[...] Chiediamo che il vescovo di Napoli assuma una posizione decisa contro i pogrom avvenuti nella sua città. Chiediamo che tutti i vescovi italiani facciano altrettanto.
Chiediamo che tutte le chiese cristiane e tutte le religioni del nostro paese promuovano una dichiarazione comune contro il razzismo e la violenza e mobilitino le proprie strutture organizzate per sensibilizzare la popolazione contro questo cancro sociale. Il razzismo è una emergenza che interroga innanzitutto i religiosi e le organizzazioni religiose che possono essere le prime a subirne le conseguenze.
Ma chiediamo anche che tutti i partiti democratici facciano dichiarazioni comuni contro il razzismo e la violenza.
Chiediamo a chi ha giurato fedeltà alla Costituzione, al Capo dello Stato innanzitutto e poi al Governo, di rispettare il proprio giuramento [...]
Editoriale
Che nessuno cada nella trappola del razzismo
di Giovanni Sarubbi *
LO abbiamo più volte detto su queste pagine ed è purtroppo accaduto. Il razzismo è diventato un fatto di massa, che coinvolge persone che mai hanno fatto politica attiva e che ora invece sono in prima fila a bruciare i campi rom e a chiedere la loro cacciata dalla propria città e dall’Italia. Ed era facile prevedere che tali fatti sarebbero successi in una città come Napoli, dove più acute ed insopportabili sono le situazioni di degrado non solo ambientale e dove è più facile trovare chi, per pochi soldi, è disponibile a buttare bottiglie molotov su povere baracche di rom, incuranti se tale atto possa o meno provocare una strage.
Si perché anche questo crediamo sia certo. Gli assalti ai campi rom, visto quello che abbiamo potuto leggere sui quotidiani, sono stati premeditati e scientificamente organizzati.
Ed il motivo è semplice e lo abbiamo più volte ripetuto: non è da tutti realizzare bombe molotov, non è da tutti saperle utilizzare, non è da tutti saper usare armi od esplosivi. Non può farlo la casalinga o il pensionato. Per queste cose ci vuole addestramento militare per acquisire quelle capacità tecniche che consentano di portare a termine le operazioni prefisse senza rimetterci la propria vita. E l’addestramento militare si acquisisce o nelle strutture militari dello Stato a questo preposte, o nelle strutture della delinquenza organizzata, che ha proprie strutture militari, mezzi e uomini che non hanno nulla da invidiare a quelle statali. Ma ci sono anche organizzazioni politiche dell’area neonazista che hanno identiche capacità tecniche ed organizzative, messe in mostra nei mesi scorsi in occasione dell’omicidio di un tifoso laziale. Organizzazioni neonaziste sempre pronte a scendere in campo contro i migranti.
In politica noi non crediamo alle coincidenze. Sappiamo che esistono organizzazioni che studiano attentamente quello che accade e programmano iniziative di vario tipo, anche delinquenziali. Non crediamo sia un caso che i fatti di Napoli accadano quando il nuovo governo delle destre assume con il voto di fiducia i pieni poteri e quando si preannunciano provvedimenti legislativi ed azioni dure nei confronti dei migranti in genere e dei rom in particolare. Così come non è un caso che il prossimo Consiglio dei Ministri si tenga proprio a Napoli.
Ciò che è successo in questi giorni ci dice con chiarezza quale tipo di idea politica si vuole promuovere a Napoli e in Campania e quale soluzione si prospetta per la “questione rifiuti”. E ci viene anche il sospetto, vista la rapidità delle azioni che si sono susseguite, che la vicenda del tentativo di rapimento del bambino di pochi mesi che ha dato il via al pogrom a Ponticelli, ex zona rossa di Napoli, sia stato anch’esso organizzato. Saremmo curiosi di conoscere la versione della vicenda fornita dalla ragazza accusata del rapimento. Ma questo forse non lo sapremo mai.
E’ grave che il Governo o il ministro dell’Interno non abbiano fatto alcuna dichiarazione contro la distruzione dei campi rom a Napoli preoccupandosi invece di nominare commissari speciali “all’emergenza rom”, avallando in sostanza ciò che gruppi terroristici, perché di questo si tratta, hanno fatto a Napoli. E’ la fine dello Stato. Da ora in poi ognuno potrà farsi giustizia da se sapendo di trovare l’avallo politico di una destra che ha fatto della questione “sicurezza” il suo cavallo di battaglia. Se passa tale linea i reati che sono responsabilità personale di chi li commette potranno diventare un fatto collettivo, addebitabile alla comunità di appartenenza di chi delinque. Dovremmo così aspettarci che tutti i napoletani siano considerati camorristi, tutti i siciliani mafiosi, tutti i calabresi ndranghetisti, e via barbarizzando. Che nessuno dimentichi che quando si imbocca la strada del razzismo nessuno è più sicuro e tutti prima o poi possono finire nel mirino di chi si sente superiore agli altri. A quando l’instaurazione del coprifuoco o l’obbligatorietà della iscrizione al partito del capo del Governo?
Sono mesi che da questo sito continuiamo a lanciare un appello contro il razzismo che ha raggiunto oggi circa 350 adesioni (Clicca qui per leggere il testo e aderire). Sono mesi che chiediamo alle chiese cristiane e a tutte le religioni di impegnarsi attivamente su tale questione. Non ci stancheremo di rinnovare continuamente questo appello perché il razzismo è come la droga, produce assuefazione, induce a comportamenti criminali, stimola i peggiori istinti dell’animo umano, produce solo lutti e violenze. E la storia che ce lo insegna. Ed è sempre la storia che ci insegna che nessun muro, nessun campo di concentramento, nessuna guerra potrà mai fermare le migrazioni con le quali bisogna invece imparare a convivere, costruendo società accoglienti e pacifiche.
E le società accoglienti e pacifiche sono anche quelle che sono in grado di mettere al centro della propria vita non gli interessi di pochi, non l’ingordigia individuale ma il benessere e la felicità collettiva. E gli ingordi, diceva Alexis De Tocqueville nel 1840, "Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti". Ed infatti le società più violente al mondo, con omicidi e violenze ad ogni ora del giorno, sono quelle dove più forti e disgustose sono le disuguaglianze sociali e i pregiudizi razziali.
Chiediamo che il vescovo di Napoli assuma una posizione decisa contro i pogrom avvenuti nella sua città. Chiediamo che tutti i vescovi italiani facciano altrettanto.
Chiediamo che tutte le chiese cristiane e tutte le religioni del nostro paese promuovano una dichiarazione comune contro il razzismo e la violenza e mobilitino le proprie strutture organizzate per sensibilizzare la popolazione contro questo cancro sociale. Il razzismo è una emergenza che interroga innanzitutto i religiosi e le organizzazioni religiose che possono essere le prime a subirne le conseguenze.
Ma chiediamo anche che tutti i partiti democratici facciano dichiarazioni comuni contro il razzismo e la violenza.
Chiediamo a chi ha giurato fedeltà alla Costituzione, al Capo dello Stato innanzitutto e poi al Governo, di rispettare il proprio giuramento. E la nostra Costituzione al suo art. 3 dice parole inequivocabili non solo contro il razzismo (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”), ma ribadisce anche l’impegno della Repubblica italiana a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
E bisogna farlo ora. Bisogna chiamare il popolo democratico del nostro paese a difendere la legalità democratica e a dire un no chiaro a quanti vogliono trasformare le nostra città in luoghi di scontro con i migranti o le persone marginali o gli appartenenti a determinate religioni.
Queste azioni criminali tendono a confondere le acque, a deviare la discussione dalle questioni vere che sono all’origine della crisi che le nostre società stanno vivendo e che si traducono in disoccupazione e miseria sempre crescente, degrado ambientale e corruzione politica. E all’origine di tali fatti vi è l’aberrante distribuzione delle risorse naturali e la ingordigia di pochi Stati o di pochi gruppi sociali che pretendono di arricchirsi indefinitamente ai danni della stragrande maggioranza della popolazione.
Ingordigia che è alla base della guerra attualmente in corso a livello mondiale e di cui si vuole cancellare l’esistenza e le responsabilità. Guerra che viene pagata sempre e solo dalle persone povere e soprattutto dai bambini che muoiono a centinaia di migliaia.
Che nessuno cada nella trappola del razzismo. Che ognuno si assuma tutte intere le proprie responsabilità innanzitutto di cittadino. Che i capi dei partiti e delle religioni sentano tutta intera la responsabilità che hanno di fronte ai cittadini italiani e all’intera umanità.
* Il Dialogo, Giovedì, 15 maggio 2008
Sul tema, nel sito, si cfr.:
KIT SICUREZZA A CURA DEL MINISTERO DELL’INTERNO - TRIANGOLO NERO
ISTRUZIONI:
RITAGLIA IL TRIANGOLO LUNGO
LA LINEA TRATTEGGIATA.
APPICCICALO SUL PRIMO ROM
CHE INCONTRI E SPEDISCI
IL TUTTO AL LAGER OIU’ VICINO
Quattrocento arresti e decine d’espulsioni in tutt’Italia. A Roma primo blitz dell’era Alemanno in un campo rom, cinquanta fermi. Il decreto sicurezza non c’è ancora, ma dopo le notti di fuoco napoletane l’attacco agli stranieri passa nelle mani della polizia. Maroni prepara misure straordinarie: più poteri ai prefetti, ronde con i militari in città, modifica della legge Gozzini. Ma sul reato di clandestinità Napolitano frena
* il manifesto, 16.05.2008
Il pogrom moderno
di Adriano Prosperi *
"Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case": proprio voi, telespettatori, lettori di giornali, guardate e chiedetevi se sono esseri umani questa donna, quest’uomo e questo bambino che una fotografia terribile ci ha mostrato caricati coi loro stracci sul pianale di un’Ape, in fuga davanti a popoli ebbri di sangue.
Così, con le parole di Primo Levi, avrebbe potuto e dovuto cominciare qualunque reportage sugli eventi di Ponticelli se il giornalismo riuscisse sempre ad avere una memoria lunga e una funzione civile, se non si riducesse talvolta a essere la registrazione muta di orrori quotidiani o la feroce amplificazione di pregiudizi e razzismi diffusi. Là dove si alzano ancora cumuli di immondizia le fiamme consumano ora baracche, materassi e stracci nelle tane dove altri esseri umani hanno trovato un rifugio meno che bestiale.
La parola pogrom è uscita dalle rievocazioni storiche della Shoah per diventare realtà. Non è nemmeno escluso che si possa alla fine scoprire che stavolta - per la prima volta - gli zingari hanno cominciato a rubare bambini, come voleva il pregiudizio di quell’Italia contadina che aveva tanti figli e non conosceva altra ricchezza che la sua prole. Ma c’è un’altra prima volta, questa certa e indiscutibile, che riguarda noi, gli italiani. Da oggi la parola «pogrom» ha cessato di indicare solo tragedie di altri tempi e di altri popoli per diventare la definizione di atti compiuti da folle di italiani.
Dobbiamo capire perché: e non ci aiutano le grida di incoraggiamento alle folle inferocite che giungono quasi da ogni parte politica. Bisognerebbe che qualcuno facesse un esame pacato di quel che è accaduto nelle nostre città e in quella vasta, informe e desolata periferia in cui è stata trasformata tanta parte del suolo della penisola. Come tutti sanno, la mercificazione dei suoli edificabili è stata una fonte essenziale per risolvere i problemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche. Chi doveva pensare a provvedere di luoghi vivibili gli emarginati, gli immigrati, i residui gruppi umani non stanziali, ha fatto tutt’altro. Una frazione crescente di umanità abita oggi in Italia sotto i ponti dei fiumi e delle autostrade, vicino alle discariche, in contesti di discarica obbligata, senza acqua corrente, con stufe di fortuna. Qualcuno forse ricorda ancora altri bambini oltre a quelli «rubati» dai rom - i figli di famiglie rom morti nei roghi provocati da stufe occasionali. E ci sono altre storie che hanno un sapore tristemente familiare: quella del bambino rom che non vuole più andare a scuola perché i compagni lo escludono dal gruppo e dicono che è sporco, che puzza. Anche per gli ebrei dei secoli scorsi si diceva che fossero sporchi e riconoscibili dall’odore: ma lo dicevano coloro che prima li avevano chiusi negli spazi stretti e senza acqua dei ghetti.
Ma il problema in assoluto più grave è un altro: come e perché gli italiani sono diventati razzisti? Come e quando le autorità di governo prenderanno iniziative serie per l’integrazione civile e per la tutela giuridica di tutti gli abitanti del paese? Per ora, si assiste solo a una gara a chi grida di più, a chi trova le parole più minacciose contro gli sventurati, contro i dannati della terra. E’ una raffica di provvedimenti di polizia, veri o ventilati, una gara in cui sono impegnati amministratori locali e poteri centrali di ogni colore e che sarebbe ridicola se non fosse tragica per gli effetti di insicurezza e di violenza che provoca. Siamo già alle ronde. Aspettiamo l’arrivo degli squadroni della morte e delle polizie fai-da-te.
Certo, se lo sguardo si ferma non su quella fotografia ma sulle altre che le fanno dissonante compagnia sulle prime pagine - quelle scattate nelle aule del Parlamento - ci sarebbe di che rallegrarsi. Non più risse nel Palazzo: anzi un venticello dolce di mutuo rispetto tra maggioranza e opposizione, un gusto della correttezza, uno scimmiottamento del perfetto stile anglosassone che fanno pensare a quelle caricature dei nostri vezzi provinciali in cui eccelleva Alberto Sordi. Di fatto nel Palazzo circola un’aria di intesa e di pace che riscalda il cuore: il governo e la sua ombra camminano lungo la stessa linea di luce, come si conviene a un paese che ha una coscienza non più divisa. E tuttavia, è spontaneo per chi ha una memoria lunga riflettere sulla opposizione speculare tra l’Italia nuova, quella della pace nei palazzi del potere e della guerra tra poveri, e l’Italia antica, quella della durissima lotta tra partiti inconciliabili e dello spirito di solidarietà diffuso in una società memore della sua storia e delle sue radici popolari. Oggi il Palazzo e la Piazza appaiono ancora una volta divisi, ma la loro divisione è di tipo insolito e inquietante. Diceva Francesco Guicciardini della Firenze del ‘500 che «spesso tra il palazzo e la piazza c’è una nebbia sì folta o uno muro sì grosso che...tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che si fanno in India».
Oggi ancora una volta la scena italiana è divisa tra il palazzo e la piazza. Ma se allora era il popolo che non vedeva ciò che facevano i potenti nel palazzo, oggi sono i potenti che sembrano non vedere quel che accade nelle piazze e nelle periferie di questo nostro paese. O forse lo vedono: forse il pensiero nascosto dietro tutto quel fair play è che conviene a chi sta sul ponte di comando lasciare che la violenza scatenata dal malgoverno sia incanalata contro i soliti capri espiatori.
* la Repubblica, 16.05.2008
Viktoria Mohacsi, deputata ungherese a Strasburgo ha visitato
i campi romani del Casilino. "Una situazione orribile"
Nomadi, la parlamentare Rom
"Attenta Italia, c’è un brutto clima"
"Questa gente ha paura. Vivono in Italia da decenni senza nessun riconoscimento"
"Arrestate e tenete in galera chi commette crimini, ma evitate la confusione"
di CLAUDIA FUSANI *
ROMA - "Attenzione, c’è un bruttissimo clima. Ricordiamoci cosa è successo negli anni trenta in Europa. La mia relazione al Parlamento europeo su quello che ho visto in Italia racconterà di questo clima. E sarà molto dura". Trentatré anni, minuta, faccia da gitana è proprio il caso di dire, sguardo intenso, anche un po’ triste. Si chiama Viktoria Mohacsi, è rom di origine ungherese e dal 2004 è eurodeputato dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (Eldr). Da quattro anni, con un’altra eurodeputata di origine rom però rumena, ha l’incarico di monitorare le condizioni di vita dei 150 mila gipsy che vivono in Europa. E’ la prova, semmai ce ne fosse bisogno, che è troppo facile e altrettanto sbagliato dire rom quindi zingaro quindi criminale.
Con l’aria che tira in Italia - pacchetti sicurezza, annunci di misure straordinarie, esplusioni di massa, limitazione dello spazio di libera circolazione Schengen, ronde contro gli zingari e molotov contro le baracche - Mohacsi è stata spedita qui da Annemie Neyts-Uytteboeck, leader dell’Eldr di cui fanno parte anche i radicali. L’eurodeputata infatti è accompagnata nella sua visita nella paura rom dal segretario dei radicali Rita Bernardini e dai deputati Marco Beltrandi e Maurizio Turco, eletti nelle liste del Pd. Mohacsi ha visitato il campo nomadi di Castel Romano e nel pomeriggio "Casilino 900", ammucchiata di lamiere lungo la via Casilina di cui anche Francesco Rutelli, in campagna elettorale, aveva annunciato lo smantellamento. Portare le ruspe in quel campo è uno dei primi obiettivi del sindaco Alemanno.
Domani Mohacsi andrà a Napoli "dove mi dicono che la situazione sia peggiore che altrove" e poi lunedì pomeriggio farà il suo rapporto al Parlamento europeo sullo status dei rom in Italia. Viktoria Mohacsi parla un perfetto inglese ma porta con sé un interprete, un giovane di Timisoara. Nei due campi visitati oggi non ci sono stati nei giorni scorsi nè blitz di vigili né pattuglioni delle forze dell’ordine. Sono più o meno legali, se non autorizzati almeno riconosciuti, e ci vivono circa mille e quattrocento persone. "Sono venuta qui - dice Mohacsi - soprattutto per vedere e ascoltare".
In quali condizioni ha trovati i campi?
"Ho visto più di mille persone che vivono in condizioni orribili. Soprattutto nel secondo campo (Casilino 900 ndr) non sono garantite le minime condizioni di igiene e di sicurezza. Non c’è acqua, non c’è corrente elettrica, le persone vivono in baracche fatiscenti, umide, sporche, tutto è assolutamente precario. Sono negati i diritti umani e civili basilari come l’assistenza sanitaria e l’accesso alle scuole. Non esiste nulla di simile negli altri paesi europei".
Cosa le hanno raccontato i rom che vivono in questi campi?
"Hanno paura, molta paura. Sono diffidenti. Anche quando siamo arrivati noi, lì per lì hanno mostrato diffidenza. Si tratta di persone che vivono in Italia da oltre vent’anni, per lo più di origine bosniaca, eppure non hanno documenti e nessun tipo di diritto riconosciuto. Mi è stato riferito che da un paio di mesi sta accadendo qualcosa che non era mai successo prima: almeno due rom sono stati presi dalla polizia, picchiati, portati in cella due giorni e poi rilasciati".
Saranno stati responsabili di qualche reato.
"No, non sono stati accusati di nulla. Semplicemente la polizia è venuta, li ha presi e li ha picchiati. A Castel Romano mi hanno raccontato che di notte girano gruppi di italiani armati di coltello e di pistole e bombe molotov, e così gli uomini del campo si sono organizzati per fare le ronde, tutta la notte fino all’alba".
Quali nazionalità vivono in questi campi?
"Per lo più bosniaci, kosovari, slavi, gente che è qui da decenni. E, ripeto, non hanno ancora un documento di identità o per l’accesso al servizio sanitario".
L’etnia rom conta numerose nazionalità, compresa quella italiana. E quella rumena, sicuramente la comunità più numerosa. E poi ci sono i rumeni e basta, che non c’entrano nulla con i rom. Crede che sia stata fatta un po’ di confusione?
"Un po’? E’ stata fatta molta confusione. Troppa. Qui ora sono gli zingari sono tutti rumeni e comunque sono tutti criminali. Non è così. La responsabilità della politica è proprio questa: aver semplificato il messaggio. Non è affatto positivo per un partito come quello che ha vinto le elezioni in Italia che la campagna elettorale si sia basata soprattutto sul sentimento antirom. Questa non è politica. Crea solo risentimento, incita all’odio, a sparare nel mucchio".
Dopo Roma, andrà a Napoli dove la situazione è, se possibile, ancora peggiore. Saprà, ad esempio, che pochi giorni fa una donna rom è entrata in una casa e ha cercato di portare via un neonato. E che ci sono state le ronde contro i campi. Quale la soluzione?
"Io credo e ho fiducia nella democrazia e nei diritti. In questo ambito va trovata la soluzione. Quindi le regole devono essere rispettate da tutti e chi sbaglia deve pagare. Chi commette un crimine deve essere arrestato. La giustizia italiana deve arrestare chi delinque e tenerlo in carcere. Questa è democrazia. Chi sbaglia paga. Non si può mescolare tutto".
Dirà questo nella sua relazione al Parlamento europeo?
"Anche. Non solo".
* la Repubblica, 17 maggio 2008.