Per la cancellazione della parola "PUBBLICA" (con tutte le sue conseguenze) dal Nome del Ministero dell’Istruzione della Repubblica, voto di condotta al Ministro e a tutto il governo del Partito di "Forza Italia": ZERO!!! ASSOLUTAMENTE: PER MALA EDUCAZIONE COSTITUZIONALE!!!.
Gelmini: "Voto in condotta valga per la promozione"
ROMA - Il voto in condotta degli studenti potrebbe presto avere un ruolo determinante per la promozione. E’ quanto sostiene il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. "E’ incomprensibile - afferma il ministro - che non si valuti in alcun modo il comportamento dei ragazzi poiché anche la condotta ha la sua valenza ed il rispetto delle regole deve avere la giusta considerazione".
E per arginare il problema del turn-over dei docenti la Gelmini propone "incentivi per gli insegnanti che garantiscono la permanenza per un ciclo scolastico in una scuola". Per migliorare la formazione è necessario tornare a investire sui docenti.
* la Repubblica, 14 luglio 2008.
* Sul tema, nel sito, si cfr.:
150° UNITA’: GELMINI, IL 17 MARZO SCUOLE RESTINO APERTE
I presidi replicano: ’’Valore ricorrenza non va sottaciuto’’ *
La posizione ufficiale del governo sui festeggiamenti dei 150 anni dell’Unita’ d’Italia non e’ ancora nota nel frattempo pero’ di registrano i vari punti di visti dei ministri.
Ultima in ordine tempo ad intervenire, il ministro Maria Stella Gelmini che al Consiglio dei ministri di ieri, si sarebbe schierata per una festa passata al lavoro.
’’La ricorrenza - avrebbe detto la Gelmini - potra’ essere celebrata in classe durante l’orario normale dedicando una particolare attenzione a quel momento storico cosi’ importante. Un modo per dare piu’ valore a questo appuntamento, altrimenti si correrebbe il rischio di considerarlo solo un giorno di vacanza in piu’’’. Per questo il ministero dell’Istruzione starebbe preparando una circolare che spieghera’ alle scuole come comportarsi.
****
PRESIDI, IMPORTANTE CHE SCUOLE RESTINO CHIUSE.
Di diverso avviso i presidi. Il 17 marzo le scuole devono restare chiuse e poi magari recuperare il giorno perso in un’altra occasione. Ha sottolineato Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp).
’’A me pare sia invece importante - ha detto ancora Rembado - sottolineare la ricorrenza con una vacanza scolastica che, se si pone attenzione o preoccupazione alla necessita’ di non perdere un giorno di scuola, si puo’ recuperare nell’ambito del calendario scolastico. Non voglio dire io quando, la decisione potrebbe essere demandata alle scuole stesse’’.
Il presidente dell’Anp ha pero’ voluto sottolineare che ’’non vogliamo assolutamente recuperare un giorno di vacanza ma festeggiare la ricorrenza. Il valore simbolico della data e’ tale che non deve essere sottaciuto’’.
* www.asca.it
Cortei degli studenti in sessanta città italiane, con loro anche i ricercatori delle università
Ddl Gelmini in aula alla Camera il 14 ottobre. Non c’è copertura finanziaria per la riforma
In piazza per difendere scuola e atenei pubblici
Le manifestazioni indette per difendere il diritto allo studio e all’offerta formativa.
Pantaleo (Cgil): «Lo studio sta diventando un diritto per pochi, il sistema dell’istruzione al centro del modello per uscire dalla crisi».
di Iolanda Bufalini (l’Unità, 08.10.2010)
Macerie: è quel che resta della scuola pubblica dopo i tagli che hanno riportato il numero degli studenti per aula a cifre da dopoguerra, abolito laboratori anche nei professionali e la possibilità di studiare due lingue, cancellato l’informatica e ridotto le ore di italiano. Caschetti gialli in testa, dunque, gli studenti delle superiori saranno oggi in 80 cortei annunciati dall’Uds, nelle strade e nelle piazze di 60 città italiane. Ma non saranno soli. Ci saranno anche gli universitari, perché il disegno di legge del ministro Gelmini, in discussione alla Camera, mina anziché riformare le fondamenta dell’università pubblica. l’Unione degli universitari ha lanciato sul sito costruttori di sapere (costruttoridisapere.it) una foto-petizione: 1600 fotografie con caschetto giallo in testa. Anche Roberto Saviano raccontano gli studenti dell’Udu di Pavia ha solidarizzato, accettando una maglietta con la scritta «costruttori di sapere», dopo una conferenza sulla lotta alle mafie.
Insieme a ragazze e ragazzi che hanno coniato lo slogan «chi apre una scuola chiude una prigione», ci saranno i sindacati e la rete dei ricercatori e dei precari delle università. Sciopera Unicobas mentre l’indicazione della Flc-Cgil, è di scioperare alla prima ora (all’ultima nei turni pomeridiani o serali). «Saremo in tanti alle manifestazioni studentesche», spiega il segretario Domenico Pantaleo, perché saranno tanti «i precari licenziati, i ricercatori, le rappresentanze delle Rsu». Quella di oggi, secondo il sindacalista, «è solo una prima tappa di una mobilitazione che non deve spegnersi con un unico grande fuoco».
Mobilitazione che vedrà un altro momento importante il 14 ottobre (e un altro sciopero di un’ora), quando alla Camera si discuterà il Ddl Gelmini. «Il baratto accettato dai rettori sostiene Pantaleo e scandaloso, si sono accontentati di briciole, anzi di promesse vuote». Finanziamenti, superamento della precarietà e diritto allo studio sono gli obiettivi della mobilitazione nelle università. Offerta formativa che «è sempre più povera, particolarmente nel Mezzogiorno» e lavoro per «le migliaia di precari licenziati», gli obiettivi per la scuola. E poi il pericolo che accomuna i diversi gradi: «la privatizzazione del sistema dell’apprendimento, che sta diventando un diritto per pochi». È, sostiene Pantaleo, «un arretramento culturale simboleggiato dalla farsa degli sponsor privati, leghisti a Adro, da supermercato nella provincia Andria Trani Barletta».
14 OTTOBRE
L’assenza di risorse nella riforma dell’università ha avuto, ieri, la prova del nove in commissione cultura alla Camera. Nella discussione alcuni emendamenti delle opposizioni sono stati accolti ma «nulla di sostanziale», precisa Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd. L’unico emendamento presentato dalla maggioranza per 1500 concorsi ad associato, «meno di un terzo sostiene Giovanni Bachelet del necessario», non ha copertura finanziaria, la commissione bilancio si pronuncerà mercoledì. Riformulato, su indicazione dell’opposizione, l’articolo che avrebbe consentito ai rettori di restare in carica fino a 78 anni, «una vera gerontocrazia», secondo Manuela Ghizzoni.
Il Ddl Gelmini andrà, dunque, alla discussione in Assemblea, immutato nei punti sostanziali del centralismo e del reclutamento dei docenti. La maggioranza (compresa la componente Fli che chiede il ripristino degli scatti di anzianità), chiederà probabilmente alla conferenza dei capigruppo, lunedì, di anticipare la discussione prevista per il 14. Ma, a parte obiezioni di tipo regolamentare, sostiene Manuela Ghizzoni che «è giusto giocare a carte scoperte», sapendo, cioè, «cosa si prevede nella sessione di Bilancio per la riforma universitaria, a cominciare dal maltolto, un milirado e mezzo di tagli».
Scuola, entra l’educazione militare
Con un accordo Gelmini-La Russa via a un corso che prevede la divisione degli studenti in "pattuglie", lezioni di tiro con la pistola ad aria compressa e percorsi "ginnico-militari".
di Francesco Anfossi *
Si chiama “allenati per la vita”. E’ il corso teorico e pratico, valido come credito formativo scolastico (alla sua quarta edizione), rivolto agli studenti delle scuole superiori, frutto di un protocollo tra Ufficio scolastico lombardo, Comando regionale dell’esercito, ministero dell’Istruzione e della Difesa (per la prima volta c’è l’investitura ufficiale dei due ministeri). E che cosa serve a un ragazzo per allenarsi per la vita? Esperienze di condivisione sociale, culturale e sportive , informa la circolare del comando militare lombardo rivolta ai professori della regione.
Dopo le lezioni teoriche “che possono essere inserite nell’attività scolastica di “Diritto e Costituzione” seguiranno infatti corsi di primo soccorso, arrampicata, nuoto e salvataggio e “orienteering”, vale a dire sopravvivenza in ambienti ostili e senso di orientamento, (ma l’autore della circolare scrive orientiring, coniando un neologismo). Non solo, ma agli studenti si insegnerà a tirare con l’arco e a sparare con la pistola (naturalmente ad aria compressa). E in più “percorsi ginnico-militari”. Gli istruttori sono militari in congedo (un centinaio). Gli allievi, tutti volontari, l’anno scorso sono stati 900.
Il perché bisogna insegnare la vita e la Costituzione a uno studente liceale facendolo sparare con una pistola ad aria compressa viene spiegato nella stessa circolare: “Le attività in argomento permettono di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alla forze armate, alla protezione civile, alla croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso”.
Secondo il progetto Gelmini-La Russa, che ha già sollevato perplessità tra i professori che hanno ricevuto la circolare, “la pratica del mondo sportivo militare, veicolata all’interno delle scuole, oltre ad innescare e ad instaurare negli studenti la “conoscenza e l’apprendimento” della legalità, della Costituzione, delle istituzioni e dei principi del diritto internazionale, permette di evidenziare, nel percorso educativo, l’importanza del benessere personale e della collettività attraverso il contrasto al “bullismo” grazie al lavoro di squadra che determina l’aumento dell’autostima individuale ed il senso di appartenenza ad un gruppo”.
Seguirà, a fine corso, “una gara pratica tra pattuglie di studenti (il termine è proprio pattuglie, recita la circolare, termine che ha fatto storcere il naso a molti docenti, ndr)”. Intanto si è aperto il dibattito: è giusto inserire all’interno della scuola pubblica iniziative da collegio militare? O è solo un’opportunità in più per i ragazzi di conoscere meglio il mondo della cooperazione e delle missioni internazionali di pace e di avvicinarsi a organismi e istituzioni come protezione civile, esercito e croce rossa? La circolare ha suscitato un vivacissimo dibattito in Rete avviando numerosi blog e forum di discussione.
Francesco Anfossi
Blocco della didattica all’Alma Mater
"Sostituiremo i ricercatori che aderiscono"
La protesta contro la Gelmini costa caro: i ricercatori dell’Università di Bologna che non terranno lezione saranno rimpiazzati da docenti a contratto. Lo ha deciso il senato accademico inviando un ultimatum che scadrà venerdì alle dodici: "Non possiamo permetterci di bloccare corsi fondamentali". La risposta: "E’ gravissimo" *
La protesta contro la Gelmini costa caro: i ricercatori dell’Università di Bologna che aderiscono al blocco della didattica saranno sostituiti da docenti a contratto, almeno quelli dei corsi fondamentali. Lo ha deciso il Senato accademico all’unanimità. Sarà spedita una lettera a tutti i presidi di facoltà che a loro volta la gireranno ai ricercatori chiedendo se hanno intenzione di aderire al blocco della didattica o meno. La risposta dovrà arrivare entro venerdì alle 12 e chi non lo farà sarà considerato come non disponibile a fare lezione. Ogni facoltà spedirà i dati raccolti alla sede centrale che deciderà quanti e quali corsi coprire con bandi per docenti a contratto. La priorità è per i corsi fondamentali. I ricercatori: "Ci rimpiazzano, è gravissimo".
La decisione. Tramite il prorettore alla didattica, Gianluca Fiorentini, l’Alma Mater fa sapere di avere fatto di tutto a sostegno dei ricercatori, a cui va "solidarietà politica e umana". Insomma, "non c’è nessuna guerra", ma chi si rifiuterà di fare lezione per protesta contro il Governo sarà rimpiazzato nella didattica. "Abbiamo il dovere di dare continuità all’attività formativa - giustifica Fiorentini - un conto è se diminuisce la qualità della didattica, un conto è il blocco totale delle lezioni. Il danno, non solo d’immagine per l’Ateneo ma anche sociale per le famiglie e la collettività, è enorme. Non possiamo creare questo danno in un momento così difficile".
L’ultimatum. I tempi sono stretti. Alcune facoltà, come Architettura, iniziano i corsi già la prossima settimana e i bandi durano minimo 15 giorni. Anche per questo i vertici dell’Alma Mater hanno deciso di non fare slittare l’inizio dei corsi a ottobre, come chiedevano i ricercatori. "L’organizzazione della didattica è molto complessa - spiega Fiorentini - se si sposta in avanti, non si recupera più. Qualche corso può iniziare con una settimana di ritardo, ma gli insegnamenti che hanno già i docenti possono partire subito". Insomma, afferma il prorettore, "adesso siamo arrivati a un punto che non possiamo più aspettare. A luglio il Senato aveva chiesto ai ricercatori di comunicare entro settembre quanti avevano deciso di aderire alla protesta. A inizio mese non erano ancora pronti, perchè era ancora in corso il dibattito interno e il rettore ha deciso di aspettare ancora, il che è un grande segnale d’attenzione". Arrivati a metà settembre l’Ateneo ha deciso che non si poteva più andare oltre e ha accelerato i tempi.
I costi per i nuovi contratti. Il bando sarà per docenti interni ed esterni all’Alma Mater e sarà finanziato con fondi straordinari (ancora non è chiaro però se a carico delle casse centrali o delle singole facoltà). Di cifre nessuno ne parla e anzi Fiorentini smentisce i tre milioni di euro di cui si era vociferato nell’assemblea dei ricercatori.
I ricercatori. Anna Maria Pisi, ricercatrice e rappresentante in Senato dell’area di Scienze biologiche, geologiche e agrarie, ha contestato già tra gli scranni dell’organo accademico la decisione avallata dal rettore Ivano Dionigi. Intervistata dall’agenzia Dire spiega: "Per me è una scelta molto grave significa che come ricercatori non valiamo niente per l’Ateneo". Tra l’altro, sottolinea, "noi ricercatori non siamo obbligati ad assumere carichi didattici. Noi siamo assunti solo per fare ricerca e le lezioni le facciamo gratuitamente". Non è però solo la prospettiva di essere sostituiti a far saltare sulla sedia i rappresentanti dei ricercatori. Anche aver accelerato i tempi da parte dell’Ateneo ha lasciato l’amaro in bocca. "Ho chiesto di spostare il termine della risposta alla lettera a lunedì anzichè venerdì - spiega Pisi - e mi ha sostenuto anche qualche preside. Mi è stato risposto che non si poteva fare perchè non ci sarebbe stato tempo a sufficienza per i bandi. Invece aspettare un giorno in più non sarebbe stata la fine del mondo". Con questa mossa, la paura è che la protesta si possa sgonfiare. Anche se Pisi assicura che "andremo avanti comunque: è l’unica arma che abbiamo".
* la Repubblica, 14 settembre 2010
Forse per Gelmini la scuola pubblica è di sinistra?
di Fabio Luppino (l’Unità, 14.09.2010)
Poteva fermarsi alla sottovalutazione bonaria dei simboli leghisti nella scuola di Adro, comunque fatto grave per un ministro. Gelmini ha voluto strafare, denotando protervia culturale e voglia di rivincite antiche quando ha detto che il pericolo vero sono i simboli di sinistra nelle scuole. Sono progressista di formazione, di sinistra ma senza illusioni, scarsamente ideologico, socialdemocratico dentro il Pci.
Ma mi avrebbe molto seccato, fortemente contrariato trovare nelle scuole dei miei figli «simboli di sinistra», così come le pennellate celtiche di Adro, anche di più. Passo in rivista più e più volte quello che vedo entrando in una scuola (perché non si può essere sempre contro per principio), ma ho grandi difficoltà ad accogliere la preoccupazione del ministro. Il crocefisso? No. La foto del Presidente della Repubblica? No, non poteva parlare di quella. I presidi con la porta aperta, a volte? Certo potrebbero generare sospetti, ma di sinistra è un po’ più forte, direi. Bidelli (personale Ata, sì) senza divisa? Certo, qualche decennio fa le avevano, a volte azzurre, a volte nere, ma adesso i soldi non ci sono nemmeno per quelle. No, passiamo oltre.
O forse che siano di sinistra i banchi rotti, i muri scrostati, i bagni non puliti, le palestre senza l’agibilità, la mancanza della carta igienica, le serrande rotte, le porte che non si chiudono e che nessuno aggiusta? Potrebbero, forse, come conseguenza di un modo rivoluzionario di stare a scuola dei ragazzi, al pari della gelatina sui capelli, dei pantaloni portati più bassi delle mutande, dell’orecchino, del piercing, della capacità a volte di fare domande intelligenti...
Ecco, forse ci sto arrivando. Se uno studente sa parlare, pensare, studiare, educato come cittadino consapevole, forse è questo il punto, il problema. Se la scuola Gelmini è di destra, perché la riforma delle superiori tagliando il sapere sta affievolendo i presupposti dell’Istruzione costituzionale, la scuola pubblica, laica, nata per formare, includere, consentire l’ascensore sociale, garantire l’attuazione del principio di eguaglianza è di sinistra.
La scuola, è di sinistra!
Allora, il punto è questo. Avere libri non orientati, insegnanti capaci di destare lo spirito critico, scrivere, formarsi un’opinione libera, non aderire a schemi precostituiti, esercitare obiezione di coscienza grazie ad una approfondita conoscenza delle cose. Tutto questo è di sinistra, forse? Se è così, rivendichiamo che questa sia la scuola, pubblica, e anche non pubblica. Quello che Gelmini e il governo di cui fa parte stanno aspramente combattendo da due anni con geometrica potenza.
La distruzione della scuola
Istruzione. La linea suicida di Gelmini
di Vittorio Emiliani (l’Unità, 08.09.2010)
Da anni l’Italia spende poco e male per l’istruzione. Ma con questo governo spende sempre meno e sprofonda al penultimo gradino fra i 33 Paesi dell’Ocse, lontanissima da Scandinavia, Usa, Regno Unito, o Francia, lontana da Austria e Portogallo. Dal 5 % circa di PIL del governo Prodi al 4,7 % indicato dall’Ocse prima dell’ultima sciagurata manovra. Il ministro Gelmini prende lo spunto per gloriarsi dei suoi tagli sulla pelle dei precari sostenendo che il rapporto “spinge ad andare avanti con le riforme”. Quali, se per ora l’intero comparto - dalle materne all’Università - viene sottoposto ad una dieta delle più debilitanti? Avremmo capito se avesse mantenuto inalterata la spesa e destinato una quota maggiore ad investimenti in strutture, edifici, laboratori, servizi di supporto, e ad incentivi al merito. No, siamo di fronte ad un governo che sa solo calare la scure su istruzione, cultura e ricerca, cioè sul futuro del Paese. Una linea suicida.
Tanto più che l’Italia detiene già la “maglia nera” dei laureati. Stiamo infatti andando (ma con le discusse lauree brevi) verso il 14 % di giovani e adulti, roba da arrossire rispetto agli altri Paesi europei che stanno al doppio e oltre, Spagna inclusa. Di donne laureate la Finlandia ne vanta più del triplo di noi e il Regno Unito poco di meno. Siamo tuttora il Paese in cui il 25 % degli abitanti in età ha a malapena la V Elementare o neanche quella (in pratica semi-analfabeti) e un altro terzo circa si è fermato alla III Media. Col Nord che non brilla per niente e coi giovani di famiglie “a basso livello di formazione” che, al 90 %, non arriveranno ad una laurea. Paese ingiusto, e ottuso: per l’Ocse infatti, un individuo con un livello alto di istruzione, “genererà nel corso della vita lavorativa una somma supplementare di 119.000 dollari tra imposte sul reddito e contributi sociali” rispetto ad un individuo con una istruzione più bassa. Senza contare l’apporto che potrà dare a tutti in creatività.
Ecco perché indignano i Tg di questi giorni in cui si vedono insegnanti e genitori che si ingegnano a rendere accettabili aule fatiscenti, a trovare altri banchi, a portare pennarelli, quaderni, persino la carta igienica. Sono gli stessi italiani a reddito fisso ai quali questo fisco sommamente ingiusto non fa sconti di sorta, i soli, coi pensionati e coi titolari di partite Iva, a pagare al centesimo tasse e imposte. Senza le quali anche quel misero 4,7 % del Pil non potrebbe essere assegnato all’istruzione pubblica. “Non è mai troppo tardi” fu una bandiera della tanto rimpianta Rai del servizio pubblico quando faceva cultura con l’Approdo e insegnava a leggere e scrivere con l’indimenticabile maestro Manzi. Non è mai troppo tardi. Per cambiare anzitutto.
L’Ocse: in Italia si spende poco per la scuola. Prof in piazza di G. V. (l’Unità, 08.09.2010)
Il dossier è spietato: il nostro Paese agli ultimi posti, così gli stipendi Gelmini: ci dà ragione. Replica Pd: senza investimenti l’istruzione è morta L’Ocse ci consegna un quadro deprimente dell’Istruzione italiana e Gelmini si sente rinfrancata. Il nostro Paese è agli ultimi posti per investimenti nella scuola, i nostri insegnanti i peggio pagati.
L’Italia spende il 4,5% del pil nelle istituzioni scolastiche, contro una media Ocse del 5,7%. Solo la Repubblica Slovacca spende meno tra i paesi industrializzati, secondo quanto emerge dallo studio Ocse sull’istruzione. Nel suo insieme, la spesa pubblica nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) è pari al 9% di quella pubblica totale, il livello più basso tra i paesi industrializzati (13,3% la media Ocse) e l’80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell’Ocse. La spesa media annua complessiva per studente è di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media (8.200), ma focalizzata sulla scuola primaria e secondaria e a scapito dell’università, dove la spesa media per studente, inclusa l’attività di ricerca, è 8.600 dollari, contro i quasi 13mila Ocse.
La spesa cumulativa per uno studente dalla prima elementare alla maturità è di 101mila dollari (contro 94.500 media Ocse), cui vanno aggiunti i 39mila dollari dell’università contro i 53mila della media Ocse. Nella scuola primaria il costo salariale per studente è 2.876 dollari, 568 in più della media Ocse, ma il salario medio dei docenti è inferiore di 497 dollari alla media che è di 34.496 dollari. Gli insegnanti sono pagati meno della media, soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Un maestro di scuola elementare inizia con 26mila dollari e al top della carriera arriva a 38mila (media Ocse 48mila). Un professore di scuola media parte da 28mila per arrivare a un massimo di 42mila (51mila Ocse), mentre un professore di liceo a fine carriere arriva a 44mila (55mila). Al tempo stesso, però, l’Italia è quint’ultima per le ore di insegnamento diretto. Sono 601 l’anno nella scuola secondaria, contro una media Ocse di 703.
Per quanto riguarda i laureati, sono pochi e pagati bene, a patto di essere uomini e preferibilmente oltre i 45 anni, mentre per le donne la strada dopo l’università è decisamente più in salita, soprattutto nei guadagni.
Gelmini in uno scarno comunicato ha semplicemente detto che l’Ocse le dà ragione. L’evidenza dice il contrario. «Deve essere una gran bella soddisfazione, per Tremonti e Gelmini, sapere che l`Italia è fanalino di coda nella spesa per l`istruzione e che persino Brasile ed Estonia sono più generosi. Peggio di noi c`è solo la Slovacchia ma diamo tempo a questo governo e certamente non ci negherà anche questa soddisfazioneUna scuola nella quale non si investe è una scuola morta», avverte Francesca Puglisi responsabile Pd Scuola. Oggi a Roma i precari delle reppresentanze di base manifesteranno davanti Montecitorio.
Nella giornata di lotta europea del 29 settembre, che oltre quella di Bruxelles vedrà una manifestazione anche a Roma, sui temi dello sviluppo, della crescita, delle politiche industriali, dell’occupazione e del welfare, «tema fondamentale sarà anche la lotta alla precarietà con la mobilitazione nazionale di tutti i precari dei settori della conoscenza». Lo annuncia una nota della segreteria nazionale della Cgil nel denunciare come «la dissennata politica dei tagli sulle fondamentali funzioni pubbliche, che ha come obiettivo finale quello della privatizzazione dei beni pubblici, si è abbattuta pesantemente sul sistema dell’istruzione e della ricerca e sull’insieme dell’ intervento pubblico».
NELLE CITTA’
La scuola scoppia, ecco le superclassi
Nei licei anche 35 alunni per aula
Allarme dei docenti: sicurezza a rischio e didattica penalizzata. Superato in molte città il tetto di 27. La Cgil: colpa del taglio dei professori
di SALVO INTRAVAIA e SARA GRATTOGGI *
ROMA - Lezioni al via in aule sempre più affollate. Cresce il numero delle classi "fuorilegge": secondo un decreto ministeriale del 1992, infatti, sono da considerarsi non in regola quelle classi composte da oltre 25 alunni. E per l’anno scolastico in arrivo nelle scuole italiane si arriva ad oltrepassare i 30 studenti per aula fino ad arrivare a trentasette. E la sicurezza? I dirigenti degli uffici periferici del ministero che approntano gli organici fanno finta di non accorgersene perché, in caso di incidente, la responsabilità ricade sul preside. Mentre i docenti si dovranno confrontare con superclassi dove insegnare è quasi un’impresa e gli alunni dovranno mettersi d’impegno per non rimanere tagliati fuori.
Il ministero ha stabilito un limite di 27 alunni per classe, ma quando i resti non consentono di formarne un’altra di almeno 20 il tetto salta. È il caso del liceo Tacito a Roma, dove su sette nuove prime due saranno formate, rispettivamente, da 35 e da 33 studenti. E si può arrivare in vari casi anche a 37 allievi. I numeri dell’anno scolastico alle porte sono più eloquenti di qualsiasi speculazione: tra poco più di una settimana, la scuola italiana avrà 20mila alunni in più dell’anno scorso che troveranno spazio in 3.700 classi in meno. Un giochetto che consente a viale Trastevere di tagliare un bel numero di cattedre.
Ma cosa accade quando il professore entra in una superclasse? Renato Del Noce, insegnante tecnico-pratico di Fisica all’Iti Meucci di Massa, spiega che "quando hai a che fare con classi di 29/30 alunni tutto si complica". "Non ci sono - prosegue - laboratori in grado di ospitare 30 alunni, mancano le strutture adeguate. E - aggiunge - sei spesso costretto a dividere la classe: una parte lavora in laboratorio con me e l’altra metà studia la teoria in classe col collega". Non solo. "Specialmente nelle prime classi composte da ragazzini provenienti da scuole medie diverse - prosegue - tutto diventa più difficile: passi diverse settimane a portare tutti gli alunni allo stesso livello e non è detto che ci si riesca. Può capitare che per mandare avanti la maggior parte della classe non si riescano a seguire i ragazzini con più difficoltà che poi si perdono per strada".
Un problema che si verifica anche in Germania e che sta determinando una fuga verso le scuole private. Nei licei francesi la media è già di 28 alunni. In Italia, sono le sezioni di scuola dell’infanzia e le prime classi delle superiori che rischiano di esplodere.
Alla materna ci si avvia verso i 24 bambini per classe di media, il dato più alto degli ultimi 15 anni. Per trovare numeri più alti occorre andare indietro di diversi decenni, quando in classe c’erano anche 40 alunni. Nel 2009/2010 sono state 28 le province italiane dove il limite di 25 alunni per classe di media è stato superato. Record a Mantova e Pavia con, in media, oltre 27 piccoli per classe. Al classico e allo scientifico le prime scoppiano. Ventinove alunni per classe a Viterbo al classico, e 28 a Reggio Calabria allo scientifico. Valori che si avvicinano a quelli degli anni ’50.
Il decreto del ministero dell’Interno del 26 agosto 1992, "Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica", prevede un "affollamento massimo ipotizzabile" di 26 persone per aula: 25 alunni, più il docente. Con un numero superiore di alunni, se non sono state previste misure particolari, l’esodo in caso di incendio può diventare problematico. Un’altra norma prevede un tot di metri quadri per alunno. "La ministra - spiega Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil - non si rende conto che in queste condizioni manca qualsiasi requisito di sicurezza. I tagli al personale docente hanno fatto aumentare il numero di alunni per classe e quello al personale Ata non garantirà neppure un adeguata vigilanza nei corridoi. Un disastro".
* la Repubblica, 04 settembre 2010
ESAMI
Maturità, Gelmini rassicura
"Con un 5 non si boccia nessuno"
Il ministro dell’Istruzione precisa: "Una norma voluta per restituire rigore alla scuola, ma se c’è una insufficienza spetta al consiglio di classe, con buon senso, valutare l’opportunità di ammetere o meno lo studente all’esame di Stato"
ROMA - "Con un cinque non si boccia nessuno". A pochi giorni dall’inizio degli esami di maturità, il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini rassicura gli studenti o meglio smussa un po’ quello che è stato un cavallo di battaglia della riforma da lei fortissimamente voluta nell’autunno del 2009 nonostante le proteste studentesche che animarono quei mesi. Una sola insufficienza e addio promozione. Oggi il ministro, ospite nello studio di Porta a porta, torna a parlare delle nuove norme che prevedono, per l’ammissione all’esame di Stato che conlude il ciclo delle superiori, la sufficienza in tutte le materie, condotta compresa.
"Rispetto alla prassi di questi anni di ammissione totalitaria alla maturità - ha spiegato Gelmini - questa è una delle norme pensate per restituire rigore e maggiore serietà alla scuola e alla maturità. Non mi sfugge che laddove c’è l’insufficienza in una materia, il consiglio di classe debba valutare collegialmente se ammettere o no lo studente. Queste norme - ha proseguito - vogliono evitare i sei politici e il lassismo degli ultimi anni".
La parola più usata è "rigore": "La strada intrapresa di un ritorno a più rigore è giusta - dice il ministro - è chiaro che l’applicazione delle nuove regole deve essere accompagnata dal buon senso e dunque con un cinque non si boccia nessuno. Queste norme però - ha concluso - promuovono negli studenti un maggiore impegno per raggiungere almeno la sufficienza".
Poi, Gelmini smentisce quanto affermato poche ore prima dal capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, Manuela Ghizzoni. Ovvero, che i fondi destinati agli insegnanti meritevoli, cioè "il 30% dei tagli inferti agli organici dalla manovra estiva di Tremonti di due anni fa", saranno invece utilizzati per pagare i debiti delle scuole. Al contrario, insiste il ministro, "quei risparmi ottenuti con gli interventi di razionalizzazione nella scuola resteranno destinati a valorizzare il merito". "Stiamo valutandone l’impiego - ha detto nel corso dell’intervento a Porta a porta - i risparmi matureranno dal 2012, il blocco degli scatti di anzianità durerà per tre anni, noi dobbiamo usare questo periodo per affermare il principio che gli avanzamenti di carriera non saranno più legati all’anzianità ma al merito".
Il paese dei balocchi
di Francesco Merlo (la Repubblica, 25.05.2010)
Da ministra del rigore a ministra del tempo libero, da sacerdotessa dello studium a fanatica dell’otium, da bacchetta che castiga a sbracata Lucignola che vuole mandare tutti i bimbi italiani nel paese dei balocchi.
Insomma «per favorire il turismo» la ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini vuole ritardare di un mese l’apertura dell’anno scolastico, dai primi di settembre ai primi di ottobre. Attenzione: non per ragioni didattiche né per qualche forma, sia pure contorta o distorta, di saggezza pedagogica, ma soltanto per allungare la vacanza, per aiutare l’industria del tempo libero, per fare divertire di più i ragazzi italiani che solitamente bastona e per fare riposare di più i professori contro i quali scaglia lampi ed emette tuoni.
Dopo avere maltrattato gli insegnanti come fannulloni ignoranti e avere insultato gli studenti come somari e pelandroni, dopo avere predicato il ritorno alla disciplina e al faticoso impegno, Nostra Signora dei Grembiulini ha dunque scoperto la virtù della pigrizia rilanciando il sogno di tutti gli asini del mondo e persino riproponendo quel modello sessantottino contro il quale si batte in maniera ossessiva: viva la strada che libera gli istinti e abbasso la scuola che li reprime.
Persino la Lega che solitamente incoraggia e istiga le numerose e creative riforme antimeridionali, xenofobe e anti eruopee della Gelmini, ha obiettato alla ministra che le mamme che lavorano non saprebbero letteralmente «dove mettere i bambini» e che la legge italiana impone agli insegnanti almeno duecento giorni di didattica l’anno, che è lo standard europeo del diritto allo studio.
Se non assistessimo all’agonia di un’istituzione che la ministra ha deciso di far saltare ogni mattina nel cerchio di fuoco potremmo limitarci a ridere per questa incoerente sparata a favore del torpore e della lentezza degli italiani che la ministra vorrebbe stiracchiare sino all’autunno, come ai tempi del libro Cuore, quando la scuola cominciava il 17 ottobre perché il signorino Carlo Nobis aveva bisogno di tre mesi di villeggiatura per rilassarsi e il muratorino, che era bravo a fare «il muso di lepre», ne aveva necessità per lavorare, come Precossi, figlio del fabbro ferraio e come Coretti che «si leva alle cinque per aiutare suo padre a portar legna e alle 11 nella scuola non può più tenere gli occhi aperti». In realtà la Gelmini resuscita il morto per ammazzare il vivo. Non è vero che vuole tornare alla scuola di De Amicis perché coltiva nobili rimpianti, ma solo per ridurre i costi e malmenare ancora gli odiatissimi professori, i nuovi straccioni d’Italia. È per soldi che la Gelmini si è subito gettata su questa proposta del suo compagno di partito, il carneade Giorgio Rosario Costa, un commercialista di Lecce che sinora si era fatto notare proponendo l’istituzione dell’Albo Nazionale dei Pizzaioli, e che adesso deve averla sparata così tanto per spararla e non gli pare vero di essere stato cooptato dalla ministra nell’Accademia dei Saggi e degli Equilibrati. Ormai gli italiani - anche quelli che la votano - hanno capito che la Gelmini ha una sola ossessione: tagliare, contabilizzare, chiudere e, insieme con l’agitatissimo Brunetta, umiliare e cacciare via. È infatti evidente che spostando l’inizio delle lezioni ad ottobre lo Stato risparmierebbe un mese di stipendio ai precari che per la ministra sono come la Comune di Parigi o la Moneda di Allende, le ultime roccaforti del potere sindacale e della sinistra miserabile. Più in generale se davvero riuscisse ad allungare le vacanze scolari di un altro mese la Gelmini taglierebbe le unghia a tutti gli insegnanti italiani contro i quali sta già per avventarsi la manovra economica con il blocco degli scatti automatici di anzianità e di qualsiasi rinnovo contrattuale. Che cosa vogliono questi fannulloni ai quali lo Stato ha regalato un altro mese di vacanze? Ecco un’idea di buon governo: togliere il lavoro a qualcuno per poi punirlo come scansafatiche, perdigiorno e parassita.
In realtà con l’ossessione che il libro e i processi formativi sono in mano alla sinistra, e con la missione di trasformare gli insegnanti nel nuovo sottoproletariato italiano la Gelmini aggredisce ogni volta che può il già malandato tempio attorno al quale si organizza l’Italia come comunità, il luogo che tiene in piedi la democrazia, lo studium appunto che - mai ci stancheremo di ripeterlo - vuol dire amore, passione e dunque vita: «A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuola dalla mattina presto sino alla sera tardi, estate e inverno, e non c’era ricreazione e non si faceva vacanza neppure la domenica».
Vietato parlare con la stampa
Bavaglio a presidi e professori
Emilia Romagna. L’Ufficio scolastico regionale impone il divieto di parola al personale scolastico
Gelmini applaude. «Non si usa l’istruzione per fare propaganda. Chi vuol fare politica, si candidi»
Il coordinamento docenti modenese rende pubblica una circolare in cui l’Usr impone ai lavoratori della scuola di non avere contatti con la stampa. La Cgil chiede le dimissioni del dirigente. La Gelmini lo difende.
di Chiara Affronte (l’Unità, 22.05.2010)
Bavaglio agli insegnanti che parlano con la stampa o dissentono dalle linee del governo. Se non si “ubbidisce” via alle sanzioni disciplinari. È quello che accade in questi giorni in Emilia-Romagna, dove il dirigente dell’Ufficio scolastico regionale Marcello Limina invia ai presidi una circolare «riservata» (si legge in alto nel documento, ndr) in cui manifesta la volontà di porre uno stop a «dichiarazioni rese da personale della scuola con le quali si esprimono posizioni critiche con toni talvolta esasperati e denigratori dell’immagine dell’amministrazione di cui lo stesso personale fa parte». Toni che prosegue la nota vengono inviati sotto forma di documenti ad autorità politiche, fatti circolare a scuola o distribuiti alle famiglie. Nella circolare Limina “invita” quindi ad «astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell’Amministrazione pubblica».
Si scatena il putiferio quando il coordinamento degli insegnanti modenesi Politeia viene a conoscenza dell’esistenza di questa circolare, non ancora resa pubblica da nessun preside, ma datata 27 aprile. La Cgil insorge: «Ritiro immediato della nota e dimissioni del direttore dell’Usr», la richiesta del segretario generale Flc-Cgil Mimmo Pantaleo. Immediata la difesa del ministro Mariastella Gelmini: «Condivido e sostengo pienamente l’operato del direttore Limina che ha invitato tutto il personale della scuola a osservare un comportamento istituzionale afferma il ministro È lecito avere qualsiasi opinione ed esprimerla nei luoghi deputati al confronto e al dibattito. Quello che non è consentito è usare il mondo dell’istruzione per fini di propaganda politica: chi desidera fare politica si candidi alle elezioni e non strumentalizzi le istituzioni».
PRESIDI SCERIFFI
Tutto parte da Modena, dove alcuni insegnanti vengono a conoscenza dell’esistenza della circolare. «Qualche dirigente troppo zelante l’ha messa tra quelle visibili a tutti», riferisce un insegnante. Presa la palla al balzo di una manifestazione contro i tagli della riforma Gelmini che si è svolta a Modena giovedì, i docenti hanno reso pubblica la notizia e firmato una mozione per denunciare il «carattere intimidatorio e lo spirito antidemocratico della circolare che cerca di reprimere le legittime proteste del mondo della scuola». Fatto altrettanto grave, per i “prof” modenesi, quello di «far passare l’idea che i dirigenti, destinatari del documento, siano soggetti superiori di grado, quando in realtà, nel collegio docente, sono figure inter pares. Poi, vuoi per l’avidità di qualcuno, vuoi per il clima autoritario generale, passa l’idea di un ruolo diverso».
La scuola, insomma, non è quella che dipingono Limina e il governo anche per Bruno Moretto della cellula bolognese del comitato Scuola e Costituzione: «Gli insegnanti sono autonomi: lo spirito dell’articolo 33 della Costituzione è quello di creare nella scuola un clima di confronto di posizioni». Meglio per il comitato che «Limina si occupi di ciò che gli compete e risponda ad esempio ai 600 bambini che a Bologna e provincia non avranno posto alla scuola materna l’anno prossimo».
Le cento piazze della Conoscenza
di Maristella Iervasi *
Alice ha un violino in mano e scrive sulla lavagna il suo pensiero: “La musica rende migliori”. La studentessa del liceo scientifico Keplero di Roma ha preparato con altri ragazzi della sua scuola un pezzo di Vivaldi e sta per esisbirsi in piazza Navona, per un giorno trasformata in scuola della Conoscenza. Una manifestazione per la difesa di saperi e dell’arte e la cultura, al centro di un attacco senza precedenti: strozzati sempre più dalla mancanza di risorse e con le casse vuote. Così non solo a Roma ma in cento piazze d’Italia il sindacato Flc-Cgil ha fatto conoscere ai cittadini chi sono i cosa fanno quotidianamente i ricercatori precari, gli insegnanti "fannulloni", i "baroni" universitari, i bidelli "che non fanno le pulizie", gli studenti di una scuola alla quale stanno togliendo il futuro. E anche qualche turista ha voluto lasciare il proprio pensiero: “Pensar es gratis pero cuesta mucho apoya la cultura”.
Angoli di pittura, lezioni di astronomia e il terremoto spiegato ai bambini. E ancora: proiezioni di filmati di astronomia, la terra vista dallo spazio raccontata dall’astronauta Umberto Guidoni e un quiz di “ignoranza” sull’università della Gelmini. Poi il punto di vista di personalità della cultura e dell’informazione, come Lidia Ravera (scrittrice), Oliviero Beha (giornalista), Filippo la Porta (critico letterario), Gianni Ferrara (docente di diritto costituzionale).
Da uno stend accanto alla fontana dei fiumi del Bernini arriva il canto dei bambini. E’ il coro della “Sesta voce” spiega la maestra. Il coro multietnico degli studenti delle scuole della sesta Circoscrizione di Roma. Parole in musica che suonano come un invito contro il razzismo e le scuole ghetto: “Siamo diversi, siamo tutti uguali/ Siamo bianchi siamo neri/ siamo fatti di pensieri...”.
Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil: “Il senso di questa mobilitazione? Lanciare un segnale al Paese. La cultura è un patrimonio fondamentale per ridare futuro all’Italia. Questo governo invece va nella direzione opposta: per loro la cultura è solo un costo”.
* l’Unità, 07 novembre 2009
Nessuna legge lo prevede
di Michele Ainis (La Stampa, 4 novembre 2009)
Doveva arrivare un giudice d’Oltralpe per liberarci da un equivoco che ci portiamo addosso da settant’anni e passa. In una decisione che s’articola lungo 70 punti (non proprio uno scarabocchio scritto in fretta e furia) ieri la Corte di Strasburgo ha messo nero su bianco un elenco di ovvietà.
Primo: il crocifisso è un simbolo religioso, non politico o sportivo.
Secondo: questo simbolo
identifica una precisa religione, una soltanto.
Terzo: dunque la sua esposizione obbligatoria nelle
scuole fa violenza a chi coltiva una diversa fede, o altrimenti a chi non ne ha nessuna.
Quarto: la
supremazia di una confessione religiosa sulle altre offende a propria volta la libertà di religione,
nonché il principio di laicità delle istituzioni pubbliche che ne rappresenta il più immediato
corollario.
Significa che fin qui ci siamo messi sotto i tacchi una libertà fondamentale, quella conservata per l’appunto nell’art. 9 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo? Non sarebbe, purtroppo, il primo caso. Ma si può subito osservare che nessuna legge della Repubblica italiana impone il crocifisso nelle scuole. Né, d’altronde, nei tribunali, negli ospedali, nei seggi elettorali, nei vari uffici pubblici.
Quest’obbligo si conserva viceversa in regolamenti e circolari risalenti agli Anni Venti, quando l’Italia vestiva la camicia nera. Fu introdotto insomma dal Regime, ed è sopravvissuto al crollo del Regime. Non è, neppure questo, un caso solitario: basta pensare ai reati di vilipendio, agli ordini professionali, alle molte scorie normative del fascismo che impreziosiscono tutt’oggi il nostro ordinamento. Ma quantomeno in relazione al crocifisso, la scelta normativa del Regime deve considerarsi in sintonia con la Costituzione all’epoca vigente. E infatti lo Statuto albertino, fin dal suo primo articolo, dichiarava che «la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato». Da qui figli e figliastri, come sempre succede quando lo Stato indossa una tonaca in luogo degli abiti civili.
Ma adesso no, non è più questa la nostra divisa collettiva. L’art. 8 della Carta stabilisce l’eguale libertà delle confessioni religiose, e stabilisce dunque la laicità del nostro Stato.
Curioso che debba ricordarcelo un giudice straniero. Domanda: ma l’art. 7 non cita a sua volta il Concordato? Certo, e infatti la Chiesa ha diritto a un’intesa normativa con lo Stato italiano, a differenza di altre religioni (come quella musulmana) che ancora ne risultano sprovviste. Però senza privilegi, neanche in nome del seguito maggioritario del cattolicesimo. D’altronde il principio di maggioranza vale in politica, non negli affari religiosi.
E d’altronde la stessa Chiesa venne fondata da Cristo alla presenza di non più di 12 discepoli. Se una religione è forte, se ha fede nella sua capacità di suscitare fede, non ha bisogno di speciali protezioni.
L’Europa contro il crocefisso in aula
Gli studenti plaudono: "Passo avanti"
Le associazioni sfidano la Gelmini:
"La scuola laica tradizione italiana" *
ROMA Le associazioni degli studenti accolgono positivamente la sentenza emessa oggi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo con la quale si stabilisce che esporre il crocifisso nelle classi della scuola pubblica è contrario al diritto dei genitori di educare i loro figli secondo le proprie concezioni religiose, oltre che al diritto degli alunni alla libertà di religione.
Se per Stefano Vitale, dell’esecutivo nazionale dell’Unione degli studenti, la posizione dei giudici della Corte europea è «un passo avanti» e va accolta «con favore» perché rispettosa di «una scuola plurale, democratica, laica e interculturale, che non ostacoli la libertà di scelta religiosa e la sensibilità degli studenti», la Rete degli studenti attraverso il suo leader, Luca De Zolt, ribadisce che il crocefisso va tolto delle aule perchè non è «un simbolo propriamente "laico" e giustamente la Corte europea lo a ribadito». Alla Rete degli studenti non è però piaciuta l’affermazione del responsabile dell’Istruzione, per la quale «la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione».
Secondo De Zolt «al ministro Gelmini non importa che nelle scuole attaccare il crocefisso in classe possa produrre crolli strutturali: l’importante è che il crocefisso ci sia». L’associazione si scaglia quindi contro l’operato dell’inquilino di viale Trastevere: «Ma come fa un ministro che ha distrutto scuola e università pubbliche - chiede De Zolt - a ergersi a paladina della cultura italiana? La Gelmini non si pone il problema di un essere un ministro, e quindi del fatto che non dovrebbe pronunciarsi continuamente contro la decisione di questo e di quel Tar, della corte costituzionale, della Corte europea? Non si rende conto di avere un ruolo istituzionale? La Gelmini lo sa che la scuola pubblica aperta a tutti e laica è una tradizione italiana? Perché non difende questa tradizione - conclude il rappresentante degli studenti - trovando le risorse necessarie?».
* La Stampa, 3/11/2009
LA POLITICA
Via il crocifisso dalle aule, coro di reazioni *
Pioggia di polemiche per la sentenza della Corte Europea di Strasburgo sui crocifissi in aula. A esprimere immediatamente e con forza il proprio dissenso è stata prima di tutto il ministro dell’Istruzione Gelmini. "La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione. La storia d’Italia passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi".
Gelmini. Nel nostro Paese, sottolinea il ministro Gelmini, "nessuno vuole imporre la religione cattolica, e tantomeno la si vuole imporre attraverso la presenza del crocifisso. È altrettanto vero che nessuno, nemmeno qualche corte europea ideologizzata, riuscirà a cancellare la nostra identità. La nostra Costituzione inoltre riconosce, giustamente, un valore particolare alla religione cattolica. Non vorrei che alcune norme a cui si rifanno i giudici della Corte di Strasburgo fossero in contrasto con il nostro dettato costituzionale. Non è eliminando le tradizioni dei singoli paesi che si costruisce un’Europa unita, bisogna anzi valorizzare la storia delle nazioni che la compongono. Per questi motivi, secondo me - conclude - il crocifisso rappresenta l’Italia e difenderne la presenza nelle scuole significa difendere la nostra tradizione".
Sacconi. Togliere il crocifisso dalle aule scolastiche significa "azzerare la nostra identità". Lo afferma il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, a margine della presentazione delle linee strategiche del Civ Inail. "Le motivazioni della sentenza - ha detto Sacconi - dovranno essere attentamente lette. Certo che questo è un duro colpo alla coabitazione europea. La coabitazione europea non può significare eliminare le radici dalle quali proveniamo. La croce non è un simbolo solo per i credenti, si iscrive nelle nostre radici, è un simbolo di sacrificio per la promozione umana riconosciuto anche dai non credenti". "La parete bianca significa cercare di azzerare la nostra identità, azzerare le nostre radici. E la nostra identità è ancor più importante nel momento in cui giustamente ci apriamo ogni giorno di più al confronto e al dialogo anche con culture diverse".
Bersani. "Io penso che su questioni delicate qualche volta il buon senso finisce di essere vittima del diritto. Io penso che antiche tradizioni come quella del crocifisso non possano essere offensive per nessuno". Lo ha detto il segretario del Pd Pierluigi Bersani a Bruxelles per una serie di incontri istituzionale Ue.
Fini. "Ovviamente bisognerà attendere le motivazioni della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, ma fin d’ora mi auguro non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni che è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del Cristianesimo nella società e nella identità italiana". Lo dichiara il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in merito alla decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sull’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.
Buttiglione (Udc). "Sentenza aberrante e da respingere con fermezza. L’Italia ha una sua cultura, una sua tradizione e una sua storia". È il duro commento che viene da Rocco Buttiglione. "Chi viene fra noi deve comprendere ed accettare questa cultura e questa storia. La stessa cosa vale per le altre nazioni d’Europa. Dietro questo pronunciamento della Corte di Strasburgo c’è una visione contrattualistica della società che non ha storia, cultura e tradizioni; è semplicemente il risultato del convivere sul territorio di individui profondamente estranei l’uno all’altro. Non solo si viola il diritto della maggioranza ad esprimere la propria identità culturale, ma non si creano nemmeno le condizioni per una vera integrazione. Non si integra nel nulla ed in uno spazio vuoto di valori".
Binetti (Pd). "Mi auguro che in quella che è la tradizione culturale italiana, in quello che è il rispetto del sentire del popolo, sia possibile mantenere le proprie tradizioni, che sono tradizioni di fede e di cultura". Paola Binetti (Pd) commenta così la sentenza della Corte di Strasburgo. "La croce - osserva la parlamentare teodem - in Italia la si trova ovunque, persino in cima a Palazzo Montecitorio c’è una croce. Insomma, è una presenza costante nel vivere civile oltre che nel vivere religioso. Spero - dice Binetti - che la sentenza sia semplicemente orientativa, e che si collochi nel rispetto delle credenze religiose. In Italia il crocifisso è il segno specifico della nostra tradizione: l’importante è che non resti solo un segno ma anche un significato, di un amore che si spende fino a donare la vita agli altri"
* Avvenire, 03.11.2009
Zero in laicità è il voto che le dà Donatella Poretti. Dieci, invece, in clericalismo bigotto Gli studenti «L’ora di religione è un residuo medievale, già oggi chi non la fa è discriminato
Gelmini: mettiamo il voto in religione
Pd: è propaganda contro lo stato laico
La Consulta ha già stabilito che è un insegnamento facoltativo. E, con il ministro Carfagna vuole vietare il velo, «per identificare le ragazze». Il collega Pdl Consolo: «Si impegnino contro le mutilazioni femminili».
di Jolanda Bufalini (l’Unità, 14.10.2009)
Visto che alla Gelmini piacciono tanto i voti «le diamo zero in laicità e dieci in clericalismo bigotto e baciapile». La battuta è della senatrice radicale-Pd Donatella Poretti. Il ministro infatti se ne è uscita con un’altra spallata all’impianto della scuola pubblica che dovrebbe garantire l’eguaglianza delle diverse religioni o dei non credenti. Ed ha annunciato la reintroduzione del voto in religione: «La mia opinione è che essendo passati dai giudizi ai voti in tutte le materie questo debba valere anche per l’insegnamento della religione», Poi ha messo le mani avanti: «Chiederò un parere al consiglio di Stato».
Ma non si vede perché rendere uniforme in pagella ciò che non è uniforme nel merito, visto che l’ora di religione è facoltativa in forza di quel trattato internazionale che va sotto il nome di Concordato, articolo 9, comma 2: «Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento... senza dar luogo ad alcuna forma di discriminazione». E quindi non può fare media.
Quasi incredule le reazioni. «Cosa fa propaganda?» chiedono dal Pd Manuela Ghizzoni e Maria Coscia, oppure, ipotizzano, «non sa di cosa parla»: c’è una sentenza recente della Corte Costituzionale che «ha già stabilito il principio di facoltatio, nel rispetto della laicità dello Stato e della pari dignità ai ragazzi di ogni culto». «L’ora di religione spiega Mimmo Pantaleo, segretario della Flc Cgil non può determinare vantaggi di alcun genere, a cominciare dai crediti formativi e, quindi, non può essere valutata come una normale materia curriculare». Pantaleo e il collega della Cisl Francesco Scrima ne approfittano per ricordare che i pesanti tagli hanno falcidiato le ore alternative. Per Scrima, però, «tutto ciò che si fa a scuola, opzionale o obbligatorio, deve fare parte del curricolo e «devono essere garantite alternative altrettanto significative e valide».
DISCRIMINAZIONI
A denunciare che già oggi c’è un atteggiamento discriminatorio sono gli studenti della Rete. L’ora di religione dicono «è un residuo medievale che ha corrispettivi solo nei regimi teocratici» e «va risolto il trattamento già oggi discriminatorio riservato a chi non si avvale dell’ora di religione». Altrettanto duro il responsabile Pdci della scuola Piergiorgio Bergonzi: «Si ricordi di essere un ministro della Repubblica e non un portavoce dell Stato Vaticano, l’ora di religione non dovrebbe proprio esistere».
Ma non è finita qui, perché il ministro ha pure espresso la propra contrarietà non solo al burqa ma anche al velo e al chador a scuola. Non in nome della libertà delle ragazze ma perché «devono poter essere identificate». Per la verità solo il burqa impedisce di vedere il volto. Dice Luca De Zolt della Rete degli studenti: «Sono modi xenofobi» mentre a scuola «non si fa nulla per l’integrazione».❖
Studenti, protesta in ogni piazza
di ma.ier. *
Sarà un venerdì anti-Gelmini. Da Milano a Sassari scendono in piazza gli studenti. Una mobilitazione nazionale dal titolo: "Il governo ha rapito il nostro futuro. Diamogli una lezione".
L’Unione degli studenti (Uds) aggiorna sul proprio sito le adesioni ai cortei, oltre cinquanta. Anche la Rete degli studenti medi sarà presente con la protesta: "Fermiamo il governo dei bulli e delle pupe. Rivogliamo il nostro futuro". Ha aderito anche l’Unione degli universitari (Udu).
Intanto, da molte scuole arrivano segnalazioni di presidi e professori che ostacolano la partecipazione alla manifestazione di domani e minacciano provvedimenti disciplinari e abbassamento del voto in condotta. L’Uds fa sapere che "partecipare alle proteste ed esprimere le nostre idee è un diritto di ogni studente e di ogni cittadino".
I ragazzi delle superiori chiederanno al ministro «una legge nazionale sul diritto allo studio - spiega Sefano Vitale, Uds- una didattica innovativa nelle scuole e il ritiro del progetto di legge Aprea.
A Roma l’appuntamento è a Piazzale Flaminio, gli studenti sfileranno con la Fiom-Cgil, con i metalmeccanici. «Diamogli una lezione» è lo slogan dell’Uds, mentre l’Unicobas sarà sotto al ministero dell’istruzione.
L’ottobre caldo della scuola proseguirà con altre mobilitazioni già in calendario: il 20 ottobre manifesterà l’Anief, il 23 i Comitati di base e il 31 ottobre la Cisl-scuola.
* l’Unità, 08 ottobre 2009
Il gruppo di garanti guidato da Ciampi delle celebrazioni dei 150 anni
Riscritto il progetto Bondi, si sottolinea l’identità e la coesione nazionale
La rivincita dell’Unità d’Italia
Il comitato ribalta l’impianto ’leghista’
di SIMONETTA FIORI
Sono i Garanti dell’Italia unita, al loro compito cercano di rimanere fedeli. Così il nuovo documento proposto da un gruppo di studiosi raccolti intorno al presidente Carlo Azeglio Ciampi ha proprio il sapore di una correzione rispetto alle linee-guida presentate un mese fa dal ministro Bondi. Cominceranno il 17 marzo del 2011 le celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. La data di avvio è stata proposta dal Comitato dei Garanti, che ieri ha reso pubblico il suo documento con i "suggerimenti" per il ministro Bondi. La rilevanza politica di questo nuovo atto consiste nel contrapporre alla "disunità" enfatizzata nelle linee guida del ministero, influenzato dai mal di pancia di Bossi (i localismi, la valorizzazione dei dialetti, le ombre del processo risorgimentale), una lettura che invece insiste sul carattere unitario della costruzione nazionale. E questo carattere unitario scaturisce da una tradizione storica che dal Risorgimento arriva alla Carta Costituzionale passando attraverso la stagione fondante della Resistenza.
Quella che è emersa nei giorni scorsi dal Comitato dei Garanti - presieduto da Carlo Azeglio Ciampi e composto tra gli altri da Gustavo Zagrebelsky, Walter Barberis, Roberto Pertici, Simona Colarizi, Elena Aga Rossi, Ernesto Galli della Loggia - è una lettura della storia nazionale molto distante dagli umori della Lega o dalle interpretazioni neoguelfe cui pure è sensibile il presidente del Consiglio. Ora spetta al ministro Bondi tradurre in mostre, manifestazioni nelle scuole, musei virtuali e fiction televisive questa lettura dell’identità nazionale. Ci saranno i soldi? E, soprattutto, ci sarà la volontà politica di valorizzare un’interpretazione della storia italiana così estranea alla visione dei governanti?
Vediamolo in dettaglio questo bilanciamento. Intanto nel cappello del documento si specifica che queste celebrazioni devono trasmettere essenzialmente un "significato unitario", ossia il "patrimonio di identità e di coesione nazionale che gli italiani hanno maturato nella loro storia". Questo non significa trascurare "le difficoltà del percorso di formazione nazionale" o "problemi ancora irrisolti come il divario tra Nord e Sud" né significa appiattire "gli elementi di pluralità e diversità" molto esaltati dal ministro Bondi, ma tutti questi aspetti devono essere trattati entro una cornice solidamente unitaria, cementata da un’identità nazionale "che ha le sue radici nella formazione della lingua italiana", scrive Ciampi, "e che negli ultimi due secoli s’è sviluppata in una continuità di ideali e valori dal Risorgimento alla Resistenza alla Costituzione Repubblicana".
Un capitolo centrale del documento investe le "istituzioni", questione ignorata nelle precedenti celebrazioni dell’Unità d’Italia. "L’unità di un popolo", vi si legge, "si misura sulla tenuta delle sue istituzioni, sulla capacità di fare di tante terre, distinte e anche lontane, un territorio integrato". Parlare dell’unità d’Italia equivale dunque a parlare delle sue istituzioni unitarie, della loro attuale tenuta. Centocinquant’anni di trasformazioni profonde: "dalla monarchia alla repubblica; dall’oligarchia liberale alla democrazia aperta a tutte le classi; dallo Stato centralizzato alle autonomie territoriali, al federalismo; dalla emarginazione delle donne dalla vita pubblica e sociale alla loro partecipazione; dai diritti di libertà ai diritti sociali, la salute, il lavoro, l’istruzione; dallo Stato-guardiano allo Stato del benessere; dalla separazione società-Stato alla "nazionalizzazione delle masse", allo Stato pluralista; dallo Stato confessionale alla laicità dello Stato". Il "documento riassuntivo" di questo percorso è la Costituzione, che dovrebbe assurgere a simbolo delle celebrazioni unitarie. Da queste considerazioni discende un’altra integrazione suggerita a Bondi dai Garanti: le manifestazioni non dovrebbero essere circoscritte al solo Risorgimento. La ricorrenza del 2011 investe la "vicenda italiana in tutta la sua unitarietà e interezza": non solo dunque la lotta per l’indipendenza, ma anche il successivo consolidarsi dell’identità italiana lungo un secolo e mezzo, con speciale attenzione "al tratto del percorso unitario compreso negli ultimi sessant’anni".
In questo quadro di riferimento - che valorizza anche la crescita di benessere legato al lavoro, il ruolo delle Forze Armate, la storia di genere - si potranno pure affrontare i singoli episodi, personaggi e luoghi geografici indicati dalla precedente bozza di Bondi (viaggi nella storia locale italiana, ritratti di statisti e artisti eminenti, luoghi delle memoria, targhe e monumenti riscoperti e puliti), elementi che tuttavia, sprovvisti della cornice unitaria, non sono più funzionali allo spirito delle celebrazioni. Conseguente a questa impostazione è anche la riflessione sui dialetti. "La valorizzazione delle lingue particolari", si legge nel documento, "è un fatto positivo se serve alla pluralità nell’unità; non ha invece alcuna relazione con le celebrazioni dell’Unità d’Italia, è anzi controproducente, se si riduce alla pura e semplice coltivazione di culture locali chiuse in sé, a vocazione folcloristica". Bondi aveva proposto il "censimento dei dizionari dialettali". Una "priorità dubbia", liquida il Comitato. Al momento Bossi è servito. La palla ora passa al ministero.
© la Repubblica, 7 ottobre 2009
Studenti, insegnanti e precari sotto il Ministero
La scuola invade Roma: 20mila in corteo
di Daniele Nalbone (Liberazione, 04.10.2009)
Oltre ventimila tra docenti e studenti hanno manifestato ieri a Roma in due cortei. Il primo, indetto dal Coordinamento precari scuola e dalla Cgil, al quale hanno preso parte migliaia di studenti e una foltissima rappresentanza di militanti di Prc, Pdci, con la presenza dei segretari Ferrero e Diliberto, e una sparuta rappresentanza di sbandieratori dell’Italia dei Valori che si è subito dileguata dopo la visita di Di Pietro, è partito da piazza della Repubblica per arrivare, dopo una lunga e significativa tappa nella stracolma piazza del Popolo, al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, in viale Trastevere. Il secondo, invece, organizzato dai Cobas Scuola, ha sfilato da piazza dei Cinquecento direttamente al Miur.
Chi si aspettava polemiche fra i due cortei, però, si è dovuto ricredere perché, come ha spiegato Piero Bernocchi dei Cobas, «il motivo per cui non abbiamo deciso di prendere parte a un corteo unitario non riguarda nessun punto della piattaforma, che è e resta condivisa, ma solo la decisione di partecipare o meno alla manifestazione di piazza del Popolo sulla libertà di stampa». Nessuna spaccatura, quindi, come si è potuto constatare alla fine della giornata quando, i due cortei, si sono riuniti sotto al Miur per un’ arrabbiata e decisa assemblea pubblica.
«Oggi (ier, ndr) è successo qualcosa di straordinario» commenta Francesco, del Coordinamento precario di Roma: «Abbiamo attraversato la città per protestare contro il progetto di distruzione della scuola pubblica messo in atto da Gelmini e Tremonti in qualità di esecutori di un ben preciso piano politico del Governo Berlusconi». L’anno scolastico 2009/2010 si è aperto all’insegna di 25mila lavoratori precari "cancellati", 37mila studenti in più e 57mila insegnanti in meno. «Il tutto» spiegano i portavoce del Coordinamento, «in un contesto più generale che vuole, in tre anni, una riduzione del 20% del bilancio della pubblica istruzione e un taglio di 150mila posti di lavoro». In poche parole, la distruzione della scuola pubblica. «Come non bastasse, il governo si permette anche di prenderci in giro con il cosiddetto decreto "salva-precari" che, attraverso contratti di disponibilità, dovrebbe garantire forme di reddito alternative a chi ha perso il posto di lavoro e non ha uno stipendio». Ma solo chi ha avuto una supplenza lunga un anno nel 2008/2009 può fare domanda. «E gli altri? Non possiamo accettare una divisione tra precari di seria A e precari di serie B».
Per il Governo Berlusconi, «quello servito ieri dai precari della scuola, è solo l’antipasto» spiega Antonella Vaccaro, docente precaria di Napoli, al microfono del furgone che apre il corteo, dopo essere intervenuta, salutata da un’ovazione della piazza, sul palco della manifestazione per la libertà di stampa. «Nei prossimi mesi serviremo al premier e al suo governo tutta la cena, che di certo non finirà come quelle di palazzo Grazioli ma in modo molto meno piacevole».
Ad aprire il corteo che da piazza della Repubblica ha raggiunto il Miur passando per piazza del Popolo sono stati i docenti precari al motto di "dignità e futuro per la scuola pubblica". Subito dopo gli studenti e quindi le organizzazioni sindacali e i partiti. In testa al corteo dei Cobas, invece, il coordinamento precari di Salerno dietro lo striscione "Dai tetti del sud fino al nord la mobilitazione è permanente". Più chiaro di così...
Non sono mancati, però, momenti di tensione: il primo corteo, al momento dell’ingresso a piazza del Popolo, è stato bloccato dalla gran folla presente. Quasi impossibile passare. Ci sono volute quasi due ore per uscire dall’imbuto che si era creato nella piazza prima di riprendere il cammino verso il Miur. Ma anche fuori da Porta del Popolo, in piazzale Flaminio, incredibilmente aperto al traffico, è stato il caos. Un involontario ma impermeabile blocco del traffico è stato messo in atto dalle oltre diecimila persone che cercavano di uscire senza nemmeno un vigile urbano o un qualsiasi segnale che indicasse il percorso, simbolo della confusione che regna fra Comune e Prefettura di Roma quando si deve gestire l’ordine pubblico per una manifestazione. «Qui le cose sono due» commenta Eleonora Forenza, membro della segreteria nazionale Prc : «O siamo davanti a incapaci che si ritrovano a gestire una città, oppure al cospetto di un comportamento doloso per giustificare ulteriori politiche repressive contro il diritto a manifestare».
Per questo una volta terminato l’intervento di Antonella Vaccaro dal palco di Piazza del Popolo, le forze dell’ordine hanno costretto il corteo a passare sull’argine del Tevere per raggiungere Ponte Garibaldi e quindi viale Trastevere. «E’ incredibile» il commento degli insegnanti, «ci trattano come topi, ci fanno passare lungo l’argine del fiume. E’ inaccettabile».
Alla fine, sotto al ministero dell’Istruzione, migliaia di persone hanno chiesto le dimissioni del ministro Gelmini, il ritiro dei tagli alla scuola pubblica, il ritiro della legge sul maestro unico e l’immissione in ruolo dei precari su tutti i posti vacanti.
Stazionaria ’La Sapiena’ al 205esimo posto
Università, una ricerca internazionale boccia l’Italia: meglio di noi Corea, Taiwan e Australia
Roma, 8 ott. (Adnkronos/Ign) - L’unico ateneo presente nelle top 200 é l’Alma Mater di Bologna. L’Harvard university, Stati Uniti, mantiene saldamente il primo posto del ranking internazionale. Segue l’ateneo britannico di Cambridge che si piazza in seconda posizione davanti a Yale
Roma, 8 ott. (Adnkronos/Ign) - Una vera e propria debacle per l’università italiana, superata anche da Corea e Taiwan. E’ quello che emerge dalla classifica internazionale annuale sui migliori 200 atenei al mondo, messa a punto da QS Intelligence Unit e pubblicata dal Times Higher Education. Nella lista la prima università del Belpaese si trova infatti al 174mo: si tratta dell’Alma Mater di Bologna che, rispetto allo scorso anno è salita in graduatoria guadagnando otto posizioni e si piazza prima della Sapienza, la più grande università italiana ferma al 205° gradino, come nel 2008.
L’Harvard university, Stati Uniti, mantiene saldamente il primo posto del ranking internazionale per il sesto anno consecutivo. Segue l’ateneo britannico di Cambridge che si piazza in seconda posizione davanti a Yale, che passa dal secondo al terzo posto. Il quarto in classifica è un altro college londinese l’Ucl (University College London), seguito da Oxford che si conferma al quinto posto, ex equo con l’Imperial College London. Seguono a ruota la University of Chicago e l’ateneo di Princeton, il Massachusetts Institute of Technology e il California Institute of Technology, in decima posizione.
L’Australia, arriva al 17° posto con l’Australian National University, seguita dal Canada in 18ma posizion. Sono invece 39 le università europee rappresentate tra le top 100 (erano 36 nel 2008) guidate dal famoso ETH di Zurigo che ottiene la 20ma posizione. La francia compare al 28° posto con l’Ecole normale Superieure di Parigi.
Tra le 100 migliori università si nota che scende il numero di università nordamericane (42 nel 2008; 36 nel 2009), mentre cresce la presenza delle università europee e asiatiche, in particolare Giappone, Hong Kong, Corea del Sud e Malesia. Senza dimenticare Singapore il cui ateneo si piazza al 30esimo posto.
Il Giappone conta infatti ben 11 istituti nella top 200, tra cui due new entry: l’Università di Tsukuba, (174ma) e la Keio University che ha debuttato al 142esimo. E tra le prime 100 posizioni gli atenei del Sol Levante sono aumentati da quattro a sei, guidati dall’Università di Tokyo al 22° posto (dal 19).
Meglio dell’Italia anche la Corea , che con l’Ateneo di Seul si colloca in 47esima posizione, l’University of Adelaide dell’Australia, che si colloca all’81mo posto, la Nagoya del Giappone al 92mo e Taiwan al 95mo. A sorpassarci sono anche l’India con l’Indian Institute of Technology di Bombay, 163ma in classifica, la Russia con il Saint-Petersburg State University, 168ma e la Spagna con l’Universita’ di Barcellona che e’ 171ma in classifica.
Dopo i primi scaglioni, al 205mo posto si trova ’La Sapienza’, che, rispetto allo scorso anno rimane stazionaria. Ormai giunta alla sesta edizione la classifica è usata non solo da studenti e genitori per scegliere il percorso di studio migliore, ma anche dalle aziende per identificare le università dalle quali assumere neolaureati e dagli accademici per selezionare le istituzioni dove lavorare e quelle con cui formare collaborazioni.
Operazione-verità della Cgil. Roma, sabato in piazza con i precari anche SdL e RdB
La scuola della Gelmini: niente fondi e 57mila posti di lavoro tagliati
di Roberto Farneti (Liberazione, 01.09.2009)
Altro che semplice «razionalizzazione», come è stata provocatoriamente definita da Mariastella Gelmini. I tagli alla scuola pubblica decisi dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti e avallati dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sono la causa dello "tsunami" che si è abbattuto su tutti gli istituti di ordine e grado con il recente avvio del nuovo anno scolastico e che sta già provocando seri danni in parecchie zone del Paese, soprattutto in quelle situazioni dove la mancanza di risorse è tale da imporre risparmi a scapito della qualità degli studi.
A ristabilire la verità sulla condizione «deformata» della scuola italiana, contraddicendo le «mistificazioni» della ministra, è la Flc Cgil, che ieri a Roma ha presentato un dossier ricco di numeri e di esempi concreti. La prima questione, la più spinosa, è quella dell’occupazione. Mentre gli studenti iscritti sono in continua crescita (a settembre erano quasi 8mila in più rispetto all’anno scorso ) «nell’anno scolastico appena iniziato sono stati tagliati 42.104 docenti e 15.167 Ata per un totale di 57.271 unità: è il taglio di personale più pesante mai realizzato», sottolinea con voce ferma Mimmo Pantaleo, segretario nazionale Flc-Cgil. Inoltre saranno oltre 18 mila i docenti e 7mila gli ausiliari precari che non avranno più lavoro: 25mila licenziamenti contro i 12mila di cui parla Gelmini. Iinfatti, ai fini del calcolo, non si può utilizzare - come fa la ministra - il semplice saldo tra i tagli e i pensionamenti, perché di fatto il personale di ruolo in sovrappiù verrà utilizzato per coprire i posti fino all’anno scorso coperti dai precari. Questo quindi comporterà una riduzione dei posti disponibili. «Il governo non può dire di voler risolvere il problema dei precari se tramite i suoi provvedimenti li ha licenziati», osserva Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil. C’è poi il problema delle risorse. «I bilanci delle scuole - accusa la Cgil - sono stati privati dei fondi per il funzionamento didattico e amministrativo, cioè per i bisogni quotidiani, dal materiale didattico per i laboratori e le biblioteche al materiale per le pulizie». Nelle scuole non ci sono i soldi per pagare i supplenti, mentre la mancanza di collaboratori scolastici ha costretto tre istituti della provincia di Pisa a ridurre l’orario delle lezioni. Le famiglie che hanno richiesto il tempo pieno o saranno costrette a rinunciarvi («a Bologna è rimasta inevasa la richiesta di 57 classi di tempo pieno in più rispetto all’anno scorso») o dovranno accontentarsi di "parcheggiare" i figli in classi private delle attività formative tipiche del tempo pieno. «La mancanza di fondi - si legge nel dossier - impedisce anche la messa in sicurezza dell’edilizia scolastica».
Per tutte queste ragioni la Flc Cgil sta preparando nuove iniziative di contrasto alla politica del governo e parteciperà al corteo dei precari di sabato prossimo a Roma, con partenza alle ore 15.00 da Piazza dei Cinquecento e arrivo a viale Trastevere davanti alla sede del MIUR. In piazza con i precari ci saranno anche i sindacati SdL Intercategoriale e RdB, impegnati nella costruzione dello sciopero generale nazionale indetto dal Patto di Base per il 23 ottobre. Secondo SdL e RdB, quella del governo sulla scuola «è un’operazione che, oltre ad offendere la dignità e la professionalità dei docenti, lede gli stessi principi costituzionali che garantiscono ai cittadini tutti un’istruzione pubblica di qualità».
Scuola, i frutti avvelenati della riforma Gelmini
di Maristella Iervasi *
Matteo è entrato a scuola emozionato e sudato per il peso dello zaino sulle spalle. Ha abbracciato i suoi compagni e ha “cercato” i suoi insegnanti. Ma quella di francese della media “Garibaldi” di Genzano alle porte di Roma, non si è presentata. Primo “buco” d’ora a scuola. Per colpa del pasticciaccio Gelmini-Tremonti. Cattedre vuote e sforbiciate di bidelli, meno materie e taglio di ore. Ecco la scuola del rigore e del merito decantata dalla maestra unica dell’Istruzione. E questo non è che il primo assaggio.
La campanella suonerà ufficialmente per gli oltre 6milioni di studenti lunedì. Solo una piccola parte è già tornata tra i banchi: chi già ieri chi lo farà giovedì, con grande disagio per le famiglie italiane per via della chiusura della mensa e dell’orario ridotto di lezione a causa dell’anticipo rispetto al calendario scolastico regionale.
Insomma, come non mai la scuola riapre nel caos. Le graduatorie sono pronte ma la nomine dei docenti in molte città sono ancora in corso. Per alcune tipologie di posti c’è il rischio che la copertura slitterà a ottobre, è il caso degli insegnanti di sostegno. Non solo. C’è chi ha riaperto le scuole con solo 4 bidelli su oltre 500 alunni-adolescenti. Presidi che dovranno fare i conti con la sorveglianza scoperta tutto l’anno, perché hanno più sedi scolastiche che collaboratori scolastici. Classi-pollaio, fino a 30 alunni anche in presenza di studenti con disabilità alle infanzia come alle superiori, dove la riforma dei licei scatterà dal 2010.
I frutti “avvelenati” della riforma Gelmini stanno venendo al pettine. La Scuola pubblica non sarà più la stessa: né quella dei bambini né quella degli studenti-adolescenti, fino ai ragazzi delle superiori. Nulla di immutato invece per le private, il governo ha deciso di non minarle. Anzi, le finanzia.
Restaurazione del maestro unico-prevalente alle elementari nonostante il non gradimento delle famiglie italiane e la disobbedienza all’imposizione delle 24 ore. Ovunque meno ore di lezione docenti costretti a fare i tappabuchi su più classi. Materie nuove che entrano di autorità nel curriculum come un’ora di l’Approfondimento alle medie che non si sa a chi far svolgere. E tante magagne ancora aperte, come il drammatico scenario dei 25mila precari “invisibili” e l’assenza fino ad oggi del modello didattico d’indirizzo del primo ciclo (infanzia, elementari e medie), utile per uniformare sul territorio la didattica, dopo l’accetta sulle compresenze, la cancellazione del cosiddetto “modulo” e la rinconduzione di tutte le cattedre a 18 ore. Ma per la Gelmini va tutto bene: “In autunno non ci sarà un’altra Onda” ha più o meno dichiarato di recente, snocciolando la sua litania sull’istruzione fatta di rigore e grembiulini.
L’ammazzacattedre. Il ministro “ombra” dell’Istruzione ha accettato i tagli decisi da Tremonti senza muovere un dito. Almeno la Moratti minacciava le dimissioni. Lei no, ligia al suo rigorismo ha lasciato le scuole vicine alla bancarotta: in cassa solo pochi spiccioli utili per acquistare la carta igienica al discount. Solo dopo le mille proteste ha deciso di concedere qualcosa: risolto il nodo delle visite fiscali (le pagheranno le Asl e non più le scuole) e forse anche le supplenze brevi per i primi giorni di scuola saranno salve (le pagherà il ministero).
L’accetta sulla scuola. 42.100 insegnanti in meno da subito. Stessa cosa per 15 mila Ata (di cui 10mila bidelli). La mannaia sull’istruzione e il personale è lungua un triennio. Il risparmio complessivo a cui Tremonti tiene come l’osso è di 87mila docenti e 44mila Ata. Nei prossimi due anni la scuola perderà altri 20mila docenti e 15mila Ata.
Le mobilitazioni. Se settembre è incandescente, l’autunno si annuncia bollente. I sit-in e le proteste anti-Gelmini già sono in atto in tutta Italia. Giovedì 10 la Flc-Cgil si incatenerà sotto il ministero per la questione dei precari “invisibili” lasciati fuori dalla scuola e per ribadire l’esigenza di una marcia indietro sui tagli alla scuola. Anche il sindacato Gilga sarà in piazza. Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil non esclude la proclamazione di uno sciopero nazionale.
* l’Unità, 07 September 2009
INFLUENZA A: SCUOLA SI PREPARA, MA A ROMA NIENTE BACI *
ROMA - La scuola italiana è pronta a riprendere le lezioni, nonostante l’influenza A, ma c’é chi si cautela: un liceo romano ha deciso di bandire i baci per limitare il contagio. Caso limite, ma segno che c’é attenzione sull’evolversi della situazione, con tutte le cautele del caso, anche se non si pensa a iniziative straordinarie, come ad esempio quella di prolungare le vacanze di Natale.
Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha voluto rasserenare le famiglie, alla vigilia dell’apertura dell’anno scolastico: "non escludiamo nulla. Però io credo che oggi il Paese va tranquillizzato circa il fatto che la situazione è sotto controllo e anche se si verificheranno casi di influenza più diffusamente il governo ha pronto un piano di intervento. Quindi oggi cerchiamo di vivere tranquillamente e ovviamente di assumere le precauzioni necessarie per evitare il più possibile la diffusione di questa influenza".
Parole rafforzate poi da un nota di Viale Trastevere che ha ribadito che per ora nessuna decisione è stata presa, men che mai sulle vacanze di Natale. Mentre l’unità di crisi interministeriale continua il lavoro tecnico, nelle regioni e negli uffici scolastici regionali si è al lavoro affinché tutto vada per il meglio. Molto sarà lasciato all’autonomia delle singole scuole, come avvenuto a Roma: "Chiederemo di evitare le effusioni tra i ragazzi, come baci e abbracci, per scongiurare il più possibile il rischio del contagio: è solo una forma di profilassi intelligente", ha spiegato il preside del liceo Newton Mario Rusconi che è anche Vice Presidente dell’associazione nazionale presidi. "Non si tratta di un provvedimento oscurantista e non ci saranno sanzioni disciplinari per ’i disobbedienti’ - spiega - Faremo soltanto capire ai ragazzi che baci ed effusioni vanno evitati a scuola, magari da ottobre e per tutto il periodo critico del virus, per una questione di prevenzione.
Le prime lezioni saranno tenute da insegnanti di scienze che spiegheranno le modalità di contagio e le precauzioni da prendere tra le quali anche quello di curare maggiormente l’igiene". C’é anche chi, come a Napoli pensa di realizzare un vademecum, con i consigli per proteggersi dal rischio di influenza A, per alunni e insegnanti. L’assessorato regionale alla Sanità della Campania pensa ad un’azione mirata per le scuole, con la diffusione di "informazioni e consigli contro il contagio", da affiggere magari nelle aule e nei bagni. Da parte sua, il farmacologo Silvio Garattini, torna sulla proposta di chiudere una scuola quando ci sono tre o più casi di persone ammalate contemporaneamente: "Su 1000 studenti, tre può essere un numero basso ma su una scuola che conta 50 alunni, tre casi possono essere sufficienti alla chiusura". Una decisione, quindi, da "valutare caso per caso".
La procedura per chiudere le scuole è stata delineata dalla Gelmini ribadendo che il governo sta lavorando ad un programma di contrasto: "Laddove in una scuola si fossero verificati casi di influenza ci sarà un controllo dell’autorità sanitaria, un coinvolgimento del dirigente scolastico e del Comune. Si provvederà solo in quel caso alla chiusura della scuola". Certo è che "non ci sarà un rinvio dell’inizio dell’anno scolastico perché ad oggi si sono verificati solo casi circoscritti di influenza A e quindi non ci sono le motivazioni per un provvedimento così drastico".
Anche a Milano si monitora la situazione: l’assessore alla sanità della Lombardia, Luciano Bresciani ha osservato di persona come in Messico, tra i Paesi più colpiti, la sospensione delle lezioni non abbia arginato le infezioni. "Per decidere di chiudere o meno le scuole bisogna aspettare l’evento quando arriva - ha spiegato - anche perché se chiudiamo gli istituti andiamo a incidere solo su una fascia isolata di pazienti, quelli giovani. Tutti gli altri continuerebbero a infettarsi allo stadio, in treno, ai supermercati eccetera. In Messico chiudere le scuole non è servito a nulla".
Scuole chiuse per influenza?
Dall’Istituto Superiore di Sanità ai pediatri, in tanti chiedono un rinvio dell’anno scolastico per evitare il diffondersi del virus
di FLAVIA AMABILE (La Stampa, 31/8/2009)
E se per impedire il diffondersi dell’influenza suina si rinviasse la riapertura delle scuole? L’ipotesi, capace di far correre un brivido sulla schiena di ogni mamma con pargoli, circola già da qualche tempo ma per ora si tratta soltanto di un’idea. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha spiegato che in questa fase la situazione dell’influenza umana A/H1N1 è sotto controllo e al momento non è previsto alcun rinvio dell’apertura dell’anno scolastico.
A favore del rinvio sono in molti. La Federazione italiana medici pediatri (Fimp) ha preannunciato di voler chiedere al ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali di «prendere in seria considerazione» l’ipotesi di chiudere le scuole proprio per contenere la diffusione del virus.
La drastica proposta dei pediatri italiani fa seguito all’allarme dell’Organizzazione mondiale della Sanità che ha parlato di un virus che si sta diffondendo a «una velocità incredibile», con un numero di persone infette «senza precedenti» e previsioni che parlano di possibile contagio anche per il 30% della popolazione nei Paesi ad alta densità. In particolare Margaret Chan, direttore generale dell’Oms, ha invitato i governi a «prepararsi al peggio e sperare il meglio» e a coordinarsi tra loro. E ha chiesto «alcuni interventi hanno forti implicazioni economiche e sociali, come la chiusura delle scuole».
«Qualunque misura che possa ridurre l’esposizione e il contagio di questo virus - ha spiegato il presidente della Fimp, Giuseppe Mele - può e deve essere tenuta in considerazione». La chiusura delle scuole potrebbe, in questo senso, essere strategica: il virus, ha argomentato il medico, ha un tasso di incidenza «estremamente alto, tra il 30% e il 50%. Questo significa che se lo potrebbe prendere un italiano su tre». Ciò in termini assoluti, in termini relativi, invece, visto che il principale gruppo di rischio è quello tra i 7 mesi e i 27 anni, in quella fascia d’età «l’incidenza sarà ancora maggiore, e si tratta proprio della fascia d’età di chi va all’asilo, alle elementari, alle medie, ai licei e all’università». A oggi, ha aggiunto Mele, l’Italia ha adottato «misure di contenimento molto efficaci», ma il virus si sta diffondendo a una velocità molto elevata e per l’inizio dell’autunno è prevista una ondata molto forte, a cui si aggiungerà, poi, quella dell’influenza stagionale.
L’allarme viene recepito anche da alcuni epidemiologi dell’Istituto Superiore di Sanità come Stefania Salmaso, dirigente di ricerca dell’Iss. «Ritardare l`apertura delle scuole non è un`idea peregrina. E’ uno degli strumenti che la stessa Oms chiede di valutare: potrebbe infatti ritardare il picco pandemico in Italia e siccome dobbiamo aspettare l`arrivo del vaccino, potrebbe essere uno degli interventi da prendere in considerazione».
Ma il fronte del no per il momento è più forte. «Nessun rinvio dell’apertura dell’anno scolastico - è la risposta del ministro dell’Istruzione - in quanto in Italia attualmente non ci sono le condizioni perché si renda necessario un provvedimento di questo tipo». Anche i presidi non sono d’accordo su un rinvio. Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, spiega che «l’ipotesi può essere presa in considerazione, alla luce dell’evoluzione del virus, ma «non in modo generalizzato e centralizzato», bensì valutando «caso per caso». Rembado ha poi aggiunto che «bisogna essere fortemente pragmatici: la situazione della nuova influenza cambia continuamente e anche noi dobbiamo cambiare a secondo delle circostanze. E poi fino a quando dovrebbero restare chiuse?».
Contrari molti esperti, come Fernando Aiuti, presidente della Commissione politiche sanitarie e Influenza del comune di Roma, una parte dei pediatri e i medici di base. «Quelle di Mele - spiega Pasquale Di Pietro, presidente della Società itaiana di pediatria - sono tutte buone proposte, ma quella della commissione ministeriale, di cui anche noi facciamo parte, è l’unica sede in cui fare proposte». E Giacomo Milillo della Federazione dei medici di famiglia: «Al momento non ci sono gli elementi per sostenere una proposta di questo tipo. Rispetto all’ultima riunione del Tavolo permanente del 20 agosto scorso non credo siano avvenuti dei cambiamenti».
La Stampa, 20/8/2009
Nuove regole per la valutazione i prof. di religione daranno crediti
Regolamento in Gazzetta: per ora sentenza Tar Lazio inefficace
ROMA Da oggi gli alunni della scuola italiana verranno valutati attraverso un nuovo regolamento: il testo è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale sotto forma di decreto del presidente della Repubblica (n. 122). Rimangono confermate quasi del tutto le indicazioni contenute nella bozza iniziale, tra cui l’obbligo per essere ammessi alla maturità di acquisire la sufficienza in tutte le materie e l’equiparazione dei docenti di religione ai colleghi delle altre materie ai fini dell’assegnazione dei crediti scolastici (non viene quindi preso in considerazione il parere contrario espresso dal Tar del Lazio il 17 luglio scorso).
Tra le novità più importanti che introduce il provvedimento vi è la necessità di conseguire, per essere ammessi agli esami di Stato, almeno la sufficienza in tutte le discipline: la regola vale sia per l’esame di licenza media, come del resto già previsto e applicato quest’anno, sia per le scuole superiori (dove invece durante gli ultimi scrutini era stata adottata la norma `interlocutorià voluta dall’ex ministro Fioroni che per l’ammissione all’esame di Stato richiedeva solo la media del sei).
Sarebbe utile, per un’applicazione immediata delle nuove indicazioni, che i collegi dei docenti predispongano sin dai primi incontri dell’anno. Alcune delle novità introdotte dal dpr 122 erano comunque già state adottate: come anche quella che prevede la presenza attiva e a pieno titolo dei docenti di religione cattolica per la determinazione dei crediti scolastici (mentre la valutazione della materia continua ad essere espressa dagli insegnanti nominati dal vicariato «senza attribuzione di voto numerico»).
Del resto il comma 3 dell’articolo 6 del nuovo regolamento, adottabile da oggi, non lascia spazio a dubbi: «In sede di scrutinio finale - si legge nel dpr 122 - il consiglio di classe, cui partecipano tutti i docenti della classe,compresi gli insegnanti di educazione fisica, gli insegnanti tecnico-pratici (...), i docenti di sostegno, nonchè gli insegnanti di religione cattolica limitatamente agli alunni che si avvalgono di quest’ultimo insegnamento, attribuisce il punteggio per il credito scolastico di cui all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323, e successive modificazioni».
Una conferma che quindi non tiene conto della discussa sentenza emessa il 17 luglio scorso dai giudici del Tar del Lazio, secondo i quali, per non discriminare quel 10% scarso di allievi che non si avvale della religione, non bisognerebbe rendere utile la frequenza della materia ai fini dell’assegnazione dei punti utili alla formulazione del voto di maturità.
Tra l’altro la mancata osservazione della pronunciamento dei giudici avviene attraverso l’adozione di un regolamento, quindi non con una procedura amministrativa, e comporta pochi problemi di incompatibilità applicativa rispetto a quanto stabilito dal tribunale laziale. Sempre in attesa, comunque, che si pronunci il Consiglio di Stato.
È bene infine ricordare che la presenza dei docenti di religione nel consiglio di classe non ha effetti attivi per tutte le operazioni di scrutinio: ad esempio la materia non viene presa in considerazione per la formulazione delle medie dei cosiddetti ottisti, gli studenti super-bravi che si presentano alla maturità senza aver frequentato il quinto anno.
Per quanto riguarda gli esami di licenza media, il nuovo regolamento sulla valutazione prevede che dal 2009/2010 nella determinazione del voto finale debba essere calcolata la media aritmetica dei voti conseguiti in tutte le prove d’esame: prove quindi scritte (anche il test standard Invalsi il cui peso quest’anno era stato deciso invece da ogni istituto) e orali. Oltre che nel giudizio di ammissione di esame (già dal 2008/09 espresso con voto in decimi anziché con giudizio (sufficiente, ottimo, distinto, ecc.).
Rispetto alla prima versione del testo non c’è invece più traccia, rispetto alla prima bozza di regolamento, della parte che prevedeva l’assegnazione del voto numerico anche durante le lezioni: i pareri contrari, tra cui quello obbligatorio ma non vincolante del Cnpi, devono evidentemente avere avuto il loro peso.
Rimane in piedi invece il voto numerico anche per la certificazione delle competenze, in disaccordo con quanto avviene nell’Ue. Alle superiori una novità importante, ma solo a riforma avvenuta, riguarderà l’obbligo da parte degli alunni, salvo situazioni particolari, di aver frequentato almeno i tre quarti delle lezioni: viene così introdotto, teoricamente a partire dal 2010/11, il concetto di frequenza obbligatoria invece sino ad oggi adottato solo nella primarie e durante lo scrutinio delle medie inferiori.
Pressoché confermata la valutazione dei ragazzi che presentano con difficoltà specifiche di apprendimento adeguatamente certificate. Ciò significa che «la valutazione e la verifica degli apprendimenti - si legge nel dpr 122 - , comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame, sono adottati, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei».
Scuola, a metà anno ’bocciati’ in condotta 18mila studenti. La metà sono nel Mezzogiorno
Secondo quanto rileva il Servizio Statistico del ministero dell’Istruzione, Università e RicercaIl 24% è insufficiente solo nel comportamento e non nelle materie di studio. Alle superiori 5 in condotta per 36.259 ragazzi
Roma, 3 mag. - (Adnkronos ) - Bravi a scuola ma un po’ ’discoli’. Sono i poco più di 18mila studenti italiani della scuola secondaria di primo grado, ovvero le medie, che nella pagella di metà anno sono stati ’bocciati’ in condotta. Di questi, tuttavia, circa il 24%, ha preso un voto insufficiente solo nel comportamento mentre nelle materie di studio ha ottenuto almeno il ’6’. Lo rileva il Servizio Statistico del ministero dell’Istruzione, Universita’ e Ricerca, che ha raccolto gli esiti delle ’valutazioni e del comportamento degli alunni’ negli scrutini intermedi di quest’anno che, per la prima volta vede il ritorno, in tutti gli ordini di scuola del voto espresso in decimi.
Dalla rilevazione, pubblicata sul sito del Ministero, circa una scuola su quattro ha assegnato il ’5’ in condotta ai propri alunni anche se, evidenzia l’ufficio di statistica, la situazione non e’ omogenea su tutto il territorio. Mentre, infatti, nelle scuole del nord solo il 17% delle scuole ha attribuito un voto insufficiente, nel sud, invece, il numero di scuole che si sono dimostrate piu’ severe e’ quasi il doppio e raggiunge il 32,8%.
Gli studenti ’bocciati’ in condotta sono complessivamente poco più di 18mila, pari all’1,1% del totale. In conseguenza anche della diversa situazione delle scuole, sono gli studenti del Sud a registrare il maggior numero di voti inferiori al 6 nel comportamento: 8.909, pari a quasi la meta’ del totale nazionale (18.033). Sono soprattutto gli studenti del sud, nel 59% del totale, ad avere l’insufficienza solo in condotta e non nelle materie di studio.
Alle scuole superiori la percentuale sia di scuole che di studenti interessati dal ’5’ in condotta raddoppia. Infatti, circa il 27% delle scuole ha attribuito un giudizio insufficiente nella valutazione del comportamento dei propri studenti. Mentre per quanto riguarda gli alunni sono stati ben 36.259, contro i 10.033, ad avere meno di 6 in pagella. Anche il dato degli studenti con la sola insufficienza nel comportamento, pari a 8.829 studenti, e’ il doppio rispetto a quello registrato alle medie.
Come per i fratelli minori, sono le scuole del Sud a far registrare il tasso di maggior severita’ nell’attribuzione del voto insufficiente (29,4%) mentre, come nelle medie, sono quelle del nord a dimostrarsi meno ’’severe’’ (23,3%). Per quanto riguarda il tipo di scuola, si riscontra che sono gli istituti professionali, con il 39,1%, ad avere la percentuale piu’ alta di ’bocciati’ in condotta, mentre sono i licei classici, con il 12,5% ad ospitare gli studenti piu’ tranquilli. Sulla totalita’ degli studenti, nello specifico nei licei classici e scientifici solo lo 0,4% ha avuto un voto di comportamento inferire a 6, mentre negli istituti professionali e’ stato il 2,8%.
La titolare dell’Istruzione illustra la stretta con una nota
e in attesa del decreto spiega in tv il peso del voto nelle pagelle
Gelmini, "La condotta farà media
e l’insufficienza sarà più facile"
Il Pd: "Annunci per distogliere l’attenzione dai veri problemi"
Gli studenti: "Ministro allo sbando. Contraddice se stessa"
di SALVO INTRAVAIA *
ROMA - Stretta sul voto di condotta: farà media e potrà essere attribuito anche per sospensioni inferiori a 15 giorni. Il ministro Gelmini intervenendo poco fa al GT Ragazzi di Rai3 spiega che "il voto in condotta farà media perché sappiamo che l’aumento di episodi di bullismo preoccupa molto genitori e insegnanti". "Si torna, dunque, a una scuola del rigore che fa del comportamento un elemento significativo per formare la personalità dei ragazzi’", aggiunge il ministro. Mentre ieri ha diramato una nota con la quale si consentirà ai prof di attribuire il 5 il condotta, con conseguente bocciatura, più facilmente. Ma non da subito.
Il ministero dell’Istruzione - spiega la nota - sta preparando il Regolamento di coordinamento delle norme relative alla valutazione, previsto dall’articolo 3 della legge 169/2009 (...): un decreto con il quale saranno, tra l’altro, meglio ridefiniti i criteri della valutazione del comportamento". In buona sostanza i vincoli per l’attribuzione del 5 in condotta contenuti nel decreto di appena dieci giorni fa verranno superati da un altro decreto.
"In pratica - prosegue il ministro - sarà data maggiore libertà alle scuole di decidere in autonomia quando assegnare il 5 in condotta: il limite dei 15 giorni di sospensione per l’attribuzione all’insufficienza, contenuto nel decreto sulla valutazione del comportamento emanato lo scorso 16 gennaio, potrebbe essere eliminato già a partire dagli scrutini del secondo quadrimestre". Il provvedimento segue la segnalazione di Repubblica di alcuni giorni fa in cui gli studenti contestavano l’errata attribuzione del voto di condotta da parte di alcune scuole.
Ma quali sono le norme da seguire? Il nuovo intervento del ministro sul tema non dirada affatto i dubbi che serpeggiano tra insegnanti e famiglie in questi giorni. L’unico documento ufficiale sul voto di condotta è il decreto numero 5 dello scorso 16 gennaio che dà precise indicazioni al consiglio di classe. Tre i paletti che vincolano i professori. "La valutazione - recita il decreto - del comportamento "non può riferirsi ad un singolo episodio, ma deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno scolastico". Ma non solo: "la valutazione insufficiente del comportamento (...) deve scaturire da un attento e meditato giudizio del consiglio di classe, esclusivamente in presenza di comportamenti di particolare gravità riconducibili alle fattispecie per le quali (...) i regolamenti di istituto prevedano l’irrogazione di sanzioni disciplinari che comportino l’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per periodi superiori a quindici giorni".
Inoltre, per appioppare il 5 in condotta, i docenti dovranno accertare che l’alunno "successivamente alla irrogazione delle sanzioni di natura educativa e riparatoria previste dal sistema disciplinare, non abbia dimostrato apprezzabili e concreti cambiamenti nel comportamento". Tutto il resto, al momento, sono soltanto parole.
Dubbi, fino a pochi minuti fa, anche sul peso del voto di condotta. La legge 169 spiega che "la votazione sul comportamento degli studenti (...) concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi," la bocciatura. Ma il decreto applicativo dice soltanto che "la valutazione del comportamento inferiore alla sufficienza, ovvero a 6/10, riportata dallo studente in sede di scrutinio finale, comporta" la bocciatura. Un bel 10 in condotta fa, per esempio, media e concorre quindi all’attribuzione dei punti di credito al superiore, oppure no? Sembrerebbe di sì: il ministro Gelmini in una intervista appena rilasciata al GT ragazzi ha detto che verrà conteggiato. Ma gli addetti ai lavori aspettano di vederlo scritto "da qualche parte".
Il Pd attacca. "In italia si profila sempre più una scuola povera, povera, povera - denuncia Mariapia Garavaglia, ministro dell’Istruzione del governo ombra del Pd -. Alle elementari, che costituiscono uno dei momenti formativi più importanti, è stato reintrodotto il maestro unico che, secondo i nuovi regolamenti, dovrà insegnare tutte le materie finora previste più quelle che i cambiamenti della società impongono. Il tutto in 24 ore, mentre rimane un mistero, nonostante i tanti tentativi di rassicurazione, di che cosa ne sarà del tempo pieno".
"Sarà per questo - spiega la Garavaglia - per distogliere l’attenzione da questo problema, che nei giorni scorsi sono giunti annunci altisonanti, come nel caso delle mail e degli sms che dovrebbero sostituire le pagelle cartacee. E forse sempre per questo motivo oggi il ministro Gelmini ha sentito il bisogno di tornare sul voto in condotta".
Gli studenti. "Il Ministero dell’istruzione annuncia un nuovo giro di vite contro il bullismo attraverso il 5 in condotta. Nel comunicato di ieri - afferma in una nota l’Unione degli studenti - smentisce se stessa, affermando che ’il limite dei 15 giorni di sospensione per l’attribuzione dell’insufficienza, contenuto nel decreto sulla valutazione del comportamento emanato lo scorso 16 gennaio, potrebbe essere eliminato già a partire dagli scrutini del secondo quadrimestrè con un nuovo decreto. Il ministero sembra essere ormai allo sbando, non avendo un chiaro progetto educativo che metta in campo seri strumenti. Oramai il ministro Gelmini - prosegue l’Uds - è costretta a lasciarsi trascinare dagli episodi di cronaca, smentendo di volta in volta se stessa".
* la Repubblica, 27 gennaio 2009
SCUOLA: FAMIGLIA CRISTIANA, E’ SOLO TAGLIO SPESA GOVERNO RITIRI DL
NON E’ RIFORMA E NON GARANTISCE IL DIRITTO ALLO STUDIO
Roma, 27 ott. (Adnkronos) - Nel numero in edicola questa settimana, Famiglia cristiana critica il decreto Gelmini. "Non chiamiamo riforma un semplice taglio di spesa" e’ il titolo dell’editoriale d’apertura del giornale. "Nel mirino c’e’ una legge approvata di corsa, in piena estate. La dicitura e’ roboante: ’Riforma della scuola’; piu’ prosaicamente -si legge sul settimanale dei paolini- ’contenimento della spesa’, a colpi di decreti, senza dibattito e un progetto pedagogico condiviso da alunni e docenti. Non si garantisce cosi’ il diritto allo studio: prima si decide e poi, travolti dalle proteste, s’abbozza una farsa di dialogo. Il bene della scuola (ma anche del Paese) richiede la sospensione o il ritiro del decreto Gelmini. Per senso di responsabilita’", scrive il settimanale.
E ancora: "Un Paese che guarda al futuro investe nella scuola e nella formazione, razionalizzando la spesa, eliminando sprechi, privilegi e ’baronie’ nonche’ le ’allegre e disinvolte gestioni’. Ma i tagli annunciati sono pesanti: all’universita’ arriveranno 467 milioni di euro in meno. Nei prossimi cinque anni il Fondo di finanziamento si ridurra’ del 10 per cento. Solo il 20 per cento dei professori che andranno in pensione verra’ sostituito. Come dire: porte chiuse all’universita’ per le nuove generazioni".
"Un Paese in crisi trova i soldi per Alitalia e banche: perche’ non per la scuola? Si richiedono sacrifici alle famiglie, ma costi e privilegi di onorevoli e senatori -sottolinea Famiglia cristiana- restano intatti. Quando una Finanziaria s’approva in nove minuti e mezzo; quando, furtivamente, si infilano emendamenti rilevanti tra le pieghe di decreti legge, il Parlamento si squalifica". E per il futuro non mancano le preoccupazioni: "Ci siamo appena distratti, che gia’ un’altra norma ’razziale’ impone ai medici di denunciare alla polizia gli immigrati clandestini che bussano al pronto soccorso".
Messaggio al Presidente della Repubblica: NON FIRMI IL DECRETO GELMINI!
Scriviamo tutti insieme al Presidente della Repubblica
Scriviamo al Presidente della Repubblica chiedendo di non firmare il decreto Gelmini; sul sito del Quirinale stanno arrivando migliaia di questi messaggi!
https://servizi.quirinale.it/webmail/
IO L’HO FATTO!
ECCO IL TESTO:
Esimio Presidente della Repubblica, come docente/genitore e soprattutto cittadino italiano le chiedo di fermare lo smantellamento della scuola pubblica ad opera del Decreto Legge 137.
In fede
Firma
La protesta di migliaia di ragazzi, 300mila secondo l’Uds. Numerose manifestazioni contro il ministro Gelmini. Lo slogan: "Non è che l’inizio"
Studenti in piazza in tutta Italia
Cortei a Roma, Milano e in 100 città
Contro il decreto la Toscana ricorre alla Corte Costituzionale
ROMA - "Non è che l’inizio": questo striscione ha aperto questa mattina i cortei in più di cento città d’Italia organizzati dall’Unione degli studenti contro il decreto Gelmini. Manifestazioni a suon di musica, con tanti ragazzi che hanno portato chitarre, tamburi e fischietti ’’per suonarle alla Gelmini’’. Trecentomila i giovani che hanno aderito secondo l’Uds che ha fornito dati dettagliati anche per le singole città: a Roma in 40.000 hanno preso parte alla manifestazione, 30mila a Milano, 40mila a Napoli e altrettanti a Torino, 15mila a Salerno, Firenze e Genova, 10mila a Bologna, Bari e Trieste, 2mila a Brindisi, 3mila a Bergamo. Altre migliaia di studenti hanno manifestato nelle altre città.
Gli studenti sono scesi in piazza per protesta contro il ministro dell’Istruzione e per replicare con cinque no alle innovazioni e ai provvedimenti più contestati: i tagli per 8 miliardi di euro all’istruzione con la conseguente riduzione del personale docente e non, il maestro unico, l’abbassamento dell’obbligo scolastico dai 16 anni ai 14, i finanziamenti alle strutture private e il voto in condotta. L’Unione degli studenti, che ha promosso la protesta, ha reso noto che il 30 ottobre sarà di nuovo in piazza accanto ai lavoratori delle scuole nello sciopero generale proclamato dai sindacati. La mobilitazione degli studenti, ha concluso l’Uds, culminerà nella settimana del 17 novembre, giornata internazionale di mobilitazione studentesca. In molte città, le manifestazioni si sono svolte insieme agli studenti universitari (Udu), anch’essi critici verso le iniziative dell’esecutivo nei confronti degli atenei; contestano, in particolare, il numero chiuso, il blocco delle assunzioni, le poche risorse.
A Roma gli studenti si sono dati appuntamento in piazza di Porta San Paolo dove verso le 10 è partito il corteo diretto al ministero della Pubblica istruzione in viale Trastevere. Fuori dalla sede i ragazzi hanno occupato le scalinate del palazzo ballando e cantando a ritmo di musica, ma anche protestando attraverso microfoni e megafoni mentre una delegazione di cinque rappresentanti è stata ricevuta all’interno da due dirigenti. Numerosi gli slogan cantati dagli studenti tra cui "Gelmini ministro della d-istruzione" e "Chi non salta la Gelmini è". Nel corteo bandiere, striscioni, cori e volantini contro il governo, il ministro Gelmini e il sindaco di Roma Alemanno.
Anche a Milano lo striscione "Non è che l’inizio" apre il corteo, accompagnato da un furgone che diffonde musica a pieno volume dietro al quale migliaia di ragazzi delle scuole superiori sono partiti verso il parco Ravizza, nei pressi del provveditorato agli studi di Milano in via Ripamonti. La proposta pensata per arginare il fenomeno del bullismo è stato protagonista di numerosi cori: "Con il voto di condotta - gridano gli studenti - ci tappano la bocca". A Milano, a testimoniare i possibili effetti della riforma, in testa al corteo viene trasportata da due giovani una bara nera con la scritta "scuola".
Anche a Napoli migliaia di studenti hanno aderito al corteo di protesta partito da piazza Garibaldi. A Palermo gli studenti si sono dati appuntamento in piazza Politeama, da lì è partito il corteo verso la prefettura, a suon di musica e slogan scanditi o impressi sugli striscioni, per chiedere un incontro con il prefetto Giancarlo Trevisone, cui chiederanno di farsi portavoce del malessere della scuola e degli studenti palermitani. Promotori della manifestazione sono la Rete Degli Studenti e i Giovani Comunisti che parlano di "demolizione della scuola pubblica" riportata "a quarant’anni fa attraverso il ripristino dei grembiuli alle elementari, del maestro unico e del 5 in condotta".
A Genova i giovani di una quindicina di scuole superiori, mobilitati dall’Unione e dal Coordinamento degli studenti, hanno sfilato in corteo fino a raggiungere l’ufficio scolastico regionale in via Assarotti, provocando anche disagi alla circolazione stradale. Nel corso della manifestazione, tra striscioni quali "Scuole come prigioni ci avete rotto i ...", ci sono stati numerosi lanci di fumogeni, sono volati insulti contro il ministro e slogan come "Se non cambierà lotta dura sarà". Alcuni indossavano una maglietta "Moratti+Fioroni+Gelmini= scuola senza cervelli".
A Firenze una bara nera con il necrologio "Qui giace l’università pubblica" ha sfilato in corteo per le vie del centro insieme agli studenti che urlavano slogan "contro la scuola dell’indecenza ora e sempre Resistenza" e poi ancora "non chino la testa continuo la protesta". Studenti liceali, universitari, dottorandi e ricercatori tutti insieme a urlare "contro la 133 tutti uniti senza bandiere né partiti". Hanno sfilato anche studenti liceali col grembiule nero e ricercatori in camice bianco con il lutto al braccio.
E sempre a Firenze l’assessore toscano all’istruzione, formazione e lavoro, Gianfranco Simoncini, ha ribadito oggi che farà ricorso alla Corte Costituzionale per difendere le proprie competenze in materia di istruzione. "E’ un atto arrogante, irresponsabile, irrispettoso e illegittimo, contro il quale ci opporremo con ogni mezzo, compreso il ricorso alla Corte Costituzionale" ha commentato Simoncini a proposito dell’articolo 3 del decreto legge 154 con il quale il governo impone alle Regioni di attenersi alle sue recenti decisioni per quanto riguarda il dimensionamento scolastico, dà loro una scadenza ravvicinata (il 30 novembre) e prevede, per le Regioni inadempienti, il ricorso al commissariamento. Le Regioni e gli Enti locali che ancora non lo hanno fatto avrebbero appena quindici giorni di tempo per mettersi in linea con i parametri, come noto molto restrittivi, della legge 133 dello scorso agosto, parametri che si prevede produrranno consistenti tagli al numero di scuole e classi.
* la Repubblica, 10 ottobre 2008.
Assemblea delle scuole del milanese
DICONO CHE UNA BUONA SCUOLA PER TUTTI E PER TUTTE È UN LUSSO CHE NON CI POSSIAMO PERMETTERE.
E I BAMBINI E LE BAMBINE? BASTA CHE SAPPIANO LEGGERE, SCRIVERE
E FAR DI CONTO.
PER QUESTO HANNO DECISO DI DISTRUGGERE
LA SCUOLA DELLA COSTITUZIONE.
NOI NON CI STIAMO
Esimio Presidente della Repubblica, come docente/genitore e soprattutto cittadino italiano Le chiedo di fermare lo smantellamento della scuola pubblica ad opera del Decreto Legge 137.
In fede
Barbara di Ravenna
La mappa della protesta
Università, cortei e occupazioni
Scuola, migliaia di email al Quirinale: non firmi il decreto. Napolitano: decide l’Aula
MILANO - Alle 11, davanti all’università Statale di Milano, gli studenti «contestatori» sono un centinaio. Raggiungono i piani alti dell’ateneo. Per un’ora occupano l’ufficio del rettore, Enrico Decleva. Gli chiedono (senza riuscirci) di firmare contro «la scure della coppia Tremonti-Gelmini», pena lo stop alle lezioni. Anche Roma protesta: «Blocco dell’anno accademico», annunciano i collettivi della Sapienza occupando la presidenza di Scienze. E così fanno Torino, Napoli, Palermo. No ai tagli all’università. Ma anche il mondo della scuola torna (di nuovo) a farsi sentire. Con una valanga di email che da qualche giorno sta intasando il sito del presidente della Repubblica: «No al maestro unico». Una giornata per contestare il crollo dei finanziamenti destinati ad atenei e accademie, la riduzione delle borse di studio, la «precarizzazione» del corpo docente. No alla legge 133/2008. Lo gridano gli studenti, lo ripetono ricercatori, dottorandi, assegnisti, professori. Di tutta Italia.
Tanto da azzardare un paragone: il 2008 come il ’68? Presto per dirlo. Ma le premesse, giurano in molti, ci sono tutte. Le proteste: blocco della didattica a Firenze e Napoli, stop alle cerimonie di apertura dell’anno accademico a Torino, volantinaggi con conseguenti ingorghi del traffico a Parma, consigli straordinari a Pisa, lezioni all’aperto a Palermo, raccolte di firme a Roma. A Cagliari i docenti hanno consegnato le rinunce agli incarichi di presidenza, mentre negli atenei calabresi è stato proclamato lo stato di agitazione. I
l mondo dell’istruzione mobilitato: un tam-tam che passa per le aule, tocca le famiglie, scova professori, raggiunge riunioni di Senato Accademico (oggi a Milano è previsto l’«assalto» da parte dei ragazzi e dei ricercatori). E arriva fino al Quirinale. Via internet. Il ritmo è di una email ogni due-tre minuti (c’è quella inviata dalla scrittrice Dacia Maraini). Il testo: «Presidente Napolitano non firmare la legge Gelmini sul maestro unico». Un appello senza precedenti: migliaia di sms che da qualche giorno rimbalzano sui telefonini di tutto il Paese. Istruzioni: «Vai sul sito www.quirinale.it e scrivi al presidente della Repubblica di non firmare il decreto Gelmini».
Qualcuno altro si è spinto oltre: «Se raggiungeremo quota ventimila mail, il capo dello Stato dovrà tenere conto del nostro appello». Ipotesi remota. Anzi, Napolitano è stato costretto a ricordare, pubblicamente, i suoi compiti. «La riforma della scuola è ancora all’esame del Parlamento. Inoltre, secondo la Costituzione, è proprio del Parlamento la responsabilità delle scelte politiche». E dunque: «Il presidente ha, in ogni caso, l’obbligo di promulgare le leggi, qualora le stesse siano nuovamente approvate, anche nel medesimo testo».
Altra protesta virtuale, altrettanto veloce e numerosa: su Facebook sono più di undicimila gli italiani che hanno aderito all’iniziativa di sostegno all’istruzione pubblica contro la legge 133. Le motivazioni: «Questo governo vuole ridurre i fondi alle università di 500 milioni di euro nei prossimi tre anni, limitare il turnover al 20 per cento dei pensionamenti provocando un’inevitabile fuga di cervelli».
Elementari, medie, accademie. La rivolta cresce. Dagli Stati Generali degli atenei agli scioperi di venerdì 17 e di giovedì 30. Perfino Alessandro Mazzucco, rettore a Verona, osserva: «Se le cose continueranno a seguire questa direzione, nel 2010 tutte e 66 le università statali italiane saranno in emergenza».
Alessandra Arachi
Annachiara Sacchi
* Corriere della Sera, 14 ottobre 2008
’’Migliaia di scuole resteranno chiuse’’
Scuola, ’’venerdì una marea in sciopero e in corteo’’
Lo annunciano i Cobas: ’’Attesi a Roma centinaia di pullman, treni e navi. Molti operai sciopereranno in difesa dei salari, dei servizi pubblici e contro lo scandalo delle morti bianche’’
Roma, 15 ott. (Adnkronos) - ’’Lo sciopero generale del 17 ottobre sarà il più partecipato di tutta la storia del sindacalismo antagonista e la manifestazione nazionale di Roma (da piazza della Repubblica, ore 10, a S.Giovanni) la più grande che abbiamo mai organizzato’’.
Così il portavoce nazionale dei Cobas della Scuola, Piero Bernocchi, parla della mobilitazione prevista per dopodomani sottolineando come ’’da tutta Italia una marea di lavoratori e lavoratrici convergerà a Roma con centinaia di pullman, treni, navi e con migliaia di automezzi privati’’.
’’Massiccia - prosegue Bernocchi - sarà sopratutto la presenza del popolo della scuola pubblica, docenti, Ata, studenti, genitori e cittadini impegnati a difendere e a migliorare la scuola, a impedirne la distruzione programmata da Tremonti-Gelmini, i catastrofici tagli di duecentomila posti di lavoro, di scuole, classi, orari, la riesumazione della anacronistica ’maestra unica’, l’espulsione in massa dei precari.
Migliaia di scuole resteranno chiuse e la maggioranza di docenti ed Ata non farà per 24 ore lezione’’. ’’Essi -aggiunge il leader dei Cobas- si raccoglieranno in testa al corteo, che sara’ aperto dallo striscione ’Basta con la distruzione di lavoro, salari, scuola e servizi pubblici’ e da uno spezzone unitario con le bandiere e gli obiettivi delle tre organizzazioni promotrici (Cobas, Cub e SdL). Il popolo della scuola pubblica sfilerà dietro lo striscione ’No alla distruzione della scuola’’’.
’’Insieme ad esso -prosegue Bernocchi- saranno in piazza tantissimi lavoratori/trici che trovano intollerabile che il governo, mentre decide di investire somme stratosferiche per salvare le banche fraudolente e i banchieri corsari, continui a tagliare posti di lavoro, salari, scuola e servizi pubblici. Oltre alla scuola, lo sciopero coinvolgerà sopratutto il pubblico impiego e i trasporti: nelle citta’ i mezzi pubblici si fermeranno con modalità differenti (a Roma dalle 8.30 alle 16.30), i ferrovieri dalle 9 alle 17, il trasporto marittimo dalle 8 alle 16, quello aereo tra le 10 e le 18’’.
’’Ma anche molti operai sciopereranno in difesa dei salari, della scuola e dei servizi pubblici, contro l’orrenda strage che ogni giorno gli omicidi ’bianchi’ compiono nei posti di lavoro. Sarà una grande iniezione di fiducia -conclude Bernocchi- per quei milioni di cittadini/e che vogliono invertire radicalmente le catastrofiche politiche liberiste che da decenni provocano l’impoverimento dei salariati e dei pensionati e la disgregazione della Stato sociale, della scuola e dei servizi pubblici’’.
Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (Adsn), a Roma l’11 febbraio 1950
Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.
Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.
Pubblicato nella rivista Scuola Democratica, 20 marzo 1950
LA SCHEDA.
Tutti i motivi di una protesta che da settimane
mobilita insegnanti, alunni e genitori. E i testi delle leggi
Dal maestro unico ai precari
le leggi al centro della protesta
di SALVO INTRAVAIA *
Dal maestro unico ai precari degli enti di ricerca: ecco tutti i motivi di una protesta che da settimane porta in piazza insegnanti, alunni e genitori, tutti contro il ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini.
Il maestro unico. Il ripristino del maestro unico nella scuola primaria sin dal prossimo anno scolastico è uno dei temi che mette d’accordo insegnanti, genitori e buona parte dei pedagogisti. Il team (tre insegnanti che operano su due classi) ha portato la scuola elementare italiana ai primi posti nelle classifiche internazionali. Il nostalgico ritorno al maestro unico, spiegano i sindacati, è dettato soltanto da "necessità di cassa" e accorcerà il tempo scuola a 24 ore settimanali: 4 ore e mezzo al giorno (il testo della legge)
I tagli agli organici della scuola. I pessimisti parlano di smantellamento della scuola pubblica italiana, il governo parla di tagli per eliminare gli sprechi. Sta di fatto che la Finanziaria estiva prevede una autentica cura da cavallo per il personale della scuola. Una serie di "operazioni", come quella del maestro unico o la riduzione delle ore di lezione alla media e al superiore, consentiranno all’esecutivo di tagliare 87 mila e 400 cattedre e 44 mila e 500 posti di personale Ata: amministrativo, tecnico e ausiliario. Saranno i 240 mila docenti precari delle graduatorie provinciali a pagare il salatissimo prezzo della "razionalizzazione" delle risorse e gli 80 mila Ata che ogni anno consentono alle scuole di funzionare (il testo della legge)
Le classi per gli alunni stranieri. La creazione di classi differenziate per gli alunni stranieri, "rei" di rallentare i processi di apprendimento degli alunni nostrani, non era messa in conto. Ma da quando la Lega ha preteso e ottenuto l’approvazione di una mozione che istituisce di fatto le classi "per soli stranieri" la questione si aggiunge al lungo elenco di motivazioni che portano il mondo della scuola a protestare (il testo della mozione)
La chiusura delle scuole. Per rastrellare alcune centinaia di posti di dirigente scolastico e, bidello e personale di segreteria il ministro Gelmini ha imposto alle regioni, che si sono ribellate, di mettere mano ai Piani di dimensionamento delle rete scolastica. Secondo i calcoli effettuati dai tecnici di viale Trastevere, una consistente fetta delle 10.766 istituzioni scolastiche articolate in quasi 42 mila plessi scolastici va tagliata. Così circa 2.600 istituzioni scolastiche autonome rischiano di essere smembrate e accorpate ad altri istituti. Ma quello che preoccupa maggiormente gli amministratori locali è che il ministero vorrebbe cancellare dalla mappa scolastica del Paese circa 4.200 plessi con meno di 50 alunni.
Il contratto dei prof. Non è uno dei punti più indagati dai media ma i sindacati ricordano al governo che maestri e prof hanno il contratto scaduto da 10 mesi. E in tempi di tempeste finanziarie e inflazione galoppante la questione appare di un certo rilievo.
Il provvedimento "ammazza precari" degli enti di ricerca. Il tourbillon tocca anche le università e gli enti di ricerca dove la protesta ha già dato luogo ad occupazioni e manifestazioni che vedono gomito a gomito studenti e professori, a partire dalla legge 133 sui precari (il testo).
In base a un disegno di legge, già approvato dalla Camera, che contiene una norma sulla stabilizzazione dei precari, 60 mila cervelli nostrani che fino ad oggi hanno lavorato presso università ed enti di ricerca rischiano di vedere andare in fumo i loro sogni. Se gli enti da cui dipendono non riusciranno a stabilizzarli entro il 30 giugno 2009 dovranno trovarsi un’altra sistemazione: magari all’estero (il testo del provvedimento)
La privatizzazione delle università. La coppia Tremonti-Gelmini, secondo studenti e mondo accademico, ha messo al collo degli atenei un autentico nodo scorsoio che li metterà nelle mani dei privati. Il decreto-legge 112 prevede la riduzione annuale, fino al 2013, del Fondo di finanziamento ordinario e un taglio del 46 per cento sulle spese di funzionamento. Un combinato che farà mancare l’ossigeno agli atenei e li costringerà, anche attraverso la trasformazione in Fondazioni, a cercare capitali privati.
Il turn over "col contagocce". Ogni cinque professori universitari che andranno nei prossimi anni in pensione gli atenei potranno assumere un solo ricercatore. Quella di entrare stabilmente nel mondo universitario, per migliaia di precari già in forze presso gli atenei, diventa un autentico miraggio. Per questo gli studenti dell’Unione degli universitari hanno coniato lo slogan "sorridi ... se ci riesci".
* la Repubblica, 17 ottobre 2008 - (ripresa parziale: per vedere i testi di legge citati, andare all’art. - cliccando sul rosso)
Ansa» 2008-10-20 15:37
SCUOLA: RIPARTE PROTESTA CONTRO DL GELMINI
ROMA "Il 23 ottobre occuperemo le entrate delle nostre scuole per sbarrare la strada alla riforma e ai tagli con tutta la nostra creatività e voglia di cambiamento". E’ quanto annuncia la Rete degli Studenti, spiegando che sono in programma assemblee e sit-in che si svolgeranno davanti alle scuole a Torino, Verona, Vicenza, Treviso, Padova, Venezia, Siracusa, Bergamo, Cuneo, Prato, Massa, Pisa, Teramo, Frosinone, Roma, Catania, Savona, Reggio Emilia. "Teniamo fuori la Gelmini dalle nostre scuole, perché le scuole sono nostre e vogliamo essere noi a cambiarle. In questi giorni tante scuole e università sono in agitazione per opporsi al progetto di demolizione dell’istruzione pubblica del governo. Rispondiamo alla violenza della maggioranza parlamentare e della Gelmini tenendo vive le nostre scuole, in particolare nei giorni in cui il decreto 137 verrà approvato al Senato", conclude la Rete.
SIT IN A MILANO, BRUCIATA COPIA DL GELMINI
MILANO - Una copia del dl di riforma della scuola voluta dal ministro all’Istruzione, Maria Stella Gelmini, é stata bruciata davanti Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, dove oggi oltre 200 studenti delle superiori del capoluogo lombardo hanno dato vita a un sit-in organizzato in risposta alle dichiarazioni dello stesso ministro e del vicesindaco di Milano Riccardo De Corato nelle ore successive al corteo di venerdì scorso. Arrivati poco dopo le 9,30, gli studenti hanno esposto alcuni striscioni sulle transenne di fronte al Palazzo Marino e, accompagnati dalla musica di un Dj set improvvisato, hanno bruciato una copia del decreto Gelmini contestato. "E’ una risposta spontanea alle dichiarazioni del ministro che ci accusa di non essere informati - spiega Gianmarco del coordinamento dei collettivi studenteschi di Milano e provincia -. Ma il dl parla da solo. E’ una risposta anche a De Corato che ha affermato che é inamissibile bloccare la città ogni settimana. Noi se vogliamo possiamo scendere in strada ogni giorno. Ne abbiamo solo da guadagnare perché la scuola pubblica è ormai allo sbando". Molti gli striscioni contro la riforma. "Omero chiuso per lutto si ribella al ministro della pubblica (d) istruzione", recitava uno striscione appeso dagli alunni del liceo Classico Omero di Bruzzano, nel milanese, arrivati numerosi.
LIVORNO: 8 MILA STUDENTI IN PIAZZA CONTRO LA GELMINI
LIVORNO - Almeno 8 mila studenti hanno partecipato stamani a una manifestazione che ha attraversato le vie del centro per protestare contro la riforma Gelmini. Il corteo si è svolto senza incidenti e vi hanno preso parte ragazzi delle scuole superiori provenienti da tutta la provincia che hanno scandito slogan a difesa della scuola pubblica e contro il ministro dell’Istruzione. Gli studenti hanno poi raggiunto la Fortezza Nuova dove si sono riuniti in assemblea.
A NAPOLI ASSEMBLEA LICEALI IN PIAZZA CONTRO RIFORMA
NAPOLI - Protesta degli studenti, a Napoli, contro la riforma Gelmini. Gli alunni del liceo classico Genovesi, dopo aver tentato un’occupazione dell’istituto, hanno indetto, in piazza del Gesù, un’assemblea pubblica. "Sarà un incontro a cui prenderanno parte studenti e docenti - spiegano i liceali napoletani - un’assemblea come quelle che si stanno organizzando a Roma per dire il nostro no alla riforma. Il nostro slogan? Studenti contro la Gelmini". Oggi, sempre a Napoli, gli studenti universitari terranno un’assemblea nella sede della facoltà di Sociologia della Federico II.
UNIVERSITA’: GIORNATA DI MOBILITAZIONE DA NORD A SUD
ROMA . Giornata di mobilitazioni negli atenei di molte regioni, in agitazione per esprimere la contrarietà rispetto alla legge 133 che "mira a stravolgere il sistema universitario e il suo carattere pubblico". E’ quanto afferma l’Unione degli studenti universitari, spiegando che iniziative sono in corso, o previste per le prossime ore, a Palermo, Pavia, Ancona e Ferrara. A Palermo, tra l’altro, è in programma un’Assemblea d’ateneo che lancerà le assemblee di tutte le 12 Facoltà prevista per il giorno dopo che si chiuderanno in un corteo. Anche a Pavia ci sarà un’assemblea con la partecipazione di dottorandi, ricercatori, docenti, organizzata dal Coordinamento per il diritto allo studio-Udu Pavia in collaborazione con varie realtà studentesche territoriali, in contemporanea con il Senato Accademico dove i rappresentanti dell’Udu-Pavia presenteranno un Odg contro la 133/08. A Ferrara l’inaugurazione dell’anno accademico sarà anticipata da una Contro-inaugurazione organizzata. Stasera è prevista una fiaccolata organizzata dalla Rua-Udu Ferrara con Cgil, Cisl e Uil. Nel primo pomeriggio ad Ancona si terrà una Assemblea di ateneo molto attesa nella Facoltà di Medicina organizzata dal Gulliver-Udu Ancona. L’Unione degli Universitari, nel percorso di mobilitazione condiviso con varie associazioni studentesche locali, continua le contestazioni negli Atenei per opporsi allo smantellamento dell’Università. Gli studenti che partecipano alle mobilitazioni indosseranno "un nastro rosso contro la privatizzazione" per esprimere anche simbolicamente la contrarietà all’intenzione governativa di privatizzare gli Atenei.
STUDENTI DI FORZA NUOVA CONTRO LA GELMINI
Gli studenti medi, superiori ed universitari legati al movimento politico Forza Nuova annunciano la "loro partecipazione agli scioperi ed alle proteste studentesche in corso in questi giorni". "La contestazione - è detto in una nota - non è monopolio di sinistra, e a contestare la Gelmini ci sono anche le sigle Lotta Studentesca e Destra Universitaria, appartenenti a Forza Nuova. Auspichiamo che la mobilitazione anti-Gelmini veda tutte le forze in campo, politiche, sindacali, organizzazioni di base, mature nel gestire i contenuti della manifestazione con una certa severità. Mai come oggi una battaglia di questo tipo ha bisogno di un’unità che sacrifichi anche le diverse appartenenze e riesca a sintetizzare in un unico ’edificio’ i vari mattoni che lo compongono. Da parte nostra non c’é nessuna preclusione. Siamo disposti a dibattere anche con nostri avversari storici", conclude la nota.
AZIONE STUDENTESCA, CONTRO GELMINI UNA MINORANZA
"Contro la Gelmini una minoranza organizzata, gli studenti liberi sono contro la casta dei professori". E’ quanto afferma Azione Studentesca, annunciato che la raccolta di firme "Basta prof incompetenti, più potere agli studenti", nelle ultime due settimane ha raccolto firme in 40 scuole di Roma, raccogliendo ben 8.000 firme. "Il numero di firme raccolte dimostra come in realtà gli studenti che scendono in piazza contro la Gelmini siano una minoranza organizzata, figlia di una certa logica di sindacato - dichiara Andrea Moi di Azione Studentesca - gli studenti liberi sanno che il problema sono i professori. Sanno, anche a differenza dei professori del Liceo Russel, che insultano e provocano i nostri ragazzi mentre volantino, che questa è una campagna provocatoria che ha l’intento di spostare l’attenzione dai non problemi sollevati da altri ai reali problemi della scuola italiana. E forti del consenso della maggioranza degli studenti, non ci fermeremo, anzi nelle prossime settimane ne faremo delle belle".
Berlusconi: "Polizia nelle università
Dalla sinistra solo bugie"
ROMA - Berlusconi avverte gli studenti: "Non permetterò l’occupazione delle università. Interverranno le forze dell’ordine".
Poi attacca l’opposizione: "La sinistra dice bugie sulla scuola, fa un allarmismo inutile". E rispondendo a Veltroni che aveva chiesto di ritrare il decreto Gelmini, il premier replica secco: "Noi andremo avanti".
Sulla proposta delle ’classi ponte’ per gli studenti stranieri che non conoscono la lingua italiana, Berlusconi precisa: "Non è dettata da razzismo ma da buonsenso. Conoscere la lingua italiana è necessario’’.
* la Repubblica, 22 ottobre 2008.
Dopo gli scontri a Milano e i cortei di ieri sit-in dei collettivi nella cerchia dei Navigli
Docenti e studenti contro le parole di Berlusconi. Il rettore de L’Aquila: "Diseducativo"
Manifestazioni in tutta Italia
Occupata l’università di Torino
In fermento anche gli studenti delle medie superiori. A Roma due cortei
Davanti Montecitorio lezione di studenti e professori del liceo Augusto
ROMA - Non accennano a diminuire le proteste del mondo della scuola contro la riforma Gelmini. Anzi. Dopo gli incidenti a Milano e l’occupazione di alcune facoltà a Roma e Torino, le parole pronunciate stamattina da Berlusconi, potrebbero portare ad una intensificazione di proteste e occupazioni. A Roma la polizia blocca e poi autorizza una lezione davanti Montecitorio di una cinquantina fra studenti e professori del liceo Augusto.
Gli studenti a Berlusconi: "Non ci fermeremo". "Dal presidente del Consiglio non ci aspettavamo certo provocazioni questo tipo", dice Luca De Zolt, portavoce nazionale della Rete degli studenti medi, replicando alle dichiarazioni di Berlusconi che questa mattina ha annunciato un incontro col ministro dell’Interno per studiare "come intervenire attraverso le forze dell’ordine per evitare che possano accadere" occupazioni di scuole e università. "Le parole pronunciate da Berlusconi sono di disprezzo" verso gli studenti, replica Stefano Vitale dell’Unione degli studenti di Roma. La mobilitazione "non si arresterà", annunciano anche gli studenti universitari dell’assemblea permanente dell’ateneo di Siena.
Rettori e docenti. Per Ferdinando di Iorio, rettore dell’università dell’Aquila, le affermazioni di Berlusconi non solo "sono diseducative verso tutto il mondo della formazione" ma rappresentano un atteggiamento pericoloso perché "si schierano frontalmente contro ogni forma di pensiero critico". Netto no all’intervento delle forze dell’ordine anche da parte del rettore della Sapienza, Renato Guarini: "La libertà di espressione e l’autonomia dell’università - dice in un comunicato - deve essere rispettata. Nella tradizione delle università europee, l’ingreso delle forze dell’ordine viene sempre autorizzato dai rettori. La Sapienza anche nei momenti più drammatici e di maggiore tensione non ha mai ricorso ad azioni di forza".
"Ci auguriamo che il governo non assuma atteggiamenti muscolari nei confronti dell’Università, ma dia segnali di disponibilità al dialogo", auspica il rettore di Padova, Vincenzo Milanesi. "Circa un eventuale intervento esterno affidato alle forze dell’ordine noi saremmo contrari, per il solo fatto che la responsabilità di quello che succede all’interno di un istituto non può essere demandata ma deve essere valutata all’interno, da chi la gestisce e da chi, appunto, ne ha la responsabilità", dice Giorgio Rembaudo, presidente dell’Associazione nazionale presidi.
L’astrofisica Margherita Hack, che nel pomeriggio ha tenuto a Firenze una lezione in piazza della Signoria, ha definito "una vergogna" l’ipotesi di far intervenire la polizia. Per il prorettore dell’ Università di Torino, Sergio Roda, "per la prima volta, studenti e docenti universitari siamo dalla stessa parte della barricata, uniti nel cercare di salvare la natura pubblica della nostra Università".
L’Unione degli Studenti fa sapere che ci sono manifestazione, praticamente in tutta Italia, in vista anche di quella nazionale del 14 novembre: da Catania all’Aquila, da Perugia a Reggio Calabria e Catanzaro, e poi ancora previste assemblee anche a Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Teramo e Macerata.
Università. A Milano al termine della lezione all’aperto tenuta sotto la statua di Vittorio Emanuele II, in piazza Duomo, gli studenti dell’università degli Studi hanno formato un corteo non autorizzato. Un gruppo ha bloccato la cerchia dei navigli con un sit-in in via Visconti di Modrone, angolo via Mascagni. Il corteo si è poi spostato alla facoltà di Scienze politiche di Via Conservatorio senza alcun incidente. Il corso è stato interrotto per una decina di minuti durante i quali c’è stato un’acceso confronto tra i manifestanti e chi stava frequentando la lezione.
Questa mattina all’Università La Sapienza di Roma gli studenti hanno chiuso con lucchetti e catene il dipartimento di Fisica in segno di protesta. Alcuni studenti, riuniti in assemblea permanente, hanno occupato l’Aula 2 della facoltà di Economia. Dopo un sit-in nell’atrio dell’edificio, gli studenti hanno tentato di dar vita a un corteo all’interno della facoltà, ma sono stati bloccati da alcuni agenti. Sempre nella capitale, nel pomeriggio, un corteo spontaneo di circa 1000 studenti di varie facoltà di Roma Tre, è partito dalla facoltà di Lettere e Filosofia. Dopo aver raggiunto la facoltà di Scienze politiche e la sede di Biologia si è diretto al rettorato, dove una delegazione ha incontrato il rettore Guido Fabiani. "Riconosco la validità e la legittimità della vostra protesta", ha detto il rettore.
A Bari circa 500 studenti hanno partecipato all’assemblea nell’aula C dell’ateneo. Assemblea a Cagliari nella sede di Magistero: "Da domani abbiamo intenzione di sospendere le lezioni frontali e la didattica programmata nella facoltà di lettere e filosofia fino a bloccare del tutto l’attività dalla prossima settimana fino al 30 ottobre". E’ la proposta avanzata dal preside Roberto Coroneo. All’assemblea ha partecipato anche il rettore Pasquale Mistretta, oltre a rappresentanti dei docenti delle altre facoltà. Il preside della facoltà ha annunciato lezioni in piazza, seminari, incontri, laboratori non solo sul tema della legge 133.
Continua l’occupazione di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’università di Torino, decisa ieri dall’assemblea degli studenti. Le lezioni proseguono regolarmente all’interno dell’edificio. Nel pomeriggio prevista un’assemblea in Rettorato. E’ occupata anche la facoltà di Fisica, mentre davanti al dipartimento di Scienze della Terra studenti e ricercatori hanno manifestato questa mattina chiedendo simbolicamente l’elemosina.
I consiglieri di facoltà di Azione universitaria a Lettere di Palermo presenteranno domani un esposto alla Procura della Repubblica nel quale si chiede un parere sulla validità della delibera del Consiglio di facoltà che, votando un documento a favore della sospensione delle lezioni fino al 31 ottobre, "di fatto - è l’accusa - ha autorizzato l’interruzione di pubblico servizio".
Sono sospese dalla tarda mattinata le lezioni dell’Università di Trieste. Un corteo di studenti si è formato in maniera spontanea al termine di un’assemblea che si è svolta nel pomeriggio e si sta dirigendo verso il centro cittadino, causando disagi al traffico. Il Senato accademico ha inoltre deliberato la convocazione di un’assemblea generale di Ateneo, il 29 ottobre prossimo.
L’assemblea di ateneo dell’università Orientale di Napoli ha deciso di occupare Palazzo Giusso. Lo annunciano una nota gli studenti e la rete dottorandi e ricercatori, spiegando che al raduno hanno partecipato circa 2mila persone, inclusi docenti e lavoratori del personale tecnico-amministrativo.
Ventiquattro ore di lezioni senza interruzioni per dire no alla legge 133 sull’Università: è l’iniziativa che si svolgerà a Firenze, al dipartimento di matematica Ulisse Dini, dalla mattina del 27 ottobre alla mattina del 28 ottobre prossimi. All’università di Siena è stata occupata la facoltà di Economia. A Parma dopo l’affollata assemblea di ieri a Lettere, domani alle 18,30 è in programma una manifestazione. Sempre domani, a Chimica, sit-in dalle 14 fuori dal consiglio di facoltà di Scienze.
A Genova, domani pomeriggio, si terrà un "funerale" dell’università pubblica, in concomitanza con l’inaugurazione del Festival della Scienza. E’ previsto un corteo con abiti neri, una bara e lo striscione "oggi a lutto sempre in lotta" che da via Balbi si muoverà verso piazza De Ferrari, dove ci sarà anche un presidio di alunni e maestre delle elementari. Alle 17 invece è prevista in via Balbi 2 un incontro con docenti e rappresentanti degli enti locali.
Medie superiori. In fermento anche gli studenti delle medie superiori. Secondo l’Uds, le adesioni delle scuole hanno già superato il migliaio. L’intenzione è di unificare la lotta con gli studenti universitari, di scendere in piazza insieme il 30 ottobre e trovare una data di mobilitazione generale nel mese di novembre.
A Rende, Cosenza, gli studenti del liceo scientifico Pitagora hanno occupato la scuola. Al liceo scientifico di Catanzaro, invece, gli studenti hanno deciso per l’autogestione che proseguirà per tre giorni, mentre a Reggio Calabria, assemblea aperta degli studenti dei licei Leonardo Da Vinci e Alessandro Volta. Cortei di studenti di scuole medie superiori si stanno inoltre svolgendo a Roma, in due zone diverse della capitale dove si allarga la protesta degli studenti con occupazioni e autogestione in sempre più istituti. Davanti Montecitorio la polizia ha prima boccato e poi autorizzato una lezione all’aperto di una cinquantina di persone, fra studenti e professori del liceo Augusto. Anche ai Castelli la situazione non cambia.
Un corteo di protesta è stato organizzato oggi a Napoli dagli studenti del liceo linguistico e sociopedagogico ’Villari’ che hanno dichiarato di essere "in stato di agitazione". Alla manifestazione - riferiscono i promotori - si sono aggregati studenti di altre scuole della zona. Gli studenti del liceo Classico ’Pansini’ hanno deciso di non sospendere le lezioni ma di occupare la scuola di pomeriggio e di notte. Anche a Milano e provincia sono partite le prime occupazioni di scuole contro il decreto Gelmini.
"Polizia contro le occupazioni"
Scuola, linea dura di Berlusconi. Gli studenti: non ci fermerà
di Carmelo Lopapa (la Repubblica 23.10.2008)
ROMA - Manda un avviso ai «naviganti». Che poi sarebbero studenti, famiglie, insegnanti e anche ai mezzi di informazione. «L’ordine deve essere garantito, lo Stato deve fare lo Stato». Le proteste e le occupazioni di questi giorni contro il decreto Gelmini e la riforma della scuola, frutto della strumentalizzazione «della sinistra e dei centri sociali», devono cessare. E il provvedimento del governo non sarà ritirato, tutt’altro. Silvio Berlusconi prova a liberarsi dall’assedio della piazza, dei coertei, delle assemblee e delle lezioni per strada. E trasforma la contestazione del mondo della scuola in un problema di ordine pubblico.
Poche ore prima di imbarcarsi sul volo che lo porterà per alcuni giorni in Cina, convoca il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Con lui vorrebbe concordare le modalità di utilizzo delle forze di polizia per sgomberare scuole e atenei, girargli «istruzioni dettagliate su come intervenire». Poi, nel faccia a faccia pomeridiano col capo del Viminale per un’ora a Palazzo Grazioli, le cose andranno diversamente. Nessun piano di sgomberi, per ora. Sta di fatto che l’annuncio - fatto in conferenza stampa al fianco della ministra nel mirino Mariastella Gelmini - ha l’effetto di una carica di dinamite. Cortei e proteste anche non autorizzate da Roma a Milano. Altre occupazioni annunciate per oggi in mezza Italia. L’opposizione che si mobilita e accusa il premier di agire da «provocatore», di «soffiare sul fuoco», di meditare una «strategia della tensione». Il clima politico si surriscalda al punto da indurre il Quirinale a intervenire e lo stesso fa il presidente dei vescovi Angelo Bagnasco: «I problemi complessi non si risolvono con soluzioni semplici, servono moderazione ed equilibrio».
All’incontro con la stampa organizzato nel giro di poche ore per porre un argine al dilagare della protesta, Berlusconi si presenta con un minidossier di undici pagine sulla scuola e «tutte le bugie della sinistra». Lui, ex «studente modello e diligentissimo» che certo non avrebbe «mai occupato» una scuola, giudica semplicemente «falsi i messaggi dei leader della sinistra che sgambettano in tv» e che starebbe dietro la protesta coi centri sociali. E siccome «la realtà di questi giorni è ben altra di quella raccontata dai mezzi di informazione, ma è fatta di aule piene di ragazzi che intendono studiare», ecco la stretta, la svolta rigorista. «Non consentirò l’occupazione di università e di scuole, perché non è dimostrazione di libertà e democrazia, ma pura violenza nei confronti degli altri studenti, delle famiglie e nei confronti dello Stato». E preannuncia l’incontro che di lì a qualche ora avrebbe avuto a Palazzo Grazioli col ministro dell’Interno Maroni: «Gli darò istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell’ordine». Polizia in azione, dunque, anche se dall’altra parte della barricata dovessero esserci, come ci sono, gli insegnanti. Linea dura anche sul decreto: «Sulla riforma della scuola andremo avanti», avverte in risposta a Veltroni che lo aveva invitato a ritirarlo. «Non retrocederò di un centimetro, avete 4 anni e mezzo per farci il callo». Alla Gelmini rimprovera sorridendo di aver sbagliato a parlare di maestro unico, «meglio dire prevalente», poi elenca una per una le «bugie» di sinistra e occupanti e pregi della riforma. Che intanto procede a gonfie vele in Parlamento. Respinte ieri al Senato dalla maggioranza le otto pregiudiziali costituzionali sollevate dalle opposizioni, la riforma viaggia verso il voto finale previsto per mercoledì prossimo.
L’ultima parola del premier è per la manifestazione del Pd del 25 ottobre. «È una possibilità della democrazia ed anche noi ne usufruimmo - riconosce a distanza al Veltroni che più volte glielo ha ricordato in questi giorni - Ma noi manifestammo contro la pressione fiscale del governo Prodi. La loro è solo contro il governo e non ha proposte».
A La Sapienza la risposta degli studenti. E da Roma a Torino i rettori dicono: no ad azioni di forza
di Federica Fantozzi (l’Unità, 23.10.2008)
UNA STUDENTESSA del primo anno, schiacciata tra la folla, libera la mano intrecciata a quella dell’amica per non perdersi, e risponde al cellulare: «Era mio padre. Ha paura che ci picchino». Sui gradini dell’aula magna de La Sapienza, molte matricole con la faccia da liceali, lontane dai megafoni e certe che si tratti di «un fermento spontaneo e apolitico». Anche i ragazzi dei collettivi - Dario, Francesco, Aliosha - fiutano la trappola: «Nessuno volantini per partiti e sindacati - gridano - Questo movimento rifiuta le bandiere. Chi è venuto a mettere il cappello se ne vada».
Eppure l’avvertimento del premier sigilla insieme le anime dell’occupazione, e la giornata cambia segno. Addio workshop e riunioni: scatta l’assemblea congiunta di tutte le facoltà. Non solo Lettere, Scienze Politiche, Fisica e Chimica, quelle occupate. I ragazzi, all’aperto, ascoltano e chiacchierano di altro. Valentina frequenta Psicologia, ha le treccine e la spilla arcobaleno: «Il governo risponde con militarizzazione e sgombero. Non lo accetteremo». «Non diciamo solo no - spiega una rossa con lentiggini e occhi acquamarina, secondo anno di Lettere - Faremo proposte». Per esempio? «Più ricerca, basta con i cervelli che all’estero fanno carriera. Più elasticità nei piani di studio. No ai manuali dei titolari di cattedra: non vogliamo venerare un prof, vogliamo imparare». Mai manifestato prima? «Al liceo, contro la guerra in Iraq». Antipolitici? «Fino a un certo punto» ammette un’altra.
Il primo punto dell’assemblea è Berlusconi, con Sacconi anti-scioperi e Brunetta anti-fannulloni. La richiesta è che il rettore Guarini neghi l’ingresso alle forze dell’ordine. Lui li accontenterà: «Rispettare la libertà di espressione e l’autonomia dell’università. Qui non si è mai ricorso ad azioni di forza e non lo faremo mai». Anche da Padova e Torino arriva lo stop dei rettori alle «prove muscolari del governo».
Francesco, aria da bravo ragazzo: «È un governo illegittimo e criminale. Non abbiamo paura». Giorgio rivela con orgoglio che a Fisica hanno fatto trovare i dipartimenti «serrati con la catena» perché «occupare significa bloccare laboratori, uffici, tutto». Aiuole piene di zaini, caschi, bottigliette d’acqua. Una ragazza beve da un biberon decorato. Perché occupate? Gli stessi motivi corrono di bocca in bocca: le tasse universitarie più alte, i tagli devastanti, le università in mano alle imprese private. Come lo avete saputo? Soprattutto dai Tg e grazie al passaparola. Ora le cose vanno bene? «No, ma così andranno peggio».
Al microfono «un papà delle elementari» sommerso di applausi: «Anche noi abbiamo occupato, dormito sui tappetini per una settimana, non abbiamo retto di più con i bimbi. Ogni notte pensavamo: speriamo che parta l’università. Tolgono il futuro ai nostri figli, ai vostri fratellini». Giorgio di Ingegneria è accolto da fischi di sorpresa: «Non partecipano mai». Il più lucido è Matteo Pacini di Studi Orientali: «Vogliono che reagiamo per screditarci davanti all’opinione pubblica. Dobbiamo essere determinati e intelligenti». Propone di portare la protesta al Festival del Cinema, alla Farnesina, davanti al Senato. Si impappina: «Non intendo ma... Mi spiace dirlo... Non possiamo essere faziosi».
Raggiante Dario da Psicologia: «La mia facoltà immobile da anni si è scossa». Entusiasmo per l’annuncio che Economia ha disturbando l’inaugurazione dell’anno accademico. Emiliano partecipa da lavoratore: «Lo studio è l’unica forma di liberazione della mente». Cori di «La Sapienza/Non ha più pazienza» e «Gente come noi/Non molla mai». Un isolato petardo al grido di «noi bruciamo tutto». Dario è uno dei leader: «Preoccupati? Indignati. Parole così non si sentivano dagli anni ‘60 e qualificano l’atteggiamento del governo».
Occupazioni e cortei in tutta Italia. Lo slogan dei romani: io non ho paura
Traffico bloccato da sit-in improvvisati a Roma, Trieste e Milano.
Occupazioni a Torino e all’Orientale di Napoli
di Alessandro Capponi (Corriere della Sera, 23.10.2008)
ROMA - «Bloccare tutto, le università e le scuole, e anche le stazioni, e le città, e ovunque, davanti ad ogni portone d’ingresso delle facoltà, dobbiamo affiggere la scritta "Io non ho paura"». L’applauso, per lo studente di Fisica Giorgio Sestili, che parla alla Sapienza, ecco, l’applauso: dura minuti. «Io non ho paura», lo slogan nasce così. E in serata ecco la presa di posizione del rettore: Renato Guarini dice, semplicemente, che non autorizzerà l’ingresso della polizia perché «La Sapienza, anche nei momenti più drammatici e di maggiore tensione, non ha mai fatto ricorso ad azioni di forza».
Ma ciò che accade a Roma - nelle tre università romane - non è che un aspetto della protesta studentesca: in tutta Italia, da ieri, da quando Berlusconi ha promesso l’arrivo della polizia per sgomberare gli atenei, occupazioni e cortei si moltiplicano. Traffico bloccato da sit in improvvisati: nella Capitale, a Trieste, a Milano. A Napoli l’«Orientale è occupata », come spiega lo striscione all’ingresso. Le assemblee e i cortei non si contano. Milano, Torino, Firenze, Cagliari, Bari, Palermo, Napoli, Catania: ovunque, gli studenti si organizzano, fanno lezione all’aperto, sfilano. A Genova oggi ci sarà il funerale dell’università. Contro la legge 133, certo, ma anche per «resistere » alle «minacce del premier ». I rettori, come quello della Sapienza e quello dell’Aquila, dicono chiaramente una cosa: no alla polizia nell’università. Il 14 novembre, a Roma, manifestazione nazionale con studenti «universitari, medi e - spiega un altro dei leader della protesta, Francesco Raparelli - dell’intero mondo della formazione».
L’appello è per gli studenti di tutta Italia: «Occupate tutto». «Protestiamo in modo intelligente, come ha detto Napolitano - dice Sestili - facciamo cortei da giorni e non è successo nulla. È un movimento trasversale, qui parlano ragazzi di destra e di centro. Questa è la dismissione dell’università, ed è grave per tutti». Cartelli intorno a lui: «Blocchiamo le ferrovie», «né sapientini né manichini». Francesco, di Scienze politiche, dice che «questo governo è criminale ». A Milano cinquecento studenti fanno lezione in piazza Duomo e poi bloccano il traffico, un corteo a Trieste, un altro a Roma, uno a Bari. Il rettore della Sapienza, Renato Guarini, risponde così alle parole di Berlusconi: «Le criticità devono essere affrontate con un dialogo costruttivo, concordo con quanto detto da Napolitano.
Nella tradizione delle università europee l’ingresso delle forze dell’ordine viene autorizzato dai rettori». Lui, come detto, non ha intenzione di farlo. Per il Magnifico dell’Aquila, Ferdinando Di Iorio, le dichiarazioni del premier «sono gravissime. Non si rende conto su quale terreno si muove». La polizia dentro le università? «Qui non accadrà mai». A Firenze, in piazza della Signoria, lezione dell’astrofisica Margherita Hack che dedica poche parole al proposito di Berlusconi: «È una vergogna».
di Ezio Mauro (la Repubblica 23.10.2008)
Davanti a una protesta per la riforma della scuola che si allarga in tutt’Italia e coinvolge studenti, professori, presidi e anche rettori, il Presidente del Consiglio ha reagito annunciando che spedirà la polizia nelle Università, per impedire le occupazioni. La capacità berlusconiana di criminalizzare ogni forma di opposizione alla sua leadership è dunque arrivata fin qui, a militarizzare un progetto di riforma scolastica, a trasformare la nascita di un movimento in reato, a far diventare la questione universitaria un problema di ordine pubblico, riportando quarant’anni dopo le forze dell’ordine negli atenei senza che siano successi incidenti e scontri: ma quasi prefigurandoli.
Qualcuno dovrebbe spiegare al Premier che la pubblica discussione e il dissenso sono invece elementi propri di una società democratica, non attentati al totem della potestà suprema di decidere senza alcun limite e alcun condizionamento, che trasforma la legittima autonomia del governo in comando ed arbitrio. Come se il governo del Paese fosse anche l’unico soggetto deputato a "fare" politica nell’Italia del 2008, con un contorno di sudditi. E come se gli studenti fossero clienti, e non attori, di una scuola dove l’istruzione è un servizio e non un diritto.
Se ci fosse un calcolo, le frasi di Berlusconi sembrerebbero pensate apposta per incendiare le Università, confondendo in un falò antagonista i ragazzi delle scuole (magari con il diversivo mediatico di qualche disordine) e i manifestanti del Pd, sabato. Ma più che il calcolo, conta l’istinto, e soprattutto la vera cifra del potere berlusconiano, cioè l’insofferenza per il dissenso.
Lo testimonia l’attacco ai giornali e alla Rai fatto da un Premier editore, proprietario di tre reti televisive private e col controllo politico delle tre reti pubbliche, dunque senza il senso della decenza, visto che a settembre lo spazio dedicato dai sei telegiornali maggiori al governo, al suo leader e alla maggioranza varia dal 50,17 per cento all’82,25. Forse Berlusconi vuol militarizzare anche la libera stampa residua. O forse "salvarla", come farà con le banche.
La repressione
di Michele Serra (la Repubblica 23.10.2008)
In presenza di un movimento inedito, molto composito e fino adesso pacifico, il premier non sa opporre altro che un goffo proposito repressivo
Neanche il più acerrimo detrattore del presidente del Consiglio poteva mettere in conto le desolanti dichiarazioni di ieri a proposito di scuola e ordine pubblico. L’uso della forza per reprimere i movimenti di piazza - e specialmente l’intervento della polizia nei licei e nelle università - è in democrazia materia delicatissima.
E lo è rimasta perfino negli anni di fuoco delle rivolte studentesche, quando l’ultima parola, in materia di ingresso della forza pubblica dentro i luoghi dello studio, quasi sempre spettava a rettori e presidi prima che ai questori.
Oggi, in presenza di un movimento inedito, molto composito (studenti, docenti, ricercatori, genitori: nella totalità utenti e dipendenti di un servizio pubblico) e fino adesso pacifico, il premier non sa opporre altro che un minaccioso e goffo proposito repressivo. In perfetta sintonia con la schietta invocazione di una soluzione poliziesca, Berlusconi ha snocciolato molto in breve (non ha tempo da perdere) un’analisi dei fatti di una pochezza desolante, riassumibile nella vecchia idea padronale "qui si lavora e non si parla di politica". Dimostranti e occupanti come impiccio sedizioso al corretto esercizio dello studio e di quant’altro, come se una società democratica non fosse il luogo naturale dei conflitti e della loro composizione politica, ma un’azienda di vecchio anzi vecchissimo stampo nella quale si lavora, si obbedisce e si tace. Eloquente il contrappunto del sottosegretario Sacconi, che denuncia allarmato la presenza nei cortei di studenti "politicizzati": ecco un politico che considera l’impegno politico come un’aggravante.
Si intende che Berlusconi abbia assunto queste posizioni frontali, e destinate ad accendere gli animi, perché si sente forte di un mandato popolare che, nella sua personalissima interpretazione, lo autorizza a portare a compimento i suoi propositi politici costi quello che costi, tagliando corto con le lungaggini, le esitazioni, le pratiche "consociative" e quant’altro minacci di attardare o contrastare le decisioni del governo. Ma anche ammesso che davvero l’aspettativa "popolare" predominante sia così brutale e sbrigativa, e che davvero il sessanta per cento degli italiani auspichi modi bruschi, il governo di un paese democratico ha il compito di rispettare e fare rispettare i diritti di tutti, non solo della sua claque per quanto vasta e agguerrita essa sia. Che fare di chi si oppone, come trattare quel buon quaranta per cento di italiani che ancora non ha appaltato il proprio destino, le proprie aspirazioni, il proprio modo di pensare a Silvio Berlusconi e ai suoi ministri?
E se poi il dissenso ha dimensioni di massa, e si dispiega � come in questo caso � sul terreno appassionato e vulnerabile della protesta giovanile, suscettibile di infiltrazioni di frange di violenti che non vedono l’ora di trovare un contesto favorevole, con quale smisurata irresponsabilità un presidente del Consiglio che se la passa da statista sventola per prima cosa il vecchio drappo reazionario della repressione? Gli "opposti estremismi", teoria semplificatrice ma dolorosamente verificata in passato da questo paese dai nervi poco saldi, mai avevano trovato uno dei propri espliciti agganci proprio nelle istituzioni. La vecchia ipocrisia democristiana conteneva al suo interno anche una salutare componente di senso dello Stato, e i lavori sporchi, e le maniere forti, procedevano per vie losche e sotterranee. E’ davvero un progresso scoprire, nel 2008, che è il premier in persona a invocare la maniere forti, in una sorta di glasnost della repressione? In un paese che ha pagato un prezzo spaventoso alla violenza politica e all’odio ideologico, con ancora la fresca memoria dei fatti di Genova, mentre già i titoli dei giornali di destra e alcuni slogan dei cortei di sinistra buttano benzina sul fuoco, che cosa si deve pensare di un presidente del Consiglio che divide la società in due tronconi, uno buono che lo applaude e l’altro cattivo da sgomberare con gli autoblindo?
E’ la prima volta, questa, che una delle puerili retromarce del premier ("mi hanno frainteso, non ho detto questo, sono loro che mentono") sarebbe accolta con sollievo.
Il Viminale: dal primo al 23 ottobre 300 manifestazioni
con 150 scuole e venti facoltà universitarie occupate
L’onda della protesta in tutta Italia "La vostra crisi non la paghiamo"
A Roma la polizia blocca il corteo a poche decine di metri dal Senato Intervento ’dissuasivo’ delle forze dell’ordine nel cosentino e a Pistoia
di GIOVANNI GAGLIARDI *
La manifestazione degli studenti davanti al Senato ROMA - "Noi la vostra crisi non la paghiamo". E’ questo lo slogan (insieme alla canzone "Noi siamo i giovani") che accompagna la mobilitazione di tutto il mondo dell’istruzione e della ricerca da Nord a Sud. Scuole e facoltà occupate, lezioni libere in strada, cortei: in tutta Italia è stata un’altra giornata di lotta contro gli interventi del governo e i piani del ministro Mariastella Gelmini su scuola e università. "Il dissenso - fa sapere il Viminale - ha avuto finora modo di svilupparsi in circa 300 manifestazioni tenute nell’intera penisola dal primo al 23 ottobre, con 150 scuole e 20 facoltà universitarie occupate".
Gli scenari di guerriglia che ieri Berlusconi ha evocato in conferenza stampa sono molto lontani, anche se non sono mancati momenti di tensione. Un intervento ’dissuasivo’ delle forze dell’ordine nel cosentino e a Pistoia, dove sarebbero stati identificati alcuni studenti, mentre a Cosenza, nel corso di una manifestazione, sono state danneggiate le finestre di un istituto. In alcune città cortei di studenti, non annunciati, hanno bloccato il traffico su varie strade. Questo il quadro delle principali proteste e delle occupazioni in tutta Italia.
A Roma con lo slogan "Non tagliateci il futuro", alcune centinaia di studenti hanno manifestato davanti a Palazzo Chigi, per poi spostarsi verso il Senato. Partite le occupazioni di vari istituti, tra cui il liceo classico Tasso e lo scientifico Malpighi. Alla Sapienza, gli studenti hanno deciso di occupare la facoltà di Ingegneria a San Pietro in Vincoli. Stessa forma di protesta alla facoltà di Scienze di Roma Tre. In serata poi corteo con nuovo sit-in davanti al Senato, con tanto di contestazioni e fischi ai senatori, anche a quelli del Pd. Qualche momento di tensione con le forze dell’ordine che hanno sbarrato la strada ai manifestanti.
A Torino varie scuole sono occupate, mentre 2 mila studenti del Politecnico si sono riuniti in assemblea stamattina, proclamando lo stato di agitazione. Prosegue l’occupazione anche di Palazzo Nuovo sede delle facoltà umanistiche. Diverse centinaia di studenti delle scuole superiori hanno sfilato in corteo questa mattina nel centro storico della città. Sono occupati anche diversi licei di Pinerolo, dove era da diversi anni che gli studenti non manifestavano.
A Trento è la facoltà di Sociologia a guidare l’agitazione degli universitari. Lezioni alternative nelle aule e all’aperto per tutta la giornata di lunedì 27 ottobre e un corteo cittadino per martedì: sono le decisione prese oggi in varie assemblee.
A Genova gli organizzatori del Festival della Scienza, iniziato oggi, hanno annunciato di voler dedicare una giornata alle proteste contro i piani del ministro Gelmini. Sempre nel capoluogo ligure, gli studenti hanno rispolverato la metafora funebre, sfilando in un corteo-funerale lungo le strade vicine ai poli universitari, con tanto di elogio "alla dolente università sepolta viva nelle profondità dell’ignoranza".
All’università Statale di Milano è stata bloccata per un’ora l’entrata della facoltà di Scienze Politiche. Gli studenti chiedono il blocco della didattica. Molte le assemblee studentesche che hanno coinvolto gli universitari di quasi tutti gli atenei milanesi. Programmati per domani cortei, lezioni all’aperto e sit-in sotto la Madonnina del Duomo.
A Bergamo si realizza l’unità tra sinistra e destra. Lo annuncia Forza Nuova in un comunicato dove afferma che "per una volta il Movimento studentesco e Lotta studentesca, l’associazione studentesca legata a Forza Nuova, si stringono la mano per manifestare uniti contro la riforma Gelmini".
In Veneto l’ipotesi di interventi delle forze dell’ordine è stata contestata con striscioni anche in consiglio regionale, a Verona e Padova è stato decretato il blocco della didattica, e sempre a Padova gli studenti di un istituto professionale sono andati a scuola vestiti a lutto. Veglia funebre anche a Venezia, in Campo San Geremia, dove si sono dati appuntamento decine di studenti vestiti di nero, ragazze con il capo coperto da un velo e un cerino in mano per vegliare il caro estinto prima della sepoltura. A Trieste, gli studenti medi hanno costruito una "scuola di libri", un muro eretto con i libri di testo davanti alla chiesa di San Giacomo.
A Bologna, in piazza del Nettuno, è stata allestita un’aula a cielo aperto, in occasione del collegamento con la trasmissione "Anno zero", stasera su Rai Due. A Ravenna, fanno sapere gli studenti, sono occupati sei istituti superiori. "Le occupazioni sono partite lunedì e sono molto partecipate e ordinate. Vi è inoltre un coordinamento tra tutte le scuole occupate". A Parma, in serata, un esercito di 4000 studenti ha manifestato contro la riforma Gelmini. E’ partito dalla facoltà di Lettere, in centro città, il "funerale all’università". In testa una bara, dietro quattro vedove e un unico urlo: "L’università così muore". Gli abitanti della zona hanno applaudito al passaggio del serpentone. Non ci sono sigle politiche o bandiere dei partiti: studenti e professori non le hanno volute.
Fermento anche nelle scuole e nelle università della Toscana. A Firenze, i ragazzi dell’Istituto d’arte di Porta Romana hanno inscenato un "attraversamento pedonale" lungo le strade del centro, mentre su alcuni dei ponti sull’Arno sono apparsi striscioni come "L’università non è in vendita". Da lunedì mattina alle 8.30 fino a martedì mattina lezioni no stop a matematica, dipartimento Ulisse Dini, una delle facoltà occupate in questi giorni. La protesta del mondo universitario contro la 133 arriva in Europa: anche "l’Istituto universitario europeo di Fiesole, centro di eccellenza della Commissione europea, è in agitazione", si legge in una nota.
A Pisa, dove anche gli studenti della Normale hanno manifestato solidarietà alle proteste, studenti medi e universitari e docenti si sono uniti in un corteo formato, secondo gli organizzatori, da 10 mila persone. "Troppo facile governare un popolo di ignoranti", questo lo striscione con cui stamani mattina gli studenti di Empoli hanno aperto il corteo che ha caratterizzato la manifestazione di protesta contro la riforma Gelmini e la legge 133. Oltre 3.000 le persone presenti.
In Abruzzo, docenti e studenti dell’università dell’Aquila hanno inscenato un sit-in di protesta davanti alla prefettura. Oltre cinquemila persone sono state accolte da un fitto schieramento di forze dell’ordine. Poco dopo le 18, una delegazione dell’Unione degli universitari - tutti rappresentanti delle facoltà cittadine - è stata ricevuta dal capo di gabinetto del prefetto. I manifestanti sono ancora in piazza perché chiedono di essere ricevuti dal prefetto.
A Macerata centinaia di persone si sono radunate fuori dall’aula 5 di Giurisprudenza per l’assemblea generale dell’ateneo maceratese contro la legge 133 e il dl Gelmini. I partecipanti hanno dato vita a un corteo improvvisato sfociato nell’occupazione dell’Atrio della Facoltà di Scienze della Comunicazione.
In Basilicata, a Matera, sono scesi in piazza un migliaio di studenti delle medie superiori, mentre a Potenza gli studenti universitari, assieme ad alcuni docenti e ricercatori, si sono riuniti in assemblea nell’Aula Magna per stabilire le prossime azioni di protesta.
Lezioni bloccate, traffico fermo, centinaia di studenti universitari in corteo per le strade di Napoli: è il bilancio nel pomeriggio di mobilitazione degli atenei contro la riforma Gelmini nella città partenopea, dove sono 60 gli istituti superiori occupati, o autogestiti o con assemblee permanenti. In Campania sono 120. Domani gli studenti dei licei scientifico e classico europeo del Convitto Vittorio Emanuele II di Napoli protesteranno in Piazza Dante.
A Lecce, Scienze Politiche è in assemblea permanente. In mattinata circa 700 studenti universitari hanno anche attraversato in corteo alcuni viali della città mentre, contemporaneamente, si svolgevano in altre zone manifestazioni di studenti di alcuni istituti superiori. Domani è previsto che l’assemblea a Scienze politiche prosegua anche con i docenti. A Bari, nella facoltà di Fisica gli studenti hanno tenuto in mattinata una assemblea. Nessuna occupazione nelle scuole del Molise, ma solo assemblee interne agli istituti.
A Palermo, con il sostegno del preside della facoltà di Ingegneria, un migliaio di studenti ha assistito a una lezione all’aperto, in piazza Politeama. Alcune centinaia di studenti degli istituti superiori secondari hanno attuato stamane, a Catanzaro Lido, una manifestazione di protesta.
L’onda lunga della protesta studentesca contro la riforma Gelmini giungerà in Valle d’Aosta a partire dalla prossima settimana, quando sono previste, tra lunedì e mercoledì, assemblee in tutti gli istituti superiori. La mobilitazione culminerà con la manifestazione di giovedì 30 ottobre, che si terrà nel centro di Aosta, così come in molte città italiane.
Ansa» 2008-10-24 20:23
Berlusconi lancia la contromobilitazione
(di Federico Garimberti)
(ANSA) - ROMA, 24 OTT - Deputati e senatori nelle classi per spiegare la riforma della scuola. Silvio Berlusconi lancia la sua contromobilitazione per rispondere alle "falsità" della sinistra e difendere il piano di riforma di Mariastella Gelmini. Mercoledì scorso, dal quartiere generale di Forza Italia, è stata inviata una mail a tutti i parlamentari del Popolo della Libertà. Contenuto, due allegati: un pieghevole di otto pagine in cui si elencano punti salienti e ragioni della riforma e un volantino fronte retro in cui si critica l’atteggiamento disfattista dell’opposizione. Sarà questo il materiale che deputati e senatori utilizzeranno, ciascuno nel proprio territorio di competenza elettorale, per contrastare la campagna di "disinformazione" della sinistra sulla scuola.
Nel primo si leggono le parole d’ordine della controffensiva mediatica del Cavaliere: serietà, educazione, merito. La prima pagina, dall’eloquente titolo ’La scuola italiana: o cambia o muore’, si sottolinea come "per distruggere definitivamente la scuola sia sufficiente lasciarla come è oggi, come vorrebbe fare la sinistra". Nel pieghevole si sostiene che "la spesa pubblica per la scuola è esplosa, senza che vi sia stato un miglioramento della qualità". Con la riforma, si legge oltre, "non si vuole spendere meno, ma si vuole spendere meglio" per evitare "il tracollo" del sistema. Si nega quindi il licenziamento di 100mila insegnanti, sostenendo che i tagli deriveranno esclusivamente dal blocco delle nuove assunzioni. I risparmi così ottenuti saranno inoltre "reinvestiti nella scuola per i docenti più meritevoli, con premi individuali fino a 7mila euro".
Nel pieghevole si replica anche alle critiche del centrosinistra: "E’ falso dire che la scuola elementare è una eccellenza e dunque non va cambiata", si legge nella seconda pagina dove poco più avanti si sostiene come la situazione attuale sia "frutto dell’eredità del Sessantotto". Insomma, é la conclusione scritta in ’neretto’, "da 40anni la sinistra rovina la scuola; è ora di dire basta". Segue una breve lettera del premier in cui, dopo aver difeso la riforma e ringraziato il ministro Gelmini, Berlusconi auspica che la suola cosi ammodernata possa non solo "educare i nostri ragazzi", ma anche consentire loro di "conoscere meglio se stessi e quindi mettere a frutto i propri talenti". Nelle ultime quattro pagine, il volantino motiva le ragioni dei quattro punti fondamentali in cui si articola il piano della Gelmini: "Perché l’educazione civica; perché i voti in pagella invece dei giudizi; perché il voto in condotta; perché il maestro unico o prevalente".
Il secondo volantino, invece, si concentra su un veemente attacco al centrosinistra. In esso, campeggia la scritta "la sinistra, scuola di falsità". "Ancora una volta - vi si legge - la sinistra ha scelto di fare della scuola il campo di battaglia contro il governo, usando i soliti metodi: attacco personale al ministro, menzogne (taglio del tempo pieno, taglio dei docenti di sostegno, licenziamenti...) occupazione abusiva delle scuole, strumentalizzazione dei bambini". Il tutto accompagnato da tre foto con alcune proteste di studenti e slogan contro la riforma. Sul retro, si ripetono i "perché" dei quattro punti essenziali della riforma. Ogni deputato, attraverso il sito di Forza Italia potrà scaricare il formato dei volantini e farne stampare il numero necessario a seconda delle esigenze.
Ci sono anche dei formati-manifesto da utilizzare per decorare i gazebo che il singolo parlamentare può organizzare sul territorio. La contromobilitazione studiata da Berlusconi e dai vertici del Pdl (vi hanno lavorato Antonio Palmieri per Fi e Italo Bocchino per An) non è infatti organizzata a livello nazionale: ogni deputato e senatore sarà libero di decidere le iniziative più idonee. Ma il suggerimento è quello di andare soprattutto nelle scuole, incontrando alunni e genitori. "L’obiettivo - spiega Palmieri, responsabile della comunicazione elettorale e di internet per Fi-Pdl - è quello di rispondere con dati e cifre al mare di falsità della sinistra". Palmieri prevede una "vasta mobilitazione dei parlamentari del Pdl" e sottolinea che "tanti di loro sono già impegnati nel territorio e in particolare nelle scuole per spiegare i motivi della nostra azione di governo". La contromobilitazione, insomma, è iniziata.(ANSA).
Giovedì sciopero di quasi tutti i sindacati e maxi corteo a Roma
Anche oggi facoltà e scuole occupate. E mille forme di protesta dell’Onda
I quattro giorni di fuoco della scuola
Legge al voto e blocco totale
Il Senato vota alla vigilia della mobilitazione. I Cobas: lo bloccheremo con i sit-in
ROMA - Una domenica senza notizie clamorose, ma con molte scuole che restano occupate, molte aule universitarie teatro di assemblee e gruppi di studio fino al ’grande ricevimento’ offerto dagli studenti delle facoltà scientifiche della Sapienza di Roma per le loro famiglie, per spiegare i motivi della protesta. E anche mille piccole iniziative spuntate ovunque, secondo l’indicazione generale di questo movimento, di comunicare e fare notizia nei modi più imprevedibili fino ai lenzuoli con l’ormai famoso "Non pagheremo la vostra crisi" spuntati qua e là dai balconi di molti case della capitale.
La mobilitazione insomma "percorre il paese come una grande ’ola’ e passerà per Roma nella più grande manifestazione per la scuola che la nostra memoria ricordi". La sintesi di quel che accadrà nei prossimi giorni è nelle parole del leader della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. Una sola voce fra le mille che animano la protesta. E che si sono date appuntamento a Roma il 30 ottobre, giorno dello sciopero generale, per una grande manifestazione. Giovedì incroceranno le braccia gli aderenti alla Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda degli insegnanti. E il mondo universitario e della ricerca, in aggiunta, ha già attivato le procedure per una giornata di sciopero il 14 novembre. Un raro sciopero di quasi tutte le organizzazioni sindacali, ancora più irritate dalla decisione di provare a dare il via libera alla legge proprio il giorno prima, senza risposte alle ripetute richieste di confronto (in particolare il segretario della Cisl Bonanni ha ripetuto più volte di essere pronto a fermare l’astensione dal lavoro in presenza di una convocazione al Ministero)
La protesta contro il decreto Gelmini continua a espandersi con forme, modalità e colori diversi. Il fallimento del dialogo con gli studenti, aperto dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini ma al grido di "il decreto resta" (e si vota al Senato il 29) non ha fatto che aplificare il dissenso. Inizia così una nuova settimana di mobilitazioni "per bloccare la distruzione della scuola e dell’università messa in atto dal governo".
La Rete degli Studenti Medi informa che nei primi tre giorni della settimana, in tutta Italia, ci saranno scioperi e notti bianche, che si concentreranno ancora una volta nei giorni di approvazione del decreto 137 al Senato. "Dopo lo slittamento ottenuto il 23 ottobre, cercheremo ancora una volta di bloccare i lavori parlamentari. La Gelmini ci ha detto che lei vuole andare avanti, che non si fermerà. Noi le rispondiamo che ’Avanziamo Diritti’, non ci fermiamo e continueremo a chiedere una scuola e un’università nuovi, in grado di darci un futuro".
Lunedì, martedì e mercoledì, dunque, scioperi, autogestioni con pernotto, notti bianche e lezioni all’aperto a Torino, Perugia, Roma, Firenze e Palermo. Per giovedì 30, invece, oltre alla partecipazione alla manifestazione di Roma, la Rete degli Studenti Medi annuncia cortei a Torino, Padova, Palermo e Genova.
E dalle università continuano a giungere appuntamenti che appaiono propedeutici al blocco della didattica in molte altre facoltà (spesso con l’appoggio dei docenti) se non di possibili occupazioni. Un asettimana di fuoco, dunque. E la parola può passare solo alla cronaca, dal momento che le giornate appena concluse hanno mostrato che l’Onda spunta dove meno te l’aspetti, ma anche che si scontrerà con il primo grande scoglio: la probabile approvazione della legge Gelmini giovedì 29.
* la Repubblica, 26 ottobre 2008.
SCUOLA: SCIOPERO GENERALE IL 30 OTTOBRE *
ROMA - Sciopero generale della scuola giovedì 30 ottobre. Lo hanno deciso i sindacati di categoria per protestare contro i provvedimenti varati dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.
ANSA» 2008-10-09 11:44 (Per ulteriori aggiornamenti, cliccare su ANSA rosso).
l’Unità 9.10.2008
Scuola, contro la Gelmini sarà sciopero generale
di Giuseppe Vittori
Approvato dall’aula, il decreto Gelmini «sul maestro unico» è invece bocciato dal mondo della scuola che si prepara a scendere in piazza rispondendo all’appello dei sindacati. Ieri sera Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno deciso lo sciopero generale. Per conoscere la data della mobilitazione bisognerà però aspettare l’esito del tentativo di conciliazione previsto oggi al Miur. Un appuntamento, quello messo in cantiere dai sindacati di categoria, al quale si arriva dopo una marcia di avvicinamento cominciata già da settimane e costellata da sit-in davanti al ministero, iniziative spontanee di protesta, occupazioni, «notti bianche», dal Nord al Sud della penisola.
Domani un assaggio del malcontento arriverà ancora dagli studenti che manifesteranno in decine di città. «L’approvazione del voto di fiducia alla Camera sul decreto Gelmini - spiega l’Unione degli studenti - rappresenta un ulteriore atto antidemocratico di un governo che elude le tante manifestazioni di dissenso e con violenza prova ad affermare il proprio autoritarismo. Per questo domani porteremo in piazza tutta un’altra musica, alle 70 manifestazioni da noi organizzate». «Ci mobilitiamo - spiega un’altra associazione studentesca, la Rete degli studenti - contro i tagli di 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, che è la vera riforma messa in campo dal governo Gelmini-Tremonti-Berlusconi. Contro un governo che conta balle, per rivelare la verità all’opinione pubblica».
Dai ragazzi la contestazione passerà quindi nelle mani del sindacalismo di base: i Cobas guidati da Piero Bernocchi, tra i primi, hanno proclamato uno sciopero, in calendario per il 17 ottobre. Insomma, il fronte della protesta è ampio e non si ferma certo alla scuola. Anche le università sono in subbuglio per i tagli previsti in Finanziaria.
L’ateneo di Firenze è in prima linea: dopo l’occupazione delle aule del polo scientifico di Sesto Fiorentino e della facoltà di agraria, ieri si è passati al volantinaggio e agli striscioni srotolati dai ponti Santa Trinità e Carraia contro tagli e privatizzazione; e domani si farà lezione per strada. Anche a Pisa ieri assemblea in piazza: circa 3.000 persone fra ricercatori, impiegati amministrativi e tecnici precari, più studenti e professori, si sono ritrovati in piazza dei Cavalieri per discutere dei provvedimenti presi dal governo, a partire dal precariato. Proteste anche nella Capitale, dove, dopo una settimana di agitazione, sono scesi di nuovo in piazza i precari degli enti pubblici di ricerca, per protestare, sotto il ministero dell’Istruzione, contro l’emendamento che sopprime di fatto le stabilizzazioni.
Intanto, ieri la Camera si è dedicata all’esame dei 242 ordini del giorno, per la maggior parte presentati dall’opposizione, al decreto legge Gelmini. Oggi pomeriggio è previsto il voto finale sul provvedimento che dovrà, poi, passare al Senato.
In piazza contro la riforma del maestro unico voluta dalla Gelmini
Decisione unitaria dei sindacati. La data si conoscerà domani, forse il 30
Scuola, i sindacati hanno deciso
Anche l’Università in lotta. Firenze in prima linea
Brunetta ai prof: guadagnate troppo
"Sarà sciopero generale"
di Mario Reggio
ROMA - La scuola scende in piazza. Ieri sera i segretari di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno raggiunto l’accordo. Sciopero nazionale e manifestazione a Roma. La data sarà ufficializzata oggi, dopo il tentativo di conciliazione al ministero della Pubblica Istruzione. Ma probabilmente sarà giovedì 30 ottobre. Oggi alla Camera il voto di fiducia sul decreto Gelmini. Poi il provvedimento passerà al Senato. Una vera corsa contro il tempo perché, per diventare legge, dovrà essere approvato entro e non oltre il 31 ottobre. Domani saranno gli studenti della "Rete" a scendere in piazza in settanta città, «contro i tagli di 8 milioni di euro, contro un governo che racconta balle, per rivelare la verità all’opinione pubblica».
In attesa delle manifestazioni e del voto di fiducia il ministro Renato Brunetta ha deciso di gettare benzina sul fuoco. «I nostri insegnanti lavorano poco, quasi mai sono aggiornati e in maggioranza non sono neppure entrati per concorso - afferma - ma grazie a sanatorie. E poi 1.300 euro sono comunque due milioni e mezzo di vecchie lire, oggi l’insegnamento è part-time e come tale è ben pagato». Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas della scuola, risponde per le rime: «Senti chi parla, Brunetta da docente universitario prende quattro volte lo stipendio di un insegnante di scuola e ha un orario molto più ridotto. Parla delle ore di insegnamento ma si scorda quelle che il docente impegna per preparare le lezioni, aggiornarsi e valutare gli studenti. La sua uscita bizzarra contribuirà al successo del nostro sciopero e della manifestazione del 17 ottobre a Roma».
Maria Pia Garavaglia, ministro ombra dell’Istruzione del Pd, invita Brunetta «ad avere maggior rispetto per chi lavora nel mondo della scuola. Il governo la finisca con questa opera diffamatoria e metta a disposizione i fondi, invece di tagliarli». Secondo Giorgio Rembado, presidente dell’associazione nazionale presidi, «lavorano poco i docenti che lavorano male. Chi prepara le lezioni, si aggiorna e corregge i compiti facendolo con coscienza fa un lavoro a tempo pieno. Bisogna rivedere le modalità di reclutamento, legando l’assunzione a criteri meritocratici ed eliminando le graduatorie che prevedono che si faccia carriera per anzianità e non per le abilità conseguite». Ma il fronte di protesta non si ferma alla scuola. L’ateneo di Firenze è in prima linea: dopo l’occupazione delle aule del polo scientifico di Sesto Fiorentino e della facoltà di agraria, ieri si è passati al volantinaggio e agli striscioni srotolati dai ponti Santa Trinità e Carraia. Anche a Pisa oggi assemblea in piazza: circa 3.000 persone fra ricercatori, impiegati amministrativi e tecnici precari. Proteste anche nella capitale, dove, dopo una settimana di agitazione, sono scesi di nuovo in piazza i precari degli enti pubblici di ricerca, per protestare, sotto il ministero dell’Istruzione, contro l’emendamento che sopprime di fatto le stabilizzazioni.
DECRETO-LEGGE 1 settembre 2008, n. 137
Disposizioni urgenti in materia di istruzione e universita’. (GU n. 204 del 1-9-2008 )
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di attivare percorsi di istruzione di insegnamenti relativi alla cultura della legalita’ ed al rispetto dei principi costituzionali, disciplinare le attivita’ connesse alla valutazione complessiva del comportamento degli studenti nell’ambito della comunita’ scolastica, reintrodurre la valutazione con voto numerico del rendimento scolastico degli studenti, adeguare la normativa regolamentare all’introduzione dell’insegnante unico nella scuola primaria, prolungare i tempi di utilizzazione dei libri di testo adottati, ripristinare il valore abilitante dell’esame finale del corso di laurea in scienze della formazione primaria e semplificare e razionalizzare le procedure di accesso alle scuole di specializzazione medica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 agosto 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l’innovazione;
E m a n a
il seguente decreto-legge:
Art. 1.
Cittadinanza e Costituzione
1. A decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2008/2009, oltre ad una sperimentazione nazionale, ai sensi dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione», nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse. Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell’infanzia.
2. All’attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 2. Valutazione del comportamento degli studenti
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni, in materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli studenti nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di scrutinio intermedio e finale viene valutato il comportamento di ogni studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attivita’ ed agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche anche fuori della propria sede.
2. A decorrere dall’anno scolastico 2008/2009, la valutazione del comportamento e’ espressa in decimi.
3. La votazione sul comportamento degli studenti, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi, la non ammissione al successivo anno di corso o all’esame conclusivo del ciclo. Ferma l’applicazione della presente disposizione dall’inizio dell’anno scolastico di cui al comma 2, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca sono specificati i criteri per correlare la particolare e oggettiva gravita’ del comportamento al voto insufficiente, nonche’ eventuali modalita’ applicative del presente articolo.
Art. 3. Valutazione del rendimento scolastico degli studenti
1. Dall’anno scolastico 2008/2009, nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite e’ espressa in decimi ed illustrata con giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall’alunno.
2. Dall’anno scolastico 2008/2009, nella scuola secondaria di primo grado la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite e’ espressa in decimi.
3. Sono ammessi alla classe successiva, ovvero all’esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline.
4. L’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e’ abrogato e all’articolo 177 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 2, 5, 6 e 7, sono abrogati; b) al comma 3, dopo le parole: «Per la valutazione» sono inserite le seguenti: «, espressa in decimi,»; c) al comma 4, le parole: «giudizi analitici e la valutazione sul» sono sostituite dalle seguenti: «voti conseguiti e il»; d) l’applicazione dei commi 1 e 8 dello stesso articolo 177 resta sospesa fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 5; e) e’ altresi’ abrogata ogni altra disposizione incompatibile con la valutazione del rendimento scolastico mediante l’attribuzione di voto numerico espresso in decimi.
5. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, si provvede al coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli studenti e sono stabilite eventuali ulteriori modalita’ applicative del presente articolo.
Omissis artt 4,5,5,7.............................
Art. 8. Norme finali
1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi’ 1° settembre 2008
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Gelmini, Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca Tremonti, Ministro dell’economia e delle finanze Brunetta, Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Ancora manifestazioni a pochi passi dal Ministero dell’Istruzione e in tutta Italia
In un mese sono annunciati anche blocchi dei docenti, fino allo sciopero dei presidi
Studenti in piazza in cento città
via all’autunno caldo della scuola
di SALVO INTRAVAIA *
Parte l’autunno caldo della scuola: si inizia con i precari e si termina con i presidi. Il mese di ottobre vedrà in piazza a più riprese il popolo della scuola: docenti, studenti e dirigenti scolastici, tutti contro la riforma Gelmini. Nutrito il calendario di manifestazioni e scioperi indetti da sindacati e associazioni studentesche che contestano la maggior parte dei punti del decreto-legge Gelmini, in questi giorni in Parlamento, su cui il governo ha già posto la fiducia. In diverse città, come Roma e Milano, genitori e insegnanti hanno manifestato con cortei, sit-in, scioperi e occupazioni. E sono ancora parecchi gli appuntamenti a livello nazionale cui saranno chiamati insegnanti e Ata.
Nei giorni scorsi hanno manifestato i precari dell’Anief (Insegnanti in formazione), che hanno strappato l’apertura delle graduatorie "ad esaurimento". L’Unicobas, che ha indetto il primo sciopero, sostenuto dall’Italia dei Valori e dai ragazzi della Fgci che parlano di grande successo dell’iniziativa "Taglialagelmini.it", "l’unico taglio accettabile alla scuola. E la mobilitazione continua oggi in cento piazze, fino alla manifestazione dell’11 ottobre, che vede il tema della scuola al centro della sua piattaforma".
Stamattina i ragazzi della Rete degli studenti Medi provenienti da tutta Italia manifestano a pochi metri dal Ministero contro i "proclami mediatici che non hanno niente di reale per risolvere i problemi della scuola". Lo slogan coniato per l’occasione è "balle e pupe". "Abbiamo denunciato - dice Giulia Tosoni - l’Emergenza Ballismo da cui siamo sommersi: il ministro Gelmini manipola i dati, inventa emergenze, sostiene inesistenti ragioni educative pur di giustificare il fatto incontestabile che questo Governo ha deciso di risparmiare dalla scuola, e quindi sulla qualità, sul merito, sulle pari opportunità, ben 8 miliardi di euro in tre anni". I ragazzi distribuiranno il kit antiballismo e "le grembiuline" metteranno in scena la parodia dal titolo "sotto il grembiulino niente...", spettacolo in stile scuola anni ’50.
Nel frattempo la Cisl scuola si mobilita con una manifestazione "in difesa della scuola". I suo segretario nazionale, Francesco Scrima, con toni diversi da quelli usati dagli studenti pone al centro dell’attenzione lo stesso tema. "Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è tornato a parlare del ’maestro unicò e del ’tempo pieno’ affermando: ’Grazie all’introduzione del maestro unico il tempo pieno, così utile per le famiglie, sarà aumentato del 50% per cento. Analoga ’promessa’ era già stata fatta dal ministro Gelmini nel ’salotto’ di Bruno Vespa. Ma i numeri sbugiardano lo spot: le classi a tempo pieno nell’anno scolastico 2007/08 erano 33.224; per aumentarle del 50 per cento avremo dunque bisogno di 16.612 maestri in più. Peccato - continua Scrima - che nei tagli previsti dal Piano programmatico si indica che nel prossimo anno i maestri dovranno essere complessivamente 14.000 in meno. I conti non tornano, ritornano solo le bugie".
Il 10 ottobre, al grido di "Non è che l’inizio...", sarà la volta dell’Unione degli studenti. I ragazzi delle scuole superiori saranno nelle piazze delle più importanti città italiane e non solo: da Torino a Trapani, passando per Napoli, Roma, Firenze, Milano. Secondo gli studenti i tagli previsti dalla Finanziaria (131 mila posti in tre anni) abbasseranno la qualità della didattica. "Il ministro Gelmini - spiega Valentina Giorda - persevera nel percorso di aggressione all’istruzione pubblica: non si può definire civile un paese che non investe in sapere e conoscenza. Vogliamo una scuola diversa, che sia realmente volano di sviluppo civile e sociale".
Meno di una settimana dopo, il 16 ottobre, la Gilda degli insegnanti sarà in piazza nella Capitale. All’ordine del giorno i previsti dalla Finanziaria, il contratto scaduto da nove mesi e la "marcia forzata a colpi di decreti messa in atto dal governo per riformare il sistema di istruzione". E per il 17 ottobre, i Cobas della scuola hanno proclamato lo primo sciopero generale del personale della scuola. "No alla distruzione della scuola pubblica, Gelmini vattene!!", si legge nel volantino che annuncia lo sciopero. La lista delle iniziative contestate è lunghissima: dal maestro unico, al taglio del personale.
Il "caldo ottobre scolastico" si concluderà con lo sciopero dei dirigenti scolastici. Presidi e direttori di Flc Cgil, Cisl e Uil scuole e Snals si fermeranno per protestare contro il mancato rinnovo del contratto di lavoro e, contemporaneamente, chiedono "l’equiparazione retributiva alle altre dirigenze dello stato". Impegno, quest’ultimo, che il governo ha già assunto con gli interessati a fine luglio.
* la Repubblica, 4 ottobre 2008
L’opposizione protesta per l’ennesima decisione di questo tipo del governo
Nel provvedimento il taglio degli insegnanti, il maestro unico il voto in condotta
Il governo chiede la fiducia
sul decreto Gelmini sulla scuola
I sindacati sono pronti allo sciopero generale *
ROMA - E alle ore 19 e 5 minuti arriva il voto di fiducia numero 5 in meno di quattro mesi di vita della XVI legislatura. Lo chiede il ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito precisando che la richiesta nasce "solo da fatti tecnici e dall’ostruzionismo dell’opposizione non certo da divisioni all’interno della maggioranza".
C’è fretta. Il pacchetto Gelmini, dal maestro unico al grembiule fino al ritorno del voto in condotta scade il 31 ottobre. E con l’aria che tira, anche oggi davanti a Montecitorio centinaia di insegnanti hanno protestato alzando manifesti al ministro Mariastella Gelmini "Santa ignoranza" dopo i sit in del no-Gelmini day, non c’è alcuna possibilità che il decreto possa attraversare in tempo utile la discussione in commissione e nell’aula di Camera e Senato. Fiducia, quindi, come così spesso nella storia seppure breve di questa legislatura: così andò per l’Ici, per il pacchetto sicurezza con la norma sui processi, e per la Finanziaria.
Oltre alla fretta per motivi di calendario, bisogna anche ricordare che il pacchetto Gelmini ha creato non pochi mal di pancia nella maggioranza, tra i banchi della Lega soprattutto. Malumori che il governo ha subito provveduto a smentire.
Il maxiemendamento al decreto legge Gelmini è stato varato in mattinata dal Comitato dei Nove della commissione Cultura ma è approdato in aula solo alle sette di sera perchè sprovvisto della relazione tecnica che affronta la copertura economica.
Il presidente della Commissione Valentina Aprea si rammarica per il ricorso al voto di fiducia ("Non possiamo esprimere soddisfazione per una scelta del governo che interrompe il lavoro del parlamento") ma osserva che il nuovo testo "ricalca il provvedimento come è uscito dalla commissione cultura e recepisce il lavoro fatto in commissione Cultura e nelle altre commissioni che hanno ampliato e migliorato il testo". La democrazia, quindi, e l’attività parlamentare che ne è la diretta espressione, sono salve secondo pensiero e coscienza del presidente della Commissione.
Di opinione opposta l’opposizione. Durissimo il capogruppo del ps Antonello Soro: "Siamo indignati, quello che succede è gravissimo, si sta svuotando il Parlamento dalle sue funzioni. Le persone libere si chiedano chi è lo sfascista in questo paese". Maria Coscia (Pd) accusa la maggioranza di aver saputo, in questi mesi, "solo alzare muri anzichè cercare il dialogo". Lino Duilio, anche lui membro della Commissione per il Pd, dice chiaro che "la maggioranza confgerma gionro dopo giorno di voler ridurre il Parlamento ad una succursale acritica del governo".
Ancora più netto l’intervento di Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori. "La Gelmini? Vende fumo - dice l’ex pm - anche a me piace vedere i ragazzi col grembiule piuttosto che con i piercing sull’ombelico, o i tatuaggi. Tutti sentiamo il bisogno di mettere ordine nella scuola, ma quella del governo è politica dell’apparenza, perchè di fatto il decreto sa solo fare tagli".
* la Repubblica, 6 ottobre 2008
La scure di Gelmini sui più piccoli
Elementari, bocciati con un cinque
di Maristella Iervasi (l’Unità, 26.09.2008)
Ripristinata la bocciatura alle scuole elementari. Basterà una sola insufficienza e i bambini della primaria ma anche i ragazzini delle medie verranno bocciati. Con un 5 e mezzo in Geografia o disegno alle elementari - tanto per fare un esempio - e lo stesso voto per i più grandicelli in Applicazione tecnica o in Musica, gli studenti rischiano di ripetere l’anno e persino di non essere ammessi all’esame di licenza scolastica. Ecco la scuola del «rigore» del ministro Mariastella Gelmini. La norma, in vigore da subito, è nascosta tra le righe del decreto n.137 del 1° settembre scorso che il Parlamento si appresta a convertire in legge. Quello - per capirci - che ha introdotto il voto in condotta, le pagelle in numeri e che prevede il ritorno del maestro unico. «Basta un solo voto al di sotto dei 6/10 in un’unica materia o gruppo di discipline per pregiudicare la carriera scolastica di un alunno - denuncia Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in Commissione Cultura alla Camera».
«Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università». Dopo Cittadinanza e Costituzione e la valutazione del comportamento degli studenti, ecco l’articolo 3: «Valutazione del rendimento scolastico degli studenti». Il titolo è generico e i primi due commi specificano che si parla della valutazione «periodica e annuale» dall’anno scolastico 2008/2009 nella scuola primaria e secondaria di I° grado, cioè le medie. Mentre il terzo comma sancisce: «Sono ammessi alla classe successiva, ovvero all’esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline».
Una rivoluzione senza precedenti, visto che finora alle elementari la bocciatura è un caso raro e laddove è ritenuta necessaria è sempre concordata tra genitori e insegnanti. Ed è una norma fortemente discriminatoria anche per i ragazzi delle medie e le loro famiglie, visto che per gli studenti delle superiori è consentito di mettersi in pari con il proprio debito o le difficoltà scolastiche con i programmi di recupero introdotti dall’ex ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni e confermati dalla Gelmini.
Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil: «È assurdo che per una sola materia si bocci un bambino. Il 137 prevede proprio questo. Dietro queste norme si nasconde un vuoto assoluto di idee su come rendere innovativo il sistema di istruzione nel nostro paese e nello stesso tempo si dà un corpo mortale alla scuola pubblica partendo da quella che funziona meglio: l’elementare. Bocciare un bambino, attraverso il meccanismo del voto - conclude Pantaleo - significa riconoscere l’incapacità della scuola, la sua funzione educativa e di apprendimento».
Il Pd in Commissione Cultura, solo per il comma 3 sulla valutazione del rendimento scolastico, ha presentato 5 emendamenti (Ghizzoni, Caterina Pess, Rosa Bruna De Pasquale e Letizia De Torre). Ne ha discusso a lungo con la relatrice Valentina Aprea e anche alla presenza del ministro. Mentre anche la Lega con la deputata Paola Goisis, si è accorta della pericolosità della norma e ha chiesto «che venga meglio chiariata». Ma il testo, alla fine è stato licenziato con il ripristino della bocciatura per le elementari. Senza alcuna modifica. Solo un impegno della Lega a modificarla in aula. Sconcertanti le parole messe verbale e riportate sul sito della Camera nel corso della discussione di martedì scorso in VII Commissione Cultura. Valentina Aprea, presidente e relatore: «Il comma 3 dell’articolo 3 è una norma chiara, volta a responsabilizzare i docenti della scuola secondaria di primo grado». Il ministro Maristella Gelmini: «Gli insegnanti avranno buon senso nell’applicare la norma in questione».
Lunedì a Montecitorio l’aula comincerà l’esame del decreto. «E chissà se in quella sede la maggioranza capirà che le leggi si scrivano affinchè vengano applicate e non per confidare nel buon senso dei cittadini», è il commento di Manuela Ghizzoni. Il Piddì annuncia battaglia. Il governo e il centrodestra hanno invece fretta di convertire in decreto in legge ordinaria, perchè altrimenti entro il mese di ottobre decadrebbe.
Ma un’altra «grana» è in agguato: l’art.4 che prevede il ritorno del maestro unico, manca di copertura finaziaria. L’ha certificato la commissione bilancio, che ne ha chiesto la riformulazione per precisarne gli oneri e la data di applicazione.
Intanto, con lo slogan «salva la scuola» parte la tre giorni di mobilitazione del Pd contro il decreto Gelmini. Stamattina l’ex ministro Giuseppe Fioroni sarà a Milano davanti davanti alla scuola «Casa del Sole» e poi al convegno «Salva l’Italia cambia la scuola all’Auditorium Teatro San Carlo. Domani Dario Franceschini, vice segretario Pd, sarà a Perugia. Mentre lunedì, a Roma, alle 17, Walter Veltroni incontrerà il mondo della scuola al teatro Capranica.
E’ stata presentata ai sindacati una bozza della riforma messa in campo dal governo
Nel documento non c’è neppure un accenno alla questione del tempo pieno
Maestro unico, trenta per classe
ecco il decalogo della Gelmini
Molti condizionali, ma proviamo a fare il punto su come potrebbe cambiare la scuola
di SALVO INTRAVAIA *
Classi più numerose: fino a 29 alunni all’asilo, fino a 30 nelle prime di medie e superiori. Lo prevede la bozza di regolamento per la riorganizzazione della rete scolastica presentata ieri dal Ministero dell’Istruzione ai sindacati di categoria. Non ancora il piano programmatico promesso dal ministro Maria Stella Gelmini. E in più i sindacati, che hanno visionato il documento, fanno sapere che non c’è nessun accenno alla questione del tempo pieno.
Il documento contiene i nuovi criteri per la formazione delle classi, l’accorpamento degli istituti, l’impiego del personale in esubero. "Il piano deve essere definito nei dettagli con il ministro dell’Economia", è stato spiegato ai sindacati.
E infatti la riforma parte proporio dalla attuazione della manovra economica estiva. Comunque tra mille illazioni, polemiche e incertezze ("assurde", dicono i sindacati) proviamo a fare il punto su quali dovrebbero essere - il condizionale è d’obbligo - le norme che in pochi anni dovrebbero cambiare volto alla scuola italiana.
Due parole d’ordine, "essenzialità" e "continuità": la seconda con le riforme precedenti, compresa quella del Centro-sinistra, e la prima per semplificare e rendere più efficiente l’intero sistema-scuola. Il Piano si muove su tre direttici: Revisione degli ordinamenti scolastici, Dimensionamento della rete scolastica italiana e Razionalizzazione delle risorse umane, cioè tagli.
Scuola dell’infanzia. L’organizzazione oraria della scuola materna rimarrà sostanzialmente invariata. Saranno reintrodotti gli anticipi morattiani (possibilità di iscrivere i piccoli già a due anni e mezzo) e nelle piccole isole o nei piccoli comuni montani l’ingresso alla scuola dell’infanzia potrà avvenire, per piccoli gruppi di bambini, anche a due anni. L’esperienza delle "sezioni primavera" per i piccoli di età compresa fra i 24 e i 36 mesi sarà confermata.
Scuola primaria. E’ il ritorno al maestro unico la novità che ha messo in subbuglio la scuola elementare. Già dal 2009 partiranno prime classi con scansione settimanale di 24 ore affidate ad un unico insegnante che sostituisce il "modulo": tre insegnanti su due classi. Le altre opzioni possibili, limitatamente all’organico disponibile, saranno 27 e 30 ore a settimana. La Gelmini "promette" anche di non toccare il Tempo pieno di 40 ore settimanali che potrebbe essere addirittura incrementato ma, su questo punto, pare che il ministero dell’Economia non sia d’accordo. E l’insegnamento dell’Inglese sarà affidato esclusivamente ad insegnanti specializzati, non più specialisti, attraverso corsi di 400/500 ore.
Scuola secondaria di primo grado. La scuola media è al centro di un autentico tsunami che si pone come obiettivo quello di scalare le classifiche internazionali (Ocse-Pisa) che vedono i quindicenni italiani agli ultimi posti. L’orario scenderà dalle attuali 32 ore a 29 ore settimanali. Per questo verranno rivisti programmi e curricoli. Il Tempo prolungato (di 40 ore a settimana) sarà mantenuto solo a determinate condizioni, in parecchi casi verrà tagliato. Per cancellare l’onta dei test Pisa, si prevede il potenziamento dello studio dell’Italiano e della Matematica. Stesso discorso per l’Inglese, il cui studio potrà essere potenziato solo a scapito della seconda lingua comunitaria introdotta dalla Moratti.
Secondaria di secondo grado. La scuola superiore, rimasta fuori da riforme strutturali per decenni, vedrà parecchi cambiamenti. Gli 868 indirizzi saranno ricondotti ad un numero "normale". I ragazzi che opteranno per i licei (Classico, Scientifico e delle Scienze umane) studieranno 30 ore a settimana. Saranno rivisti, anche al superiore, curricoli e quadri orario. Al classico saranno privilegiati Inglese, Matematica e Storia dell’Arte. Allo scientifico, in uno o più corsi, le scuole autonome potranno si potrà sostituire il Latino con lingua straniera. I compagni degli istituti tecnici e professionali saranno impegnati per 32 ore a settimana. Stesso destino per i ragazzi dei licei artistici e musicali.
Riorganizzazione rete scolastica. Attualmente, la scuola italiana funziona attraverso 10.760 istituzioni scolastiche che lavorano su 41.862 "punti di erogazione" del servizio: plessi, succursali, sedi staccate, ecc. Secondo i calcoli di viale Trastevere, 2.600 istituzioni scolastiche con un numero di alunni inferiore alle 500 unità (il minimo stabilito dalla norma per ottenere l’Autonomia) o in deroga (con una popolazione scolastica compresa fra le 300 e le 500 unità) dovrebbero essere e smembrate e accorpate ad altri istituti. Dal ondata di tagli della Gelmini si salverebbero soltanto le scuole materne. Dovrebbero, invece, chiudere i plessi e le succursali con meno di 50 alunni: circa 4.200 in tutto. In forse anche i 5.880 plessi con meno di 100 alunni. Ma l’intera operazione, che il ministro vuole avviare già a dicembre, dovrà trovare il benestare di Regioni ed enti locali.
Razionalizzazione risorse umane: i tagli. Il capitolo dei tagli è lunghissimo. Alla fine del triennio 2009/2010-2011/2012 il governo Berlusconi farà sparire 87.400 cattedre di insegnante e 44.500 posti di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata): 132 mila posti in tutto. Il personale Ata verrà ridotto del 17 per cento. Il rapporto alunni/docente dovrà crescere di una unità. Maestro unico, soppressione di 11.200 specialisti di Inglese alle elementari, contrazione delle ore in tutti gli ordini di scuola, compressione del Tempo prolungato alla scuola media, rivisitazione delle classi di concorso degli insegnanti e ulteriore taglio all’organico di sostegno contribuiranno alla cura da cavallo che attende la scuola italiana. L’intera operazione dovrebbe consentire risparmi superiori a 8 miliardi di euro che in parte (30 per cento) potranno ritornare nelle tasche degli insegnanti, ma solo dei più meritevoli.
* la Repubblica, 25 settembre 2008.
Ansa» 2008-07-14 22:15
GELMINI RISPOLVERA LA CONDOTTA, PRO E CONTRO
ROMA - Prima il grembiule, ora il voto in condotta. Il ministro Gelmini sta pensando di rispolverare vecchi strumenti per riportare sobrietà e disciplina nella scuola e solo aver ventilato la possibilità di questi "ritorni" è stato sufficiente ad accendere vivaci dibattiti. Dopo le polemiche sollevate dalla proposta di mettere tutti in divisa per azzerare le differenze, ora è la volta del "sette" in pagella.
L’idea è stata lanciata dal ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in un’intervista. "E’ incomprensibile - ha detto dalle pagine del Messaggero - che non si valuti in alcun modo il comportamento dei ragazzi poiché anche la condotta ha la sua valenza e il rispetto delle regole deve avere la giusta considerazione. Stiamo ragionando sull’ipotesi di legare la promozione anche alla valutazione della condotta". Ma già lo scorso aprile Valentina Aprea, presidente della commissione Cultura della Camera, aveva espresso l’intenzione della nuova maggioranza di ripristinare il voto di condotta. Un’ipotesi che ha visto schierarsi fautori e detrattori. D’accordo con la Gelmini sembrano essere i presidi.
"La svalutazione del comportamento degli studenti ha portato risultati negativi sia nella crescita della disciplina degli alunni che nella loro educazione. Ritornare semplicemente al passato è difficile - ha osservato Giorgio Rembado, presidente della Anp - occorre quindi una riflessione e una discussione seria sulla questione, che porti a individuare le modalità più adeguate per ridare peso a questa valutazione aggiuntiva". Di parere assolutamente contrario il Coordinamento genitori democratici secondo il quale il ritorno del 7 in condotta "é improponibile" perché "non è con gli schemi sanzionatori che si risolvono i problemi della scuola". "Si tratta - spiega - di un’idea abbastanza retrò che provocherebbe soltanto spaccature e conflitti. Esiste già una rete che sancisce i diritti e i doveri degli studenti. Non occorrono nuove sanzioni". Concorda con la Gelmini, invece, un’altra associazione di genitori, il Moige che esprime "apprezzamento" per il ripristino di quegli strumenti e di quelle norme "che non solo consentono una valutazione più ampia della crescita e della maturazione dei ragazzi, ma soprattutto mirano a restituire alla scuola l’autorità che merita attraverso l’ordine, la legalità e il rigore".
Aperture dal ministro ombra Mariapia Garavaglia: l’idea di far valere la condotta come criterio di giudizio "può essere un utile terreno di confronto e discussione" ma - fa notare - il punto fondamentale è che sulla scuola "bisogna agire al più presto sul piano finanziario e sulla qualità". E se gli l’Unione degli studenti e la Rete degli studenti parlano di idea "vecchia" e "sbagliata" che "lede lo Statuto degli studenti", Alternativa studentesca ritiene che la disciplina sia, invece "una parte importante della missione educativa". Numerose le prese di posizione dei parlamentari di maggioranza, che danno man forte alla Gelmini ritenendo la proposta di ripristinare il voto in condotta un buon antidoto contro il bullismo, mentre l’opposizione boccia l’ipotesi e invita a occuparsi dei veri problemi della scuola, che sono ben altri, a cominciare dalla penuria di risorse.
La furia di Maroni nelle scuole: «Schedate gli studenti stranieri»
Maroni smentisce ma viene smentito
Vanno a scuola, ma anche loro sono pericolosi. La furia di Maroni contro i bambini rom ed extracomunitari non si ferma nemmeno davanti a chi percorre la strada maestra per l’integrazione. Il ministro dell’Interno, infatti, ha disposto che la schedatura dei minorenni stranieri e rom, venga fatta anche nelle scuole. Ogni dirigente - denuncia il responsabile Immigrazione dell’Arci Filippo Miraglia - dovrà censire quanti alunni stranieri frequentano l’istituto, quanti di loro sono rom, da quanto tempo vivono in Italia. Nulla di strano se si trattasse di un censimento a finalità statistiche, come quelli che annualmente pubblica il ministero della Pubblica Istruzione. Lo intima invece il ministero dell’Interno che ha dato ordine ai prefetti di procedere con la schedatura.
Per questo, se dal Parlamento europeo era già arrivato lo stop alle politiche leghiste, ora l’appello a fermarsi arriva dall’Arci. L’associazione chiede ai dirigenti scolastici di disobbedire all’imperativo di Maroni, in nome del diritto universale alla formazione scolastica. La denuncia è arrivata al Meeting antirazzista di Cecina: «La persecuzione continua - dicono dall’Arci - nonostante la condanna dell’Europarlamento e le iniziative organizzate in tutta Italia per dimostrare il dissenso e l’indignazione di tante e tanti cittadini democratici di fronte alla raccolta di impronte digitali, comprese quelle dei bambini, residenti nei campi nomadi».
Ma voler schedare anche chi in sostanza è già "schedato" è un accanimento ingiustificato: «Questa ulteriore disposizione - spiega ancora l’Arci - assume un carattere se possibile ancora più odioso, anche perché del tutto inutile visto che il Ministero della Pubblica Istruzione pubblica ogni anno un rapporto sugli alunni stranieri che frequentano gli istituti scolastici. L’elenco che Maroni, attraverso i Prefetti, chiede alle scuole - rileva l’associazione - non si giustifica dunque se non con una volontà intimidatoria nei confronti dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e delle famiglie di ragazzi stranieri, funzionale alle politiche discriminatorie e razziste perseguite dal ministro».
Ma il ministro, intanto, prosegue imperterrito per la sua strada. Reagisce alla notizia, ma non smentisce il documento. Quelle dell’Arci, dice, «sono accuse false e destituite di ogni fondamento. Ho deciso di non rispondere più agli insulti - dice - compreso quest’ultimo dell’Arci che definisce la nostra azione come discriminatoria e razzista: non posso più accettare come ministro di essere trattato in questo modo sulla base di accuse false». In sostanza Maroni se la prende con la «campagna denigratoria» dell’Arci, ma non dice mai chiaro e tondo che quell’ordinanza non esiste.
Secca la replica dell’Arci: «Dal Viminale - spiega Miraglia - ci hanno confermato, come già avevamo appreso da diversi operatori scolastici, che i prefetti chiedono alle scuole di fornire i dati relativi agli alunni stranieri, specificando di inviare anche quelli di rom, sinti e camminanti». L’Arci chiede a Maroni «perchè non ritenga sufficienti i dati che già sono resi pubblici dal ministero della Pubblica Istruzione che ogni anno redige un rapporto sugli alunni stranieri e perché ritenga necessario richiedere in particolare notizie sugli alunni rom, sinti e camminanti evidentemente considerati categoria a parte rispetto agli altri stranieri».
Ma anche la prefettura di Napoli chiarisce nel merito: prima assicura che «non risulta pervenuta alcuna richiesta» di una schedatura da parte del Viminale, poi però parla di una «raccolta dati»: il prefetto di Napoli Alessandro Pansa, spiegano, «sta semplicemente verificando presso la direzione scolastica regionale le dichiarazioni rese dai censiti presso gli insediamenti dei nomadi circa la frequenza della scuola dell’obbligo da parte dei propri figli». Insomma, controlla quanti rom ci sono nelle scuole. E smentisce Maroni.
«L’iniziativa italiana - così Maroni definisce la sua politica sull’immigrazione - andrà avanti e costituirà una buona prassi per le zone degradate che sarà adottata da altri Paesi europei». E a proposito dei bambini, Maroni che vuol far finire «lo sconcio dei campi nomadi abusivi» e mandare tutti in classe, martedì incontrerà il presidente dell’ Unicef. Non proprio una chiacchierata tra amici.
* l’Unità, Pubblicato il: 14.07.08, Modificato il: 14.07.08 alle ore 19.33
La furia di Maroni nelle scuole: «Schedate gli studenti stranieri»
L’Arci ai dirigenti: disobbedite
Vanno a scuola, ma anche loro sono pericolosi. La furia di Maroni contro i bambini rom ed extracomunitari non si ferma nemmeno davanti a chi percorre la strada maestra per l’integrazione. Il ministro dell’Interno, infatti, ha disposto che la schedatura tramite impronte digitali dei minorenni stranieri e rom, venga fatta anche nelle scuole.
Se dal parlamento europeo è già arrivata la sonora bocciatura delle politiche leghiste, ora l’appello a fermarsi arriva dall’Arci. L’associazione chiede ai dirigenti scolastici di disobbedire all’imperativo di Maroni, in nome del diritto universale alla formazione scolastica. La denuncia è arrivata al Meeting antirazzista di Cecina: «La persecuzione continua - dicono dall’Arci - nonostante la condanna dell’Europarlamento e le iniziative organizzate in tutta Italia per dimostrare il dissenso e l’indignazione di tante e tanti cittadini democratici di fronte alla raccolta di impronte digitali, comprese quelle dei bambini, residenti nei campi nomadi».
Ma voler schedare anche chi in sostanza è già “schedato” è un accanimento ingiustificato: «Questa ulteriore disposizione - spiega ancora l’Arci - assume un carattere se possibile ancora più odioso, anche perché del tutto inutile visto che il Ministero della Pubblica Istruzione pubblica ogni anno un rapporto sugli alunni stranieri che frequentano gli istituti scolastici. L’elenco che Maroni, attraverso i Prefetti, chiede alle scuole - rileva l’associazione - non si giustifica dunque se non con una volontà intimidatoria nei confronti dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e delle famiglie di ragazzi stranieri, funzionale alle politiche discriminatorie e razziste perseguite dal ministro».
Ma il ministro, intanto, prosegue imperterrito per la sua strada: «L’iniziativa italiana - così la chiama lui - andrà avanti e costituirà una buona prassi per le zone degradate che sarà adottata da altri Paesi europei». E a proposito dei bambini, Maroni che vuol far finire «lo sconcio dei campi nomadi abusivi» e mandare tutti in classe, martedì incontrerà il presidente dell’ Unicef. Non sarà una chiacchierata tra amici.
* l’Unità, Pubblicato il: 14.07.08, Modificato il: 14.07.08 alle ore 15.18
Ansa» 2008-09-07 13:04
GELMINI: SCUOLA CON MENO PROFESSORI, MA PIU’ PAGATI
Il messaggio ai sindacati e alla politica è chiaro: per la scuola è "finita un’epoca", non è più un "ammortizzatore sociale", non può più essere uno stipendificio, ma deve diventare una leva per le prossime generazioni. Ragazzi a cui non può essere "rubato il futuro" come è accaduto ai giovani della generazione di Mariastella Gelmini.
Alla vigilia dell’inizio dell’anno scolastico, il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca ha spiegato all’ANSA la "filosofia" della sua "riforma": "Per troppi anni logiche sindacali e governi compiacenti hanno ribaltato la missione della scuola", che "é fatta per gli studenti non per pagare una cifra spropositata di stipendi che sono pure da fame, così come gli ospedali non sono fatti per gli stipendi dei medici ma per i malati". E per rispondere alle polemiche sul ritorno del maestro unico, Gelmini ribadisce che il tempo pieno non sarà toccato, ma anzi "incrementato del 50%".
* POLITICA HA RUBATO FUTURO A MIA GENERAZIONE: "La politica sulla scuola è da trent’anni che si comporta in maniera irresponsabile. In questo modo si è rubato il futuro ai giovani della mia generazione, ma sui cittadini italiani del 2020 non si deve scherzare: il loro destino non può essere oggetto di bassa speculazione politica".
* E’ FINITA EPOCA, MAI PIU’ AMMORTIZZATORE SOCIALE: "E’ finita un’epoca: la scuola non sarà mai più un ammortizzatore sociale se lo mettano bene in testa tutti, sindacati compresi se non vogliono risultare impopolari nel paese. Perché il contribuente italiano deve pagare in tasse il triplo dei soldi se al posto di 3 maestri ne basta 1, se al posto di 4 bidelli e personale amministrativo ne bastano 3? I soldi risparmiati con l’opera di razionalizzazione del governo devono essere utilizzati per rendere la scuola italiana come quella degli altri grandi paesi europei. Perché qualcuno non vuole che si razionalizzi la spesa per investire in tecnologie e innovazione? E’ proprio quello che sta cercando di fare il governo. Ridurre la spesa per liberare risorse. Il bilancio del ministero dell’istruzione è utilizzato, infatti, per il 97% per pagare stipendi".
* MENO PROFESSORI, PAGATI MEGLIO: "I dipendenti della scuola sono più di 1.300.000 e sono troppi. Io voglio una scuola con meno professori, più pagati e in cui viene riconosciuto il merito di tanti bravi che ogni giorno lavorano tra mille difficoltà. Il bilancio del ministero dell’Istruzione è utilizzato, infatti, per il 97% per pagare stipendi".
* GOVERNO RIVOLUZIONARIO, ELIMINEREMO GLI SPRECHI "Questo è un governo rivoluzionario, un governo che vuole rivoltare la pubblica amministrazione come un calzino. Un governo che vuole eliminare gli sprechi e riformare il Paese. In questo senso le parole che si levano contro le iniziative del governo, in particolare mie e del ministro Tremonti, sono solo di chi vuole che nulla cambi e che la scuola rimanga un luogo che scontenta contemporaneamente professori e studenti. Il problema della scuola italiana non è ’quanto’ denaro si spende ma ’come’ viene speso. Ormai è minoranza nel Paese l’idea che basti aggiungere soldi alla scuola per farla andar bene. Non è vero, la scuola in Italia è come una macchina con il motore rotto, non basta aggiustare il motore per farla funzionare". Secondo il ministro, "lo dimostra il fatto che gli investimenti pubblici per la scuola in Italia sono in linea con gli altri Paesi, ma la qualità è fortemente inferiore. Da tutte le indagini è dimostrato che la qualità della scuola non dipende dal numero di ore che i ragazzi passano a scuola ma dalla qualità della didattica. I paesi migliori nelle classifiche ocse pisa sono quelli che hanno il minor numero di ore".