[...] Grazie alla servitù mediatica, si cerca a tutti i costi di insinuare nella popolazione l’idea che l’intera Pubblica Amministrazione sia la disgrazia primaria del paese. Il consenso guidato, se facesse presa, faciliterebbe la sostituzione di servizi pubblici essenziali, come la Sanità e la Scuola, con altri servizi privati, offerti dai mercanti della politica, erogati in ex edifici del demanio svenduti da quei mercanti a loro stessi.
Nulla si è fatto contro la precarietà e nulla di serio ci si accinge a fare! [...]
DISTRUGGERE LA SCUOLA PUBBLICA!!! SOLUZIONE FINALE: TAGLIARE TUTTO!!!
Noi insegnanti precari siamo fortemente delusi dall’inadempienza del governo uscente, che ha incrinato la nostra speranza di metter fine ad una condizione infausta e greve della nostra esistenza: la precarietà. Il ridimensionamento del fenomeno fu eretto a vessillo durante la precedente campagna elettorale, tuttavia l’esito di quell’intenzione si è risolto in un mero passaggio di mano.
L’atteggiamento dilatorio, tipico della politica in merito alle questioni sociali, è l’ignoranza travestita da furbizia con il mantello dell’ipocrisia che ha imposto e impone i continui rimandi ad libitum, un disastro per la pseudostabilità dei precari. E’ l’esternazione dell’incapacità di risolvere i problemi e di maturare una coscienza del disastro sociale compiuto.
Le dichiarazioni sul taglio delle immissioni in ruolo sono il pessimo biglietto da visita del nuovo esecutivo a cui si aggiungono le esternazioni di chi vorrebbe misurare tutto e far corrispondere lo stipendio alla produttività, senza peraltro fornire indicazioni sui controllori e sui metodi di controllo, alla faccia della meritocrazia! Tra gli esponenti del nuovo esecutivo c’è chi dichiara, tra i vari sproloqui, che il criterio addotto per la valutazione della produttività di alcune categorie sarà quello delle pubblicazioni. Ci domandiamo a questo punto se una pubblicazione debba essere il prodotto di un serio lavoro di ricerca o semplicemente un’accozzaglia di idee dettate dallo spirito mercantile.
Siamo invasi dall’immondizia pseudoculturale, risparmiateci questo dramma!
Ci sono settori in cui la produttività e la competitività non hanno alcun senso, poiché potrebbero sortire solo l’effetto di aggravare ulteriormente lo scadimento della qualità e incrementare il pressapochismo.
Ci chiediamo se queste persone hanno mai pensato di applicare la prospettiva aziendale, basata sul connubio produttività - competitività, anche alle loro relazioni familiari, forse in questo modo riuscirebbero a rendersi conto della grandezza del loro delirio.
Non siamo sbalorditi dalle fantasie politiche che circolano in questi giorni - quella dei “fannulloni” è la più ricorrente - perché sappiamo che “chi disprezza compra”. L’obiettivo dei denigratori ipocriti è quello di privatizzare lo Stato. Chi saranno i compratori e i fornitori di servizi? Sempre loro!
Grazie alla servitù mediatica, si cerca a tutti i costi di insinuare nella popolazione l’idea che l’intera Pubblica Amministrazione sia la disgrazia primaria del paese. Il consenso guidato, se facesse presa, faciliterebbe la sostituzione di servizi pubblici essenziali, come la Sanità e la Scuola, con altri servizi privati, offerti dai mercanti della politica, erogati in ex edifici del demanio svenduti da quei mercanti a loro stessi.
Nulla si è fatto contro la precarietà e nulla di serio ci si accinge a fare! Le proposte sul lavoro di Berlusconi & co. contengono solo insensatezze e flatulenze verbali, non risolvono il problema e contemplano solo possibili incentivi alla produttività: la detassazione degli straordinari, un probabile e irrisorio recupero del potere d’acquisto dei salari. La parola stabilizzazione sembra aver assunto la connotazione di volgarità impronunciabile, infatti nessuno ne parla o ne esorta l’attuazione. Assistiamo sconcertati al fragoroso silenzio dei politici e della stampa riguardo al drammatico tema.
Il governo uscente aveva approvato la stabilizzazione di 150.000 precari della scuola in tre anni, è necessario operare affinchè il governo attui il piano di assunzioni senza tagli, non si può acconsentire ad un ulteriore rimando. Le stabilizzazioni si devono fare qui e ora! Stigmatizziamo inoltre l’inerzia mostrata riguardo al tema del riconoscimento della carriera dei lavoratori a tempo determinato e alla loro parità di trattamento; i precari vivono già nell’indefinito, gli si vorrebbe anche disconoscere il servizio prestato?
Per concludere, il popolo precario è composto da una moltitudine eterogenea di giovani e meno giovani, è uno spazio generazionale che si estende dai 23 ai 55 anni e che la politica quotidianamente, con il proprio silenzio e l’inerzia, contribuisce ad estendere. Chiediamo a gran voce uno stop al disastro sociale.
BASTA CON LA PRECARIETA’! NON SI PUO’ PIU’ ASPETTARE.
*
Per un referendum contro la precarietà, si cfr.:
http://www.bastaprecarieta.org/
Aldo Ravasi,
Antonella Sciacca,
Maria Lombardi,
Lucrezia Sini,
Giulio Rosati.
(28.05.2008)
MA A CHE SCUOLA "GIOCHIAMO"?!
Sul tema, nel sito, si cfr:
DISTRUGGERE LA SCUOLA PUBBLICA!!! SOLUZIONE FINALE: TAGLIARE TUTTO!!!
QUIRINALE
Scuola, il monito di Napolitano
"Tagli non colpiscano l’Istruzione"
Il capo dello Stato alla cerimonia di inizio dell’anno scolastico chiede di riformare "sanando squilibri, disparità, disuguaglianze". "Servono investimenti per motivare gli insegnanti" *
ROMA - Il rigore non può privare la scuola del sostegno necessario. Giorgio Napolitano lo ricorda di fronte a 1600 studenti provenienti da ogni parte d’Italia che, con i loro docenti, hanno affollato oggi pomeriggio il cortile d’onore del Quirinale per la festa di inizio dell’anno scolastico. Tra i presenti anche il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. "Sapete che sostengo con convinzione che, nel portare avanti l’impegno comune e categorico per la riduzione del debito pubblico - ha ribadito il capo dello Stato - bisogna riconoscere la priorità della ricerca e dell’istruzione nella ripartizione delle risorse disponibili si deve riformare con giudizio e non solo allo scopo di raggiungere buoni risultati complessivi. Se vogliamo che la scuola funzioni come un efficace motore di uguaglianza e come un fattore di crescita, bisogna che si irrobustisca".
Occorre quindi "riformare con giudizio, sanare squilibri, disparità, disuguaglianze che - ha aggiunto - si presentano anche nell’Istruzione". Inoltre, ha detto Napolitano, servono investimenti per motivare gli insegnanti e occorre "riqualificare coloro che aspirano a un contratto a tempo indeterminato".
L’apertura di questo anno scolastico cade in occasione dell’anniversario dei 150 anni dell’unità d’Italia, ricorda Napolitano, e sottolinea "gli enormi progressi" compiuti anche nel campo dell’istruzione. Negli ultimi decenni, rileva, "abbiamo conseguito notevoli passi avanti anche in termini di percentuale di diplomati e di laureati. Questo ci ha consentito di avvicinarci alla media dei paesi sviluppati, e tuttavia - nota il capo dello Stato - anche se stiamo correndo più in fretta di altri non abbiamo raggiunto i Paesi più avanzati".
Pertanto, prosegue il presidente, "siamo rimasti ancora indietro rispetto a una risorsa fondamentale per affrontare una dura competizione globale". Bisogna agire presto, perché "se in Parlamento e in altre sedi è giusto verificare quel che possa essere fatto" di fronte a una crisi economica che non si sa ancora se sia finita, "allo stesso tempo occorre spingere lo sguardo più lontano, pensare soprattutto all’Italia nella quale voi giovani vi troverete a vivere e vi porrete il problema del lavoro".
Sia chiaro, "di cambiamento c’era e c’è bisogno" ma ci vuole "più qualità, un rapporto più stretto tra istruzione e mondo del lavoro, un maggiore spazio alle competenmze necessarie nelle società contemporanee". Questa, comunque, resta uno dei due aspetti fondamentali della funzione della scuola. L’altro è "essere un luogo di incontro e integrazione", come lo è stato nel corso dei 150 anni dell’Unità d’Italia. "L’Italia unita in cui crediamo", sottolinea con forza Napolitano, alzando il tono della voce.
Nella riforma, ha proseguito Napolitano, "occorre sanare squilibri, disparità, disuguaglianze". Infatti, "la condizione sociale incide ancora sulla possibilità che i ragazzi progrediscano nell’istruzione". Anche se il pericolo più subdolo è un altro: "il vero svantaggio insuperabile è una famiglia che non crede nello studio, che non crede nel merito". E questo può accadere anche nelle classi più agiate. Al contrario, "va costruita in tutti i campi una cultura e una pratica del merito".
Per gli studenti, ma anche per i docenti. "Per elevare la qualità dell’insegnamento - spiega Napolitano - occorre motivare gli insegnanti e chiedere, vero, che abbiano un’adeguata formazione, ma anche offrire loro validi strumenti formativi e di riqualificazione. E su questo, ovviamente, è necessario investire". Nel passato non lo si è fatto, oggi "occorre qualificare e riqualificare coloro che aspirano a un’assunzione a tempo indeterminato". Un accenno, questo, alla questione spinosa dei precari. Non l’unico alla situazione più generale dei docenti. "Mi auguro che gli insegnanti e i dirigenti che abbiano voglia di fare - ce ne sono tanti - trovino il sostegno necessario". Per creare eccellenti studenti che sappiano vincere la competizione internazionale, ma anche "i valori della Costituzione, della storia patria e della crescita civile".
* la Repubblica, 21 settembre 2010
Forse per Gelmini la scuola pubblica è di sinistra?
di Fabio Luppino (l’Unità, 14.09.2010)
Poteva fermarsi alla sottovalutazione bonaria dei simboli leghisti nella scuola di Adro, comunque fatto grave per un ministro. Gelmini ha voluto strafare, denotando protervia culturale e voglia di rivincite antiche quando ha detto che il pericolo vero sono i simboli di sinistra nelle scuole. Sono progressista di formazione, di sinistra ma senza illusioni, scarsamente ideologico, socialdemocratico dentro il Pci.
Ma mi avrebbe molto seccato, fortemente contrariato trovare nelle scuole dei miei figli «simboli di sinistra», così come le pennellate celtiche di Adro, anche di più. Passo in rivista più e più volte quello che vedo entrando in una scuola (perché non si può essere sempre contro per principio), ma ho grandi difficoltà ad accogliere la preoccupazione del ministro. Il crocefisso? No. La foto del Presidente della Repubblica? No, non poteva parlare di quella. I presidi con la porta aperta, a volte? Certo potrebbero generare sospetti, ma di sinistra è un po’ più forte, direi. Bidelli (personale Ata, sì) senza divisa? Certo, qualche decennio fa le avevano, a volte azzurre, a volte nere, ma adesso i soldi non ci sono nemmeno per quelle. No, passiamo oltre.
O forse che siano di sinistra i banchi rotti, i muri scrostati, i bagni non puliti, le palestre senza l’agibilità, la mancanza della carta igienica, le serrande rotte, le porte che non si chiudono e che nessuno aggiusta? Potrebbero, forse, come conseguenza di un modo rivoluzionario di stare a scuola dei ragazzi, al pari della gelatina sui capelli, dei pantaloni portati più bassi delle mutande, dell’orecchino, del piercing, della capacità a volte di fare domande intelligenti...
Ecco, forse ci sto arrivando. Se uno studente sa parlare, pensare, studiare, educato come cittadino consapevole, forse è questo il punto, il problema. Se la scuola Gelmini è di destra, perché la riforma delle superiori tagliando il sapere sta affievolendo i presupposti dell’Istruzione costituzionale, la scuola pubblica, laica, nata per formare, includere, consentire l’ascensore sociale, garantire l’attuazione del principio di eguaglianza è di sinistra.
La scuola, è di sinistra!
Allora, il punto è questo. Avere libri non orientati, insegnanti capaci di destare lo spirito critico, scrivere, formarsi un’opinione libera, non aderire a schemi precostituiti, esercitare obiezione di coscienza grazie ad una approfondita conoscenza delle cose. Tutto questo è di sinistra, forse? Se è così, rivendichiamo che questa sia la scuola, pubblica, e anche non pubblica. Quello che Gelmini e il governo di cui fa parte stanno aspramente combattendo da due anni con geometrica potenza.
La scuola precaria
di Mila Spicola (l’Unità, 13.09.2010)
Metto subito le mani avanti: non sarò obiettiva. Ci sono gli ultimi miei tre anni nella manifestazione di ieri. 12 settembre 2010, appuntamento alla stazione centrale di Palermo, alla volta di Messina, per “occupare lo Stretto” a difesa della scuola, a difesa della Sicilia, a difesa del lavoro. («Emma, ma come cavolo lo occupi lo Stretto? Che faremo? Ci buttiamo a mare?») A difesa di tutto quello di bello e giusto ci venga in testa quando intorno di bello e giusto ne vediamo sempre meno a Palermo, in Sicilia. In Italia. Un ponte, un simbolo: il ponte che non s’ha da fare, quello di cemento e quello che s’ha da ricostruire: la solidarietà.
Ci ritroviamo lì alle 7.30 una domenica mattina, alla spicciolata, e la retorica sparisce all’istante. Ecco Luigi Del Prete, laurea in filosofia, precario napoletano, “emigrato” per amore a Palermo, Dario Librizzi, calato giù dalle montagne madonite, storico dell’arte, precario anche lui, ecco Barbara Evola, la “donna megafono”, e poi a Messina ci aspettano “gli altri”, ci conosciamo quasi tutti: Emma Giannì, di Sciacca, una delle organizzatrici di questa giornata, Claudia Urzì, la pasionaria di Catania, Antonella Vaccaro, che è arrivata con gli altri da Napoli.. E poi..Sul pullman monta la solita discussione: «Voi del Pd» e «Voi del Cps» e «Voi altri di Sel»... per poi finire a litigare ferocemente di valutazione dei ragazzi, di meritocrazia, di formazione permanente dei docenti. La valutazione dei docenti: questo vuole l’opinione pubblica, no? Ma come valutare il merito di un ragazzo e di conseguenza del suo professore? Non sarebbe meglio un rigore estremo nella formazione degli insegnanti, un aggiornamento continuo ma adeguato? Mi replica Luigi. Non gli aggiornamenti astrusi e astratti, ma sulla gestione dei conflitti, sui nuovi linguaggi, sul mondo globale. Siamo gente di scuola noi, precari o non precari, noi sì che possiamo accapigliarci su queste cose, altri, no, vi prego no. Intorno la scuola si sfalda, mentre studiano il pelo della valutazione.
Gli ultimi due anni di proteste solitarie ci scorrono come un sottotesto: «Quanti saremo secondo te?». A differenza delle tante altre volte, ci confortano i pullman prenotati. Cinque da Palermo, tre da Trapani, ogni provincia è coperta. Mi piace l’idea di veder gente nuova, mi piace meno l’idea della “protesta dei precari”. È la scuola che è precaria, lo dico e lo ripeto, ce lo ripetiamo da mattina a sera. Dobbiamo convincere la casalinga di Mestre, mica noi stessi.
Antonella mi racconta che a Sciacca si è formata una classe di prima liceo scientifico di 38 ragazzi con disabile annesso. Ho gli occhiali da sole e non mi vergogno a dire che mi spuntano le lacrime. Anch’io nel 1980 iniziai il ginnasio in una classe di 33, ci siamo maturati in 16 dopo cinque anni. È questo quello che vogliamo? Una bidella, ops, “personale ata”, mi racconta di una scuola con le porte divelte. Nulla di nuovo sul fronte occidentale: ho trascorso un anno intero in una delle mie classi senza porta. Ma a chi frega? La colpa sarà comunque di un insegnante fannullone. Siamo a Messina. Sul molo, di fronte agli imbarcadero. Tanti, tantissimi. A grappoli come in un film di Gianni Amelio. La scuola s’è desta? Resta da svegliare gli italiani.
SCUOLA
I precari bloccano lo Stretto
In tilt il traffico di Messina
In tutto sono oltre quattromila i manifestanti che stanno protestando contro i tagli dei posti di lavoro previsti dal ddl Gelmini. A organizzare l’iniziativa il comitato Insegnanti precari della Sicilia *
MESSINA - Per ora i precari della scuola hanno sbloccato i moli, abbandonando quello degli imbarcaderi del porto di Villa San Giovanni, e sono tornati nel piazzale della stazione per sciogliere la manifestazione. La situazione agli imbarcaderi è dunque, per ora, tornata alla normalità. Alcuni dei manifestanti hanno fatto presente che quella di oggi è stata solo una dimostrazione di ciò che possono fare e che sono pronti a bloccare di nuovo e più a lungo i collegamenti nello Stretto.
Stamattina il comitato Insegnanti precari della Sicilia ha organizzato a Messina l’iniziativa "Invadiamo lo Stretto: un ponte per la scuola". In tutto sono oltre quattromila (non più di 2500 per la questura) i manifestanti che hanno protestato a Messina contro i tagli dei posti di lavoro previsti nel ddl Gelmini. Insegnanti e personale Ata, provenienti da tutte le province della Sicilia, si sono radunati in piazza Cairoli, e tanti precari sono arrivati, per manifestare, anche da Basilicata, Campania e Puglia. Alcuni indossando t-shirt con scritto "Nè farabutti, nè fannulloni, sono lavoratori", e intonando cori come "Vogliamo un solo licenziato: ministro Gelmini disoccupato". Tante le bandiere della Cgil e tante anche le forze dell’ordine.
Una precaria di 25 anni, Claudia Urzì, del coordinamento di Catania, ha spiegato che "quello di oggi è un ponte umano che unisce le giuste rivendicazioni dei lavoratori, contro quel ponte degli sprechi che dovrebbe unire Sicilia e Calabria". I precari chiedono che proprio i fondi per il collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto vengano utilizzati, invece, per la loro stabilizzazione nella scuola. La protesta in Sicilia è stata promossa dalla "Rete dei precari" di Agrigento e vi hanno aderito Flc-Cgil, Cobas, Coordinamento dei precari in lotta e Comitati provinciali, Pd, Idv e Sinistra Ecologia e Libertà, gli studenti medi, l’Udu, il Coordinamento genitori democratici ed una delegazione del Comitato genitori di bambini autistici di Palermo e l’associazione politico-culturale "DeM - Democratici e milazzesi".
Oltre alla cancellazione del provvedimento del governo che prevede la soppressione di 130mila posti, tra docenti e Ata, entro il 2011, i precari chiedono "a gran voce le dimissioni del ministro Gelmini a causa di una politica fallimentare e distruttiva sul settore della conoscenza". Secondo la Flc-Cgil siciliana, che ha aderito alla protesta, "i tagli agli organici sfasciano la scuola pubblica, dividono socialmente il paese allontanando ancora di più il nord dal sud, rompendo i legami sociali e solidali".
All’iniziativa sullo Stretto di Messina ha partecipato anche uno degli ultimi docenti supplenti ancora in sciopero della fame: si tratta di Giuliana Lilli, del coordinamento precari scuola di Roma, che da una decina di giorni porta avanti, realizzando una sorta di staffetta, il digiuno iniziato dai due precari siciliani Giacomo Russo e Caterina Altamore.
* la Repubblica, 12 settembre 2010
Gli scrittori del Campiello e la protesta dei precari
«Chi s’incatena per insegnare ha una passione che va compresa»
Gad Lerner: un dramma sociale, umano ed esistenziale da cui non possiamo distogliere gli occhi
di Roberto Carnero (l’Unità, 05.09.2010)
La protesta dei precari della scuola ha tenuto banco anche al premio Campiello, assegnato ieri a Venezia. È naturale che le sorti della cultura stiano particolarmente a cuore a chi, dei libri, ha fatto la propria scelta di vita. Così nella conferenza stampa della mattinata i cinque finalisti del prestigioso riconoscimento letterario (quest’anno alla sua quarantottesima edizione) non hanno mancato di stigmatizzare l’atteggiamento del ministro dell’istruzione Maristella Gelmini.
Durissimo Gad Lerner, in cinquina con Scintille. Una storia di anime vagabonde (Feltrinelli): «Quello dei 200 mila precari della scuola è un dramma sociale, umano ed esistenziale da cui non possiamo distogliere gli occhi. Sono rimasto basito quando ho sentito la Gelmini affermare che non avrebbe parlato con loro perché, a suo dire, fanno politica. Ma scusi, signor ministro, lei invece cosa fa dalla mattina alla sera? È una reazione che non ha senso. La protesta dei precari non è solo la difesa sindacale, pure assolutamente legittima, di un posto di lavoro. È anche il segnale di un malessere diffuso nella scuola italiana, da troppo tempo penalizzata da tagli indiscriminati».
La critica più forte è che senza risorse e senza investimenti non è possibile offrire un’istruzione di qualità. È per questo che Laura Pariani, finalista con Milano è una selva oscura (Einaudi), da ex insegnante di Lettere in un istituto professionale lombardo, racconta come e perché ha deciso di lasciare la scuola circa una decina di anni fa: «La scuola non mi sembrava più un luogo di formazione e di educazione, ma il regno della burocrazia. Ed è chiaro che se non si investono denaro e attenzione in questo settore così strategico per il futuro del Paese le cose non potranno che peggiorare. Non crescerà la cultura, ma la barbarie. Per questo servono insegnanti motivati. Forse bisognerebbe capire che chi si incatena davanti a Montecitorio per chiedere di poter continuare a insegnare dopo molti anni che lo faceva rivendica anche tutta la passione per quel lavoro».
È d’accordo Gianrico Carofiglio, autore per Sellerio del romanzo Le perfezioni provvisorie, nonché attualmente senatore del Pd: «La miopia di questo governo sta nel pensare che ciò che non produce un reddito immediato, come la cultura, valga poco, cioè non valga la pena investirci troppo. Anzi, si taglia. Invece le cose stanno proprio all’opposto: nei momenti di crisi e di difficoltà economiche generali, è nella formazione e nella cultura che bisogna investire. Come stanno facendo governi più lungimiranti del nostro: in Spagna, Francia, Regno Unito, Germania».
E anche Michela Murgia (Accabadora, Einaudi) sottolinea che la cultura non può mai essere vista come un valore antitetico a quelli economici: «L’ho capito in questi giorni qui a Venezia, parlando con gli industriali veneti che organizzano il Campiello: esempio di un’economia che valorizza la cultura. Cosa che non si può certo dire di Berlusconi, di Tremonti o della Gelmini».
Silvia Avallone, vincitrice del Campiello opera prima con Acciaio (Rizzoli), si spinge ad affermare che se non fosse stato per questo suo fortunato romanzo (tra l’altro, anche secondo allo Strega) probabilmente oggi sarebbe anche lei tra gli insegnanti precari che manifestano in piazza: «Mi sto laureando in Lettere perché da sempre sogno di insegnare nella scuola secondaria. Purtroppo gli amici che si sono laureati in questi ultimi tempi, mentre io rallentavo il ritmo degli esami per scrivere il romanzo, non sono riusciti ad approdare alla scuola, a causa dei tagli agli organici. Mi ritengo fortunata, perché grazie al mio libro sono riuscita a sopravvivere, inventandomi, per così dire, un altro lavoro. Ma mi chiedo che cosa sarà domani. Anche perché non ho rinunciato al mio sogno di diventare professoressa».
NELLE CITTA’
La scuola scoppia, ecco le superclassi
Nei licei anche 35 alunni per aula
Allarme dei docenti: sicurezza a rischio e didattica penalizzata. Superato in molte città il tetto di 27. La Cgil: colpa del taglio dei professori
di SALVO INTRAVAIA e SARA GRATTOGGI *
ROMA - Lezioni al via in aule sempre più affollate. Cresce il numero delle classi "fuorilegge": secondo un decreto ministeriale del 1992, infatti, sono da considerarsi non in regola quelle classi composte da oltre 25 alunni. E per l’anno scolastico in arrivo nelle scuole italiane si arriva ad oltrepassare i 30 studenti per aula fino ad arrivare a trentasette. E la sicurezza? I dirigenti degli uffici periferici del ministero che approntano gli organici fanno finta di non accorgersene perché, in caso di incidente, la responsabilità ricade sul preside. Mentre i docenti si dovranno confrontare con superclassi dove insegnare è quasi un’impresa e gli alunni dovranno mettersi d’impegno per non rimanere tagliati fuori.
Il ministero ha stabilito un limite di 27 alunni per classe, ma quando i resti non consentono di formarne un’altra di almeno 20 il tetto salta. È il caso del liceo Tacito a Roma, dove su sette nuove prime due saranno formate, rispettivamente, da 35 e da 33 studenti. E si può arrivare in vari casi anche a 37 allievi. I numeri dell’anno scolastico alle porte sono più eloquenti di qualsiasi speculazione: tra poco più di una settimana, la scuola italiana avrà 20mila alunni in più dell’anno scorso che troveranno spazio in 3.700 classi in meno. Un giochetto che consente a viale Trastevere di tagliare un bel numero di cattedre.
Ma cosa accade quando il professore entra in una superclasse? Renato Del Noce, insegnante tecnico-pratico di Fisica all’Iti Meucci di Massa, spiega che "quando hai a che fare con classi di 29/30 alunni tutto si complica". "Non ci sono - prosegue - laboratori in grado di ospitare 30 alunni, mancano le strutture adeguate. E - aggiunge - sei spesso costretto a dividere la classe: una parte lavora in laboratorio con me e l’altra metà studia la teoria in classe col collega". Non solo. "Specialmente nelle prime classi composte da ragazzini provenienti da scuole medie diverse - prosegue - tutto diventa più difficile: passi diverse settimane a portare tutti gli alunni allo stesso livello e non è detto che ci si riesca. Può capitare che per mandare avanti la maggior parte della classe non si riescano a seguire i ragazzini con più difficoltà che poi si perdono per strada".
Un problema che si verifica anche in Germania e che sta determinando una fuga verso le scuole private. Nei licei francesi la media è già di 28 alunni. In Italia, sono le sezioni di scuola dell’infanzia e le prime classi delle superiori che rischiano di esplodere.
Alla materna ci si avvia verso i 24 bambini per classe di media, il dato più alto degli ultimi 15 anni. Per trovare numeri più alti occorre andare indietro di diversi decenni, quando in classe c’erano anche 40 alunni. Nel 2009/2010 sono state 28 le province italiane dove il limite di 25 alunni per classe di media è stato superato. Record a Mantova e Pavia con, in media, oltre 27 piccoli per classe. Al classico e allo scientifico le prime scoppiano. Ventinove alunni per classe a Viterbo al classico, e 28 a Reggio Calabria allo scientifico. Valori che si avvicinano a quelli degli anni ’50.
Il decreto del ministero dell’Interno del 26 agosto 1992, "Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica", prevede un "affollamento massimo ipotizzabile" di 26 persone per aula: 25 alunni, più il docente. Con un numero superiore di alunni, se non sono state previste misure particolari, l’esodo in caso di incendio può diventare problematico. Un’altra norma prevede un tot di metri quadri per alunno. "La ministra - spiega Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil - non si rende conto che in queste condizioni manca qualsiasi requisito di sicurezza. I tagli al personale docente hanno fatto aumentare il numero di alunni per classe e quello al personale Ata non garantirà neppure un adeguata vigilanza nei corridoi. Un disastro".
* la Repubblica, 04 settembre 2010
"Non speculate sulla pelle dei ragazzi"
Sulla scuola il monito di Avvenire
"La signora ministro - afferma il giornale dei vescovi - ha affrontato con gagliarda e dunque controversa volontà riformatrice sia l’Università che la scuola. Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto"
ROMA - Secondo il giornale dei vescovi Avvenire il ministro Maria Stella Gelmini ha affrontato la questione del precariato nelle università "con gagliardia", scommettendo molto sulla sua controversa volontà riformatrice. Uscirà domani nel giornale dei vescovi un editoriale contenente un duro monito a chiunque lavori nel mondo della scuola, non ultimo il ministro dell’Istruzione.
"Nell’anno scolastico che sta per cominciare - si legge nell’editoriale - non si guardi ad altri interessi che non siano quelli dei ragazzi, non si sfrutti il loro nome per richieste e pretese, per quanto comprensibili. Non si faccia carriera sulla loro pelle. Il che vale per il ministro, e per ogni adulto che ha una funzione nella scuola". "La signora ministro - continua l’articolo - ha affrontato con gagliarda e, dunque, controversa volontà riformatrice sia l’Università che la scuola. Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto".
Partita sulla quale il giudizio dei vescovi rimane sospeso. "Nonostante gli sforzi e i molti problemi lasciati per strada - spiega l’editoriale - anche quest’anno il panorama dell’avvio del nuovo anno scolastico appare confuso e pieno di ombre". "Speriamo - auspica Avvenire - che prevalga in tutte le parti la buona volontà di salvaguardare l’essenziale e di evitare, anche e soprattutto là dove le condizioni non sono buone, che si esacerbi il tutto, ma si faccia in modo che i bambini e i ragazzi non patiscano maggiore disagio".
"In giro - osserva Avvenire - ci sono un sacco di furbastri che campano sulla e nella scuola e però dei ragazzi gliene interessa assai meno del giusto". Mentre "trattare male la scuola - avverte il giornale dei vescovi - è il reato più grave oggi in Italia", oltre che un peccato ignominioso. E chi lo fa meriterebbe di essere portato davanti ad un "plotone di esecuzione" di ragazzi armati di "pistole ad acqua, elastici, schioppi di legno o mitragliette con i suoni elettronici". Un plotone che, a guardare come vanno le cose "sarebbe schierato dalla mattina alla sera".
La precisazione di Avvenire. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, è intervenuto sul sito del quotidiano sottolineando l’emergere, nelle ultime ore, di "una piccola tempesta di interpretazioni, in dura e preconcetta chiave anti-ministro", di un editoriale pubblicato questa mattina sul giornale dei vescovi dedicato alla scuola. "Un’interpretazione libera - scrive Tarquinio - ma che non sta né in cielo né in terra. Perché il nostro pensiero è chiaro, il ’comandamento’ - insiste - è chiaro: non strumentalizziamo i ragazzi, non usiamoli per i nostri fini". Un messaggio che l’articolo di Davide Rondoni, intitolato "Le orme dei giovani sulla strada della scuola", indirizzava direttamente nell’occhiello agli ’addetti ai lavori’. "Tutti, gli addetti, dal ministro Mariastella Gelmini a ’ogni adulto che ha funzione nella scuola’", precisa Tarquinio. "Siamo infatti abbastanza liberi e sereni - aggiunge il direttore di Avvenire - da intervistare il ministro della Pubblica Istruzione sulla sua ’rivoluzione del merito’ e, contemporaneamente, da registrare e proporre problemi - seri o di sospetta origine ideologica e corporativa - del mondo scolastico che reclamano risposta".
Avvenire stesso smentisce le interpretazioni anti-ministro che sono state date al commento pubblicato oggi e dedicato all’inizio dell’anno scolastico. "Abbiamo indicato il nodo più intricato e la più pressante necessità: ’Salvaguardare l’essenzialè, cioè ’servire’ i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola pubblica italiana, che è insieme statale e paritaria non statale". "Abbiamo chiesto a tutti - ancora con le parole di Davide Rondoni - di non ’trattare male la scuola’. E cioè di non ’usarla per altro motivo’ che non sia quello suo proprio".
* la Repubblica, 03 settembre 2010
L’analisi
I call center delle cattedre
di CHIARA SARACENO *
La scuola non può continuare a funzionare facendo conto largamente su insegnanti precari, il cui contratto è rinnovato annualmente (quando va bene), senza nessuna garanzia non solo per la continuità del rapporto di lavoro ma anche per la continuità didattica.
E per la possibilità di sviluppare progetti formativi di medio-lungo periodo. Se le cifre presentate ieri dal ministro Gelmini - 200.000 precari a fronte di 700.000 con cattedra di ruolo - sono giuste, segnalano un sistema organizzativo che affida il proprio funzionamento per quasi un terzo a rapporti di lavoro, ma anche e soprattutto formativi, senza continuità. È peggiore di quanto avviene nell’industria e si avvicina alla situazione dei call center. Salvo che ciò che produce la scuola non sono automobili o lavatrici, e neppure servizi di informazione. E gli studenti non sono pezzi da assemblare su una catena di montaggio, o clienti cui dare qualche informazione preconfezionata o da smistare ad un altro numero.
Se gli studenti italiani rendono meno in media della maggioranza dei loro coetanei degli altri Paesi, forse è anche per questo: sono più esposti ad un turnover sistematico di docenti, a loro volta poco incentivati ad investire nel conoscere meglio i propri studenti, nel trovare formule di insegnamento efficaci. Perché un anno sono in un posto, l’anno dopo, se va bene, in un altro. Ha ragione quindi la ministra a dire che la situazione non è più tollerabile. Ma ha torto sia nelle cause che individua per questo rapporto abnorme tra precari e regolari, sia nella soluzione che ha trovato, ovvero mandarli a casa con un’operazione di licenziamento (di fatto, anche se formalmente si chiama mancato rinnovo) di proporzioni enormi, che coinvolge, tra l’altro, soprattutto donne.
Se la massa degli insegnanti precari è cresciuta a dismisura, non è innanzitutto, come invece sostiene Gelmini, perché si è fatto un uso clientelare e assistenziale delle supplenze. Piuttosto, analogamente a quanto avviene nell’industria, i vari governi che si sono succeduti hanno trovato comodo, anche con la complicità dei sindacati, utilizzare le supplenze come tappabuchi organizzativi, anziché procedere ad una seria programmazione del reclutamento e della mobilità degli insegnanti. Per cominciare a sciogliere questi nodi occorre innanzitutto distinguere i due aspetti della questione: quello dell’organizzazione scolastica e in particolare della offerta formativa, e quello dei lavoratori che dopo anni di precariato di colpo si trovano senza lavoro.
A sentire le parole della Ministra, sembra che la riduzione del numero degli insegnanti avrà l’effetto miracoloso di rafforzare la qualità dell’insegnamento. Se è vero che la situazione precedente era lontana dall’essere soddisfacente, non è chiaro tuttavia come la riduzione tout court degli insegnanti possa di per sé produrre effetti positivi. Insieme alla razionalizzazione delle risorse e alla riduzione degli sprechi, occorre procedere a una verifica sistematica dei problemi formativi e delle loro cause.
Ad esempio, i risultati del test INVALSI confermano la necessità di un fortissimo investimento nei servizi educativi il più precocemente possibile e per un tempo scuola di qualità ampio, per contrastare handicap sociali e ambientali. Invece le regioni meridionali sono quelle in cui ci sono meno nidi di infanzia, in cui le scuole materne sono spesso ancora a tempo parziale e il tempo pieno alle elementari è pochissimo diffuso. Analogamente, i più alti tassi di fallimento scolastico negli istituti tecnico-professionali (frequentati di norma dai figli delle classi sociali più modeste) rispetto ai licei dovrebbero indurre non solo a un rimaneggiamento delle materie, come è avvenuto con la riforma delle superiori, ma ad una politica di sostegno ai processi di apprendimento.
Tutto ciò non risolverebbe automaticamente la questione dei precari che rischiano di perdere il loro posto di lavoro, anche se in parte ne conterrebbe il numero, avviando un percorso di regolarizzazione che li faccia uscire, appunto, dalla precarietà. Tuttavia, se non tutti possono essere assorbiti, il ministero, lo Stato, non può lavarsene le mani come se non fosse un problema da esso stesso creato. L’accesso a un incarico annuale non è un diritto. È, dovrebbe essere, un diritto, un sostegno al reddito decente e l’accesso a opportunità di ricollocamento.
È vero che ci sono problemi di bilancio. Altri Paesi tuttavia, pur con performance scolastiche migliori, hanno tagliato su molte cose, ma hanno aumentato le risorse per la scuola, intendendole come investimento nel futuro. Da noi invece si taglieranno un po’ di stipendi per pagare la carta igienica.
* la Repubblica, 03 settembre 2010
"Calpestati 14 anni di sacrifici per loro siamo solo dei numeri" Caterina, in ospedale dopo otto giorni di sciopero della fame: "Pur di lavorare ho accettato di lasciare mio marito e tre bambini e di andare a Brescia. Ora tutto viene cancellato"
di MARIA NOVELLA DE LUCA *
ROMA - "Sono figlia di un agricoltore e ho l’orgoglio di essere diventata maestra elementare. Ai miei tre figli ho insegnato il rispetto e la passione per la scuola, ho lavorato nei quartieri a rischio di Palermo, dove i bambini bisognava andarli a cercare nei vicoli e nei cortili per farli entrare in classe e "rubarli" alla criminalità che li assolda e li sfrutta. Pur di lavorare ho accettato di lasciare mio marito e i miei tre figli e di andare al Nord, in una scuola di Brescia, vivevo in una stanza d’albergo, cucinavo in un angolino, dei 1300 euro di stipendio non rimaneva nulla, ma non importa, ripartirei domani... E adesso questi 14 anni di precariato vengono cancellati, calpestati da un ministro che si rifiuta anche di incontrarci. Sì, lo so, corro un grave rischio a continuare lo sciopero della fame, soffro del morbo di Crohn e i medici sono stati chiari. Ma qui in gioco c’è il futuro di migliaia di famiglie, dei nostri figli e della scuola pubblica. Come può questo governo essere così cieco e sordo?"
Distesa su una barella del Pronto Soccorso dell’ospedale "San Giovanni" di Roma, Caterina Altamore, 37 anni, insegnante precaria di Roccamena provincia di Palermo, all’ottavo giorno di digiuno, racconta la sua battaglia, la durezza delle ultime settimane, il presidio davanti a Palazzo Chigi, "in tenda, con i topi che si infilavano dappertutto, le notti improvvisamente diventate fredde" fino alla delusione di ieri, dopo il rifiuto secco della Gelmini, "no, non incontrerò i precari". Un muro. Una barriera. "Per loro siamo numeri, roba da niente", mormora. E aggiunge: "Il ministro dice che siamo politicizzati? La sfido a dire qual è la mia tessera".
Poi nel pomeriggio il malore, la corsa in ospedale con il 118, ma Caterina è una donna forte, decisa, occhi scuri fermi e diretti, mentre attende che la flebo di glucosio le restituisca le forze risponde al telefono, rassicura tutti. La sorella da Palermo, il marito Angelo Moscatelli, i colleghi: "Sto bene, sto bene, adesso torno al presidio, non vi preoccupate...". Anche lì in corsia si accende la solidarietà. Pazienti, infermieri: "Stanno distruggendo la scuola, resistete".
Caterina Altamore ringrazia, sorride, anche se il foglio di dimissioni non lascia dubbi: "Deve riprendere ad alimentarsi il prima possibile" scrivono i medici. Ma Caterina, ormai il simbolo di questa protesta durissima che sta saldando Nord e Sud contro i tagli che hanno espulso dal mercato del lavoro migliaia di insegnanti, va avanti. "Lo faccio per i miei figli, a cui ho comunicato l’orgoglio per lo studio e per il sapere, e infatti hanno la media del 10. Ma lo faccio per i ragazzi di tutta Italia, a cui questi tagli travestiti da riforma stanno togliendo il diritto costituzionale ad avere una scuola pubblica che funzioni, e non con classi di 40 alunni e le aule fatiscenti. Lo faccio per quei bimbi del "Capo" di Palermo, quelli che avevo in classe, e che senza tempo pieno resteranno per strada, in attesa di diventare soldati della mafia. E per noi, vite da precari, disposti a tutto pur di fare gli insegnanti, anche appunto a lasciare i miei tre bambini in Sicilia e andare in Lombardia".
Nuovi migranti tra i migranti, e in gran parte donne, aggiunge Caterina. "Perché non è vero che la gente del Sud non si muove, non si sposta. A Brescia l’esperienza è stata bella e importante, lì ci sono ricchezza, strutture, ma il taglio di fondi sta demolendo anche quel mondo. Un anno di viaggi e di valige, di nostalgia, e meno male che a casa c’erano mia madre e mia suocera...". La famiglia appunto. Un punto fermo per Caterina, cattolica praticante, che si è sposata a 21 anni, e poi con Angelo ha fatto tre figli. "Ma non ho mai saltato una supplenza, ogni volta che mi è stato dato un incarico l’ho portato fino in fondo, e ancora oggi ho lo stesso entusiasmo, credo davvero che le cose possano cambiare, la gente se ne sta accorgendo, certo la cosa assurda è che per parlare di scuola pubblica ci voglia il gesto estremo dello sciopero della fame".
Dimessa dall’ospedale Caterina torna al presidio davanti a Palazzo Chigi. Il referto sotto il braccio. L’avvertenza di smettere il digiuno e di bere il più possibile. Il morbo di Crohn è una malattia grave, provoca ulcere e lesioni interne. "Senza lavoro per me sarà anche più difficile curarmi, la Sanità in Sicilia è così distrutta che spesso devo utilizzare le strutture private e una colonoscopia costa anche mille euro". Un velo di tristezza, di preoccupazione. Ma è un attimo. Caterina torna allegra. "Meno male che da ieri sera è arrivato il camper della Cgil. Ora la notte sarà meno dura". Ad aspettarla lì, come ormai da giorni, gli altri colleghi con cui condivide lo sciopero della fame, Giacomo Russo e Salvo Altadonna. "Quanto andrò avanti? Fino a che non avremo delle risposte, fino a che le forze me lo permetteranno. I miei figli? Lo sanno e mi sostengono. Mio marito? E’ preoccupato, ma sa che io non mi fermo. Non posso. Corro un rischio, è vero, ma è una battaglia di civiltà". (ha collaborato salvo intravaia)
* la Repubblica, 03 settembre 2010
Precari, Gelmini: ok confronto, no strumentalizzazioni
ROMA - Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini si dichiara "disponibile al confronto sul precariato e con i precari, ma solo se si tratta di ragionare in un clima costruttivo e su dati veri. Quando invece il disagio viene strumentalizzato per fini meramente politici, allora sottraggo non tanto la mia persona, ma l’istituzione a questo passaggio’’.
A proposito del disagio dei precari, il ministro Gelmini in conferenza stampa a Palazzo Chigi per l’avvio dell’anno scolastico, lancia anche un appello ’’a tutte le forze politiche affinché non venga strumentalizzato’’. ’’Sono disponibile a un incontro con i precari quando vedrò che la nostra azione a sostegno anche dei precari sarà giustamente considerata e poi anche quando verificherò che gli accordi con le Regioni verranno adeguatamente presi in considerazione" spiega il ministro, chiarendo che "se si preferisce l’indennita’ di disoccupazione alle possibilità che si aprono con gli accordi regionali’’ allora c’e’ qualcosa che va verificato.
Per il ministro Gelmini, ’’200mila precari sono il frutto di decenni di politica in cui si sono distribuiti posti che la scuola non era in grado di assorbire. Se si vuole far passare l’idea che 200 mila precari sono frutto della Finanziaria e dell’azione del governo Berlusconi, allora non sono disponibile. Non sono disponibile a prestare il fianco agli attacchi al governo che può essere anche legittimo, ma noi andiamo avanti a lavorare’’.
* la Repubblica, 02 settembre 2010
Affamati di lavoro
Senza cibo i precari della scuola
Da 15 giorni in sciopero della fame davanti a Montecitorio
di Caterina Perniconi (il Fatto, 02.09.2010)
La cosa peggiore non è la fame, ma la notte”. Dormono in tre in una piccola tenda davanti a Montecitorio. Forse domani arriverà un camper dove potranno riposare meglio. I precari della scuola di Palermo che hanno dato il via a una forma di protesta estrema, che sta contagiando i loro colleghi in tutt’Italia, sono al 15esimo giorno di sciopero della fame. Giacomo Russo, dopo il ricovero di ieri, è di nuovo in piazza. Ha il volto scavato, ma non demorde: “La mia residenza è questa per ora. Voglio avere delle risposte, sapere secondo loro come dovremmo campare tutti noi che abbiamo investito più di dieci anni nella scuola. Stiamo cercando di formare un coordinamento stabile di precari. Perché se precario significa ‘prima di’, il dopo non può non arrivare mai. Mi vergogno di essere contento di non avere ancora una famiglia da campare”. Cinque giorni fa a Giacomo Russo e Salvo Altadonna, si è aggiunta Caterina Altamore. Lei una famiglia ce l’ha eccome. Trentasette anni, precaria da 14, tre figli, viso da bambina incorniciato da lunghi capelli ricci. Lo scorso anno ha dovuto lasciare la famiglia in Sicilia, dove non avrebbe avuto un incarico annuale, per andare ad insegnare in una scuola primaria di Brescia. Lì, dove è stata inserita al fondo della graduatoria, ha preso comunque una cattedra sulle sponde del lago d’Iseo. Ha vissuto per un anno nella stanza di un residence, a 450 euro al mese, perché gli appartamenti in quella zona sono troppo cari per lei. “Ho deciso in viaggio, venendo a Roma, di fare lo sciopero della fame. Ho una patologia che me lo impedirebbe. Ma secondo il medico non dovrei nemmeno affaticarmi e stressarmi. E siccome è un anno che non faccio altro, allora tanto vale che la mia salute sia al servizio della scuola pubblica italiana”.
Trascorrono la giornata in piazza Montecitorio. La polizia passa continuamente, li osserva, li capisce. Transitano anche gli uomini della questura: “Siamo insegnanti, non siamo pericolosi” dicono i precari. “Forse siete pericolosi proprio perché siete insegnanti” rispondono loro. Hanno ragione. “Un popolo istruito e in grado di fare delle scelte spaventa - dicono i precari - noi siamo qui per avere delle risposte, non vogliamo aggredire nessuno, neanche il ministro, vogliamo solo dialogare. La Gelmini dice di aver fatto una buona riforma, ecco venisse a spiegarci dove lo è, siamo disposti ad ascoltarla”.
INTANTO OGNI giorno a piazza Montecitorio arrivano nuovi precari che portano la loro solidarietà, ma anche studenti e professori. Lasciano messaggi su un quaderno verde, il colore della speranza. E poi arrivano i politici. Tutta l’opposizione ha firmato un documento a sostegno dei precari dove s’impegna ad atti concreti per ridurre i tagli fatti con la 133. In calce i nomi di Antonio Di Pietro, Vincenzo Vita, Mario Barbi, Marco Rizzo, Cesare Salvi, Alba Sasso, Stefano Pedica e molti altri. “Lo vedete? C’è tutto il centrosinistra. É per questo che vorremmo vederli uniti a lottare per la nostra causa”.
NEL FRATTEMPO le procedure di assegnazione delle cattedre sono in ritardo, e 35 mila persone quest’anno non avranno un incarico, tra docenti e personale tecnico-amministrativo. “A una manciata di giorni dall’apertura delle scuole, migliaia di cattedre sono vuote e decine di migliaia di precari sono senza contratto - spiega Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Partito democratico - mentre il governo pensa solo a leggi ‘ad personam’ e agli interessi del premier. Se la scuola pubblica è, come hanno immaginato i nostri padri costituenti, strumento di uguaglianza e libertà del nostro Paese, le forze democratiche che siedono in Parlamento, alla riapertura delle aule, concentrino la loro azione politica per salvarla dal massacro del governo”.
Lo stesso che chiedono i precari in piazza, disperati. Consapevoli però di aver aperto un processo a catena che sta coinvolgendo i loro colleghi in tutt’Italia. Da Pordenone a Benevento sono ormai decine i lavoratori della scuola che hanno deciso di rinunciare al cibo e alla salute in nome di un diritto, sotto lo slogan: “Affamati di cultura e di dignità”.
Scuola, davanti al Provveditorato
lo sciopero della fame dei precari
La protesta in via Ripamonti. "Dormiamo in tenda fino a quando non saranno cancellati i tagli"
di FRANCO VANNI *
Non mangeranno per "almeno tre giorni" in segno di protesta "una politica che sta uccidendo la scuola pubblica, creando disoccupati e facendo a pezzi l’offerta didattica". Sono quattro i giovani insegnanti precari che allo slogan "siamo affamati di dignità" hanno deciso di vivere di sola acqua. Si sono accampati di fronte al provveditorato, in via Ripamonti, a Milano. Dormiranno in tenda o in camper, fino a quando "il governo non cancellerà i tagli alla scuola pubblica". Sono supplenti che, per effetto della riduzione del numero delle cattedre, non hanno riconfermato il posto dello scorso anno.
La protesta davanti al Provveditorato
Le operazioni di nomina degli insegnanti precari sono ancora in corso: nella migliore delle ipotesi da settembre faranno qualche supplenza, oppure resteranno a casa. Il colore della protesta è l’arancione. "La scuola è al collasso e noi insegnanti precari ne subiamo le conseguenze più gravi - dice Miriam Petruzelli, 34 anni, insegnante di sostegno in attesa di nomina e rappresentante del Movimento scuola precaria di Milano - Rifiutare il cibo è un atto estremo, ma non si può più aspettare".
Gli altri tre docenti che hanno cominciato lo sciopero della fame sono Cristina Virardi, 29 anni, Alessandro Risi, 37 e Davide Bondesan, 28. "La nostra - spiegano in un comunicato - è una protesta non solo per rivendicare il nostro posto di lavoro, ma anche e soprattutto per difendere la qualita’ della scuola pubblica". I docenti in protesta, che hanno ricevuto la solidarietà di sindacati Cub Scuola e Flc-Cgil, si oppongono anche agli ammortizzatori sociali che lo scorso anno la Regione aveva garantito a 1.200 precari rimasti senza posto: "Non vogliamo l’elemosina - dicono - vogliamo solo lavorare in modo dignitoso".
* la Repubblica, 01 settembre 2010
La protesta dei precari è iniziata a Palermo e si è trasferita a Roma. Uno di loro è finito in ospedale
Ma altri si stanno aggiungendo in tutta Italia. Il sostegno dei parlamentari di opposizione
L’ultima spiaggia dei prof: lo sciopero della fame
A Benevento come a Salerno. A Pordenone come a Milano. Il digiuno monta tra i precari della scuola. La protesta si sta diffondando come un contagio in tutta Italia. La riforma Gelmini ha messo in ginocchio la Scuola.
di Mariagrazia Gerina (l’Unità, 01.09.2010)
Sono saliti sui tetti. Sono scesi in piazza, con studenti e genitori. Si sono incatenati. Adesso, la nuova frontiera della scuola, alle prese con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, è lo sciopero della fame. I primi a varcarla sono stati tre insegnanti palermitani. Ma la protesta a colpi di digiuno si sta diffondendo come un contagio in tutta Italia tra i precari della scuola che si preparano a un anno di disoccupazione annunciata.
A Benevento, dove gli insegnanti hanno occupato un asilo abbandonato. E due di loro, Daniela Basile e Monica Sateriale, sono già al settimo giorno di sciopero della fame. A Pordenone. A Salerno, dove i precari, insegnanti e non, stanno organizzando i pullman per andare a contestare oggi il ministro in visita ad Ariano Irpino. Il 14 settembre, proveranno a riconsegnare in massa al presidente della Repubblica, in visita a Salerno, le loro tessere elettorali, in segno di protesta. «Non ci importa di votare se lo stato non si accorge di noi». E poi lo sciopero della fame: «A staffetta per coinvolgere tutti».
Come a Milano, dove i precari di vari coordinamenti si sono dati appuntamento davanti al Provveditorato per questa mattina. Ce ne sono già cinque pronti a iniziare il digiuno. Un tam tam che si moltiplica proprio nel giorno in cui uno dei pionieri palermitani, Giacomo Russo, 31 anni, al suo quattordicesimo giorno di digiuno, ieri, ha mostrato i primi segni di cedimento. Un calo di pressione, che lo ha colto durante il presidio, che va avanti ad oltranza davanti a Montecitorio.
RIDATECI IL LAVORO E LA SCUOLA
Mentre al Santo Spirito cercano di reidratarlo con le flebo, lo spreco e la rabbia che sta montando in tutta Italia, li racconta Caterina Altamore, 37 anni, palermitana anche lei, al quinto giorno di digiuno e di presidio davanti a Montecitorio: «Ho studiato, credo nel mio lavoro e nella scuola pubblica, quattordici anni fa, quando ho ricevuto il mio primo incarico, in una scuola elementare del Capo, quartiere difficile di Palermo, mi sono detta “finalmente faccio la maestra” e poi “vedrai, fatica qualche anno ti assumeranno”, ecco, adesso, 14 anni dopo, lo Stato non mi può dire “non mi servi più”», Caterina non è una che si arrende, Il lavoro non c’è, Ma lei si aggrappa a quello che resta. Lo scorso anno ha fatto le valigie e se ne è andata a prendere supplenza a Brescia, lasciando a Palermo, il marito e i tre figli. E farà così anche quest’anno. Destinazione, Palazzolo sull’Oglio. «In Sicilia mi offrivano solo con il salvaprecari di stare a casa a fare la casalinga in attesa di una chiamata che non verrà, ma io non voglio l’elemosina, voglio la scuola per cui abbiamo lottato, non quella che è costretta a rinunciare a tutto, al tempo pieno, alle ore di insegnamento e anche alla carta igienica. In Sicilia come a Brescia».
Montecitorio è deserta. Solo i parlamentari di opposizione fanno la spola tra il presidio e l’ospedale dove è ricoverato Giacomo, che, nel pomeriggio si fa dimettere per tornare a protestare: «Nessuno vuole passare per protagonista ma se ci mettiamo tutti insieme il paese reale siamo noi». Arriva Ignazio Marino. Arrivano Francesca Puglisi e Vincenzo Vita. Iparlamentari del Pd sono pronti a iniziare lo sciopero della fame a staffetta. Anche Di Pietro porta il sostegno dell’Idv. Come gli altri firma la pergamena dei precari. Contiene l’impegno a battersi per due cose. La restituzione di 8 miliardi di tagli decisi con la legge 133. E l’assunzione dei precari già in graduatoria. «Siamo di fronte al più grande licenziamento di massa della storia italiana, la scuola sarà al primo posto del nostro porta a porta», dà voce alla protesta Bersani dalla Festa del Pd. I precari della scuola sono arrivati anche lì. Solo la Gelmini non si accorge di loro. È lei che Giacomo e Caterina chiedono di incontrare in un confronto pubblico sulla riforma e sulla scuola. «Basta autoritarismo. il ministro li ascolti», rilancia il loro appello anche la Cgil: «Il governo non può mostrare solo disprezzo e disinteresse».
I precari della scuola all’opposizione: unitevi per noi
di Caterina Perniconi (il Fatto, 01.09.2010)
“Se non siete uniti non ci aiutate”. Una richiesta disperata all’opposizione è quella partita ieri dai precari che protestano davanti a Montecitorio con lo sciopero della fame. “Avete firmato tutti il documento a nostro favore, dai Comunisti italiani all’Udc, allora si può sapere come mai sulle cose importanti, su cui siete tutti d’accordo, non vi mettete insieme? A noi servite tutti, la maggiore opposizione possibile”. Seduto davanti a loro c’è il leader dell’Idv Antonio Di Pietro. Cerca di spiegare che lui si opporrà con tutti i mezzi ai tagli indiscriminati alla scuola fatti dal governo Berlusconi. Ma a loro non basta. Chiedono di più: “Se non si realizza un fronte comune, non otterremo risultati”. Gli scioperi della fame contro i tagli che quest’anno lasceranno a casa circa 20 mila docenti e personale tecnico-amministrativo continuano in tutta Italia. Ieri Giacomo Russo, uno dei precari palermitani che animano il presidio romano è stato ricoverato all’ospedale Santo Spirito di Roma a causa del grave stato di disidratazione riscontrato dal medico in visita alla tenda. “Ho trovato Giacomo Russo gravemente disidratato - ha dichiarato il deputato del Pd Ignazio Marino dopo una visita in ospedale - ma fortemente motivato a non desistere. É inaccettabile che questo governo volti la testa dall’altra parte di fronte a chi ha nelle sue mani la formazione dei nostri figli e chiede solo lavoro e dignità”.
NIENTE CIBO anche per cinque precari lombardi che protestano contro il taglio di 3 mila cattedre, di cui 1.200 a Milano. Stessa situazione a Benevento, dove la figlia di una precaria della scuola, che sta proseguendo lo sciopero della fame da sei giorni, ha preso carta e penna per raccontare la sua disperazione: “Mia madre - scrive Gaia Russo - sta rischiando per voi, perchè toccherà anche agli altri impieghi di lavoro, e i tagli non ci saranno solo sulla scuola. Una lettera di una ragazzina non credo farà molto notizia, ma per me conta, perchè io lascio mia madre a dormire in una tenda ogni notte, e mi sento impotente. Vedo la sua fiamma ancora viva dentro di se, leggo la sua determinazione negli occhi, ma la stanchezza sta prendendo il comando e nessuno si interessa di lei, viene trattata come una criminale”. Perché ci sono figlie e figlie. Quella di Mariastella Gelmini, nata il 10 aprile scorso “immagino che avrà una lavagna interattiva multimediale. Il grembiule. L’e-book. Un maestro unico preparatissimo” dice la mamma ministro. Parlando probabilmente di una scuola privata costosissima. Perché negli istituti italiani mancano i soldi anche per la carta igienica, figuriamoci per l’e-book.
“NON SI PUÒ rischiare la vita per questo governo - ha dichiarato la responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi - siamo disponibili a iniziare uno sciopero a staffetta con i nostri parlamentari e amministratori a sostegno della battaglia dei precari per una scuola pubblica di qualità. Chiediamo che il governo ritiri i tagli della legge 133 e assuma gli insegnanti che servono per coprire le cattedre vacanti, per dare le risposte di sostegno ai bambini con disabilità e per garantire il tempo pieno. I precari della scuola scioperano non solo per difendere il proprio posto di lavoro, ma per salvare la scuola che è un baluardo per la difesa della democrazia nel nostro Paese”.
SCUOLA
Precario in sciopero della fame
ricoverato per grave disidratazione
Giacomo Russo, insegnante palermitano in presidio a Montecitorio trasportato d’urgenza -in ospedale. Il sindacato: trovare altre forme di lotta
ROMA - Giacomo Russo, uno dei precari della scuola palermitani in sciopero della fame dal 16 agosto per protestare contro i tagli agli organici, è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale Santo Spirito di Roma a causa del grave stato di disidratazione riscontrato dal medico che questa mattina ha accertato le condizioni di salute dei lavoratori in presidio davanti Montecitorio. Lo rende noto RdB/USB Scuola che, in una nota ribadisce la solidarietà ai precari in lotta ed al contempo invita i colleghi ad interrompere lo sciopero della fame ed a passare «a forme collettive ed organizzate di mobilitazione».
IL SILENZIO DEL MINISTRO - «La scelta dello sciopero della fame - spiegano - è infatti una forma dura ed estrema, non dettata dalla disperazione ma dalla volontà di rompere il silenzio intorno al mondo della scuola. Tuttavia l’esperienza insegna che tali azioni rischiano di divenire passerelle di un circo mediatico che accende e spegne le luci in base ai propri interessi». Pietro Di Grusa, altro precario palermitano, ha già seguito il consiglio dei medici riprendendo a mangiare. RdB/USB Scuola considera poi «vergognoso il silenzio del ministro Gelmini la quale, nonostante questo sia il secondo digiuno in due anni attuato dai lavoratori palermitani, non ha accennato nemmeno un invito a terminare la protesta» e si rivolge pertanto a tutte le forze sindacali e politiche, «affinché si facciano carico delle istanze del mondo della scuola attraverso mobilitazioni costanti ed articolate in tutto il paese, in modo di rendere di nuovo centrale il valore costituzionale del diritto allo studioi».
ANNO SCOLASTICO - Un inizio d’anno scolastico all’insegna della crescente protesta dei precari della scuola contro i tagli agli organici attuati dal governo: mercoledì i si riuniscono, come prassi, i collegi dei docenti di tutta Italia, ma il 15% dei prof (oltre 100mila) non saranno presenti perché devono ancora essere nominati dagli ex provveditorati (dove solo il 31 agosto saranno concluse le 10.000 immissioni in ruolo, oltre le 6.500 di personale Ata, decise dal governo ad agosto). L’attenzione è però sempre più focalizzata sulle contestazioni. In particolare sullo sciopero della fame, la protesta estrema più utilizzata per opporsi a migliaia di mancate conferme. I primi precari ad avviare il digiuno sono stati quelli di Palermo, seguiti da Taranto, Roma e Benevento. E mentre sui blog di settore si continuano a chiedere adesioni - "servono 20 docenti di altrettanti regioni - scrivono i precari - solo così potremo vincere il silenzio assordante delle istituzione" -, la lista si allungherà con l’avvio dello sciopero della fame anche a Milano e Pordenone.
CHI DIGIUNA - A Palermo a continuare il digiuno in via Praga, davanti l’Usp, dei tre supplenti che hanno iniziato a non alimentarsi due settimane fa, è rimasto solo Salvo Altadonna: Pietro Di Grusa, che si era sentito già male dopo alcuni giorni per la sua cardiopatia, ha dovuto mollare. Il terzo, Giacomo Russo, si è spostato a Roma. Malgrado le non buone condizioni di salute, Altadonna ha fatto sapere di volere continuare la sua protesta ad oltranza. E da alcune ore si sente meno solo: ieri sera è stato occupato il piano terra dell’Ufficio scolastico provinciale (ampliando la lista di Usp siciliani, dove già c’erano Caltanissetta, Enna, Trapani e Catania). Niente cibo ad oltranza anche per Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink: oggi si unirà a Rocco Altieri, l’insegnante di diritto, che dal 22 agosto ha avviato un digiuno "gandhiano" per sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale sulla mancata formazione della prima classe del corso serale dell’istituto professionale Matteotti con indirizzi economico-aziendale e alberghiero. Un istituto superiore che da anni svolge, assieme al ruolo educativo, la funzione di accoglienza verso gli immigrati. E che secondo i docenti in sciopero il Miur avrebbe però intenzione di chiudere. Intanto, da venerdì la protesta è giunta anche a Roma: al termine del presidio-incontro organizzato dai precari siciliani, cui hanno partecipato alcune associazioni e sindacati, Giacomo Russo (che aveva da poche ore abbandonato la protesta di via Praga a Palermo) ha continuato il suo sciopero della fame. Con lui, a suo fianco, c’è un’insegnante di scuola primaria siciliana, Caterina Altamore, che dopo 14 anni di insegnamento a Palermo sarà costretta a spostarsi a Brescia.
* Corriere della Sera, 31 agosto 2010
Scuola: precari in sciopero fame a sit-in Montecitorio
Arrivano in particolare dalle regioni del sud
ROMA - Sono poco piu’ di un centinaio i precari della scuola che manifestano davanti a Montecitorio provenienti in particolare dalle regioni del sud Italia. Tra loro Giacomo Russo, il giovane precario palermitano in sciopero della fame dal 17 agosto: ’’La mia - ha affermato - non e’ una battaglia dei precari della scuola, ma devo resistere per la scuola e il futuro dell’istruzione pubblica, perche’ questo governo non e’ capace di investire sulla conoscenza’’.
L’operazione prevista dalla legge 133 ’’non ha alcun senso pedagogico. Si sono stabiliti dei tagli e i decreti successivi - ha aggiunto - sono serviti a sostenere quelle cifre. Ma perche’ si continua a finanziare la scuola privata?’’ Russo ha anche espresso la sua amarezza perche’ il sottosegretario all’Istruzione, Giuseppe Pizza, presente ieri a Palermo, ’’non si e’ degnato di chiederci di sospendere lo sciopero della fame’’. A questa forma di protesta estrema dell’astensione dal cibo ha aderito anche un’altra insegnante siciliana, Caterina Altamore, docente precaria delle elementari da 14 anni.
CONTINUA A PALERMO SCIOPERO FAME DEI PRECARI - Continua la protesta dei precari della scuola a Palermo, che a gran voce chiedono l’immediato ritiro della riforma Gelmini. Per il coordinamento precari, l’incontro di ieri con il sottosegretario all’istruzione Giuseppe Pizza è stato "del tutto fallimentare". "Nessuno ci ha chiesto - dice Salvo Altadonna, insegnante di sostegno in sciopero della fame da undici giorni - di interrompere lo sciopero". Le ragioni della protesta secondo Altadonna non sono state affrontate, e aggiunge, "il sottosegretario ha dichiarato espressamente che i temi all’ordine del giorno non erano né i tagli previsti dalla legge 133, né la riforma della scuola".
Intanto, per la prossima settimana sono in programma iniziative in tutta la Sicilia. Il coordinamento precari ha indetto per il 30 agosto, davanti all’ufficio scolastico provinciale di via Praga, a Palermo, un’assemblea pubblica aperta a cittadini ed esponenti del mondo politico e sindacale, sul tema della scuola. Altre iniziative saranno avviate anche a Caltanissetta, Ragusa e Catania, dove per mercoledì prossimo è prevista una manifestazione davanti all’ufficio scolastico provinciale.
Scuola, precari in piazza con le bare
"Ma lo Stato se ne frega di noi"
I precari della scuola destinati a restare senza lavoro sono scesi in strada a Palermo con tante bare di cartone. Stamattina vertice in prefettura con il sottosegretario all’Istruzione Pizza che però non ha convinto i lavoratori. L’assistente tecnico Di Grusa, cardiopatico e fortemente debilitato, ha intanto sospeso lo sciopero della fame. I suoi due colleghi continuano il digiuno *
Hanno costruito tante bare di cartone, circondate da corone di fiori. Poi si sono distesi per terra, nella centralissima piazza Politeama mentre gruppi di turisti li fotografavano. Così i precari della scuola hanno manifestato questo pomeriggio nel centro di Palermo contro i tagli al personale previsti dal governo nazionale. Sulle bare c’era anche la scritta “fossa comune”.
La giornata era iniziata con un vertice in prefettura al quale ha preso parte il sottosegretario all’Istruzione Giuseppe Piazza. Una riunione che però non ha portato ad alcuna soluzione. Il governo nazionale ha infatti rinviato la questione a settembre e non si sbilancia sulle cifre né sulle strategie. «Ho fatto un invito alla riflessione e alla calma - ha detto Pizza - rispetto a questa protesta estrema. C’è un impegno del ministro Gelmini a trovare risorse aggiuntive, oltre ai fondi Pon e Por della Regione, da destinare al riassorbimento delle sacche di precari». Secondo i dati ufficiali del ministero in questi ultimi anni ci sono stati 25 mila alunni in meno nelle classi, pari a una perdita di 1.400 posti di lavoro, tra docenti e personale tecnico amministrativo.
I numeri dei lavoratori. Ma i precari della scuola tirano fuori altre cifre e si concentrano sulla stangata che li attende per l’anno scolastico alle porte. In tutta Italia resteranno senza lavoro in 15 mila, quattromila dei quali in Sicilia. Ed è anche per questo che la protesta è partita proprio da Palermo.
Le reazioni. Al sit-in in piazza Politeama si sono uniti esponenti del Partito democratico, di Italia dei valori, del movimento di Rita Borsellino “Un’altra storia” e dell’Udc. Secondo il senatore Fabio Giambrone (Idv), presente anche all’incontro in prefettura, «il governo nazionale non intende ritirare i tagli: propongono interventi tampone, impiegando risorse europee. La protesta andrà avanti ad oltranza». Tra le strategie per affrontare il problema, il sottosegretario Pizza ha ventilato l’ipotesi del turn over. Ma secondo Rita Borsellino non è così che si risolverà il problema: «Il ministro all’Istruzione ritiri piuttosto i tagli al personale, invece inviare un suo sottosegretario a proporre inutili soluzioni tampone per un problema che lo stesso governo ha creato».
In sciopero della fame. Fortemente debilitato e dopo i malori di domenica e di ieri, Pietro Di Grusa ha deciso di interrompere lo sciopero della fame, iniziato il 17 agosto assieme ad altri due precari della scuola. Di Grusa, che è anche cardiopatico, sorretto dai colleghi è giunto in piazza Politeama per la manifestazione. "Ho deciso di riprendere a mangiare - ha affermato - perché lo Stato se ne frega di me. Quindi per il bene di mia figlia voglio riprendere a mangiare. Da oggi ho deciso di non buttare la mia vita per gente che è indifferente ai miei problemi. Riprenderò le forze per continuare la battaglia per i miei diritti». Sono invece intenzionati a continuare nel loro digiuno gli altri due precari Giacomo Russo e Salvo Altadonna. I due, delusi dall’incontro con il sottosegretario Pizza, attaccano: «Non c’è stato alcun passo indietro sui tagli previsti dalla riforma, per questo continueremo con lo sciopero della fame».
Sit-in nella Capitale. La protesta adesso si sposta a Roma. "Da domani - dice Caterina Altamore - cominceremo uno sciopero della fame davanti al ministero della Pubblica istruzione. Abbiamo fatto una scelta difficile, che ci metterà a rischio, ma non abbiamo altri mezzi per far sentire la nostra voce e andremo fino in fondo con coraggio e dignità. Chiederemo al ministro Gelmini di fare marcia indietro sul decreto che distrugge la scuola pubblica, con il taglio dei docenti e del personale amministrativo".
* la Repubblica, 26 agosto 2010 (parziale)
Ridotti alla fame per la scuola, la protesta silenziosa dei precari
Digiuno volontario a Palermo, Pordenone e Pisa
di Michele De Gennaro e Caterina Perniconi (il Fatto, 26.08.2010)
“Il mio corpo è la mia unica arma. Sono già un uomo morto, senza la dignità di un lavoro”. Pietro Di Grusa è un docente precario della scuola in sciopero della fame, che protesta da dieci giorni davanti al provveditorato di Palermo. Ieri ha avuto un altro collasso. E’ intervenuto il 118 e c’è voluta una flebo per tirarlo su, ma ha rifiutato, seppur cardiopatico, il secondo ricovero ospedaliero in una settimana. L’insegnante è voluto restare presente al presidio per incontrare il presidente della regione, Raffaele Lombardo. Vive sotto un gazebo, cammina molto lentamente, affaticato, trascinando i piedi e sostenendosi ai due colleghi che protestano insieme a lui, Salvo Altadonna e Giacomo Russo.
DI GRUSA, 49 anni, brizzolato, scavato in volto e indignato, è un precario della scuola da 25 anni. “Pietro - racconta Giacomo Russo - è uno dei tanti lavoratori precari che non ha raggiunto i requisiti per la disoccupazione, dunque non gode di alcun ammortizzatore sociale e si trova in una situazione economica disastrosa: ha uno sfratto esecutivo, una moglie anch’essa precaria e due figli da mantenere. L’unico aiuto che riceve proviene dalla Caritas. A confronto io, che non ho una famiglia, sono fortunato. Ma mi chiedo: che razza di Stato è quello in cui un cittadino si può dire fortunato perché non ha ancora messo su famiglia?” . I tre docenti in sciopero della fame non sanno se la loro protesta servirà a convincere il governo a una modifica della legge Gelmini, sperano almeno di sensibilizzare l’opinione pubblica. In Sicilia, secondo Giusto Scozzato, segretario regionale Flc Cgil, il tempo pieno occupa appena il 3 per cento dei docenti, contro il 90 per cento della Lombardia. “Vogliamo che i cittadini si sveglino da questo torpore - dichiarano i precari - che scendano in strada con noi, perché questa è una lotta di tutti per il futuro di tutti”. E forse ci sono riusciti. Perché l’eco del loro caso ha spinto molti precari italiani ad emularli per protestare contro i tagli agli organici della scuola, imposti dal ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, che quest’anno lascerà a casa quasi 20mila insegnanti supplenti dei 135 mila in attesa d’incarico.
IL DIGIUNO volontario verrà presto attuato, infatti, anche a Pordenone e a Pisa. Maria Carmela Salvo, supplente di 55 anni abilitata ad insegnare nella scuola d’infanzia e primaria, è una delle migliaia di precari che rischia di non vedersi confermata la supplenza annuale a causa delle riduzioni di organico disposte dal Miur. Per la maestra di Pordenone, il cui compagno è stato licenziato da poco, le chance di essere convocata per firmare un contratto di lunga durata sarebbero davvero minime: “Dal primo setembre - ha dichiarato - inizierò lo sciopero della fame fino a quando non riceverò l’incarico”. Infatti il problema, oltre ai posti, sono i tempi. Molti dei 120 mila supplenti che avranno una cattedra non saranno nominati fino alla seconda settimana di settembre. Buona parte di loro quindi, non riuscirà ad essere in classe all’avvio delle lezioni.
Sotto la torre pendente Rocco Altieri, insegnante di diritto ed economia al corso serale di un istituto professionale, protesta invece contro la decisione del ministero dell’Istruzione di non formare una classe prima, coordinata secondo gli indirizzi economico-aziendale e alberghiero. “In questo modo - spiega Altieri - malgrado sia stata appurata negli anni la funzione sociale dell’istituto superiore nei confronti dei lavoratori immigrati, viene improvvisamente cancellato un diritto, sebbene vi siano state diverse richieste di iscrizione”.
PERCHÉ I TAGLI non riducono solo gli organici, ma anche le classi. Sono sempre più numerose le aule che ospiteranno 30 bambini, nonostante una circolare del ministero che ne impone al massimo 20 in presenza di alunni disabili o disagi. Eppure il numero dei professori di sostegno è confermato a 90 mila nonostante il trend di iscrizioni indichi un aumento di necessità. “Dopo aver contrastato in ogni modo l’approvazione della legge in Parlamento è arrivato il momento di ulteriori iniziative - ha dichiarato il senatore del Partito democratico, Giuseppe Lumia, in visita ai precari in sciopero della fame a Palermo - questa è una battaglia di civiltà che bisogna combattere tutti insieme: forze politiche, sindacali, economiche e sociali, operatori scolastici e i cittadini. Il diritto all’istruzione è una conquista preziosa per lo sviluppo e il progresso”.
LA PROTESTA
I precari sul piede di guerra
15-20 mila perderanno il lavoro
Tre siciliani in sciopero della fame dal 17 agosto. Da venerdì due lo faranno a Roma. La mobilitazione contro i tagli si estende. E potrebbe coinvolgere anche i genitori di bambini disabili
di SALVO INTRAVAIA
I precari sul piede di guerra 15-20 mila perderanno il lavoro
Sarà un autunno caldo per la scuola. Le proteste si moltiplicano e si estendono in tutta Italia. Da venerdì prossimo due precari faranno lo sciopero della fame a Roma, in piazza Montecitorio. I tagli agli organici stanno mettendo in ginocchio migliaia di famiglie, soprattutto al Sud. Ma non solo: gli alunni disabili avranno a disposizione meno ore di sostegno e le classi saranno ancora più affollate. Una situazione che rischia di scoppiare proprio con l’avvio dell’anno scolastico e con l’apertura delle scuole. La prima protesta è scoppiata dopo Ferragosto a Palermo. Ma è certo che nei prossimi giorni seguiranno altre manifestazioni.
Dal 17 agosto, nel capoluogo siciliano, tre precari (un docente, un assistente amministrativo e un collaboratore scolastico) sono al nono giorno di sciopero della fame 1 e "non hanno nessuna intenzione di mollare". Salvo Altadonna, Giacomo Russo e Pietro Di Grusa, tutti e tre sposati e con famiglia a carico, a settembre rimarranno senza lavoro e hanno deciso di digiunare a tempo indeterminato. Di Grusa, 50 anni, ha anche sospeso le medicine per la cardiopatia da cui è affetto e domenica scorsa è finito in ospedale. Ma il giorno dopo, contro il parere dei medici, è tornato a digiunare. "Senza lavoro sono comunque un uomo morto", dichiara. Da tutte le regioni italiane, ai tre temerari palermitani, sono arrivate attestazioni di solidarietà.
Il numero dei precari della scuola che, anche dopo un decennio, dovranno dire addio all’incarico e allo stipendio non è ancora noto con precisione, ma si parla di 15/20 mila unità in meno rispetto allo scorso anno. Ieri mattina a Caltanissetta è stata occupata la sede dell’Ufficio scolastico provinciale (l’ex provveditorato agli studi). Insegnanti e personale Ata precario intendono proseguire la protesta a tempo indeterminato. In tre anni, nella sola provincia nissena, sono spariti più di mille posti. Per Paolo Ferrero (Prc) "l’indifferenza di fronte allo sciopero della fame dei precari della scuola a Palermo è il segno che la politica italiana è afflitta da un cinismo, indegno di un Paese civile".
Intanto, dopodomani nella Capitale si riunirà l’Osservatorio permanente dei Coordinamenti precari scuola. Dopo un incontro con i sindacati i supplenti romani intendono chiedere un aumento dei posti assegnati dal ministero e, in caso contrario, si dichiarano "pronti a rioccupare via Pianciani", la sede del provveditorato agli studi di Roma. Nelle scuole della provincia, spiegano i precari, per tagliare più posti possibile, le classi sono state riempite a dismisura. In parecchi casi si sfiorano i 30 alunni. Un trend che ormai prosegue da alcuni anni. Negli ultimi due, la popolazione scolastica è cresciuta di 50 mila alunni, ma le classi sono in calo di 6 mila unità. E per il prossimo anno si prevede un ulteriore incremento di alunni e ancora un taglio delle classi.
Alla protesta di chi ha perso il lavoro potrebbe presto aggiungersi quella dei genitori dei bambini disabili. Dalle prime stime, il loro numero è in crescita rispetto a 12 mesi fa, ma l’organico predisposto dal ministero prevede lo stesso numero di cattedre dell’anno scorso: 90.469 posti. Questo significa che ogni alunno avrà meno ore di sostegno. Per rendere difficile l’avvio dell’anno scolastico basterà poco quest’anno. Per effetto dell’entrata in vigore della riforma delle superiori, che ha richiesto uno slittamento delle iscrizioni, tutte le operazioni di nomina del personale di ruolo e dei precari sono in enorme ritardo rispetto al passato.
Nelle grandi città la nomina dei supplenti slitterà a settembre e certamente migliaia di precari non potranno partecipare alla riunione del primo settembre, dove si stabiliscono tutti i passaggi e i criteri per affrontare l’anno scolastico. E col suono della prima campanella dal 13 settembre in dieci regioni italiane, con tutta probabilità buona parte dei 120 mila supplenti in attesa di un incarico a tempo determinato non potrà neppure essere in classe. A Roma, tanto per fare un esempio, fino al 31 agosto si nomineranno i nuovi assunti. Il calendario delle nomine a tempo determinato verrà affisso, scrive il dirigente Giuseppe Minichiello, dopo il 2 settembre. E sarà piuttosto difficile nominare in poco più di una settimana almeno 8 mila supplenti e oltre 5 mila precari Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari).
* la Repubblica, 25 agosto 2010
Aumenti ai prof di religione. Schiaffo ai precari della scuola
Una circolare del Tesoro di fine dicembre consente di calcolare gli scatti di anzianità anche sull’indennità integrativa speciale. Da maggio i prof di religione prenderanno di più e recupereranno il pregresso
di Bianca Di Giovanni (l’Unità, 17.01.2010)
Per i docenti anche fuori ruolo, gli scatti di anzianità andranno calcolati anche sull’indennità Il personale delle altre materie non ha scatti, e i precari percepiscono solo lo stipendio base Numeri. Circa 25mila i prof di religione di cui 12mila con incarico annuale
Buste paga più ricche per i prof di religione. Il ministero dell’Economia lo scorso 28 dicembre ha, infatti, emanato una nota che riguarda la procedura di calcolo degli aumenti biennali per gli insegnanti di religione e stabilisce che questi incrementi i quali prima venivano calcolati nella misura del 2,5% del solo stipendio base dovranno ora ammontare al 2,5% dello stipendio base comprensivo della indennità integrativa speciale.
Non un dettaglio: quella quota può raggiungere un terzo dello stipendio. «Adesso dunque spiega lo Snadir, il sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione dal primo maggio 2010 le direzioni provinciali del Tesoro dovranno procedere al pagamento degli arretrati. Dal pagamento saranno esclusi i docenti ai quali il mancato inserimento dell’indennità nel calcolo degli aumenti biennali era stato compensato, già a partire dal 2003, con un assegno ad personam».
Critica l’Anief (Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione) secondo cui questa concessione a una ristretta cerchia di docenti dimostrerebbe che «ancora una volta il governo dimentica i precari della scuola». In effetti la circolare, emanata alla chetichella nell’ultimo giorno utile dell’anno, rinnova un conflitto già aspro all’interno del corpo insegnate. Una diversità di trattamento che risale almeno al 2003, quando sempre il governo di centrodestra varò l’immissione in ruolo dei docenti «selezionati» dalle Curie.
PLATEA
Il provvedimento del dicembre scorso riguarda tutti i circa 25mila insegnanti di religione impegnati su territorio nazionale. Sia quelli di ruolo, sia i precari (circa 12mila), che così incassano un doppio vantaggio rispetto agli altri. Gli insegnanti di ruolo di altre materie, infatti, non hanno scatti biennali di anzianità (quelli di religione li mantengono dal vecchio regime, quando erano tutti fuo-ri ruolo), mentre i precari godono solo dello stipendio base: solo al momento dell’ingresso in ruolo avviene la ricostruzione retroattiva di scatti e quindi aumenti. Su questo si è concentrata la battaglia della Cgil scuola, che chiede per tutti la ricostruzione di carriera.
PRIVILEGI
L’ultima decisione, dunque, è una vera beffa per chi chiede equità di trattamento. Un passo che si aggiunge a una lunga serie di privilegi: accesso alla cattedra su segnalazione dell’ordinario diocesano, assunzione sulla base di un successivo concorso riservato, passaggio ad altra cattedra in caso di perdita del requisito per insegnare la religione (l’attestato dell’ordinario diocesano) e scatti biennali anche per i precari. «Mentre il ministro Tremonti a dicembre ricorda alla Curia che presto saranno liquidati gli scatti biennali di anzianità al personale docente di religione con incarico annuale o di ruolo, che non ha mai richiesto tale indennità sotto forma di assegno ad personam, permane, purtroppo, il silenzio verso tutto il restante personale precario», dichiara Marcello Pacifico, presidente dell’Anief (l’Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione).
SOLDI E AUMENTI
Secondo alcuni calcoli effettuati dai sindacati l’aumento potrebbe valere 220 euro in più in busta paga, arretrati esclusi. Per il rinnovo del contratto degli insegnanti, invece, i sindacati hanno chiesto un aumento di 200 euro mensili da erogarsi in tre anni, ma il ministro della Pubblica amministrazione è disposto a concederne appena 20. E non solo. Vorrebbe agganciare gli aumenti di stipendio dei docenti al merito.❖
Via libera di Tremonti: 220 euro al mese. Protestano gli altri precari
Scuola, aumenti ai professori ma solo a quelli di religione
di Salvo Intravaia (la Repubblica, 17.01.2010)
Busta paga più ricca per i prof di religione Il ministero dell’Economia vara un provvedimento ad hoc. Ed è polemica: dimenticati gli altri precari Si parla di aumenti mensili di 220 euro lordi per 26mila docenti di ruolo e supplenti
«A seguito degli approfondimenti effettuati in merito, si comunica che questa direzione - scrive Roberta Lotti, dirigente del ministero dell’Economia preposta ai Servizi informativi - ha programmato, sulla mensilità di maggio 2010, le necessarie implementazioni per il calcolo degli aumenti biennali spettanti agli insegnanti di religione anche sulla voce IIS (l’indennità integrativa speciale, ndr) a decorrere dal 1 gennaio 2003». Fra 5 mesi, in poche parole, alcune migliaia di insegnanti di Religione si ritroveranno sullo stipendio aumento, che secondo stime sindacali, potrebbe arrivare a 220 euro lordi, ed arretrati: da mille a 2 mila euro. Perché la quota di stipendio rimasta fuori in questi anni dal computo è consistente: pari a un quarto dell’intera retribuzione.
A beneficiare del provvedimento saranno alcune migliaia di insegnanti. I supplenti annuali, spiega lo Snadir (il Sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di Religione), "che non abbiano maturato i requisiti per la ricostruzione di carriera", quelli di ruolo "che non avevano maturato il diritto alla ricostruzione di carriera prima della nomina a tempo indeterminato", e coloro che tale diritto lo hanno maturato "successivamente al primo gennaio 2003".
Se fossero soltanto 5 mila il giochetto costerebbe ai contribuenti 10 milioni di euro, più tutti gli arretrati. In tutto, i precari di Religione sono quasi 12 mila, più 14 mila docenti di Religione di ruolo. E la restante parte dei supplenti, oltre 100 mila? Nulla, anche se precari da dieci o vent’anni. «È un provvedimento che provoca ingiustizia e discrimina lavoratori della stessa categoria, per questa ragione è incostituzionale», commenta Alessandra Siragusa (Pd), componente della commissione Cultura alla Camera. «Nulla in contrario al riconoscimento - aggiunge il collega Tonino Russo (Pd) - di un diritto, ma non si può fare una discriminazione sulla base della Religione. Anche tanti precari in cattedra ogni giorno professano la stessa religione ed avrebbero diritto agli aumenti di stipendio».
La querelle nasce dal fatto che per i prof di Religione, anche precari, una legge del 1980 prevede scatti biennali del 2,5 per cento. Ma a quel tempo erano tutti precari i docenti di Religione e la norma serviva ad agganciare la retribuzione all’aumento del costo della vita. Poi, nel 2005, lo Stato ha immesso in ruolo i docenti di Religione, ma il privilegio è rimasto.
Primi effetti della sentenza del Tar contro il decreto Gelmini sulle graduatorie
in attesa dell’approvazione della legge che metterebbe fine alla questione
Precari, il commissario al lavoro
i primi 300 nelle liste "a pettine"
di SALVO INTRAVAIA *
ROMA - Parte il commissariamento del ministero dell’Istruzione sulle graduatorie dei precari. "Dal 9 novembre, i primi 300 ricorrenti saranno inseriti ’a pettine’ nelle graduatorie di tutte le province italiane - annuncia il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico - speriamo che quest’ennesima pronuncia sia finalmente da stimolo per una corretta gestione delle graduatorie, nel rispetto delle più elementari regole del buonsenso, della legislazione e della Costituzione". Ma a bloccare il Tar potrebbe pensarci il Parlamento, dove è in discussione una proposta di legge che annulla i provvedimenti della giustizia amministrativa.
Per comprendere la vicenda, occorre fare un passo indietro. Tutto ha inizio lo scorso mese di aprile, quando il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini firma il decreto per l’aggiornamento delle graduatorie dei precari. Ma con una novità: per chi è già in graduatoria, niente passaggio da una provincia all’altra. L’unica possibilità è di essere inseriti, oltre che nella lista della propria provincia, anche in altre tre province italiane. Ma "in coda".
Questa decisione del ministro a gran parte dei supplenti meridionali sembra l’ennesima prova che nessuno li vuole al Nord, dove i posti disponibili sono in abbondanza. E, col patrocinio dell’Anief (Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione) si rivolgono al Tar che dà loro ragione: l’inserimento "in coda" è incostituzionale e si deve provvedere all’inserimento a "pettine". Ma il ministero nicchia e, i primi di ottobre, una nuova sentenza del Tar Lazio intima al ministro Gelmini di applicare la sentenza, condannandolo al pagamento di 5 mila euro. E nomina Luciano Cannerozzi De Grazia, uno dei consiglieri più ascoltati dal ministro Renato Brunetta, commissario ad acta.
Nel frattempo, per evitare l’onta del commissariamento, l’esecutivo corre ai ripari e nel progetto di legge di conversione del decreto salva-precari inserisce un emendamento che ripristina la coda per il biennio 2009/2011, ma aprendo "al pettine" dal biennio successivo. A questo punto cominciano i mal di pancia della Lega, che vorrebbero opporsi al provvedimento. Ma è lo stesso ministro Gelmini che spiega ai colleghi della maggioranza che il provvedimento non può subire variazioni al Senato. Il decreto deve essere trasformato in legge entro il 24 novembre prossimo e non ci sono, infatti, i tempi per una seconda lettura. Questa volta, Bossi&co. Devono fare buon viso e cattivo gioco e approvare un provvedimento "blindato".
Intanto, il Tar Lazio emette altre 13 sentenze fotocopia della prima, per altri 7 mila precari che chiedono di essere inseriti "a pettine", condannando il ministero al pagamento di 65 mila euro. E il commissario ad acta? "Il commissario - spiega Cannerozzi De Grazia - non può tenere in alcun conto i procedimenti in corso". Parole che hanno il sinistro significato di chi si sta mettendo al lavoro. "Penso - continua - che fra qualche giorno, attorno al 12 novembre, avvierò la procedura. Scrivero al ministero chiedendo se hanno ottemperato e controllerò se l’eventuale azione è conforme con la sentenza del Tar". Intanto, spera la maggioranza, il Parlamento dovrebbe varare la legge salva-precari che dovrebbe mettere la parola fine alla questione. Ma di questo Marcello Pacifico non è convinto. "Ci rivolgeremo - dice - alla Corte costituzionale".
* la Repubblica, 8 novembre 2009
Provvedimento inedito in seguito ai ricorsi dei supplenti penalizzati
Il Tribunale del Lazio dà 30 giorni di tempo al ministero per eseguire le ordinanze
Graduatorie dei precari
il Tar commissaria la Gelmini
di SALVO INTRAVAIA *
Il Tar Lazio commissaria il ministro Gelmini sulle graduatorie dei precari. E’ la prima volta che accade, ne dà notizia l’Anief che ha patrocinato i ricorsi dei supplenti inseriti "in coda", anziché col proprio punteggio, nell’ultimo aggiornamento delle graduatorie.
Se entro 30 giorni il ministero non darà esecuzione alle ordinanze del tribunale amministrativo a viale Trastevere arriverà un commissario ad acta che si dovrà occupare della questione. Intanto, sulla vicenda il ministro Mariastella Gelmini ha annunciato l’emanazione di un provvedimento ad hoc che "sana" l’intera questione. Ma il Tar ricorda che eludendo le ordinanze cautelari il ministero ha violato la Costituzione, condannandolo al pagamento delle spese.
(la Repubblica, 10 ottobre 2009)
Sentenza a Treviso: "Lo Stato risarcisca i precari della scuola" *
Lo Stato deve risarcire i precari della scuola, docenti e personale amministrativo, per la mancata indennità di carriera che, con il contratto a termine, non hanno potuto percepire. Lo ha stabilito il Giudice del lavoro di Treviso con una sentenza «pilota» a favore di 30 tra insegnanti ed amministrativi che, assistiti dalla Uil Scuola, hanno fatto causa al Ministero dell’istruzione.
La sentenza, di cui riferisce oggi la Tribuna di Treviso, «condanna il Ministero a risarcire in favore della parte ricorrente il danno da individuarsi nella differenza fra quanto effettivamente percepito e quanto avrebbe dovuto percepire se i periodi di lavoro effettivamente prestati fossero stati da subito regolati secondo la disciplina del contratto a tempo indeterminato».
Oltre ai 30 precari che hanno vinto la causa con il Ministero, ci sarebbero altre 270 persone pronte a seguire lo stesso iter giudiziario inoltre la sentenza potrebbe aprire la strada al ricorso alla giustizia da parte di altre figure professionali con contratto simile.
* l’Unità, 07 ottobre 2009
Ronchi - Gelmini tentano di scippare gli scatti stipendiali ai precari
di Claudio Zaza
17 settembre 2009
Il Consiglio dei Ministri (seduta n. 61 del 09.09.09) sta tentando di scippare ai precari della scuola pubblica quello che, prima la legge e poi i Tribunali, hanno loro riconosciuto: gli scatti stipendiali biennali del 2,50% (che sono una sorta di scatti di anzianità per i precari). Ha infatti approvato la bozza di un decreto legge (decreto Ronchi, dal nome del Ministro delle Politiche Comunitarie) che porterà alla firma del Presidente della Repubblica e poi presenterà alle Camere, nel quale ha inserito una norma (art. 16) che testualmente prevede che «I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze ... non possono in alcun caso ... consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo». leggi tutto »
PRIVILEGI CLERICALI
“Il riconoscimento degli scatti di anzianità e gli insegnanti di religione” *
Non crediamo di dire nulla di nuovo ricordando che la Chiesa cattolica gode attualmente in Italia di una serie di benefici che la collocano in una posizione di privilegio.
Richiamando il concetto di privilegio intendiamo riferirci al suo valore tecnico giuridico di ius singulare, norma speciale e più favorevole rispetto a quella generale, prezzo che l’ordinamento italiano paga agli articoli 7 ed 8 della Costituzione: la normativa in materia religiosa vive nel segno dello ius singulare, negazione del principio di eguaglianza, a tutto favore della Chiesa cattolica e dei suoi accoliti.
Fra queste norme singolari, ne abbiamo scovata una bella serie tutte a favore degli insegnati della religione cattolica, categoria sempre ampiamente favorita dalla legislazione italiana, anche in epoche molto recenti. Ma i lettori non si preoccupino, non vogliamo tediarli con una tirata polemica sulla legge n.186 del 2003, che ha riconosciuto a questi docenti l’immissione in ruolo dopo un concorso farsa, quanto soffermarci su un aspetto apparentemente minore. Semplificando al massimo il quadro normativo, si può dire che il trattamento economico del personale di ruolo della scuola dipenda - vero unicum nel pubblico impiego - dall’anzianità di servizio, che viene accertata mediante la cd. “ricostruzione di carriera”, ovverosia “sommando” i vari periodi di servizio di ruolo e di pre-ruolo prestato ed assegnando così il docente alla fascia retributiva corrispondente.
Un docente ordinario attualmente ha diritto ad ottenere la ricostruzione di carriera solo dopo la conferma in ruolo, per cui se non é di ruolo, se é precario insomma, non gode dei benefici economici che ne derivano: continuerà a percepire lo stipendio base anche dopo dieci anni di precariato.
L’articolo 53, comma 4, della legge n.312/80 contempla un’unica eccezione, il docente di religione, che può chiedere la ricostruzione di carriera, nella scuola secondaria, dopo 4 anni di servizio prestato come incaricato.
In sostanza, dopo 4 anni un docente di religione viene comunque a godere dello stesso trattamento di un docente di ruolo, cioè si viene a trovare in una situazione che un ordinario precario non può ottenere neanche dopo 20 anni!
L’introduzione della legge n.186/03, che ha istituito i ruoli degli insegnanti di religione cattolica, ha poi aggravato una situazione già chiaramente paradossale. Attualmente, infatti, i docenti di religione possono chiedere la ricostruzione di carriera sia mentre sono precari, in base ad una norma di privilegio (art.53 u.c. legge n.312/80), sia al momento della conferma in ruolo, in base alla norma generale (combinato disposto dell’art.485 d.lgs.297/94 ed art.1 legge n.186/03).
Ma non finisce qui. L’articolo 53, comma 3 della medesima legge 312/80 riconosce a tutti i docenti non di ruolo, che abbiano ricevuto un incarico, “escluse le supplenze”, il diritto a scatti biennali del 2,5% sullo stipendio base. É un riconoscimento dell’anzianità di servizio meno rilevante rispetto a quella del comma 4, ma comunque significativo: dopo quattro anni di servizio la differenza stipendiale è del 10%! Ed inoltre ha portata generale.
Ciònonostante il Ministero dell’Istruzione ha dato della norma un’interpretazione capziosa che l’ha resa applicabile ai soli docenti di religione, facendo leva sulla formula “escluse le supplenze”
Per “sistemare” i precari ordinari, Il Monistero interpreta letteralmente il dato normativo: l’articolo 15 della legge n.270/82 ha, infatti, trasformato in supplenze annuali gli incarichi annuali ai docenti non di ruolo, per cui da allora tutti i precari sono letteralmente supplenti e come tali espressamente esclusi dal beneficio, in base all’articolo 53, comma 3. Per “salvare” i precari di religione, invece, la circolare ministeriale n.71 del 1987 interpreta l’articolo 2.5 dell’Intesa sull’insegnamento della religione cattolica, recepita dal DPR n.721/85, nel senso che gli insegnanti di religione ricevano un incarico annuale, sicché non sono supplenti! Insomma: stretta interpretazione letterale per colpire i precari ordinari, funambolismo interpretativo per i docenti di religione, che così godono di una posizione di privilegio anche allorché appartengano alla categoria più bistrattata del pubblico impiego, i precari della scuola.
Il dato interessante è che tale risultato palesemente ingiusto è stato determinato, più ancora che dagli interventi del legislatore italiano, dai sofismi interpretativi del Ministero dell’Istruzione, ancora una volta “più papista del Papa”. Legislativo ed Esecutivo hanno congiurato nel generare ingiustizia...ma per fortuna ancora “c’è un giudice a Berlino”...anzi, a Tivoli!
Il Tribunale di Tivoli, con sentenza dell’11.3.09, ha riconosciuto ad una docente non di ruolo il diritto ai benefici economici di cui all’articolo 53, comma 3. Il succo è di una chiarezza lampante: l’unica interpretazione della norma conforme ai principi della Costituzione e dell’ordinamento dell’Unione Europea é quella che non ne limita l’applicazione ai soli docenti di religione.
In un paese normale la sentenza sarebbe stata utilizzata dal sindacato per alimentare un contenzioso di massa ...Questo in un paese normale, ma siamo in Italia e l’iniziativa è stata assunta dall’associazione anticlericale.net e dal suo segretario, l’onorevole Maurizio Turco. Il sindacato lamenta a parole la situazione dei precari, ma è evidentemente anch’esso erede del voto togliattiano all’articolo 7!
Consigliamo a tutti i precari di chiedere l’applicazione degli scatti del 2,5% per ogni biennio utilizzando i preziosi fac simile a disposizione sul sito dell’associazione anticlericale.net, che ha promosso la causa o quello dell’avv. Claudio Zaza ( http://www.claudiozaza.it/scatti-stipendiali.html), che ha seguito la vicenda.
* LIBERAZIONE, 20.09.2009
IL PROVVEDIMENTO DEL GOVERNO
Indennità per disoccupati e supplenze
Il cdm vara la norma "salva-precari"
La misura avrà efficacia immediata
e riguarda oltre 12mila insegnanti.
La Gelmini: «Mantenuti gli impegni»
In campo anche i fondi dalle Regioni
ROMA Il consiglio dei ministri ha varato un provvedimento a sostegno dei precari della scuola. La norma è stata inserita nel decreto Ronchi ed ha quindi un’efficacia immediata. La misura riguarda circa 12-13 mila insegnanti che per l’anno scolastico 2009-2010 non avevano il posto di lavoro. Per loro sono previste indennità di disoccupazione e supplenze brevi.
Secondo il ministro Gelmini con la norma "salva precari" «abbiamo mantenuto un impegno preciso e importante, che anche i sindacati aspettavano con ansia. Ora procederemo anche con gli accordi con le singole Regioni. È un risultato significativo, frutto dell’impegno di tutti. Adesso inzierà l’iter parlamentare, ma c’è forte sollievo e - ha sottolineato - questo è un punto di orgoglio per il governo». Gelmini ha infine spiegato che la norma «vale solo per quest’anno scolastico, perchè per il prossimo pensiamo che il problema non ci sarà».
Il ministro ha riferito che «tutti coloro che hanno diritto all’indennità di disoccupazione potranno avere una via preferenziale per rimanere all’interno delle scuole attraverso le supplenze brevi e potranno essere coinvolti in progetti educativi, ad esempio contro la dispersione scolastica». Il sostegno ai precari avverrà grazie anche ad accordi con le Regioni che potranno finanziare progetti di rafforzamento dell’offerta formativa. L’attivazione e la cessazione dell’indennità di disoccupazione sarà gestita attraverso l’Inps.
* La Stampa, 9/9/2009 (14:51)
Ansa» 2009-09-04 19:16
SCUOLA: PRECARI SU TETTO DELL’UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI ROMA
ROMA - Un gruppo di lavoratori precari della scuola è salito sul tetto dell’ Ufficio Scolastico Provinciale di Roma in Via Pianciani, protestando contro la "falcidia dei precari della scuola, il farsesco progetto della Gelmini dei contratti di disponibilità". I Cobas, si legge in una nota, "tra i principali promotori della battaglia in corso contro i tagli e sostenitori di tutte le lotte che i precari stanno portando avanti, dopo il sit-in di ieri al ministero dell’Istruzione, solidarizzano ed appoggiano i lavoratori impegnati in questo ulteriore momento di mobilitazione".
LOMBARDIA PREPARA PIANO MA PRECARI DICONO NO
I precari si preparano domani a scendere in piazza e intanto si va delineando un piano di emergenza per la Lombardia, di cui Giuseppe Colosio, dirigente del Miur lombardo, anticipa all’ANSA alcune linee: "Faremo dei contratti con la Regione per inserire docenti senza posto di lavoro in specifici corsi di formazione professionale". Un’altra proposta all’esame dei tecnici è quella di utilizzare i docenti per insegnare la lingua italiana ai numerosi stranieri della regione. Ma non sembrano ancora maturi i tempi per un’intesa.
Ai precari non bastano le idee lanciate da Colosio e continuano la loro protesta incatenati davanti il palazzo dell’Usp (Ufficio scolastico provinciale). "Da 5 anni sono un’insegnate precaria - racconta Olga Romano, portavoce del ’Coordinamento 3 ottobre’, trent’anni, laureata in filosofia e abilitata - sono passata dalle sostituzioni brevi da un mese, massimo un mese e mezzo, alle sostituzioni per maternità da sei mesi. Poi finalmente al terzo anno mi viene affidata la cattedra di 18 ore per un anno. Un sogno. Ero arrivata 159/ma in graduatoria provinciale. Oggi, dopo due anni, sono 129/ma, con un avanzamento di ben trenta posti in graduatoria, e non so quale sarà il mio futuro. Sono tornata indietro". Sono momenti di attesa al presidio. Ci si prepara per la manifestazione di domani a sostegno del ’Coordinamento 3 ottobre’. Partirà alle ore 14 da Piazza Missori e terminerà in via Ripamonti davanti all’Usp (Uffici Scolastici Provinciali).
Parteciperanno diverse sindacati di categoria tra cui: Flc-cgil, Cobas Scuola, Slai Cobas per il sindacato di classe. "A Milano e provincia per quest’anno sono previsti 15.000 alunni in più e 8.000 posti di lavoro in meno", denuncia Attilio Paparazzo, segretario della Flc-Cgil Milano. Anche alcuni esponenti del Pd, Marilena Adamo, Emanuele Fiano ed Emilia De Biasi, parteciperanno al corteo assieme a Rifondazione Comunista, Sinistra Critica per dire basta alla " macelleria sociale ai danni dei precari della scuola". Ma Colosio, in rientro da Roma per un vertice tra i Miur di diverse regioni, tra cui Campania, Puglia, Sicilia e Veneto, è fiducioso:"Se le norme della Gelmini venissero approvate mercoledì dal Consiglio dei Ministri, il problema precari della scuola per la Lombardia potrebbe essere risolto".
Ansa» 2009-09-01 21:55
SCUOLA, LE PROTESTE DEI PRECARI
ROMA - In tutta Italia le proteste dei precari della scuola contro i tagli. Dai supplenti "in mutande" a Roma a quelli milanesi che si sono incatenati davanti all’Ufficio scolastico provinciale. Agitazione anche a Napoli.
A Roma cinque supplenti, in attesa di ricevere l’assegnazione per una cattedra, si sono spogliati rimanendo in mutande davanti al liceo scientifico Newton. "Dopo anni - spiegano - non siamo ancora stati messi in ruolo". Quasi cento supplenti si trovano nel liceo scientifico in attesa di ottenere la cattedra per l’insegnamento di educazione fisica nelle scuole romane. Il liceo Newton, in viale Manzoni, è una delle otto scuole polo per l’assegnazione delle cattedre disponibili in vista della nomina di 4.986 docenti, tra supplenti e di ruolo, e oltre 4.041 amministrativi nella capitale.
A Benevento alcune insegnanti precarie protestano da 4 giorni sul tetto dell’ufficio scolastico provinciale. Questa mattina le ha incontrate il sottosegretario al Lavoro, Pasquale Viespoli. A seguito dei contatti avuti nella giornata di ieri con il ministero della Pubblica istruzione e con il presidente della Campania Antonio Bassolino, Viespoli ha comunicato che "Governo e Regione Campania sono impegnati alla definizione di un’intesa, in tempi brevissimi, per individuare iniziative e risorse utili a dare una prima concreta risposta alla questione dei precari".
A Napoli è già il secondo giorno di proteste. I manifestanti hanno provato a forzare il cordone dei poliziotti all’ingresso dell’Ufficio scolastico regionale. Si sono registrati momenti di tensione e una donna si è sentita male per il caldo. I precari si oppongono ai tagli che vedono in Campania quasi 8.000 posti in meno tra docenti e personale Ata.
A Milano, precari e supplenti milanesi che aderiscono al ’Coordinamento precari scuola 3 Ottobre’ si sono incatenati davanti all’Ufficio scolastico provinciale contro i tagli effettuati dal ministro Gelmini. Il Coordinamento 3 ottobre ha denunciato anche attraverso il sito internet che in provincia di Milano sono oltre mille i disoccupati insegnanti e personale Ata. "Il governo - scrivono ironicamente i precari del Coordinamento - mantiene le promesse: il nuovo anno scolastico si apre con 43mila cattedre in meno in tutta Italia".
Rdb-Cub ha indetto per il 3 settembre, a Roma, due manifestazioni: il presidio dei precari della scuola davanti al ministero della Pubblica Istruzione e quello in Piazza Cavour attuato dai precari dell’Agenzia Autonoma per la Gestione dell’albo dei Segretari comunali e della Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione Locale (Ages-Sspal). "Nella scuola - spiega la Rdb in una nota - i forti tagli e le controriforme del ministro Gelmini stanno producendo il licenziamento di centinaia di migliaia di precari soprattutto al sud, che da giorni protestano in cima ai tetti. Le due iniziative romane - conclude la Rdb - saranno legate dall’ideale filo rosso rappresentato dalla Beata Assunta, la cui statua verrà traslata dal presidio di piazza Cavour a quello di Viale Trastevere, per accogliere e moltiplicare l’appello delle precarie della Scuola di Benevento: ’Tutti su pei tetti!’".
"La situazione è drammatica, ma non resteremo in silenzio di fronte alle ferite che il Governo sta infliggendo alla scuola pubblica statale e adotteremo tutte le forme di protesta possibili per contrastare questa politica": é il messaggio che il coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio, lancia in vista dell’avvio dell’anno scolastico. Nel mirino della Gilda, i pesantissimi tagli, "decisi solo in nome di un risparmio che forse gioverà alle casse dello Stato, ma certamente nuocerà al futuro del Paese".
Scuola, esplode la rabbia dei precari
"La Gelmini ha tagliato 18 mila posti"
Sit-in e prof in catene: faremo come gli operai della Innse
A Benevento docenti sul tetto del provveditorato. Franceschini: licenziamento collettivo da record
di Salvo Intravaia (la Repubblica, 30.08.2009)
ROMA - A pochi giorni dall’avvio delle lezioni scoppia la rabbia dei precari della scuola. Sono quasi 18 mila i supplenti che, dopo anni di incarichi, resteranno a casa senza stipendio. Motivo? I tagli agli organici del personale docente ordinati dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e predisposti dalla collega dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.
«In un periodo in cui si lotta per tutelare i posti di lavoro, lo Stato mette in atto il più grande licenziamento collettivo mai fatto», dice il segretario del Pd, Dario Franceschini. Per i precari della scuola non c’è neppure traccia dei cosiddetti Contratti di disponibilità, promessi dallo stesso inquilino di viale Trastevere ai sindacati per attenuare il colpo di scure. Insomma: per migliaia di operatori della scuola si apre una stagione difficile e la protesta non si fa attendere. Ieri, a Benevento un gruppo di 7 donne del Comitato insegnanti precari sono salite sul tetto dell’Ufficio scolastico provinciale (l’ex provveditorato agli studi) e minacciano di non scendere fino a quando non avranno risposte sui tagli.
«Faremo come gli operai dell’Innse, scenderemo da qui solo quando avremo una risposta concreta contro i licenziamenti e la disoccupazione», afferma Elvira, una delle insegnanti sul tetto che, ieri sera, hanno portato la protesta sul palco del concerto di Francesco De Gregori. Sempre ieri, a Caserta, marito e moglie rimasti senza posto di lavoro hanno scavalcato una finestra dell’ufficio scolastico provinciale minacciando di lanciarsi nel vuoto. Qualche giorno fa, a Trapani un gruppo di insegnanti ha occupato per alcune ore i locali dell’Usp e a Venezia si è svolto un sit-in di docenti e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari). A Milano e Torino i prof scenderanno in piazza il primo settembre: nel capoluogo lombardo si incateneranno davanti al provveditorato «fino al ritiro dei tagli». Mentre a Palermo, due assistenti tecnici (di laboratorio) rimasti senza contratto sono al quinto giorno di sciopero della fame ma hanno rifiutato il ricovero in ospedale consigliato dai medici del 118. «Non molleremo fino quando non avremo risposte», dicono Giacomo Rizzo e Francesco Paolo Di Maggio. Anche a Bari i precari affilano le armi mentre la mobilitazione passa anche attraverso il web, dove gli interessati pressano per una mega manifestazione nella Capitale. Per comprendere quanti stipendi verranno meno quest’anno basta fare due conti. Nonostante l’aumento degli alunni il governo ha tagliato 57.368 posti mentre i posti lasciati liberi da coloro che sono andati in pensione sono poco meno di 40 mila. In totale mancano all’appello 17.530 posti per altrettanti precari che lavorano da anni nella speranza di essere immessi in ruolo. Ma che rimarranno appiedati. E siamo solo all’inizio, perché il piano del governo è quello di tagliare in tre anni (2009/2010 - 2011/2012) 130 mila posti nella scuola. Per questa ragione i 286 mila supplenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento tremano: a 40/45 anni potrebbero uscire definitivamente dal giro.
«La situazione è ingovernabile e il governo non interviene», dice il segretario generale della Flc Cgil, Domenico Pantaleo. «Non c’è tempo da perdere - aggiunge Francesco Scrima della Cisl scuola - bisogna condurre in porto, nel più breve tempo possibile, le annunciate misure straordinarie per i precari che perderanno il posto di lavoro». Mentre per i 473 mila iscritti nelle graduatorie d’istituto (senza abilitazione) non ci sono praticamente speranze.
Scuola, sono cresciuti a dismisura i docenti che rimarranno senza cattedra
Per molti supplenti la Cgil parla di licenziamenti: hanno molti anni di servizio
Via più17mila precari, 8mila prof in più
la stangata Tremonti-Gelmini
di SALVO INTRAVAIA *
Oltre 8 mila soprannumerari, si chiamano in questo modo i docenti di ruolo che restano senza cattedra, e quasi 17 mila supplenze in meno. Ecco il bilancio definitivo degli interventi della Gelmini sul personale della scuola italiana. I calcoli li ha fatti la Flc Cgil dopo che la complessa macchina ministeriale ha completato le più importanti operazioni riguardanti i docenti: pensionamenti e trasferimenti.
L%u2019ultimo verdetto arriva all%u2019indomani dei trasferimenti della scuola secondaria di primo grado: quasi 2.500 docenti in esubero e oltre 10 mila supplenze in meno. E le immissioni in ruolo richieste al collega dell%u2019Economia, ormai diverse settimane fa, dal ministro dell%u2019Istruzione? E che fine hanno fatto i “contratti di disponibilità”, a favore di altrettanti precari, che nel corso del 2010 avrebbero dovuto salvare dalla bancarotta migliaia di famiglie? Su tutti e due i fronti nessuna notizia e i tempi stringono.
Il bilancio fatto dalla Cgil, almeno per quello che riguarda i docenti, può considerarsi definitivo. Sugli Ata la mazzata da 15 mila posti (in meno) farà saltare nel 2009/2010 altrettanti supplenti. Ma niente sovrannumeri, almeno. Il tutto, assume proporzioni preoccupanti al Sud: dove verranno cancellate da 7 a 10 mila supplenze, l%u2019equivalente di quattro/sei stabilimenti Fiat di Termini Imerese. La Cgil preferisce parlare di licenziamenti, in quanto parecchi supplenti che dal prossimo settembre rimarranno a casa senza lavoro e stipendio non sono di primo pelo. Hanno intrapreso la carriera di insegnante diversi anni fa e accumulato anni di contratti a tempo determinato, con la legittima aspettativa, sancita anche dalla normativa vigente, di entrare di ruolo: si trattava di aspettare un po%u2019 di anni. Ma le regole adesso sono quelle riscritte dal ministro dell%u2019Economia, Giulio Tremonti. E quasi tutte le porte per i precari sono sbarrate.
La notizia che sta tenendo col fiato sospeso decine di migliaia di precari riguarda proprio il taglio delle cattedre: 10.580 alla media e 6.245 al superiore. Cui vanno aggiunti quelli che salteranno al Sud nella scuola primaria, dove i pensionamenti non sono riusciti a tamponare la situazione. Infatti, a mitigare l%u2019impatto della “riforma” della scuola hanno contribuito i 41 mila pensionamenti che hanno liberato altrettanti posti. Ma in parecchie realtà del Paese la coppia Tremonti-Gelmini ha tagliato più di quanto non sia rimasto vacante: azzerando le supplenze e creando migliaia di sovrannumerari.
Per questi ultimi il futuro è particolarmente incerto. Si tratta di insegnanti di ruolo che dopo anni di onorato servizio si ritrovano senza cattedra. Tra agosto e settembre saranno convocati dai dirigenti degli Uffici scolastici provinciali (gli ex provveditorati) e saranno invitati a scegliere le cattedre rimaste libere, anche per un solo anno. Dovranno accontentarsi di spezzoni di cattedra (cattedre inferiori alle 18 ore settimanali) o ritorneranno a disposizione delle scuole per coprire le supplenze. Per almeno un anno verranno sballottati dove serve a fare i tappabuchi. E quando la riforma, fra qualche anno, entrerà a regime il loro numero potrebbe anche aumentare. Perché, nel frattempo, l%u2019età pensionabile verrà innalzata e non sarà più possibile neppure questa soluzione.
* la Repubblica, 22 luglio 2009
Ansa» 2009-03-03 17:47
Cgil: 400.000 precari nella P.A. rischiano posto
ROMA - Sono circa 400.000 i precari della pubblica amministrazione che potrebbero rischiare il proprio posto di lavoro a causa del decreto che blocca la stabilizzazione dei lavoratori flessibili nel comparto, la metà impegnata nella scuola. E’ quanto emerge dai dati forniti dalla Cgil, anche sulla base del Conto annuale della Ragioneria dello Stato. Ai 112.489 occupati a tempo determinato e ai 25.213 lavoratori socialmente utili (dati 2007 della Ragioneria generale dello Stato) si aggiungono infatti - secondo la Cgil - 80.000 contratti di lavoro a progetto (contratti che però potrebbero riguardare in parte le stesse persona) per un totale di lavoratori, esclusa la scuola, che supera le 200.000 unità. A queste - sempre secondo i dati Cgil - si aggiungono 130.000 docenti e 75.000 lavoratori non docenti impegnati nella scuola. La cifra di 400.000 non tiene conto di tirocinanti, stagisti e borsisti, figure non censite che potrebbero raggiungere altre 100.000 unità.
Secondo la Cgil, almeno 30.000 dei precari della scuola perderanno il posto già nel 2009, mentre per quelli degli altri comparti del pubblico impiego la stabilizzazione si allontana almeno fino al 2012, anno nel quale potrebbero essere riaperti i concorsi pubblici. Il posto fisso comunque - spiega il coordinatore del dipartimento settori pubblici della Cgil, Michele Gentile - sfuma per i 60.000 che rientravano nelle regole fissate per la stabilizzazione dal Governo Prodi (almeno tre anni di lavoro nella pubblica amministrazione nel 2006 e 2007), mentre per altri 50.000 che avevano lavorato nel comparto per meno tempo c’é il rischio di perdere il posto a causa dello stop ai rinnovi dei contratti dopo tre anni previsto dal decreto legge Tremonti dello scorso anno.
Secondo l’ultimo Conto annuale, i lavoratori a tempo determinato (sempre esclusa la scuola) nel 2007 erano concentrati nel servizio sanitario nazionale (35.553, 24.834 delle quali donne) e negli enti locali (44.545, 29.052 delle quali donne), ma anche nelle regioni a statuto speciale (11.261), nelle università (5.131) e tra i vigili del fuoco (3.589). I lavoratori socialmente utili (25.213) si concentrano negli enti locali (24.095) mentre i lavoratori interinali (non considerati precari in quanto non dipendenti dell’ amministrazione) nel 2007 erano 11.560.
Un emendamento del governo azzera gli impegni delle ultime due manovre Cgil: "Decisione sciagurata, quei lavoratori avevano tutti i requisiti richiesti"
Statali, salta l’assunzione
di 50mila precari
di ROBERTO PETRINI *
ROMA - Posto a rischio per 50 mila precari dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. Con un emendamento al disegno di legge 1441 quater collegato alla Finanziaria 2009 relativo ai lavori usuranti, il governo ha deciso di azzerare le norme delle ultime due manovre che prevedevano la stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato.
L’emendamento è stato messo a punto in una riunione interministeriale di ieri mattina e prevede l’arresto delle procedure che avrebbero portato all’assunzione per circa 50 mila lavoratori precari. Le ultime due Finanziarie, dopo un lunga e contrastata discussione, avevano infatti previsto che i lavoratori a tempo determinato del pubblico impiego avessero potuto accedere alla stabilizzazione sulla base del possesso di tre requisiti: aver lavorato per almeno tre anni, aver sostenuto almeno una prova selettiva e essere di conseguenza entrati in graduatoria. Per questi precari, almeno 50 mila, si apriva la strada della stabilizzazione: la norma che sta per arrivare in Parlamento azzera invece tutte le norme preesistenti che riguardano il personale precario e blocca di fatto le assunzioni.
Levata di scudi della Cgil: si tratta di una decisione "sciagurata", ha detto ieri il coordinatore del settore dipendenti pubblici del sindacato Michele Gentile. "A causa di questa misura del governo tanti cittadini non avranno i servizi che oggi sono garantiti dai lavoratori precari". "I lavoratori a tempo determinato in questione - ha aggiunto - avevano maturato i requisiti previsti dalle Finanziarie precedenti e per loro era in piedi una prospettiva di assunzione". La Cgil calcola che la misura in prospettiva può arrivare ad interessare circa 120 mila precari, considerando anche coloro senza tutti i requisiti, che si vedranno preclusa la strada della stabilizzazione alla prossima scadenza del proprio contratto o un mese dopo l’approvazione della legge che dovrebbe arrivare entro fine anno.
Anche il Pd comincia a prendere posizione sulla Finanziaria varata nei giorni scorsi dal governo. "E’ di scarsa sensibilità sociale: basta guardare i dati per vedere che la social card non c’è", ha detto il segretario Walter Veltroni. Infatti il decretone di luglio si è limitato a stanziare 200 milioni per il 2008 mentre per il prossimo anno la Finanziaria non prevede risorse come pure mancano le risorse per la detassazione degli straordinari limitata all’anno in corso.
* la Repubblica, 26 settembre 2008.
I sindacati hanno ottenuto la prima bozza dei tagli
previsti all’interno del decreto fiscale
150 mila posti in meno in 3 anni
"Un colpo alla scuola pubblica"
Il governo vuole recuperare otto miliardi, cura shock
"Vogliono tornare al maestro unico nella primaria"
di SALVO INTRAVAIA *
ROMA - "Attacco alla scuola pubblica", "Scuola statale a rischio smantellamento" e "scelte pesantissime sulla scuola". Sono i commenti dei leader sindacali della scuola sul cosiddetto decreto fiscale di cui si conosce una prima bozza attendibile. Per tagliare gli sprechi nella pubblica amministrazione e avviare il meccanismo virtuoso del merito il governo Berlusconi avrebbe previsto per la scuola una cura da cavallo. Nei prossimi tre anni dovrebbero saltare qualcosa come 150 mila posti di lavoro (100 mila cattedre e 47 mila posti di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) per recuperare la cifra record di 8 miliardi di euro.
Il decreto. I tagli andrebbero sotto la voce "Disposizioni in materia di organizzazione scolastica" e sono espressi rigorosamente in percentuali o rapporti che devono essere tradotti per emergere in tutta la loro dimensione. "Ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente", recita il testo provvisorio del decreto, dall’anno scolastico 2009/2010 occorrerà aumentare il rapporto alunni/docenti di un punto. Attualmente siamo attorno a 9,1 alunni per ogni insegnante. L’obiettivo è quello di arrivare entro l’anno 2011/2012 a 10,1. Il costo in termini di cattedre è stimato dai sindacati attorno alle 62 mila unità, cui occorre aggiungere le 33 mila cattedre previste dalla Finanziaria 2008 del governo Prodi incrementate di altre 6 mila unità per una "interpretazione" dell’attuale governo sulla manovra 2008. In tutto 101 mila cattedre che andranno in fumo.
C’è poi la partita del personale Ata. Entro l’anno scolastico 2011/2012 è prevista una riduzione pari al 17 per cento della dotazione organica di bidelli, personale di segreteria e tecnici di laboratorio. I sindacati hanno contabilizzato 47 mila posti che spariranno attraverso la "revisione dei criteri e dei parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale Ata". Secondo questa ipotesi, le scuole avranno meno bidelli per vigilare gli alunni, meno addetti elle segreterie e meno tecnici presenti nei laboratori.
Le reazioni. Francesco Scrima della Cisl scuola parla di governo che "decide all’ingrosso pesantissimi tagli del personale senza considerare le conseguenze sul piano della qualità dei servizi erogati". Parla si esecutivo che "non si interessa degli obiettivi che oggi la scuola deve ottenere, ma attacca semplicemente un pezzo di welfare". E continua: "Si taglia il futuro, si tagliano le radici su cui il Paese può crescere".
"Tagliare altri 100 mila cattedre nel prossimo triennio - dichiara Rino Di Meglio, della Gilda degli insegnanti - significherebbe smantellare la scuola statale". Il perché è presto detto. "Sbaglia chi attribuisce alla scuola sprechi di denaro pubblico - spiega Di Meglio - basta vedere, per esempio, lo stato di fatiscenza in cui versa la maggior parte degli edifici scolastici, sovraffollati, a rischio sicurezza e carenti persino di banchi, sedie e gessi, e il rapporto docenti-alunni sempre più sproporzionato. Risultato: per investimenti nell’istruzione, l’Italia si trova agli ultimi posti nella classifica dei paesi sviluppati".
Enrico Panini, leader della Flc Cgil sostiene: "Nella scuola si spremono oltre 8 miliardi di tagli, compresi quelli contabilizzati per il 2012". E paventa conseguenze disastrose. "Per realizzare questa perversa scelta, alla devastazione della rete scolastica (ottenuta peggiorando le attuali regole per formare le classi e per determinare i posti dei lavoratori ATA) - continua Panini - si aggiunge la devastazione degli ordinamenti che per la prima volta nella storia del nostro Paese saranno più poveri di quelli precedenti. Si ipotizza, infatti, il ritorno al maestro unico nella scuola primaria e, nella secondaria, meno ore e meno materie per tutti, a partire dalle scuole tradizionalmente destinate ai ceti più popolari".
Gli scenari. Ma come è possibile tagliare 150 mila posti se il governo precedente ha faticato a tagliarne 10 mila? "Se la manovra venisse confermata - dichiara l’ex viceministro alla Pubblica istruzione, Mariangela Bastico - Non si tratta di azioni volte alla razionalizzazione e all’efficienza del sistema, come quelli messi in atto dal governo precedente. Si tratta di interventi volti allo scardinamento della scuola pubblica. I tagli in questione possono essere realizzati - continua - sono smantellando pezzi del sistema scuola". In che modo? "Utilizzare il rapporto alunni/docenti - spiega la Bastico - è improprio perché in Italia le anomalie cui fa cenno il governo attuale sono dovute, per esempio, alle politiche per l’integrazione dei disabili". "In Italia i posti determinati dalla integrazione dei disabili sono circa 150 mila, negli altri pesi o ci sono le scuole speciali o questi posti sono a carico delle Politiche sociali".
E quali altri settori rischiano? "Il tempo pieno e il tempo prolungato alla scuola elementare - risponde l’ex inquilino di viale Trastevere - ma anche l’intera scuola dell’infanzia pubblica e l’istruzione degli adulti". Si potrebbe ritornare al maestro unico alla scuola elementare e si potrebbero ritoccare gli orari della scuola superiore. "Su quest’ultimo punto - continua la Bastico - siamo disponibili al dialogo. È possibile ridurre da 40 a 34 le ore nei tecnici e professionali ma questa manovra non consente di tagliare 100 mila posti. La cosa che mi meraviglia maggiormente è che il ministro Gelmini, nelle sue relazioni in Commissione, non ha accennato minimamente a politiche di riduzione così drastiche". E ancora, "la scuola non può reggere con un’assunzione ogni dieci pensionamenti", conclude. E per i 300 mila precari in attesa delle immissioni in ruolo il futuro si tinge di nero.
* la Repubblica, 24 giugno 2008.