rischia di collassate in ogni momento. Un sistema fognario inefficiente e l’impossibilità di ripararlo, sottolinea il rapporto di Save the Children, implica che circa 40milioni di litri di liquame vengano scaricati ogni giorno nel Mediterraneo, con il conseguente rischio di epidemie tra la popolazione e di problemi ambientali duraturi.
Come non bastasse, i prezzi proibitivi che benzina e diesel hanno raggiunto sul mercato nero stanno provocando una spaventosa impennata nei costi di produzione (e quindi dei prezzi di vendita) per tutti i prodotti alimentari. Il prezzo del pomodoro è cresciuto del 1000%, arrivando a toccare quasi due euro. Il cocomero costa il 400%, il pesce azzurro (perché anche le barche funzionano a gasolio) il 500% in più. Prezzi folli in un’economia che già prima di questa crisi devastante era al collasso, con una disoccupazione che sfiora il 70%; dei 110mila dipendenti in passato impiegati nel settore privato ben 78mila sono ora senza lavoro; il 95% delle attività industriali sono sospese.
Molti disoccupati hanno provato a reinventarsi un lavoro vendendo frutta e verdura porta a porta, con un asino e un carretto. Ma negli ultimi mesi anche il prezzo degli asini è salito del 60%, così come il costo del loro cibo. L’economia palestinese si configura sempre più come una «economia di baratto». Il Programma mondiale di alimentazione delle Nazioni Unite (Wfp), fissa a 1,60 dollari pro capite al giorno la soglia di «indigenza alimentare»; 1,60 dollari al giorno è il minimo richiesto per una alimentazione nutrizionalmente sufficiente.
A Gaza, centinaia di migliaia di persone non mangiano altro che pomodori e pane. Per quanto riguarda la popolazione anziana, nell’ultimo anni i decessi conseguenti ad un «indebolimento organico irreversibile» (inedia) sono aumentati del 38% rispetto all’anno precedente Questa è Gaza oggi. Se non un lager, certo un inferno, una gabbia isolata dal mondo dentro la quale si consuma la tragedia di un popolo. La lettera di Tony Blair lo ricorda.
* l’Unità, Pubblicato il: 14.10.08, Modificato il: 14.10.08 alle ore 8.50
Gaza, Israele continua l’attacco dopo l’Onu, stop da Washington
Hamas e Fatah si riavvicinano *
Dopo due giorni di cannoneggiamenti e civili uccisi, domenica arriva lo stop anche da Washington all’invasione di gaza da parte dell’esercito israeliano. «La violenza deve cessare e i negoziati devono riprendere», ha dichiarato alla fine il portavoce della Casa Bianca, Gordon Johndroe, preoccupato per lo stop ai negoziati di pace tra Abu Mazen e Ehud Olmert imbastiti a Annapolis sotto l’egida dell’amministrazione Bush.
Gli attacchi israeliani contro la Striscia di Gaza che in 48 ore hanno causato quasi 100 morti e centinaia di feriti, in maggioranza civili, non sono certo un aiuto alla pace. I negoziati tra il presidente Abu Mazen e Tel Aviv sono «morti sotto le macerie», per usare l’espressione del capo negoziatore palestinese Saab Erekat. E Israele è più sola. L’Onu ha infine condannato il «suo sproporzionato uso della forza» - parole del segretario generale Ban Ki Moon al termine di una riunione straordinaria nella notte del Consiglio di Sicurezza - la Ue e la comunità internazionale prendono le distanze, unitamente alla continuazione dei lanci di qassam nel Neghev.
I lanci di razzi Qassam contro Sderot e le altre cittadine israeliane del deserto del Neghev continuano in ogni caso e domenica c’è stato un ferito. In più Hamas e Fatah si stanno riavvicinando. È l’attacco, la strage di civili e bambini, che sta riportando la pace tra le due fazioni contrapposte del popolo palestinese. Il presidente Abu Mazen, con un gesto che negli ochi dei palestinesi ricorda molto il defunto Yasser Arafat, ha donato il sangue per i feriti di Gaza: un gesto di forte natura simbolica.
E il portavoce di Hamas, Taher al-Nunu ha dichiarato che ora, di fronte a questa carneficina e alle manifestazioni di solidarietà scoppiate spontanee anche in Cisgiordania, è indispensabile «formare di un governo di unità nazionale di emergenza per porre fine alle divisioni tra Gaza e la Cisgiordania» Finora tutti gli appelli di Hamas erano caduti nel vuoto, dopo il sanguinoso colpo di mano con cui lo scorso giugno l’organizzazione estromise Fatah, il partito di Abu Mazen, e assunse il controllo dalla Striscia di Gaza.
Tra i morti dell’attacco - compiuto con cannoneggiamenti della città palestinese di Jebalya, con raid di caccia e bombardamenti a Beit Hanoun ieri e rastrellamenti con carri armati e truppe di terra che hanno catturato anche numerosi prigionieri a Erez, domenica- ci sono molti bambini. Due finora i soldati israeliani uccisi dal fuoco dei miliziani palestinesi, sabato. Mentre si registra un palestinese ucciso a Hebron in Cisgiordania durante le manifestazioni di protesta domenicali. Si chiamava Mahmoud Musalameh, e aveva appena 14 anni.
Karen Abu Zayd, Commissario generale dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi ha detto di essere «disgustato dalle violenze che hanno colpito Gaza, dove il bilancio delle vittime civili, soprattutto dei bambini, non cessa di crescere ad ogni ora». Drammatica la situazione degli ospedali della Striscia di Gaza intasati dai feriti e a corto di medicinali e di sangue.
Domenica il presidente israeliano Shimon Peres intervenendo all’ apertura di una campagna per la raccolta di fondi a favore di bambini disabili, Peres, a proposito delle operazioni militari israeliane in corso nel nord della striscia di Gaza, ha detto: «Israele non odia i palestinesi e non intende colpire la popolazione innocente, ma gli abitanti di Gaza, con Hamas in testa, devono capire che la migliore protezione per i loro figli è la fine assoluta del fuoco di razzi su Israele».
Il quotidiano Haaretz riporta una richiesta di chiarimento avanzata dal ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, al collega titolare della Giustizia, Daniel Friedmann, per un parere giuridico sulla legittimità di attaccare case e postazioni civili nella Striscia di Gaza per stanare i lanciatori di razzi.
In attesa di questo valido chiarimento legale, Turchia e Mauritania condannano l’operato di Israele mentre in Libano e in Giordania migliaia di persone hanno iscenato manifestazioni di protesta.
* l’Unità, Pubblicato il: 02.03.08, Modificato il: 02.03.08 alle ore 19.39
MEDIO ORIENTE
Israele: "Pronti a invasione di terra"
Ieri a Gaza i raid e le incursioni hanno provocato sessanta morti
GERUSALEMME. Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha affermato oggi che i comandi dello Stato ebraico sono pronti a lanciare un’ampia offensiva di terra nella Striscia di Gaza. «Non siamo contenti di questo ma non abbiamo paura», ha dichiarato il ministro ai microfoni di Radio Israele. «Ci sono molte valutazioni da fare sui tempi». Secondo Barak, l’ipotesi di una vasta offensiva di terra a Gaza è «reale e concreta».
Strage di civili, 60 morti
Solo ieri, i raid e le incursioni di Tsahal nella Striscia hanno causato la morte di oltre 60 palestinesi. Questa notte è stato bombardato e distrutto il palazzo che ospita l’ufficio di Ismail Haniyeh: il «premier» di Hamas, il movimento al potere a Gaza definito «terroristico» da Israele e Stati Uniti. I vertici dello Stato ebraico presentano l’offensiva a Gaza come una risposta al continuo lancio di missili palestinesi contro obiettivi in territorio israeliano. Questa notte, nel corso di una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha sottolineato come ieri sul territorio israeliano siano caduti 26 razzi lanciati dalla Striscia di Gaza.
Ban Ki-moon: «sproporzionato» l’uso della forza da parte di Israele
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha definito «eccessivo» e «sproporzionato» l’uso della forza da parte di Israele nella Striscia di Gaza. Il numero uno del Palazzo di Vetro - si legge sul sito online del quotidiano Haaretz - è intervenuto nella notte a una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata al recente aggravarsi del conflitto a Gaza. Gli Stati Uniti, in una comunicazione della Casa Bianca, hanno espresso rammarico sugli scontri nella Striscia. «C’è una distinzione chiara - ha affermato il portavoce della Casa Bianca Gordon Johndroe - tra attacchi terroristici con razzi che mirano a civili ed azioni di autodifesa». «Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per la situazione umanitaria a Gaza e nel sud di Israele».
Si incrinano così i colloqui di pace tra Israele e i palestinesi
«Il processo di pace è stato distrutto dall’aggressione e dai crimini compiuti» ha detto Saeb Erakat, uno dei massimi negoziatori palestinesi, «i negoziati sono sepolti sotto le macerie delle case distrutte a Gaza». Il movimento di resistenza islamico Hamas, che a giugno dell’anno scorso assunse il controllo della Striscia con un colpo di mano contro il presidente moderato Abu Mazen, ha denunciato «il silenzio» della comunità internazionale, compreso il mondo arabo. «Il fatto che a Gaza ci siano delle vittime civili non ci rende felici» ha affermato il ministro israeliano della Difesa, Ehud Barak, in una nota, «la responsabilità è di Hamas e di coloro che sparano razzi contro Israele: saranno loro a pagare». Lo stesso presidente Abu Mazen -ha riferito Radio Israele- ha sollecitato il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a convocarsi per denunciare le operazioni israeliane. Hazem Abu Shanab, esponente di Fatah a Gaza, il partito laico che fa capo ad Abu Mazen, ha definito le incursioni israeliane «un vero massacro».
Attesa per la missione di Condoleezza Rice
L’ex primo ministro palestinese e capo negoziatore Ahmed Qureia, ha denunciato il tentativo di Israele di fare naufragare i colloqui di pace rilanciati nella conferenza di Annapolis dello scorso novembre dal premier israeliano Ehud Olmert e dal presidente Abu Mazen. L’acuirsi della tensione rischia di compromettere la missione del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, attesa per l’inizio della settimana prossima in Israele e nei Territori. Ed è forse anche l’obiettivo di Hamas, come ha denunciato Olmert. L’offensiva è iniziata poco dopo la mezzanotte di venerdì, quando carri armati con la copertura di elicotteri hanno mosso verso il campo profughi di Jalabiya e nella vicina Tufah, nel nord della Striscia di Gaza. Molti fotoreporter si sono trovati nel pieno della battaglia a Jabaliya e un fotografo palestinese è rimasto ferito dalle schegge di un proietto israeliano. Il leader supremo di Hamas, Khaled Meshaal, dalla suo esilio a Damasco, ha accusato Israele di «strumentalizzare l’Olocausto» al fine di giustificare ogni sua azione, compresi gli attacchi contro la Striscia di Gaza. «Israele sta esasperando l’Olocausto... Israele lo usa come scudo per fare ciò che vuole», ha detto Meshaal in una conferenza stampa. È nella Striscia di Gaza, ha aggiunto, che si sta consumando «un vero Olocausto».
* La Stampa, 2/3/2008 (7:19)
Ansa» 2008-03-01 21:30
STRAGE A GAZA, DONNE E BAMBINI TRA LE VITTIME
ROMA - E’ guerra aperta nel nord della Striscia di Gaza, dove dalla notte scorsa le forze israeliane stanno combattendo la loro più dura battaglia dai tempi del ritiro unilaterale del 2005. Il bilancio, che si è costantemente aggravato nel corso della giornata, quando è sera registra 49 palestinesi uccisi (tra cui nove adolescenti di età compresa fra 13 e 17 anni e almeno altri cinque civili adulti tre dei quali donne) e oltre 150 feriti, anche in questo caso con molti civili. Da parte israeliana si registrano due soldati uccisi e sei feriti, oltre a cinque civili (due dei quali bambini) feriti dai razzi caduti anche oggi sulla città di Ashkelon. Sebbene la vasta operazione militare condotta con aerei, elicotteri e carri armati israeliani intorno al campo profughi di Jabaliya avesse come obiettivo proprio quello di neutralizzare i lanci di Qassam, di razzi ne sono ugualmente caduti oltre 60. Decine di abitanti israeliani di Sderot di Ashqelon sono stati soccorsi in stato di shock. Fonti palestinesi hanno raccontato che la battaglia è iniziata poco dopo l’una della notte, quando unità speciali israeliane hanno tentato di penetrare nella periferia orientale di Jabaliya. Miliziani palestinesi li avrebbero individuati ed attaccati. A sostegno del commando israeliano sono così intervenuti prima elicotteri da combattimento e poi mezzi corazzati della brigata ’Givati’, che per ore hanno martellato le postazioni palestinesi.
La zona dei combattimenti si trova molto vicina al centro abitato di Jabaliya, e questo spiega il massiccio coinvolgimento dei civili. Il vice ministro della difesa israeliano, Matam Vilnai, parlando alla radio militare ha precisato che quella in corso "é solo una operazione allargata e non può essere considerata come l’inizio di una più vasta invasione". In realtà molti analisti sono convinti che l’incursione di oggi, sebbene abbia assunto dimensioni forse più ampie del previsto, costituisca una importante prova generale per i comandi dell’esercito chiamati a valutare i costi in termini di vite umane in vista di una eventuale rioccupazione parziale della Striscia dopo il ritiro del 2005. Proprio Vilnai ieri, in occasione di una contestata intervista, aveva preannunciato che "tanto più si intensifica il lancio di razzi contro le nostre città e tanto più la loro gittata si allunga, tanto più i palestinesi si espongono al rischio di una ’shoah’ ancora più grande". Il termine ’shoah’, interpretato da taluni come la minacciosa allusione ad un Olocausto, voleva in realtà alludere ad "una catastrofe" che, almeno in termini umanitari, è esattamente quanto si sta profilando. Ma la gaffe ormai era fatta, e oggi il pur moderato presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) non ha potuto fare a meno di ricitarla: "Quello che sta accadendo a Gaza è peggio di un Olocausto", ha dichiarato. Il capo dei negoziatori Ahmed Qureia (Abu Ala) ha poi fatto sapere che sia lui che Abu Mazen stanno vagliando la possibilità di congelare i negoziati di pace con Israele. "Credo che alla fine verranno bloccati" ha detto, dicendosi scioccato dal livello degli scontri in corso a Gaza, e dall’alto numero di vittime civili coinvolte. Abu Mazen ha anche chiesto l’immediata convocazione del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.
L’Autorità nazionale palestinese ha più volte condannato i lanci di razzi Qassam compiuti da Hamas contro le cittadine israeliane, ma al tempo stesso non ha mai mostrato di avallare le dure rappresaglie israeliane lanciate in risposta. Oggi tacere, o tornare ai tavoli dei negoziati mentre la media dei morti in battaglia in questa giornata di inferno è stata persino più alta della guerra nel Libano del sud, rischierebbe di far crollare definitivamente la credibilità di Abu Mazen presso l’opinione pubblica palestinese. La minaccia di bloccare i colloqui di pace almeno apparentemente non impensierisce il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni, che presiede il gruppo dei negoziatori: "Anche se i palestinesi desiderano sospendere i colloqui di pace - ha dichiarato in serata - ciò non avrà alcun effetto sulle decisioni di Israele a Gaza. La necessità di Israele di proteggere i suoi cittadini - ha aggiunto - è sempre stata una condizione di base nelle trattative tra noi e l’ Autorità palestinese".
ABU MAZEN FERMA NEGOZIATI CON ISRAELE TEL AVIV Il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha deciso questa sera di fermare i negoziati di pace con Israele in seguito all’intensificarsi degli attacchi sulla Striscia di Gaza che hanno provocato nella sola giornata di oggi oltre 50 morti palestinesi: lo riferisce il sito del quotidiano israeliano "Haaretz". Non vi è al momento conferma da parte di altre fonti. Secondo il quotidiano, la decisione è stata già notificata dal capo dei negoziatori palestinesi, Ahmed Qurei (Abu Ala), al ministro degli esteri israeliano, Tzipi Livni. In precedenza lo stesso Abu Ala aveva riferito che l’ipotesi di congelare i negoziati sarebbe stata discussa oggi a Ramallah in un vertice fra i ledare dell’Autorità nazionale palestinese.
Striscia di Gaza, incursione di Israele: sono 33 le vittime
Altri tre bambini e molti civili uccisi *
È salito ad almeno 33 vittime il bilancio elle incursioni israeliane di questa mattina a Jebaliya, nel nord della Striscia di Gaza. Lo hanno riferito fonti sanitarie ocali, spiegando che almeno un centinaio le persone sono rimaste ferite. Tra le vittime ci sarebbero anche cinque esponenti di Hamas, il movimento islamico che controlla il territorio dal giugno 2007, e due membri della Jihad Islamica. Tra i civili, secondo quanto appreso dall’agenzia Apcom da fonti palestinesi sul posto, avrebbero perso la vita tre bambini. Almeno 63 sarebbero invece i feriti. I militari israeliani sono intervenuti, con aerei, unità di fanteria e mezzi blindati, alle prime ore del giorno, nella località di Jabaliya e nei dintorni di Al-Touffah. Secondo i testimoni, la grande maggioranza delle vittime è però legata alle operazioni di Tsahal a Jebaliya e Beit Hanoun.
Un portavoce dell’esercito israeliano ha precisato che secondo i soldati che partecipano ai combattimenti, «almeno 15» attivisti armati «sono stati colpiti». Tsahal, al momento, ha confermato solo che cinque soldati israeliani sono stati feriti in occasione dello scontro a fuoco. Da mercoledì sono state almeno 47 le vittime palestinesi.
Israele ha pianificato da giorni una vasta operazione militare nella Striscia di Gaza, in risposta al lancio di razzi Qassam palestinesi contro obiettivi dello stato ebraico. Ancora oggi l’esercito israeliano ha precisato che almeno sei razzi sono stati lanciati contro la città di Askelon, 17 chilometri a nord di Gaza, mentre 15 razzi e proiettili di mortaio hanno lambito il confine fra la Striscia e lo Stato ebraico. Ieri il vice ministro israeliano della Difesa, Matan Vilnai, aveva avvertito che Israele è pronto a utilizzare «tutti i mezzi necessari» per mettere fine agli attacchi palestinesi contro il suo territorio.
L’Egitto ha lanciato un appello alla moderazione a israeliani e palestinesi, accusando l’esercito dello Stato ebraico di «un eccessivo ricorso all’uso della forza» nella Striscia di Gaza, il ministro della Difesa dello Stato ebraico, Ehud Barak, ha scaricato sul movimento integralista Hamas la responsabilità dell’escalation di violenze nel sud di Israele. «Seguiremo la strada della resistenza e della lotta contro l’occupazione militare israeliana, non ci arrenderemo al nemico», ha dichiarato da parte sua Ibrahim Abul-Naja, membro del comando supremo del partito Fatah a Gaza.
* l’Unità, Pubblicato il: 01.03.08, Modificato il: 01.03.08 alle ore 14.27